venerdì 15 febbraio 2013

Meglio festeggiare il Capodanno cinese in Italia che Halloween


“PER ITALIA E CINA 
IL FUTURO E’ NEL PASSATO”
Intervista a Pietrangelo Buttafuoco


di Filippo Seminara


Roma, 4 feb.- Scrittore, giornalista e opinion maker, Pietrangelo Buttafuoco ha dedicato molte pagine ai rapporti fra l’Italia e l’Oriente, sia quello vicino sia l’estremo. In articoli, libri e nella sua ultima opera di narrativa, “Il lupo e la luna” edita nel 2011 da Bompiani, dove recupera le suggestioni poetiche del ‘cunto’ orale per raccontare una storia a un tempo guerriera e nuziale che si dipana dalle coste siciliane alla corte ottomana. A chi gli chiede dei rapporti fra l’Italia e la Cina, e fra Italia e Oriente, Buttafuoco offre per chiave di lettura quella delle lontane origini, che “fanno un italiano più vicino a un pechinese che a un americano”. Un futuro di relazioni che poggiano sulla preesistenza di una realtà e di un concetto: quello dell’unico, grande continente che si estende dall’Atlantico lusitano al Mar del Giappone. E’ l’Eurasia.


In questo ultimo decennio di prevalenza eurasiatica, quanto è cambiata la cultura italiana? Che cosa ha assorbito, cosa ha trasmesso?

La cultura italiana nel senso generale e corrente non è cambiata affatto. Gli italiani non hanno consapevolezza della presenza di questo convitato nello scacchiere internazionale. Neppure sanno di far parte del continente eurasiatico. L'Italia ha perso la consapevolezza perfino del Mediterraneo, figurarsi dell'Eurasia… C'è una sorta di incubo ricorrente che è quello della Ue, quello di considerarsi parte integrante dell'Occidente, ma manca il radicamento geografico. E' tutta una questione di limes. Il confine esatto che l'Italia stabilisce tra sé e il resto del mondo è nell'essere dentro questo limes, che è cerniera e ponte tra Oriente ed Occidente.

Qual è la radice da recuperare?

Il nostro paese, andando indietro nei millenni, affonda in questa radice originaria ma non ne ha consapevolezza nella vita quotidiana, tantomeno nella dimensione politica e in quella burocratico-amministrativa. Pochissime persone, perlopiù gente pratica di mercato, commercio, persone con entusiasmo, siano essi giovani che intraprendono studi o imprenditori, hanno avuto l'intuizione di ritrovare il futuro in quel percorso che fu quello della Via della Seta. Ma nel senso comune non c'è questa coscienza. Molti padri di famiglia dovrebbero esser ben contenti se i figli intraprendono determinati studi perché lì è il futuro. Un po' come si diceva anticamente in Sicilia: “E' comu aviri u figghiu parrinu” (è come avere il figlio prete)… Cioè, chi conosce la via dell'Oriente sicuramente ha un futuro, avrà la possibilità di avere un solido conto in banca e delle sostanze vere. Purtroppo c'è di rado questa percezione perché la dimensione culturale dell'italiano medio è una dimensione ristretta, una dimensione di ignoranza.

Qual è il principio che regola tutto ciò?

Il principio è questo: senza la geografia non si può fare la politica né la storia e non si può costruire il futuro. Tutto si costruisce attorno alle mappe e alle carte geografiche. L'Italia non solo ha perso la sua vocazione di tendere verso Oriente, ma ha perso perfino l'idea stessa del Mediterraneo. E la prova di questa inadeguatezza a vivere è la contemporaneità, in quanto l'Italia non riesce più ad avere chiaro il senso stesso del proprio orizzonte, l'organizzazione mentale. Per dirla in termini dell’antica scienza politica, con le categorie schmittiane di terra e mare, l'italiano medio è convinto di doversela vedere con la Merkel o con Cameron, ma non si accorge di una presenza fondamentale nel Mediterraneo che dal punto di vista commerciale ed economico è un volano forte. Per esempio, la Turchia.

