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Pechino, 8 nov. - Le aspettative per la sessione plenaria (9-12 novembre) del Partito comunista cinese sono elevate. Gli analisti e gli investitori infatti sperano vengano annunciate le riforme necessarie al Paese per la trasformazione della sua economia da piattaforma dell’export a centrata sui consumi. Una cosa è certa: sarà la prima reale opportunità per Xi di descrivere la sua agenda economica dopo un anno dalla sua nomina. I temi economico - finanziari non mancano: dalle riserve accumulate al sistema bancario ombra, dall’incentivare i consumi interni al welfare, dalla riforma delle aziende di stato a quella del sistema degli hukou, ovvero l’appartenenza obbligata a un’unità territoriale. Ma in questo fine settimana - così importante per Pechino - cosa sarà deciso?
"Penso che il plenum cercherà di portare cambiamenti sostanziosi all’economia del paese – afferma John Woods, senior portfolio manager di Citi Investment Management – ma l'ottica a cui Xi guarderà sarà quella dai tre a i cinque anni”. Eh già, perché al governo non interessano più i tassi di crescita record nel breve termine ma un’economia sostenibile nel lungo. Gli analisti interpellati citano un report rilasciato la scorsa settimana dal China Development Research Centre, un think tank legato al Consiglio di Stato, che offre qualche spunto sul fronte delle tanto attese riforme. IL DRC ha suggerito infatti la creazione di un sistema di welfare nazionale e un cambiamento percepibile sul fronte delle aziende statali. Stando a quanto afferma Credit Suisse i cambiamenti proposti dalla DRC potrebbero essere rivoluzionari. L’asticella delle attese degli analisti si è alzata la scorsa settimana quando Yu Zhengsheng, il quarto politico cinese per importanza, ha promesso riforme senza precedenti. "La cornice di riforme proposta dal Development Research Centre dovrebbe essere vista come la base di quanto Xi annuncerà”, spiega Robert Prior- Wandesforde, direttore dell'area asiatica ex Giappone, di Credit Suisse.
L'economia cinese ha sperimentato una crescita a doppia cifra negli ultimi trent'anni ma i politici iniziano a tollerare una crescita più lenta proprio perché il paese sta passando da un’economia concentrata su investimenti ed export ad una guidata dalla spesa dei consumatori. Il governo ha posto un target per la crescita del Pil nel 2013 al 7.5%: un tasso di crescita che si traduce nel rallentamento più forte dagli anni '90. Gli analisti spiegano che per incoraggiare un'economia basata sui consumi, Pechino dovrà muovere 1.4 miliardi di cittadini verso le città e provvedere a una rete di sicurezza sociale che possa spingere le stesse persone a consumare.
Gli analisti mi spiegano che si aspettano passi avanti sul fronte della politica agricola e del welfare, ma ulteriori rallentamenti sulla riforma delle aziende di stato, altrettanto necessaria al paese. “Per quanto riguarda le società statali – scrive Nomura - il plenum potrebbe solo reiterare la necessità di maggiore efficienza o addirittura ignorare la questione”. Fatte queste premesse, resta il fatto che tutto ciò che Pechino deciderà dovrà passare attraverso un altro ostacolo, forse il principale, ovvero la macchina burocratica del Paese.
8 novembre 2013
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