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L'incremento delle retribuzioni per il 2014 è stato deciso dal Partito comunista
I salari cinesi crescono del 10%
Sono in aumento la spesa interna e il costo dei prodotti
di Ettore Bianchi
Quest'anno i salari cinesi dovrebbero aumentare mediamente del 10%. Uno scenario tratteggiato da molti analisti finanziari, che parlano di una strategia voluta direttamente dal Partito comunista per concretizzare il piano economico delineato dall'ultimo plenum svoltosi in novembre: più vigore alla crescita interna e una diminuzione del peso specifico accordato all'export, che finora è stato il principale motore dello sviluppo dell'ex Celeste impero insieme alla manodopera a basso costo.
La tendenza non è nuova, perché l'incremento degli stipendi era iniziato già nel 2011 con un +14,4% nelle aree urbane.
Semmai va annotato che gli aumenti stanno rallentando, perché l'anno successivo è stato registrato un +11,9% e nel 2013 ci si è limitati a una crescita dell'11%. Il livello massimo risale al 2007 (+18,5%), ma allora l'incremento del pil era stato pari al 14,2%. L'anno scorso l'economia del paese asiatico è migliorata del 7,6%: si tratta del ritmo più debole da 14 anni a questa parte.
L'intervento ulteriore sui salari comporta dei rischi, a cominciare dalla minore competitività della forza lavoro. Per questo è attesa un'ulteriore delocalizzazione delle aziende verso il Sudest asiatico, in particolare il Vietnam, la Cambogia e il Bangladesh. Inoltre il costo dei prodotti finiti rischia di salire.
Ma gli effetti collaterali non intaccano la volontà del partito di portare avanti i propri obiettivi: sostenere i consumi, contrastare le conseguenze dell'invecchiamento della popolazione e della diminuzione relativa della manodopera. Recentemente è stata deliberata un'attenuazione della storica politica del figlio unico. Il governo ha anche deciso di rivedere il sistema Hukou, che limitava lo spostamento della manodopera da un luogo all'altro della Cina.
Il riequilibrio tra sviluppo interno ed esportazioni rischia di nuocere all'innalzamento del prodotto interno lordo, ma i vertici della politica sono pronti ad accettare la scommessa in nome di una maggiore stabilità. Essi non erano tuttavia pronti alla sorpresa di un rallentamento che nel 2013 è stato più forte del previsto.
L'anno appena iniziato, secondo alcuni osservatori, sarà cruciale per l'attuazione delle riforme. Al punto che qualcuno si spinge a parlare apertamente di «dentro o fuori». Ci si vuole lasciare alle spalle anche la politica di investimenti improduttivi, com'è stato per i programmi immobiliari che non erano adatti al mercato. Iniziative che sono state finanziate attraverso un'espansione del credito giudicata eccessiva e che, oltretutto, è stata spinta in parte da istituzioni extrabancarie come compagnie assicurative e società finanziarie, senza adeguate garanzie.
Ci si può domandare se una discesa drastica dei prezzi delle case possa affondare questo sistema bancario occulto. Capital Economics esclude questo rischio per il 2014, mentre Bnp Paribas considera l'eccessivo indebitamento delle imprese e delle collettività locali una minaccia che aleggia sull'economia cinese. Nel frattempo i lavoratori possono continuare a godersi una busta paga più ricca, sotto l'occhio vigile di un governo che sta cercando di liberalizzare e modernizzare la nazione.
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