Treu al posto di Mastrapasqua Questo sarebbe il cambiamento?
di Edoardo Narduzzi
Inutile girarci attorno: il vero fallimento della politica verso l'Inps non è soltanto quello di aver affidato i pieno poteri a una persona già condannata per compravendita di esami universitari (negli Usa o in Germania uno con un pedigree del genere è out per sempre tanto grave è considerata una tale condotta) e neppure quello di avergli consentito di cumulare cariche, compensi e presidenze incompatibili (come può essere vicepresidente esecutivo di Equitalia uno che dirige un ospedale che da decenni non versa contributi ed è permanentemente a rischio di notifica del ruolo?). Il vero fallimento è l'aver consentito il degrado gestionale del principale ente previdenziale europeo, quello che gestisce perfino il vecchio tfr dei lavoratori, e che più di ogni altra istituzione in Italia è a presidio dei rapporti intergenerazionali.
Antonio Mastrapasqua non sarebbe mai diventato presidente dell'Inps in nessun paese serio dell'eurozona eppure, nonostante non avesse alcuna esperienza manageriale in grandi organizzazioni pubbliche o private, fatto salvo il piccolo Ospedale Israelitico di Roma, gli sono stati affidati per quasi sei anni poteri monocratici in un ente con 30 mila persone. Ha ridisegnato a suo piacimento l'organizzazione, ottenuto di inglobare negli anni Ipost, Enpals, Inpdap, gestito in un caos terzomondista la vicenda esodati. «Nell'Inps non si muove foglia che Mastrapasqua non voglia», si diceva nei palazzi romani. Ma i risultati operativi non ci sono, anzi l'Inps è percepito oggi come un carrozzone meno efficiente da parte di imprese e cittadini.
Colpa anche della occupazione, in ogni corridoio, fatta dai sindacati e dalla politica di un'istituzione che gestisce, al pari della Banca d'Italia, risorse e soldi di tutti. Un ente che deve essere messo al riparo dall'invadenza della politica (in pole position per il dopo Mastrapasqua c'è un ex ministro ultrasettantenne con varie legislature alle spalle) e affidato nella gestione a una struttura interna indipendente e preparata.
La crisi innescata dal caso Mastrapasqua impone un cambio di passo alla governance dell'Inps che segni una cesura netta con le nomine politiche. Il governo affidi a un dirigente interno all'ente il compito di traghettarlo fuori dalla palude e stabilisca per legge che ex politici ed ex sindacalisti non possono essere nominati nel cda. Una riforma nello spirito della Leopolda che inizi a rottamare costumi e abitudini italiche non più praticabile nell'eurozona e che abbia il coraggio di prender atto che il partito più votato è stato il M5S. Rispondere, nell'Italia del 2014, con la nomina di Treu, farebbe un torto alla domanda di cambiamento che si respira a pieni polmoni.
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