martedì 16 luglio 2013

Il Sole 24 ORE - Radiocor 15/07/2013 - 18:15
Cina: Pil rallenta verso un modello piu' sostenibile dell'economia - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*

Radiocor - Milano, 15 lug - E' sufficiente un battito di ali del Pil cinese,una diminuzione dello 0,2% per causare una tempesta nell'economia reale e finanziaria? Spiegare una tabella puo' determinare il caos? Se cio' e' possibile in via generale e nell'economia globalizzata, lo e' molto meno nel caso della Cina. Gli ultimi dati riportano una crescita nel secondo trimestre del 7,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Forse la previsione di un aumento annuale del 7,5% non sara' rispettata. L'allarme risuona nelle Cancellerie dei paesi industrializzati, nei centri studi, nelle redazioni. Ma a Pechino sono ugualmente preoccupati? Cio' che nel primo caso evoca concetti come 'rallentamento', 'hard landing', 'contagio', in Cina - e probabilmente dagli osservatori internazionali piu' lungimiranti - e' visto come 'maturita' dell'economia', 'stabilita', 'regolarita' della crescita'. In realta', lo scarto di due decimi percentuali non sposta il valore della performance, la sua differenza con la stagnazione degli altri paesi e' la costanza di uno straordinario successo. Molto piu' importante appare analizzare il perche' di questo rallentamento. Soltanto da un'analisi che valichi la minuta contabilita' nazionale e' possibile ricavare lumi sul futuro del paese. Esso si presenta, per la prima volta nella storia recente venato da contraddizioni la cui soluzione non puo' essere surrogata dalla semplice crescita del Pil. Forse la Cina paradossalmente cresce troppo, oppure torreggia in maniera sbilanciata, inclinando il proprio modello su versanti poi difficilmente correggibili. La frenata dell'economia potrebbe dunque essere auspicata dallo stesso governo, per assestarsi e togliere potere a chi trae vantaggio dal disequilibrio. In questa visuale va letto il recente credit crunch, la restrizione monetaria che rende piu' oneroso il finanziamento per le aziende e le istituzioni. Pechino sa bene che pompare liquidita' aumenta il flusso di denaro verso approdi indesiderati. L'opacita' del sistema bancario, la corruzione, il nepotismo, indirizzano i denaro verso le costruzioni, le Ipo gonfiate, i settori maturi, mentre le grandi aziende di stato non distribuiscono i loro profitti per mantenere il potere. Non manca la liquidita', e' soltanto allocata male e viene destinata senza pensare al bene collettivo. Ecco perche' il governo - in attesa di riforme radicali attese nel prossimo autunno - non e' preoccupato del rallentamento del Pil. Sa che interessi nascosti, consolidati, coalizzati, frenano le innovazioni. Le lobby sono difficili da combattere. Emblematico e' il caso della zona di libero scambio a Shanghai. Il Primo Ministro Li Keqiang vuole trasformarla in un hub produttivo e distributivo. Intende certificare l'evoluzione della Cina: non piu' magnete di investimenti per i bassi costi, ma centro mondiale, perno della catena del valore. Annunciata all'inizio di luglio dovra' avere requisiti per ora inimmaginabili per il resto della Cina: libera circolazione di merci e capitali al suo interno, convertibilita' totale delle principali valute, tassi d'interesse liberi di fluttuare sul mercato, speciali autorizzazioni per le banche straniere e per lo stoccaggio di materie prime. E' un esperimento che potrebbe rivelare presto la sua fertilita' nel resto del paese. Con imprevista schiettezza, si sono levate forti voci di dissenso al progetto. Gli interessi cristallizzati, minacciati da un semplice esperimento economico, si sono coalizzati contro il progetto. Le cronache riportano tensioni inevitabili, che sono arrivate a mettere in discussione l'autorevolezza del Primo Ministro. Si tratta dell'ultimo esempio, il piu' dirompente finora, della determinazione dell'esecutivo a procedere, piu' o meno timidamente, verso le riforme. Sara' una lunga guerra di posizione, con alternarsi di vittorie e cedimenti. Un intero sistema deve essere messo in discussione, e con esso gli spettacolari risultati di 35 anni di riforme e apertura. Di fronte all'impatto gigantesco che verra' prodotto, la riduzione di 0,2 punti percentuali del Pil in un trimestre diventa un episodio di cronaca, forse trascurabile, forse addirittura benvenuto.

* Presidente di Osservatorio Asia

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