giovedì 7 febbraio 2013

Hanno pensato di ridurre il divario ed hanno approvato !!! Mentre da noi campa cavallo....

ECONOMIA

APPROVATA RIFORMA SU REDISTRIBUZIONE DEL REDDITO

di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastfnowest

Pechino, 6 feb. - Il Consiglio di Stato cinese ha rivelato ieri le linee-guida di una riforma fiscale e di redistribuzione del reddito che avrà come scopo quello di imporre maggiori tasse ai grandi conglomerati di Stato e ridurre il divario tra la classe abbiente delle grandi città e i residenti delle aree rurali. Una riforma del sistema fiscale era già in programma dallo scorso mese di marzo, e arriva dopo anni di tentativi che avevano incontrato la resistenza di gruppi di interesse contrari al cambiamento. "Le linee-guida della riforma -spiega il Consiglio di Stato in una nota- prevedono una redistribuzione delle entrate più giusta, trasparente e ragionevole". Il nuovo provvedimento mira a sollevare dalla povertà ottanta milioni di cittadini appartenenti alle fasce più deboli entro il 2015. L'aumento dei salari minimi sarà pari al 40% dei salari medi. La riforma, articolata in 35 punti fondamentali, dovrà ora essere messa in atto dalla nuova classe dirigente, nata dopo il diciottesimo Congresso e dalle amministrazioni locali.

Tra le novità introdotte c'è anche l'impegno a rendere i tassi di interesse più flessibili, una manovra che dovrebbe aiutare i risparmiatori, che hanno risentito per diversi anni dell'inflazione, e scoraggiare le manovre speculative, che in base alla nuova legge saranno soggetti a una maggiore pressione fiscale. Gli obiettivi della manovra, secondo quanto spiegato nel comunicato, sono quelli di "andare verso una riforma dei tassi di interesse orientata al mercato, espandere in maniera appropriata il range di fluttuazione dei tassi di interesse su depositi e prestiti e proteggere gli interessi dei correntisti". Per quanto riguarda i salari della popolazione rurale, il governo si impegna a "costruire un meccanismo a lungo termine" per aumentare i redditi, in particolare per le fasce più povere.


Ma nel mirino della riforma ci sono soprattutto i grandi conglomerati di Stato, che pagano al fisco troppo poco rispetto agli effettivi guadagni. L'aumento delle tasse per le imprese di stato potrebbe significare maggiori entrate che potrebbero essere riconvertite in fondi per l'assicurazione sanitaria o le pensioni. Quest'ultimo è uno dei grandi crucci di Pechino che deve affrontare nei prossimi anni un divario destinato ad aumentare tra chi si ritira dal lavoro e la popolazione attiva. "Per le aziende statali in alcuni settori dell'industria con entrate molto alte -si specifica nel comunicato- saranno messi in atto doppi controlli sul totale degli stipendi erogati e sulla media degli stessi per ridurre gradualmente il divario tra stipendi delle differenti aziende". La riforma aumenterà infine anche la supervisione su quelle aziende di Stato che agiscono in regime di monopolio, come i grandi gruppi petroliferi, e hanno accesso alle risorse a costi bassissimi o addirittura nulli.

La necessità di una riforma sulla redistribuzione del reddito è stata dettata anche dalla congiuntura economica che per sette trimestri consecutivi tra il 2011 e il 2012 ha visto la Cina procedere a rilento e segnato un aumento delle disparità sociali. Il 18 gennaio scorso, l'Ufficio Nazionale di Statistica, assieme ai dati del Pil 2012, ai livelli più bassi dal 1999, aveva divulgato anche le statistiche riguardanti il coefficiente di Gini, l'indice che misura il divario sociale all'interno di un Paese. Il coefficiente aveva segnato per lo scorso anno un livello di 0,474, al di sopra della soglia di 0,4 fissata dall'ONU come limite da non oltrepassare per evitare problemi di conflittualità sociale. Dal gennaio 2012 la Cina è ufficialmente un Paese urbanizzato con oltre la metà della propria popolazione residente nelle aree urbane, e un ruolo sempre più importante nell'economia cinese per il settore dei servizi. I dati del Purchasing Managers' Index per il settore non manifatturiero registrano, negli anni, un incremento costante che conta oggi per il 44% del Pil del Dragone contro il 35% del 2000.

L'obiettivo dei leader politici di Pechino, ribadito anche durante lo scorso Congresso del Partito Comunista Cinese, tenutosi nel novembre scorso, è quello di raggiungere una "società moderatamente prospera" entro il 2020. In un discorso pronunciato a dicembre, il primo ministro in pectore di Pechino, Li Keqiang aveva sottolineato la necessità delle riforme anche a un tasso di crescita che potrebbe non superare il 7% nei prossimi anni. In quell'occasione, Li aveva fatto riferimento alla rottura con "gli interessi vigenti" e alla necessità di "rivedere le aspettative pubbliche sui possibili benefici" del modello di sviluppo che Pechino intende inaugurare, con un equilibrio tra mercato e politica che serva a "stanziare risorse in maniera efficace".

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