SPERIAMO CHE LA MAIONESE NON IMPAZZISCA
Twitter@BorzattaP
Milano, 17 dic. - Avete presente quando state facendo la maionese e per un po’ tutto sembra che stia andando – faticosamente - bene e poi improvvisamente cominciano ad apparire quei granellini … che poi rapidamente si separano e tutto è andato a male?
Beh questa è la mia sensazione in queste ultime settimane osservando il nostro mondo e in particolare l’impatto della nuova leadership sugli equilibri globali.
Da Deng Xiaoping, dopo il collasso dell’ex Unione Sovietica, il mondo sembrava andare, tra sussulti e incidenti a volte anche gravi, verso una tranquilla coesistenza tra le grandi potenze vecchie e nuove: Stati Uniti, Europa, Cina e forse anche Russia. Certo il conflitto con l’islam era preoccupante, ma comunque in qualche modo ‘confinato’ e soprattutto tutte le grandi potenze avevano interesse a spegnerlo. Da più parti si levavano anche voci autorevoli (ad esempio vedi Kissinger) che gli Stati Uniti e la Cina dovessero trovare una forma di ‘partnership’ per il bene loro e del mondo.
Poi arriva Xi Jinping con la sua nuova leadership. Raggi di sole sembrano trapelare tra le nubi che sempre offuscano il cielo della geopolitica. Sì certo arrivano segnali di stretta interna sul dissenso e qualche corvetta di troppo nelle acque del mar cinese meridionale, ma forse necessari per ‘consolidare’ il suo potere interno per potersi poi permettere una forte e necessaria liberalizzazione economica.
Invece arriva l’annuncio della nuova area di difesa aerea e le nuvole si ispessiscono rapidamente. Il Giappone reagisce, gli Stati Uniti la infrangono immediatamente, Seul la istituisce a sua volta, … C’è chi dice che la decisione è stato un colpo di coda interno al potere cinese per mettere in difficoltà Xi Jinping e che quindi sia da interpretare come un segno di assestamento della sua leadership. Il solito Kissinger – novantenne, ma lucidissimo - si affretta a ricordare che esistono nel mondo altre 44 aree di difesa aerea e nessuno se ne preoccupa e invita nuovamente Stati Uniti e Cina a una partnership senza precedenti.
Può darsi, però…
Però va tenuto conto che questo supposto ‘rito di passaggio’ della leadership cinese arriva in un contesto in cui:
1. Il Giappone ha una leadership che per motivi economici e politici vira al nazionalismo e al populismo. I due decenni di stagnazione economica e culturale di quel paese rendono la sua popolazione molto sensibile a sogni di riscatto invece che ad accettare riforme significative e mordenti.
2. Gli Stati Uniti hanno una leadership ‘in crisi’ con problemi interni e anche internazionali, pesanti esposta su molti fronti e non chiaramente libera di mantenere la sua promessa di strategia con pivot l’Asia.
3. La Russia di Putin sta spingendo nel suo disegno di restaurazione dell’ “impero russo”.
4. L’Europa è bloccata, non riesce neanche a far passare l’unione bancaria e si fa soffiare da Putin l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea.
5. La leadership della Corea del Nord – per quel che se ne riesce a capire - è in un passaggio critico e sta perfino cercando di affrancarsi dalla tutorship della Cina per andare verso una sempre più sfacciata politica di ricatto nucleare contro tutti.
6. Il ventilato accordo con l’Iran potrebbe avere grandi effetti benefici a livello regionale (dalla Siria all’Iraq), ma lascia aperta l’incognita Israele che sembra non volerla digerire.
Tutto quindi sembra concorrere a dire che non è questo il momento di accendere fiammiferi in un contesto carico di vapori di benzina.
Per tornare alla nostra metafora iniziale, speriamo quindi che il caro Xi Jinping abbia le dosi di fecola di patate necessarie per evitare che la maionese impazzisca quando non si è riusciti a farla meglio in modo naturale.
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