Palazzo Vidoni spiega i tagli agli organici delle PA
di Paola Cosmai
Ratio e obiettivi
Il dipartimento della Funzione pubblica, con la direttiva n. 10/2012, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 296 del 20 dicembre scorso, fornisce chiarimenti sul modus operandi delle riduzioni di spesa pubblica a servizi invariati, c.d. spending review, disposta dal Dl 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che, in ambito burocratico, si condensa nell’eliminazione degli sprechi e nella riduzione o migliore allocazione del personale secondo criteri razionali e centralizzati, mediante ricorso a diversi istituti che spaziano dalla riduzione dei posti previsti in pianta organica, fino renderli collimanti con le reali dotazioni organiche, tenuto conto del divieto del c.d. turn over, alla riorganizzazione dei centri di erogazione di servizi analoghi, oltre che alla mobilità individuale e collettiva, previa informativa sindacale.
Interventi, tutti, di lunga durata e di complessa messa a punto, incidenti in maniera trasversale sulle articolazione centrali e periferiche dell’apparato statale, finalizzati ad un miglioramento strutturale della compagine amministrativa, senza perciò sacrificarne funzioni e servizi, il cui snodo è costituito, appunto, dalla riduzione delle strutture dirigenziali e delle dotazioni organiche, su cui si concentra la direttiva in parola che il dicastero anticipa essere solo la prima di altre che, successivamente, chiariranno portata e modalità operative degli ulteriori strumenti di revisione.
Amministrazioni destinatarie ed escluse
Ai sensi dell’art. 2 del Dl n. 95, destinatarie della riduzione sono le amministrazioni che fanno capo al Governo centrale, anche ad ordinamento autonomo; le agenzie; gli enti pubblici non economici; gli enti di ricerca; gli enti pubblici di cui all’art. 70, comma 4, del Dlgs 30 marzo 2001, n. 165 (di qui in poi anche Tupi), restandone esclusi gli enti locali, che ne potranno essere interessati in un secondo tempo, secondo quanto disposto dal comma 8 dello stesso art. 2, solo in sede di applicazione delle disposizioni di cui all’art. 16, comma 8, del Dl citato.
Sono previste, altresì, esclusioni, totali o parziali, per quelle amministrazioni statali già destinatarie di speciali previsioni normative di settore, non estensibili analogicamente o in via interpretativa, tra cui i comparti scuola, Afam ed Università, le Agenzie fiscali, il ministero dell’Economia e quello degli Affari esteri, la presidenza del Consiglio, le Forze armate e quelle di sicurezza, i Ricercatori e tecnologi, come pure il Corpo dei vigili del fuoco ed il personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari, personale di magistratura, oltre al ministero dell’Interno, anche considerando, per quest’ultimo, l’impatto derivante dalla riduzione del numero delle Province e del riassetto dell’organizzazione periferica dell’apparato statale.
Per i plessi da ultimo citati la direttiva precisa, infatti, che il legislatore ha optato per modalità di revisione centralizzate e coordinate dal ministro proponente tramite emanandi Dpcm, seguendo il criterio di un taglio differenziato e non lineare (la norma prevede, appunto, che le riduzioni possano “essere effettuate selettivamente, anche tenendo conto delle specificità delle singole amministrazioni, in misura inferiore alle percentuali ivi previste a condizione che la differenza sia recuperata operando una maggiore riduzione delle rispettive dotazioni organiche di altra amministrazione”) per ottenere il quale si profila idoneo lo strumento della compensazione, attraverso cui possono realizzarsi, in un unico contesto, interventi polivalenti, sul piano quantitativo e qualitativo.
La centralizzazione della decisione, sottolinea la direttiva n. 10, va intesa quindi come un momento di sintesi, di omogeneizzazione e di razionalizzazione delle diverse proposte, comunque necessarie, che devono pervenire da parte delle amministrazioni interessate, mediante compilazione di appositi moduli, corredati da apposita relazione illustrativa, preordinati a costituire ipotesi di riduzione, da valutarsi tutte congiuntamente in sede di compensazione trasversale.
Base di computo e criteri di riduzione
Infine, occorre che le amministrazioni tengano conto che la base sulla quale operare il computo dei tagli agli organici previsti dall’art. 2 citato è costituita, per quelle contemplate tra le destinatarie delle riduzioni già disposte dall’art. 1, comma 3, del Dl 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dalle rispettive piante all’esito risultanti, per le tutte le altre da quelle previste dalla normativa vigente (ossia dal comma 2 del medesimo art. 2), mentre, per quelle, pur contemplate dalla legge n. 148, ma inadempienti, sarà necessario procedere sollecitamente prima alla sua applicazione per poi operare il riassetto previsto della spendig review, dandone comunicazione alla Funzione pubblica.
Circa i criteri di riduzione, la circolare rammenta che, quanto ai dirigenti, sia di livello generale che non, vige quello numerico, minimo, del 20% dei posti in dotazione organica cristallizzata secondo le modalità innanzi dette, auspicandosi, tuttavia, sforzi di contenimento ulteriori, mentre, quanto al restante personale, quello economico del 10% della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico risultante dalla relativa “base di computo” predetta.
