giovedì 6 febbraio 2014

Cause infinite, chiedere i danni diventa sempre più difficile
03 FEBBRAIO 2014 DI GABRIELE VENTURA / ITALIA OGGI

Le legge Pinto è diventata un percorso a ostacoli. Tanto che cittadino e imprese, vittime delle lungaggini della giustizia, ormai, o rinunciano a fare causa allo stato, o restano bloccati dai numerosi paletti messi in corso d’opera alla legge n. 89/2001. Prova ne sono gli ultimi dati forniti dal ministero della giustizia, all’inaugurazione dell’anno giudiziario: da un lato, infatti, si sono ridotti del 20% i ricorsi in materia di equa riparazione per l’irragionevole durata dei processi. Dall’altro, però, la durata dei contenziosi e il numero dei processi pendenti sono tutt’altro che ridotti. Morale: le modifiche alla legge Pinto del 2012 e del 2013 hanno dato i loro frutti. Ma solo allo Stato. Perché a cittadino e imprese fare ricorso ormai non conviene più: sono aumentati i costi da anticipare, non si può più avviare la pratica di risarcimento a procedimento in corso, anche a costo di aspettare 20 anni prima che il giudizio si concluda. Mentre il tempo a disposizione del cittadino per chiedere giustizia è strettissimo: appena sei mesi. Infine, il rischio più alto, cioè che il procedimento di risarcimento, a sua volta, risulti eccessivamente lungo e si entri in un circolo vizioso. Una possibilità non così remota, visti i continui richiami dell’Unione europea all’Italia per l’eccessiva durata del processo. Nonostante ciò, continuano a proliferare, soprattutto in Internet, gli avvocati «esperti» di legge Pinto, che si propongono di assistere il cittadino tramite una sorta di patto di quota lite, in violazione del codice deontologico forense. Ma vediamo meglio come muoversi in questo dedalo.

Come fare ricorso. Cittadino o impresa hanno diritto a un indennizzo per eccessiva durata del processo nel momento in cui il giudizio supera i sei anni di durata. Andando per gradi, il primo non deve eccedere i tre anni, l’appello i due anni e in Cassazione il termine è fissato a un anno. Se però il tempo totale del procedimento è inferiore ai sei anni, anche se una delle tre fasi di giudizio è durata di più, il ricorso non può essere presentato. In più, la richiesta di risarcimento non può più essere fatta a processo in corso, ma bisogna attendere il passaggio in giudicato del provvedimento, che conclude in via definitiva il procedimento. Ai fini del computo della durata, inoltre, non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso e di quello intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l’impugnazione e la proposizione della stessa. A questo punto, il cittadino deve rivolgersi di corsa all’avvocato, magari lo stesso legale che ha prestato assistenza nel corso del procedimento troppo «lungo», che anzi a sua volta dovrebbe informare il cliente sulla possibilità di risarcimento.

I costi e le offerte in internet. Il cittadino deve sostenere il costo relativo al deposito degli atti in copia autentica. Ovvero: l’atto di citazione, il ricorso, le comparse e le memorie relative al procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata; i verbali di causa e i provvedimenti del giudice; il provvedimento che ha definito il giudizio, ove questo si sia concluso con sentenza od ordinanza irrevocabili. Quanto alla scelta dell’avvocato, in internet si stanno moltiplicando gli studi legali che si dichiarano specializzati nell’equa riparazione del danno. In genere, è richiesto solo l’anticipo delle spese per le pratiche, mentre il compenso è affidato a un patto di quota lite, vietato dal codice deontologico forense, che prevede generalmente la corresponsione all’avvocato del 20% del risarcimento ottenuto. Per esempio, sul sito internet www.leggepinto.it, è specificato che il costo iniziale, «a seguito dell’elevato numero di pratiche eseguito, è ridotto alle spese generali, come bolli, copie, tasse ecc, pari a circa 600 euro». Per gli avvocati appartenenti al network del Iuris Consult, non è quindi richiesto alcun esborso preliminare, «ma solo il 20% del risarcimento che riusciranno a farti ottenere dallo Stato, da versare quando verrà incassato». Stesso discorso per lo studio legale Pandolfini (www.assistenza-legale-imprese.it), che si rivolge invece alle imprese vittime delle lungaggini della giustizia. Il servizio «risarcimento causa lenta», infatti, «è offerto dallo studio a un costo altamente competitivo». Al momento del conferimento dell’incarico, infatti, «il cliente verserà in favore dello studio solo un modesto acconto sugli onorari e le eventuali spese di domiciliazione, qualora la causa debba essere introdotta al di fuori del distretto della Corte d’appello di Milano». Terminata la procedura e ottenuto il risarcimento dallo stato, «il cliente corrisponderà allo studio un importo in percentuale sulla somma effettivamente riscossa. Lo Studio tratterrà inoltre le spese legali liquidate dal giudice a carico dello Stato». Lo studio toscano Bartolini offre la consulenza gratuita e poi spiega quali saranno le spese in caso di lite. Però «solo una volta ottenuto il risarcimento si provvederà al pagamento della prestazione offerta in base al patto di quota lite che verrà sottoscritto dal cliente al momento dell’incarico, pari al 20% del risarcimento ottenuto».

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