La Sicilia è una porta per l'Eurasia? Quali sono gli strumenti per schiuderla?

La Sicilia ha un grande vantaggio sia dal punto di vista culturale sia nell'istinto della vita quotidiana: ha una dimensione universale. E' un luogo dove la paganitas e il succedersi delle varie presenze hanno avuto sempre albergo per essere sempre lievito di un'idea. C'è una dimensione romantica nella geopolitica… In Sicilia, chi ha capacità e praticità di saper presagire il mondo, comprende che ha la possibilità di incontrare la stessa gente che incontrerebbe a Samarcanda, Istanbul, Pechino. Tant'è vero che la nostra storia siciliana è fortemente caratterizzata dall'eterno matrimonio atteso, in quella che è stata sempre la dolcezza quasi poetica di far incontrare i freddi nordici con l'esplosione di solarità. Nella cattedrale di Palermo, bella quanto una moschea, custodiamo le spoglie di quel tedesco che si fece arabo per vivere in Sicilia: Federico II. Questo è un fatto. Perciò la Sicilia potrebbe farsi forte di questo vantaggio, ma non lo sa e non lo può fare perché, rispetto a tutta quella che è la periferia occidentale, la Sicilia è ancor più periferia…

In un suo articolo del 2011 afferma che ci ‘sono più Cina, India e Russia’. Che cos'è cambiato a distanza di oltre un anno? Il 2012 è stato realmente l'anno dell'Eurasia?

Il continente eurasiatico è indubbiamente quello più ricco e forte. Ci sono all'interno differenze che, dal nostro punto di vista, sono irriducibili. Tant'è vero che molti politologi sono convinti che il futuro sarà l'incontro tra Cina e India. Immaginano altresì che gli indiani dovranno prendersi cura di noi, in quanto dall'altra parte i cinesi rappresentano l'alterità, l'istinto e una fierezza nazionale che è a tratti razzista. I cinesi sono una potenza razzista, una volta si sarebbe detto imperialista… Fatto sta che al centro c’è la Terra di Mezzo e tutto ciò che sta intorno è periferia. S’impossessano di pezzi di mondo funzionali alla loro terra. Ritorniamo alle categorie della polemologia e della politologia, dove una cosa è il mondo una è la terra. La terra è il luogo dove si costruisce e dove le radici traggono linfa; il mondo non è altro che un deposito da cui attingere.

E l’India?

L'India è una meravigliosa potenza nucleare pagana… Questo è un dato che nessuno considera e che non vorrei sottovalutare. Sono pagani come i nostri progenitori, come i Traci, i Dori, i Romani. Hanno lo stesso pantheon dei nostri antenati. Infatti, quando andiamo in India e vediamo loro fare la Puja, sappiamo che stanno replicando un rituale che i nostri avi praticavano. Non possiamo far altro che omaggiare Shiva! In quel pantheon ritroviamo le nostre divinità latine, greche, perfino teutoniche. C'è una base comune. Inoltre in Eurasia c’è l'orientalismo da cui noi italiani abbiamo saputo ricavare una linfa che non è solo filosofica. Rispettando, naturalmente, il lavoro svolto da Schopenhauer  e Nietzsche e quella tradizione di ascolto della voce d'India. Da qui la bellissima immagine dei tre amici Hegel, Schelling e Holderlin affacciati alla torre del fiume Neckar e da quella torre il Gange sente… Una vena che, dal profondo della Germania, arriva fino in India.

Poi c’è la scuola orientalistica italiana.

Noi italiani abbiamo creato questa disciplina dell'orientalistica e siamo riusciti a capire molte cose loro per capire noi stessi. Il continente eurasiatico in tutte le sue differenze ci assomiglia. E' come la storia del mandarino e del campanellino: stavolta però suoniamo il campanello per andare ad incontrare quell'anonimo cinese disperso nella grande Terra di Mezzo. Lui, con noi, ha molto più in comune di un benzinaio del Texas allevato a Bruce Springsteen.