Spesa delle risorse umane da calcolarsi, osserva il dicastero, sulle singole aree tenendo conto del costo di ciascuna relativa posizione economica ed in relazione alle fasce retributive di ciascuna area o del costo di ciascun livello in ragione del profilo professionale, avendo riguardo al solo trattamento economico fondamentale previsto dal Ccnl vigente, comprensivo degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro.
Compensazione interna, verticale e trasversale
La compensazione da attuarsi, in coerenza con l’art. 6 del Tupi, è preliminarmente di tipo interno, attraverso il recupero del costo sostenuto per i posti/profili in esubero in un’area, con la corrispondente riduzione in altra onde raggiungere in ogni caso il valore finanziario prescritto dalla normativa in oggetto (ossia la riduzione di almeno il 10% delle spese per il personale non dirigenziale).
È evidente, osserva il dicastero, che gli eventuali soprannumeri di una singola area, ove non compensati, pur in presenza di posti vacanti, a valere sulle disponibilità delle altre aree, costituiranno un’ipotesi di eccedenza funzionale che andrà specificatamente motivata e giustificata, attesi i risvolti previsti dall’art. 33 del Tupi, e considerato che l’art. 2, comma 14, del Dl n. 95, statuisce che le disposizioni dello stesso art. 2 si applicano anche in caso di eccedenza dichiarata per ragioni funzionali o finanziarie dell’ente.
Oltre alla compensazione di tipo interno a ciascuna amministrazione i vari ministeri, quali soggetti vigilanti con funzioni d’indirizzo rispetto agli enti di appartenenza, possono dar corso ai fini di specie anche a proposte di compensazione verticale, attraverso la predisposizione di appositi “modelli di settore”, corredati da relative note illustrative, che individuino aree di intervento aggregato o per funzioni omogenee (come nel caso, ad esempio, degli enti non territoriali vigilati dal ministero della Salute che operano nel Servizio sanitario nazionale) o per identità funzionale con distinzione fondata sul diverso ambito territoriale di competenza (ad esempio, agli enti parco nazionali).
Proposta che, tuttavia, chiarisce la direttiva, potrà essere avanzata a condizione che la differenza tra la riduzione in difetto operata rispetto alla percentuale prevista dalla norma sia recuperata con una riduzione in eccesso (ovvero proporzionalmente superiore rispetto alle percentuali indicate dalla legge) sulle dotazioni organiche del ministero o di altro ente vigilato.
Da ultimo, è possibile ricorrere alla compensazione trasversale, attraverso l’adozione ex art. 2, comma 5, della c.d. spending review, di uno o più decreti del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la Pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze, atti ad operare le riduzioni sopra illustrate, considerando che “le medesime riduzioni possono essere effettuate selettivamente, anche tenendo conto delle specificità delle singole amministrazioni, in misura inferiore alle percentuali ivi previste a condizione che la differenza sia recuperata operando una maggiore riduzione delle rispettive dotazioni organiche di altra amministrazione”.
Le compensazioni trasversali saranno effettuate con Dpcm per assicurare, in coerenza con il disegno del legislatore, il processo interno di ridistribuzione del personale tra amministrazioni centrali. I ministeri potranno essere considerati, ai fini della selettività dei tagli, anche in aggregazione con i rispettivi enti vigilati e tali enti in aggregazione fra loro, tenendo eventualmente conto delle proposte formulate separatamente, nonché secondo i criteri della compensazione verticale.
La compensazione trasversale è finalizzata a realizzare i tagli selettivi voluti da Governo per favorire un più razionale assetto dell’apparato amministrativo, operando scelte di riequilibrio in ragione degli effettivi fabbisogni, dei settori ritenuti da non depotenziare sulla base degli indirizzi espressi dal Governo medesimo, del collocamento a riposo di coloro che si trovano nelle condizioni di cui all’art. 2, comma 11, lette. a), cit., del riassetto dell’articolazione territoriale e degli effetti dell’art. 10 del Dl n. 95/2012.
Vincoli, iter procedimentale e tempistica
Molti i vincoli che astringono le amministrazioni nell’elaborazione dei modelli innanzi detti, dovendo primariamente assicurare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione minima prescritti dal decreto n. 95 fornendo dati aggregati per ciascun ministero vigilante e corrispondenti enti vigilati che dia puntuale contezza dei loro conseguimenti effettivi e tenendo conto del fondamentale parametro di tarare il fabbisogno in base alla reale necessità funzionale, primaria, demandata a ciascuna organizzazione.
Quanto ai derivanti esuberi di personale, con conseguente collocazione in disponibilità, essi, prescrive il dicastero, dovranno essere dichiarati entro il 30 giugno 2013, in esito alle procedure di cui al comma 11 dell’art. 2 che saranno avviate non appena definita la nuova dotazione organica (31 ottobre 2012, secondo le previsioni del Dl n. 95), nel rispetto della normativa in materia di partecipazione sindacale, di qui a poco tratteggiata.
