Lao Xi. Due elezioni tra Grillo e Monti nel 2013
Politica
DALLA CINA/ Lao Xi: nel 2013 due elezioni, ecco chi potrebbe farcela
Lao Xi
martedì 1 gennaio 2013
Mario Monti non si candida, ma sarà il candidato premier di una coalizione di liste di centro in una camera del Parlamento, e di una lista unica costituita da quelle stesse forze nell’altra camera. Si propone in questo modo come riferimento dell’area moderata che non si riconosce in Silvio Berlusconi.
La sinistra, capeggiata da Bersani, già autoproclamatasi vincitrice in pectore delle prossime elezioni, manterrà la rotta stabilita da Monti col suo primo governo? Oppure cadrà in un fritto misto di contentini al sindacalismo anni 70 e leggi imprecise e confuse? Riuscirà a esprimere una vera alternativa?
A meno di due mesi delle elezioni italiane, almeno dalla distanza, si riesce a capire poco. Potrebbe essere un difetto di lettura, o forse, come è più probabile, è che “c’è grande confusione sotto il cielo”, come avrebbe detto il presidente Mao. E, come avrebbe concluso poi sempre lui, “la situazione è ottima”: per la rivoluzione (non certo per chi spera in pace e ordine).
Al di là delle manovre di palazzo, infatti, non appare improbabile la ripetizione su scala nazionale di uno scenario siciliano: oltre il 50% di astenuti, che significa la bocciatura in tronco di tutta la classe politica. E anche di più se si aggiungesse al conto quel 18% (circa 9% in termini assoluti) raccolto da Beppe Grillo.
Con tutta questa confusione Grillo dovrebbe solo raccogliere consensi. Potrebbe trasformare in voti la massa di insoddisfatti totali, e quindi portare una vera rivoluzione in Italia.
Basterebbe cioè che la metà o anche solo un terzo degli astenuti si convincesse a votare per lui e il suo 18% siciliano diventerebbe il 30, 40% dei voti. Questa percentuale, con la legge elettorale attuale, gli darebbe una sana maggioranza assoluta, quindi la possibilità non solo di governare ma anche di nominare il prossimo presidente della Repubblica.
Per fare questo Grillo però non deve decimare i suoi. Lanciare editti come uno zar, espellere gente come nel partito di Stalin non lo aiuta, anzi. Prova alla maggioranza degli italiani, quelli che in Sicilia hanno preferito astenersi che votare per lui, come Grillo alla fine sarà uguale agli altri, se non peggio. Quindi molto dipende da Grillo nei prossimi due mesi. Vorrà fare il barricadero del Parlamento o vuole davvero governare? Se vuole fare le barricate, continui così. Dopo i seni in Parlamento di Cicciolina, le cravatte verdi e i cappi della Lega, vedremo le sfuriate in mondovisione del Grillo nazionale, più o meno emarginato dal resto della politica. Questo convincerà tutti gli altri che l’unica è andare avanti mettendo Grillo da parte.
Se Grillo vuole invece governare si prepari: la smetta con gli ukase verso i suoi, recluti persone per bene, come faceva il Pci con gli indipendenti di sinistra o il primo Berlusconi che prese i professori, e pensi a come si potrebbe ricostruire l’Italia. Lo farà? Sta tutto a lui.
Fino a poco tempo fa l’alternativa auspicabile, perché riservava meno incertezze, era che l’esperienza Monti non fosse un episodio isolato o un cerotto da appiccicare a destra o a sinistra, ma davvero diventasse politica. Monti ha scelto. Tuttavia le cose non sono andate nel migliore dei modi: c’era bisogno che tutto l’arco dei partiti attuali, dal Pdl passando per il centro fino alla sinistra, si concentrassero su un vero programma politico per il Paese. Così non è stato, la campagna elettorale è iniziata, è dunque impossibile che lo facciano in futuro.
In Italia dunque inizia la corsa, segnata da due fattori. Il primo: i colonnelli dei vari schieramenti fanno la guerra per lo scanno a Montecitorio, come fosse il posto fisso alla Fiat. Ma se il posto fisso alla Fiat può avere un senso umano, lo scanno inchiodato a Montecitiorio ne ha un altro: puzza di marcio profondo della politica, feudalesimo di ritorno per mezzecalzette che si vogliono baroni del Parlamento.
Il secondo: la legge elettorale attuale darà una sana maggioranza a chi vince pur con uno scarso 20%, che, con un’astensione siciliana, sarebbe circa il 10, 15% dei favori assoluti. Quindi la corsa è non a governare sul serio, ma a escludere Grillo, il quale, non si sa se per ingenuità o calcolo, lavora anche lui in questa direzione, non per governare ma per escludersi.
Il risultato probabile allora è che la profezia siciliana si confermi a Roma: chi governerà, lo farà con il 15% dei consensi totali. Si è già fatto in passato, quando il mondo era dominato da re, regine e cortigiani. Ma è folle oggi, e non solo per un problema fondamentale di democrazia. Il consenso e la partecipazione sociale servono alla tenuta del paese che è sempre più in bilico, con la mina del debito pubblico aumentata di volume anziché diminuita, per mille motivi, durante il governo Monti.
Senza consenso largo, il governo potrebbe cadere non per un voto in Parlamento, ma per un’insurrezione delle piazze o dei mercati che non si sentono rappresentati da un Parlamento feudale.
La prospettiva reale è che il 2013 allora possa trasformarsi nell’anno delle due elezioni: si voterà a febbraio, e magari di nuovo in autunno. Nel frattempo però l’Italia, patria del 25% del debito europeo, potrebbe saltare portando con sé il continente e il resto del mondo.
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