Quale ruolo hanno gli intellettuali in questo incontro?

Henry Corbin, massimo esperto di Islam duodecimano e autore di libri fondamentali sull'Islam, attesta che a confermare e far emergere la potenza dell'Oriente sono stati uomini provenienti da Occidente, così come i sinologi italiani per la letteratura cinese. A differenza dell'Occidente che non vuole farsi giudicare dall'Oriente, l'Oriente capisce l'importanza di far spiegare se stesso dagli altri. E questo è affascinante.


Perché?

Perché c'è una radice sapienziale che ci accomuna. Cito Maometto: “E andate a cercare la saggezza fosse pure in Cina”. Le tracce della sapienza ci riconducono alla filosofia preesistente a Socrate, da cui noi abbiamo attinto per attraversare questo lucore della sapienza che viene da Oriente.


E' quindi un ritorno al passato?

Più che un ritorno al passato è avere consapevolezza dell'origine. L'origine è molto più nuova della nostra vecchiaia. E' molto più vigorosa in quanto non è stata macchiata da ciò che è venuto dopo. Gli strumenti sapienziali ci aiutano a comprendere questa dimensione dell'origine. Se volessimo dare un radicamento di identità culturale e filosofica all’unione europea, con chi potremmo mettere a confronto Confucio o Platone? Con Erasmo da Rotterdam. Forse. Ma sono altre le dimensioni e i piani di contaminazione spirituale.
E allora facendo questa camminata in Eurasia dobbiamo parlare della Persia. Dico Persia perché mi serve a mettere insieme delle realtà geografiche complicate, Iraq e Iran… A spiegare come, all'interno di quella che è stata la grande esplosione nella storia dell'umanità, l'Islam, c'è l'Islam duodecimano sciita. Ora non vorrei essere banale, ma sicuramente quella parte è la più affine alla religione cattolica: ci sono i santi, la gerarchia ecclesiale, gli angeli, è una religione molto attenta alla politica. Tant'è vero che noi, in quei luoghi, conserviamo la memoria dell'unica rivoluzione (quella iranica del 1979) che è stata veramente rivoluzione e non ha assecondato il percorso delle sovversioni, come è invece accaduto in Francia, Russia, America. E' stata una rivoluzione che ha rispettato il revolvere, il ritornare indietro. La Persia è interessante perchè è la “spina nel fianco” del pensiero unico occidentale.

E la Russia?

La Russia è molto più Europa dell'Italia! E’ il primo esempio di trasformazione di una realtà asiatica. Possiamo notare in Russia il diffondersi del cristianesimo in un terreno che non conosceva altra forma che quella dell'ortodossia. Ovviamente il cristianesimo si è diffuso in Europa nelle forme che conosciamo, dal protestantesimo alle eresie che hanno determinato la modernità. In Russia no. Accanto alla Persia, è l'altra “spina nel fianco” della coscienza occidentale.
La Russia mette nel piatto della realpolitik un numero enorme di martiri cristiani. C'è una vicenda molto curiosa: ricordo quando papa Giovanni Paolo II espresse il desiderio di un viaggio a Mosca. Il viaggio non si fece ed è un angolo singolare nella storia del pontificato. E’ successo che il realismo politico vaticano non si poteva permettere il lusso di affermare e attestare davanti a un rito, l'eucarestia celebrata assieme, che un numero spropositato di martiri avesse consacrato col martirio la propria testimonianza di fede. Il Vaticano non ha ammesso questo, si è rimasti a Roma e si è preferito non alzare l'ostia per onorare il ricordo di quei martiri…E' una cosa inaudita. Questo è uno degli aspetti fondamentali per cui la Russia è una “spina nel fianco”, però si può costruire l'esorcismo sulla Russia perché la vediamo distante, perché non cogliamo. Ancora una volta devo fare un nome: Pavel Florenskij. Attraverso il suo martirio, la sua potenza spirituale, mistica, religiosa noi offriamo e porgiamo sullo scacchiere internazionale un altro potente riferimento spirituale ed intellettuale.