Mobilità che, tuttavia, si dovrà cercare di contenere attraverso, in primo luogo, l’individuazione dei dipendenti da collocare ‘ex lege’ a riposo e non sostituibili per divieto di turn over fino al 31 dicembre 2015, nonché, in secondo luogo, il riassorbimento di quelli in esubero nei biennio 2013-2014, inoltrando, ciascuna amministrazione, l’elenco degli stessi, distinti per area e qualifica, al dipartimento della Funzione pubblica nei tempi previsti per l’inoltro delle proposte di riduzione, affinché, possa essere avviato il processo di mobilità guidata, anche intercompartimentale di cui all’art. 2, comma 11, lett. d), del Dl n. 95/2012, ferma restando poi la disciplina vigente in tema di mobilità obbligatoria (art. 1, commi 12 e 13).
Partecipazione sindacale
Pur rinviando a successive direttive la dettagliata articolazione della dialettica sindacale per quanto concerne il ricorso ad ulteriori rimedi per tamponare gli effetti degli esuberi conclamati all’esito della revisione in parola, come, ad esempio, il ricorso ai c.d. contratti di solidarietà già noti al settore privato, Palazzo Vidoni invita le amministrazioni al fermo rispetto della mera informativa sindacale di cui al novellato art. 6, comma 1, del Tupi, per il riassetto dell’organico con gli emanandi Dpcm di cui innanzi, mentre, per i processi di mobilità guidata a garantire l’obbligatoria, fattiva partecipazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, attraverso la preventiva trasmissione delle ipotesi percorribili per la loro disamina congiunta da concludersi entro 30 giorni, all’esito della quale poter adottare i relativi decreti del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i ministeri competenti e con il ministro dell’Economia e delle finanze.
Esame congiunto richiesto, peraltro, anche per la definizione dei criteri e tempi di utilizzo di forme contrattuali a tempo parziale del personale non dirigenziale di cui al più volte menzionato art. 2, lett. c), del comma 11, che, in relazione alla maggiore anzianità contribuiva, è dichiarato in eccedenza, al netto degli interventi di cui alle lett. a) e d).
Disciplina transitoria
La direttiva n. 10/2012 chiarisce che, fino all’emanazione dei provvedimenti in parola, le dotazioni organiche sono provvisoriamente individuate in misura pari ai posti coperti al 7 luglio 2012, fatte salve, quanto alle procedure concorsuali, quelle ordinarie autorizzate fino alla medesima data e quelle avviate sulla base di disposizioni di carattere speciale o per le c.d. categorie protette nei limiti delle quote d’obbligo; mentre, quanto alle procedure di mobilità, quelle per le quali vi sia già stata un’esternazione di volontà da parte dell’amministrazione volta a richiedere l’assegnazione temporanea o la cessione di contratto riferite a personale nominativamente individuato o individuabile.
Rimangono ferme,per il resto,le vigenti disposizioni in materia di limitazione delle assunzioni (art.2,comma 9).
I provvedimenti di riorganizzazione consequenziali
È evidente, infine, che dal complessivo riassetto burocratico discenderà la riduzione
delle posizioni dirigenziali con la necessità di accorpamento delle funzioni e dei relativi
incarichi, da rivisitarsi secondo le procedure dettate dall’art. 19 del Tupi.
Quanto innanzi, tenendo ben presente che secondo l’art. 2, comma 10-bis, per le amministrazioni di cui allo stesso art. 2, comma 1 e per quelle di cui al comma 1 dell’art. 23-quinquies, il numero degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale non può essere incrementato se non con disposizione legislativa. Prescrizione, questa, che non può essere disattesa, neanche ricorrendo a soluzioni neutrali sul piano finanziario, costituendo il pilastro della definizione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche contemplate.
Viceversa, per quanto concerne il riassetto interno, per tutte le amministrazioni di cui trattasi, eccezion fatta che per i ministeri, fermi i limiti legislativi già tratteggiati in precedenza, esso andrà definito secondo le previsioni dei singoli ordinamenti, ai sensi dell’art. 27 del Tupi o della normativa specifica di riferimento, mentre, per i dicasteri dovrà procedersi ordinariamente ricorrendo ai regolamenti di cui all’art. 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, da adottarsi entro sei mesi dall’adozione del Dpcm di cui all’art. 2, comma 5, del Dl n. 95 citato.
Salvo rimanendo il più celere strumento, sotto il duplice profilo temporale e procedurale, accordato dall’art. 2, comma 10-ter, del decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, di concerto con il ministro per la Pubblica amministrazione e la semplificazione e con il ministro dell’Economia e delle finanze, che, tuttavia, ove non emanato entro il termine del 31 dicembre 2012, darà spazio al solo Dpr, previsto dalla norma ordinaria innanzi detta.
L'articolo di Paola Cosmai è tratto da Guida al Pubblico impiego n. 1/2 del 2013
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