sabato 12 gennaio 2013
Tutto per tre scogli dove non vive nessuno ma....
POLITICA INTERNAZIONALE
ABE: ECONOMIA GIAPPONESE SABOTATA DA CINA
Global Times: “scontro armato vicino” per Diaoyu
Pechino invia due caccia nell'area. Sale la tensione
di Sonia Montrella
Twitter@SoniaMontrella
e
Alessandra Spalletta
Twitter@ASpalletta
(Aggiornato alle 16:00) - Pechino ha inviato due caccia nel Mar Cinese Orientale per fronteggiare l'offensiva annunciata ieri dal Giappone contro i velivoli cinesi che nelle ultime settimane hanno sorvolato lo spazio aereo nei pressi delle Senkaku, le isole contese tra Giappone e Cina che Pechino rivendica come proprie con il nome di Diaoyu. Lo ha annunciato il ministero della Difesa cinese venerdì. Secondo quanto riferisce la Xinhua, i funzionari della Difesa hanno reso noto che due caccia J-10 hanno sorvolato l'area giovedì per sorvegliare i caccia giapponesi F-15 che avevano inseguito un velivolo Y-8 cinese.
Roma, 11 gen.- Per Tokyo, Pechino ha fatto un grave errore: sabotare gli interessi economici giapponesi sulla scia della lotta per il controllo delle Diaoyu, le isole contese nel Mar Cinese Orientale. “Ai fini politici, prendere di mira le società nipponiche e i singoli cittadini giapponesi presenti sul territorio cinese, i quali contribuiscono all’economia del Paese, rappresenta un grave errore per uno stato responsabile di fronte alla comunità internazionale”: dichiara il neo-premier Shinzo Abe in un duro commento contro il vicino. “Ciò non solo danneggerà le relazioni bilaterali – continua Abe – ma avrà anche ripercussioni negative sull’economia della Cina e sulla società”.
Le frecciata arriva nel corso della conferenza stampa di venerdì in cui il nuovo leader del governo alla guida del Partito Liberaldemocratico ha presentato il nuovo pacchetto stimoli da 224 miliardi di dollari che punta a risollevare l’economia con una crescita pari al 2% e a creare 600mila nuovi posti di lavoro. Il Sol Levante si lascia alle spalle un anno particolarmente nero con un deficit accumulato che ha raggiunto il 200% del Pil e una economia che stenta a ripartire. In questo contesto, la disputa territoriale nel Mar Cinese Orientale sembra aver dato il colpo di grazia: dopo l’acquisto (o nazionalizzazione per dirla alla giapponese) dello scorso settembre di tre delle isole dell’arcipelago, di proprietà di una famiglia nipponica e che il governo di Tokyo aveva precedentemente in affitto, la Cina è insorta con accese proteste e con il boicottaggio di prodotti Made in Japan. Sensibile il calo del’export soprattutto nel campo del’automotive: all’inizio della settimana Toyota ha fatto sapere che nel 2012 le vendite in Cina sono crollate del 4,9%, con soli 850.500 veicoli consegnati, il primo declino annuale dal 2001. Ancor peggio è andata alla Nissan che ha visto i suoi affari scendere del 5,3%.
Intanto il braccio di ferro tra le due superpotenze asiatiche per il controllo delle Diaoyu (in giapponese Senkaku) si fa sempre più serrato. Nei giorni scorsi Abe aveva annunciato l'intenzione di aumentare – per la prima volta da dieci anni - del 2% il budget della Difesa per il 2013, a quota 4.700 miliardi di yen, pari a circa 39 miliardi di euro. Obiettivo: fronteggiare l’escalation e tutelare gli interessi del Paese. Allo stesso scopo, ieri il ministero della Difesa giapponese ha fatto sapere che sta valutando la possibilità di aprire il fuoco contro i velivoli cinesi che nelle ultime settimane hanno sorvolato lo spazio aereo nei pressi delle Senkaku. La risposta di Pechino non si è fatta attendere: il ministero della Difesa cinese ha annunciato venerdì di aver inviato due caccia nel Mar Cinese Orientale per fronteggiare l'offensiva annunciata dal Giappone. Secondo quanto riferisce la Xinhua, i funzionari della Difesa hanno reso noto che due caccia J-10 hanno sorvolato l'area giovedì per sorvegliare i caccia giapponese F-15 che avevano inseguito un velivolo Y-8 cinese.
GLOBAL TIMES CHIAMA ALLE ARMI
E se Tokyo attacca, Pechino risponde e fa sapere che continuerà a proteggere i propri interessi con pattugliamenti marittimi e aerei – ieri ha inviato 10 caccia a perlustrare la zona - nelle acque attorno alle Diaoyu. Intanto sulla stampa cinese la temperatura si fa rovente. Durissimo l’editoriale del Global Times – quotidiano statale costola del People’s Daily – secondo cui “lo scontro armato è vicino”. “Non dobbiamo avere l’illusione che il Giappone farà un passo indietro. Dobbiamo prepararci al peggio” si legge nell’articolo che sta mettendo in allerta osservatori e analisti internazionali. Uno di questi è Steve Tsang, direttore del China Policy Institute, University of Nottingham, che ad AgiChina24 ha dichiarato: "Non so se le due potenze hanno intenzione di arrivare ad un conflitto, ma sta di fatto che si stanno dirigendo verso un escalation e il rischio di un contrasto armato si fa sempre più concreto".
