SPECIALE PLENUM
UNA LINEA ROSSA ACCERCHIA
LA CINA (E IL PLENUM)
di Nicoletta Ferro*
Milano, 8 nov.- La linea rossa è un filo tanto sottile quanto invisibile, che accerchia idealmente l’intera Cina. Questo limite invisibile ha un duplice significato.
Da un lato rappresenta il percorso minato che il paese si trova a dover percorrere da qui ai prossimi decenni. Per una volta ad attenderlo non solo congetture, ma qualcosa che prende fattezze sempre più reali. Procedendo di questo passo, con uno sviluppo sregolato e con la crescita della ricchezza come unica bussola del benessere, la via che si apre alla Cina è a parere di molti esperti, solo una, quella del non ritorno. A sostenere questa drammatica tesi sono le evidenze scientifiche. I dati relativi ad ambiente e società, parlano chiaro, e ci raccontano di numerosi fronti di crisi aperti nel paese, tanto gravi, quanto complessi da risolvere e ognuno con il proprio punto di rottura, il limite quantificabile e reale, da non valicare se non si vuole andare incontro a conseguenze irreversibili.
La lista è nota ma vale la pena di scorrerla di nuovo a ricordare la monumentalità degli impegni che il Terzo Plenum del XVIII Congresso del Partito Comunista, in apertura sabato a Pechino, si trova ad affrontare.
Molto ruota intorno al concetto di sostenibilità allargato, cui i politici cinesi fanno da tempo continuo riferimento per chiarire le proprie aspirazioni per il futuro. Punto di partenza delle problematiche cinesi è infatti l’eccessiva pressione sulle risorse energetiche e naturali che la Cina ha perpetuato nel tempo senza un occhio di riguardo alle conseguenze più o meno inaspettate che tale operare avrebbe sortito. A questo si lega il primato cinese nelle emissioni nocive che segnala il decisivo contributo del paese ai cambiamenti climatici e il degrado ambientale che coinvolge in maniera ugualmente grave le tre dimensioni fondamentali all’esistenza: aria, acqua, suolo. Da qui alle varie manifestazioni di diseguaglianza che, vale la pena di ricordarlo, in Cina non è solo sociale e di reddito, ma è anche di altro tipo. Geografico, prima di tutto, lo scollamento tra aree destinatarie dei fondi di sviluppo governativi e province dell’impero, ancora sulla strada dell’industrializzazione o a vocazione rurale; generazionale, tra una vecchia guardia disposta a tutto per campare e le nuove generazioni senza storia e prive di valori rispetto a quelle precedenti; squilibrio demografico, con una forbice tra vecchi e giovani che si allarga velocemente, complice una politica del figlio nuovo di cui si richiama da più parti la revisione; e uno sbilanciamento che è anche di genere con gli effetti sempre più evidenti della disparità numerica tra uomini e donne, eredità di una pratica preferenziale verso il sesso maschile tutta asiatica. A questi nodi se ne vanno ad aggiungere altri di ordine, finanziario e politico ma con con diramazioni in ambito sociale ed ambientale di grande rilevanza.
La linea rossa che la Cina deve stare ben attenta a non oltrepassare nella fase di profondi cambiamenti che avrà avvio col Plenum, ha anche un secondo significato. Rappresenta i target da raggiungere, gli obiettivi sotto i quali lo stabile equilibrio su cui si regge il Dragone inizierebbe a scricchiolare, portando a conseguenze che tutti temono. Xi Jinping ha di recente rivisto le previsioni di crescita dell’economia fissandole al ribasso, a un tetto del 7.2%. Al di sopra di questo limite, un benessere condiviso per molti, al di sotto, l’esacerbarsi di un malcontento sociale che già ribolle nel paese.
Vista così la Cina che si appresta ad affrontare l’appuntamento politico che storicamente segna l’avvio di una nuova fase di riforme per il paese, ricorda l’immagine di un funambolo, in equilibrio precario tra il vuoto che teme e la meta a cui aspira. Tutto sta nel chiarire quale sia la meta condivisa.
8 novembre 2013
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