BOOM DI YACHT IN CINA, MA PER “GINI”
SI RIDUCE LA DISUGUAGLIANZA
di Sonia Montrella
Twitter@Sonia Montrella
Da Ginevra, dove è in corso la Fiera Internazionale dell’Orologio di Lusso, arriva l’ulteriore conferma che nei prossimi anni la maggior parte dei super ricchi avrà passaporto cinese. Secondo un’anticipazione del World Watch Report che studia l’andamento della domanda di 60 marchi, i più interessati a questo tipo di prodotto sono i Brics , Brasile, India, Russia, Sudafrica e Cina. Solo nel Gigante asiatico lo scorso anno la domanda di brand di orologi di alta gamma è aumentata del 31% rispetto al 2011. Tuttavia alcune aziende come Richemont lamentano questa settimana un calo delle vendite, che Florent Bondoux di Digital Luxury Group spiega con la stretta anti-corruzione e il congelamento dei regali lussuosi nei posti pubblici messe in atto dalle autorità cinesi, sulla scia di un ritorno all’austerità in risposta ai numerosi scandali che negli ultimi mesi hanno investito il Partito Comunista cinese.
Mentre le Lamborghini affollano le strade, i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri più poveri il coefficiente di Gini –metro della disuguaglianza sociale – segna una distribuzione del benessere più equa di 10 anni fa. E scoppia la polemica. Venerdì scorso, per la prima volta dal 2001 – Pechino mantiene il massimo riserbo sui numeri della sua ricchezza (e povertà) - l'Ufficio Nazionale di Statistica ha pubblicato i dati del coefficiente di Gini relativi al 2003 e al 2012, che si collocano rispettivamente allo 0,479 e allo 0,474. Entrambi dunque al di sopra dello 0,4, soglia fissata dall'ONU come limite oltre il quale la disparità sociale può comportare problemi di instabilità; l’intervallo di Gini va infatti da 0 (massimo equilibrio) a 1, che indica la situazione di disuguaglianza estrema. Nel 2008 la cifra ufficiale raggiunse il suo massimo, 0,491. Diverse sono invece li numeri non ufficiali: a dicembre, uno studio di China Household Finance voluto dall’Istituto di Ricerche finanziarie della People’s Bank of China e dalla Southwestern University, aveva fissato il coefficiente relativo al 2010 a 0,61, molto al di sopra dunque dello 0,481 dichiarato dal governo. “Se il coefficiente raggiunge quota 0.5 significa che le differenze si stanno facendo insostenibili e che è necessario intervenire immediatamente per colmarle” aveva dichiarato tempo fa al quotidiano ufficiale China Daily Zhou Tianyong, capo degli economisti della scuola centrale del Partito Comunista Cinese. Sembra invece buttare acqua sul fuoco il direttore dell’Ufficio Ma Jiantang, secondo cui il dato è “relativamente alto” e “il governo adotterà presto adeguate misure per portare benessere a tutto il popolo” .
Tuttavia né il dato né le dichiarazioni di Ma sembrano convincere studiosi e internauti, che si chiedono come sia possibile questo riequilibrio – se così si può definire – rispetto agli anni scorsi, quando basta uscire per strada per accorgersi del dislivello sociale. Non solo: secondo lo studio di China Household Finance il tasso di disoccupazione tra i lavoratori migranti – la forza lavoro che ha permesso il miracolo cinese – è passato dal 3,4% di luglio 2011 al 6% del 2012. Non se la passano meglio i laureati con il 16,4% di loro che si ritrova senza un’occupazione. Mentre su 160 milioni di lavoratori migranti, 4,5 milioni hanno perso il lavoro nell’ultimo anno facendo salire il numero dei disoccupati da 5,5 milioni a 10 milioni dall’agosto del 2011.
Xu Xiaonian , economista della China Europe International Business School ha bollato come “Fake” la pubblicazione dell’Ufficio nazionale di Statistica commentando scritto a questo proposito sulla sua pagina Weibo, il Twitter cinese, che “nemmeno un autore di fiabe avrebbe saputo fare di meglio”.
Dietro la presunta falsificazione, sostengono alcuni esperti, si nasconde l’intenzione del governo di preparare il terreno a una riforma della ridistribuzione dei redditi. Già a dicembre Pan Jiancheng, del Centro Analisi e Monitoraggio economico dell’Ufficio Nazionale di Statistica, aveva dichiarato che “risolvere il problema di una distribuzione ineguale dei redditi richiede una ristrutturazione economica e una maggiore urbanizzazione”. E proprio su quest’ultimo punto lo studio di China Household Finance aveva registrato un tasso di inurbamento a luglio 2012 pari all’8,05%, quasi il doppio di quello riportato dalle stime ufficiali.
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