È la prima nazione al mondo per emissioni di CO2
Adesso la Cina comincia a far pagare chi inquina
di Massimo Galli
La Cina muove i primi passi di politica ambientale e si dirige verso la creazione di una borsa nazionale dell'anidride carbonica. Che l'inquinamento sia molto elevato, soprattutto nelle grandi città, è cosa risaputa. Così il governo sta cercando di correre ai ripari e di far pagare chi produce più CO2: l'ex Celeste impero si trova al vertice della classifica dei paesi che emettono questa sostanza velenosa nell'aria.
La soluzione individuata è la nascita di un mercato dedicato, stabilendo un tetto massimo di inquinamento per le aziende e facendo sborsare quattrini a chi si trovi al di sopra di questo livello.
I primi esperimenti, sollecitati da Pechino, sono partiti nei mesi scorsi e hanno interessato sette città e regioni pilota. I diritti vengono scambiati a Shenzhen, Pechino, Tianjin, Shanghai, Canton, Chongqing e nella provincia di Hubei. A Shanghai Jian Lin, amministratore delegato della società di gestione della borsa, spiega di aver prima voluto conoscere le esperienze di altri paesi come la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, comprendendo le disfunzioni di questi mercati, con una distribuzione troppo generosa dei crediti e con la pesante flessione dell'economia che ha tagliato le ali alla domanda. Secondo Lin, una borsa della CO2 deve sempre rimanere ancorata alla realtà economica.
L'esperienza del Shanghai Environment and Energy Exchange è ancora embrionale: le transazioni sono modeste e le imprese che hanno aderito sono poco meno di 200. Esse fanno parte di nove settori ad alto inquinamento come l'energia elettrica, la metallurgia, la chimica e i trasporti. Gran parte delle aziende per ora sta alla finestra per capire benefici e costi di questa iniziativa. Hanno comunque aderito realtà come il colosso chimico tedesco Basf e il gruppo statale cinese dell'acciaio Baosteel.
La scommessa è quella di potenziare questi progetti pilota, arrivando a costruire un mercato nazionale. Jeff Huang, responsabile cinese di IntercontinentalExchange, la piattaforma che comprende le borse di CO2 di Chicago e della California, sostiene che i partecipanti dovranno trovare un accordo sul modo di operare in un contesto molto diversificato. E non manca qualche ombra: per esempio, gli organismi incaricati di controllare le emissioni delle aziende sono stati nominati dal governo, e diversi gruppi sono statali. Perciò bisognerà fare progressi anche sul fronte della trasparenza per ottenere consenso a livello internazionale.
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