Tiziano Terzani, con i suoi articoli e saggi, ha avvicinato le culture orientali all'Italia? Il successo editoriale e ideologico di "un orientalista che si veste da orientale" è dovuto alla poca conoscenza da parte del lettore di quelle culture o Terzani ha saputo trasmettere esperienze autentiche?

Più che altro suggestione…fascinazione… Faccio un esempio: conosco un tipo che è buddhista o almeno dice di esserlo. Per lui il buddhismo consiste nell’ essere pacifista e  dire le banalità del pensiero comune, laddove in realtà il buddhismo è anche un'azione guerriera. E' un po' come per Gandhi: sono le solite botole che l'uomo comune è obbligato ad attraversare.

Il gesuita Matteo Ricci, nel 1552, è stato il ponte tra due culture lontanissime. Quanto è attuale la "Descrizione della Cina" per comprendere non solo la "dinastia" Mao Zedong, ma anche l'attuale "lignaggio"?

Sarebbe ridicolo spiegare la politica italiana attraverso Tito Livio, non ci rientra. Invece con Ricci una cosa analoga riesce possibile. E' un po' come, con facile battuta, si spiega la differenza tra Cristo e Maometto: se Cristo tornasse a Roma non riconoscerebbe nulla di ciò che aveva fondato; se tornasse Maometto capirebbe che le cose vanno come le aveva stabilite lui. Come per Maometto, anche Ricci riconoscerebbe la Cina.

La recente protesta dei giornalisti del Southern Weekly contro l'inserimento di propaganda pro-partito, è un segnale della formazione di una coscienza politica da parte degli scrittori cinesi?

Su queste vicende, aspetterei prima di giudicare e di capire. Perché molto spesso mi sono reso conto che, nella nostra visione della politica estera,  vige una censura al contrario e una disinformazione. Quando si decide di trasformare qualcuno in uno stato canaglia, immediatamente succede di tutto… Quanto sono polizieschi i regimi in Occidente? Potremmo fare esempi a iosa - e non se ne fanno mai. Credo sia meglio, non fidandomi delle nostre fonti, sospendere il giudizio in materia.

Il Nobel a Mo Yan è visto, da alcuni, come un premio finalizzato ad appianare i rapporti e "accontentare" il PCC. Cosa ne pensa?

Anche su questo credo di non poter dare un giudizio. A parte il fatto che il Nobel non è più il premio dei tempi di Pirandello… lo hanno dato perfino a Dario Fo. Siamo sempre nelle botole del luogo comune, nel precipitare in un pensiero che accomuna tutti a dire sempre le stesse cose. I cinesi staranno magari in batterie di allevamento e contenimento, però neppure noi scherziamo in termini di obbedienza a luoghi comuni.

Sta nascendo un capitalismo con caratteristiche cinesi?

Esiste nella logica della volontà di potenza. Sanno perfettamente che l'esercizio della volontà di potenza passa attraverso dissimulazioni e mascheramenti. Sanno che per vincere devono escogitare trappole. Quando dobbiamo spiegare perché i cinesi sotto i materassi tengono un'enorme quantità di cartamoneta americana, dobbiamo rifarci a quello che aveva già spiegato Lenin: “I capitalisti venderebbero anche la corda con cui li impiccheremo”. E quella è tutta corda messa da parte…

Con l'avvento della cultura americana, la festa di Ognissanti è diventata Halloween. Tra un decennio, festeggeremo il Capodanno cinese anche in Italia?

Se lo festeggeremo, me lo auguro, sarà molto più vicino e simile a tutti i Saturnalia che abbiamo dimenticato.


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