“Grazie all’arroganza del Giappone - continua il Global Times - la disputa sulle Diaoyu è arrivata a questo punto. La colpa è dei politici giapponesi, inclusi il governatore di Tokyo Shintaro Ishihara e l’ex primo ministro Naoto Kan”. Per il quotidiano il risentimento reciproco delle potenze ha raggiunto i livelli della seconda Guerra Mondiale, quando decine di milioni di cinesi morirono per le atrocità commesse dai giapponesi durante la guerra sino-giapponese. “Un anno fa i politici nipponici non avrebbero mai pensato che la Cina potesse rispondere con dei caccia. Alcuni giapponesi ritengono che la Cina deve contenersi a qualsiasi costo per assicurare un clima pacifico che favorisca le opportunità di business, ma i caccia inviati ieri provano il contrario”. L’invio dei jet – continua il giornale – riflette la posizione dell’opinione pubblica. “Il Paese deve avere il coraggio di rispondere militarmente a chiunque metta in atto delle provocazioni”.
La crisi delle Diaoyu – chiosa il Global Times - è un test per la Cina dell’era di Internet. La nostra forza risiede nell’adottare contromisure nei confronti del Giappone e affrontare qualsiasi incertezza. E per far ciò è necessario che la società resti unita”.
Non è la prima volta che la stampa cinese lancia la sua chiamata alle armi; qualche mese fa, subito dopo la nazionalizzazione delle isole, era stato il People’s Daily, solo nella sua versione in cinese, ad alzare i toni: “Sulla questione delle isole Diaoyu, speriamo in una guerra lampo improvvisa, ma siamo pronti a combattere a lungo. Qualsiasi forma prenderà la guerra, il Giappone non potrà contare su nessun vantaggio e non la scamperà”. La firma al commento era delle più autorevoli: Zhong Sheng “Voce della Cina”, pseudonimo con cui il Quotidiano del Popolo sigla gli articoli che esprimono l’opinione del governo.
CRISI INTERNA, NEMICO ESTERNO
Internet nemica della stabilità interna, Giappone di quella esterna. Mentre la forbice tra ricchi e poveri si allarga, le proteste contro i danni ambientali aumentano e i casi di corruzione di funzionari del partito invadono il web, Pechino sembra indirizzare il malcontento della popolazione verso l’avversario nipponico cavalcando l’orgoglio patriottico e il sentimento anti-giapponese ancora vivo nell’animo del popolo.
Sul piano geopolitico per la Cina la conquista delle Diaoyu (e delle altre catene di scogli disseminate nel Mar Cinese Meridionale e rivendicate anche da Vietnam, Filippine, Brunei, Taiwan, Malesia) ha un’importanza cruciale. Questione di supremazia: dominando i due mari, Pechino non solo avrebbe il controllo sui suoi vicini, ma si ritroverebbe nella posizione di minacciare le rotte commerciali del Giappone e di negare a Washington, che punta ad accrescere la sua presenza nell’area, il transito tra il Pacifico e l’Oceano Indiano.
Ma non solo. La nuova leadership guidata da Xi Jinping ha di fronte a sé un’eredità pesante: un Paese in cui l’economia viaggia a ritmi più lenti, la classe media è in crisi, l’acquisto di una casa è diventato un sogno, gli espropri dei terreni sono all’ordine del giorno e la carta stampata è insorta dopo che la Propaganda ha, in un certo modo, superato i limiti della censura. Parallelamente il PCC esce da un anno di scandali – Bo Xilai in primis – che hanno messo a rischio la credibilità del Partito. I cinesi osservano e giudicano, e lo fanno soprattutto su internet, forse l’unica piazza in grado di far tremare il regime. Dirottare la rabbia dei cittadini oltre i confini nazionali appare dunque una questione di vitale importanza. Tanto più che il popolo ha più volte criticato la leadership Hu-Wen per essersi mostrata troppo debole con il vicino nel difendere gli interessi nazionali.
