giovedì 28 febbraio 2013
Non solo Cappellacci ma pure loro sono presi da un rimpasto :)
RIMPASTO AI VERTICI PER CONTENERE USA E GIAPPONE
di Sonia Montrella
Twitter@SoniaMontrella
Roma, 28 feb.- Un rimpasto ai vertici per gestire al meglio le controversie con Stati Uniti, Nord Corea e Giappone. E’ quanto suggerisce la scelta delle nomine per le più alte cariche dello Stato, secondo un indiscrezione della Reuters che cita tre diverse fonti. E allora, con ogni probabilità, l’attuale ministro degli Esteri Yang Jiechi sarà promosso a Consigliere di Stato con incarico alle relazioni con l’estero; merito di un curriculum in cui spiccano, tra le altre cose, i suoi anni – dal 2001 al 2005 - da ambasciatore negli Stati Uniti e il suo fluente inglese.
Sulla poltrona che Yang lascerà vacante siederà invece Wang Yi, ambasciatore in Giappone dal 2004 al 2007 e uomo di punta sul Nord Corea. Entrambi verranno nominati ufficialmente nel corso dell’Assemblea Nazionale del Popolo: una sorta di Parlamento che riunisce oltre 3000 delegati da ogni angolo della Cina e che aprirà i battenti il 5 marzo.
Misure che Pechino vede più che mai necessarie, dopo le aperte dichiarazioni di Washington di voler dirottare la politica estera verso l’area Asia Pacifico, una mossa che il Dragone sostiene sia volta a contenere l’ascesa cinese nell’area. “Yang Jiechi sarà al posto di guida poiché ha una profonda conoscenza delle relazioni sino-statunitensi” sostiene Jean-Pierre Cabestan, esperto di Cina alla Hong Kong Baptist University. In cima alla lista delle priorità anche i rapporti con Tokyo, deteriorati in seguito al riaccendersi del conflitto per il controllo delle isole dell’arcipelago conteso delle Diaoyu/Senkaku nel Mar Cinese Orientale. “Bisogna che le due potenze asiatiche facciano qualcosa – sostiene Huang Dahui, esperto di Giappone della Renmin University -. E un ex ambasciatore può aiutare a riaprire un dialogo costruttivo tra Tokyo e Pechino”. Al momento infatti, come si legge nell’ultimo rapporto dello European Council of Foreign Relationship, dal titolo Shockwaves from the China/Japan island dispute, “le due potenze non si fidano abbastanza l’una dell’altra per costruire un’alleanza”. Priorità insomma alle interdipendenze economiche, al di là del braccio di ferro che prosegue dallo scorso agosto quando Tokyo annunciò l’acquisto di due isole dell’arcipelago, a colpi di dure dichiarazioni, escalation militari, incursioni di navi cinesi nelle acque contese e iniziative razziste che partono direttamente dai due popoli.
E non solo contro i vicini nipponici: l’ultima in ordine di tempo è quella di un ristoratore di Pechino che ha vietato l’ingresso “ai giapponesi, ai vienamiti, ai filippini – con cui i cinesi si contendono altri arcipelaghi nel Mar Cinese Meridionale - e ai loro cani”. L’iniziativa dello snack bar, a due passi dalla Città Proibita, ha sollevato l’indignazione e le proteste del popolo del web e della stampa dei Paesi in questione. “Non è patriottismo, è stupido estremismo” commenta un lettore del quotidiano vietnamita Tuoi Tre secondo cui “certe iniziative dovrebbero essere condannate”. Il cartello ricorda i divieti dell’era coloniale quando diverse aree di Shanghai erano sotto il controllo degli inglesi e i parchi erano vietati “ai cinesi e ai cani”.
A basteranno i due esperti al top del governo a gestire le crisi? Intanto Pechino cerca appoggio al di là della Muraglia e sceglie la Russia, prima tappa ufficiale da presidente delle Repubblica Popolare cinese di Xi Jinping. Questione di energia, certo, ma anche di strategie geopolitiche. E se il Dragone guarda a Mosca, il premier cinese Shinzo Abe, venerdì scorso è volato a Washington per rafforzare l’intesa. Molti i punti toccati durante il colloquio con il presidente Barack Obama, che ha però glissato sulla questione delle Diaoyu/Senkaku.
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