mercoledì 24 luglio 2013

###Cina: da un 'atterraggio morbido' un aiuto alle riforme - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 22 lug - Il precedente Governo di Pechino e' stato abile nel denunciare i rischi dell'economia senza farli deflagrare in crisi. Al contrario, il Pil del paese e' continuato a crescere a tassi superiori alle attese e comunque invidiabili in ogni angolo del mondo. Dal 2007, l'ex primo Ministro Wen Ja Bao ha ripetuto che la congiuntura cinese presentava quattro future trappole, quattro aggettivi che iniziano con il prefisso negativo 'un': unstable, unbalanced, uncoordinated, unsustainable. Non ha cessato di ripetere la litania prima di lasciare il suo ufficio al piu' giovane Li Keqiang. Denunciare i pericoli non e' equivalso a risolverli. Il Pil della Cina continuava a salire, senza che tuttavia i problemi ormai strutturali dell'economia fossero risolti. Le contraddizioni sono state invece esacerbate da un modello 'sviluppista', dove 'l'ossessione per la crescita' (secondo l'espressione del leader Xi Jin Ping) prevaleva su ogni altra priorita'. E' verosimile che l'economia della Cina rallentera'. E' relativamente secondario chiedersi di quanti decimi percentuali essa sara' composta. Appare invece piu' importante capire come l'economia globale sara' influenzata da questa frenata. Le previsioni sono pessimiste. La Cina e' diventata la prima potenza importatrice, destinazione dunque di merci e materie prime dagli altri paesi. Tecnologia e materie prime - con qualche timida presenza dei beni di consumo - sulla via di Pechino generano reddito e occupazione nei paesi di provenienza. Si tratta in prevalenza di territori colpiti dalla crisi che affidano a un mercato in crescita le loro speranze di ripresa. Nello stesso contesto internazionale, una flessione delle esportazioni di Pechino causerebbe una minore disponibilita' di beni a basso costo. Le multinazionali infine perderebbero una posizione concorrenziale se la Cina innalzasse i costi dei loro insediamenti nei suoi confini. Per ironia il Dragone si pone come possibile minaccia per gli altri paesi in caso di rallentamento. Al contrario, qualche anno fa l'attacco era condotto nel caso dell'espansione. In realta', la Cina si trova in una posizione migliore - soprattutto dell'Europa e deli Usa - perche' ha maggiori margini di manovra avendo un deficit fiscale del 2%, un rapporto debito/Pil di solo 45% e una posizione positiva netta sull'estero di $ 2,5 Mld. Sotto alcuni punti di vista, il suo atterraggio, se non violento, e' addirittura auspicabile. La politica economica tende a eliminare gli squilibri, anche a costo di rivedere i tassi di crescita. Le ultime decisioni sono inequivocabili. Le autorita' monetarie hanno ridotto la circolazione interbancaria, il private banking dei cittadini piu' ricchi, la gestione delle riserve monetarie, i prestiti non controllati dal sistema bancario di Pechino. La manovra ha lo scopo di evitare l'indirizzo del denaro verso esiti non graditi, comunque non nell'interesse del paese. Su tutto, rimane la questione macroeconomica piu' pressante: evitare l'ennesima impennata degli investimenti per timore che i loro incrementi decrescenti conducano il paese ad un incontrollato eccesso di offerta. L'indice Pmi di Hsbc (Purchasing Manager Index, che segnala l'andamento delle aziende) e' sceso sotto la soglia psicologica di 50, che segna il crinale tra aspettative di crescita o di rallentamento. Contemporaneamente sono diminuite le esportazioni, mentre il tentativo di far crescere i consumi a scapito degli investimenti ancora annaspa di fronte all'incertezza del futuro per i consumatori. E se gli investimenti vengono abbattuti anche il consumo ne soffre, per cui il famoso bilanciamento tra consumi e investimenti diventa una chimera inafferabile. E' possibile dunque che la contrazione del Pil sia piu' forte del previsto (i piu' pessimisti prevedono che la crescita scendera' al 4.5% nel 2014) e che quindi l'obiettivo del 7,5% annuo non sia raggiunto. Cio' potrebbe essere addirittura utile alla dirigenza per abbattere le resistenze alle riforme. Queste diventerebbero infatti ineludibili, a fronte della crisi di un modello trentennale di successi. La prossima riunione plenaria del Comitato Centrale, prevista per ottobre, potrebbe diventare un appuntamento storico. Tuttavia, e' possibile che questi sforzi si rivelino senza costrutto, che la restrizione monetaria provochi non un miglioramento, ma inneschi una spirale di sfiducia che farebbe precipitare la crescita del Pil a valori trascurabili, 4,5% appunto. Sarebbe un grave problema per la Cina, ma soprattutto per i paesi industrializzati, nel quadro ormai affermato di una globalizzazione inarrestabile.
* presidente di Osservatorio Asia

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