martedì 4 febbraio 2014

AGRICOLTURA
LA SPAGNA HA CHIUSO LA PARTITA DELLA PAC. ECCO COME
I CONCORRENTI "AGRICOLI" FISSANO A 300 EURO IL LIMITE MINIMO PER DOMANDA, IN ITALIA SPARIREBBERO CENTINAIA DI MIGLIAIA DI FASCICOLI
Pubblicato il 03/02/2014 at 13:30

Prima della fine di gennaio i nostri più temibili concorrenti per quanto riguarda il settore agricolo, gli spagnoli, hanno deciso come applicare la riforma della Pac fino al 2020, risolvendo gli ultimi nodi che erano ancora aperti.

Bisogna prendere atto di come la Spagna sia riuscita a gestire l’inedita e determinante fase post riforma con determinazione, trasparenza e coinvolgendo tutte le varie forze in campo, fino ad arrivare con largo anticipo, rispetto alla scadenza del primo agosto 2014, a definire le modalità di funzionamento della nuova Pac.

In Italia, invece, il percorso da compiere sembra ancora lungo e soprattutto si deve denunciare una carenza di dibattito e una non adeguata informazione nei confronti dei diretti interessati, ovvero gli agricoltori.

Tutto questo sta producendo delle tensioni e delle incertezze nell’ambito del settore, come quelle sul mercato fondiario, dove si avverte una certa difficoltà a perfezionare i contratti di affitto per il 2014 e per il 2015, come abbiamo d recente evidenziato con una specifica “Battuta”.

Le autorità spagnole hanno impostato il processo decisionale con l’obiettivo di limitare i trasferimenti di fondi europei tra i beneficiari, tra i settori produttivi e tra le aree geografiche: finalità questa che parrebbe essere stata presa in considerazione anche dall’Italia.

Gli iberici hanno applicato lo strumento della regionalizzazione, ovvero la ripartizione della dotazione finanziaria nazionale per i pagamenti diretti tra zone omogenee (non è stata presa in considerazione l’opzione dei territori amministrativi). All’interno di ciascuna regione agraria, il budget è stato suddiviso in quattro componenti, in funzione delle modalità di utilizzazione del terreno. Sono stati così individuati i seminativi irrigui, i seminativi in asciutto, le colture permanenti ed i prati pascoli permanenti, ognuno con una propria media dei pagamenti diretti. Questa originale costruzione ha consentito di evitare ingenti trasferimenti di risorse dagli olivicoltori e dalle colture specializzate verso utilizzazioni più estensive del terreno.

Come si può comprendere un sistema di questo tipo non ha però permesso di salvaguardare i comparti zootecnici, i quali sono stati compensati con una generosa assegnazione delle risorse per il sostegno accoppiato. A favore di questa misura, la Spagna ha riservato il 12,08% della dotazione nazionale, per un totale di 585 milioni di euro, di cui 188 alle vacche nutrici, 155 agli ovini, 94 al latte bovino. Tra gli altri settori premiati con aiuti diretti specifici, vi sono anche il riso (12 milioni di euro), la frutta secca (14 milioni di euro) e il pomodoro da industria (6 milioni di euro). Non è mancata un’attenzione del ministero spagnolo nei confronti delle colture proteiche, a favore delle quali è stato accantonato un fondo per gli aiuti accoppiati di 45 milioni di euro.

A ben vedere, il sistema di gestione spagnolo del nuovo regime dei pagamenti diretti è analogo al modello che si sta seguendo in Italia, con il metodo irlandese e con il sostegno specifico utilizzato come strumento di compensazione, con l’unica non trascurabile differenza della scelta del Bacino unico nazionale. Il problema è che da noi la decisione finale sembra ancora lontana, soprattutto ora che non abbiamo un ministro dell’agricoltura, inoltre il processo decisionale avviene con una certa opacità e riluttanza al dialogo.

Un altro aspetto che è opportuno sottolineare tra le opzioni applicative formulate dalla Spagna, vi è quella sull’agricoltore attivo. È stata scelta una strada coerente con la normativa comunitaria, a differenza di quanto invece si teorizza in Italia, dove c’è chi auspicherebbe un meccanismo che non sembra compatibile con la norma comunitaria (la selezione su base soggettiva).

Il dispositivo dell’agricoltore attivo ha suscitato un forte dibattito in Spagna ed è stata la questione risolta per ultima. È stata confermata la lista nera proposta dalla Commissione; si è previsto che sulla superficie agricola debba essere eseguita un’attività annuale per il mantenimento e che per essere beneficiario, sia necessaria l’iscrizione al registro delle aziende agricole. Per quanto riguarda, infine, il terzo requisito per definire l’agricoltore attivo, la Spagna ha deciso che l’attività agricola può essere ritenuta significativa, allorquando gli aiuti diretti non superino l’80% dei ricavi totali di un’azienda agricola. Un ultimo elemento che merita di essere menzionato è la decisione di prevedere una soglia minima, sotto la qule i pagamenti diretti non saranno corrisposti. Tale limite è fissato a 100 euro nel 2015, per poi crescere a 300 nel 2017. Un tale limite in Italia porterebbe alla scomparsa di centinaia di migliaia di fascicoli.

Complimenti al Ministro Canete ed alle Regioni spagnole per il pragmatismo e l’efficienza e, soprattutto, per le idee chiare che hanno perseguito sin dal’inizio senza tentennamenti e ripensamenti.

Ermanno Comegna

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