Non se la passano bene nemmeno i giapponesi che sotto la guida di Noda hanno visto le tasse aumentare fino al 15% e l’economia perdere terreno sotto i colpi della crisi mondiale. Ma soprattutto, hanno assistito a una pessima gestione dell’incidente di Fukushima. Fallimenti, questi, che hanno spinto il popolo, quella parte che si è recata alle urne - l’affluenza è stata del 59% -, a votare per Abe, già primo ministro poco apprezzato nel 2006-07. Tornato al potere, nella sua prima uscita da premier in pectore, il leader del Partito liberaldemocratico, ha voluto dare un assaggio di quella che sarà l’impostazione del suo governo, soprattutto per quanto riguarda la controversia con il vicino cinese: "La Cina sta sfidando la realtà, ovvero che quelle isole appartengono al territorio del Giappone", ha detto. Il messaggio è chiaro: con la nuova leadership il Paese passerà ai fatti. Il nemico, anche per il Sol Levante sembra essere al di là dei confini nazionali, e va accerchiato. Come? Stringendo accordi con gli alleati statunitensi, con Taiwan, la Corea del Sud e con le Filippine. Proprio oggi il ministro degli Esteri nipponico Fumio Kishida e il Segretario degli Affari Esteri filippino Albert Del Rosario hanno siglato un accordo che prevede la fornitura da parte di Tokyo di 10 motovedette a Manila nell’ambito della partnership strategica in atto tra i due Paesi per il contenimento della Cina nel Mar Cinese Meridionale.
TOKYO PREPARA OFFENSIVA CONTRO AEREI CINESI
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnoeast
Pechino, 10 gen. - Il ministero della Difesa giapponese sta valutando la possibilità di aprire il fuoco contro i velivoli cinesi che nelle ultime settimane hanno sorvolato lo spazio aereo nei pressi delle Senkaku, le isole contese tra Giappone e Cina che Pechino rivendica come proprie con il nome di Diaoyu. Immediata la replica di Pechino che tramite l'ufficio dell'Amministrazione degli Oceani ha dichiarato che continuerà i pattugliamenti aerei e marittimi dell'area attorno alle isole che ritiene parte integrante del territorio nazionale. "Per fronteggiare una situazione sempre più complessa -ha dichiarato nella giornata di oggi Liu Caigui, direttore dell'Amministrazione degli Oceani- ci assumeremo maggiori responsabilità per difendere saldamente i diritti e gli interessi marittimi nazionali". La Cina, ha poi spiegato il funzionario, riparerà i danni subiti da alcuni punti di approdo e procederà a demarcare l'area compresa all'interno delle duecento miglia nautiche attorno all'arcipelago.
Nelle scorse settimane la tensione tra i due Paesi attorno alle Senkaku/Diaoyu era aumentata dopo che alcuni aerei cinesi erano passati vicino alle isole contese. Per due volte Tokyo aveva fatto alzare i suoi caccia in risposta all'iniziativa cinese. L'ultimo caso risale al 5 gennaio scorso, quando un aereo a turboelica cinese era passato a 120 chilometri dalle Senkaku, senza violarne lo spazio aereo. L'8 gennaio scorso il primo ministro giapponese Shinzo Abe aveva disposto un aumento della sorveglianza attorno alle isole contese con la Cina. Abe, rieletto primo ministro il 16 dicembre scorso, è considerato vicino all'ala dei falchi del Partito Liberaldemocratico tornato al potere in Giappone dopo le scorse elezioni e ha promesso un atteggiamento deciso nei confronti della Cina sulle isole contese. Per fare fronte all'escalation con Pechino, il governo giapponese aveva annunciato nei giorni scorsi l'intenzione di aumentare del 2% il budget della Difesa per il 2013, a quota 4700 miliardi di yen, pari a circa 40,7 miliardi di euro.
Il muro contro muro tra i due Paesi riguarda anche le acque territoriali che circondano l'arcipelago. Abe aveva chiesto nelle scorse ore un risposta forte ai continui pattugliamenti cinesi delle acque territoriali attorno alle isole contese, e Pechino aveva risposto tramite il capo dei corpi di sorveglianza marittima, Sun Shunxian, che il Giappone "continua a ignorare il fatto che le loro navi e i loro aerei hanno infranto la nostra sovranità". Sun ha poi dichiarato che l'atteggiamento giapponese potrebbe portare a "un'ulteriore escalation" nell'area.
La tensione tra Cina e Giappone per la sovranità sull'arcipelago delle Senkaku/Diaoyu si era impennata a settembre scorso quando il governo di Tokyo aveva annunciato l'intenzione di acquistare tre delle cinque isole dalla famiglia giapponese che ne detiene i diritti di sfruttamento. La notizia aveva provocato nei giorni seguenti manifestazioni anti-giapponesi in 72 città della Cina, culminate nelle proteste di fronte all'ambasciata giapponese di Pechino, bersaglio di insulti e lanci di oggetti da parte dei manifestanti per diversi giorni.
DIAOYU O SENKAKU?
Le Diaoyu-Senkaku sono formate da tre isole maggiori e da numerosi scogli, per una superficie di appena 7 chilometri quadrati che celano nel sottosuolo ingenti riserve sottomarine di gas naturale, e probabilmente anche petrolio, che secondo proiezioni di Pechino potrebbero arrivare a coprire fino al 20% delle riserve del Dragone. A ciò si aggiunge un fondale ricchissimo di pesce e un patrimonio faunistico introvabile negli arcipelaghi vicini, caratteristiche che spiegano il perché di una così accesa disputa territoriale su degli scogli inabitabili attualmente amministrati dal governo nipponico.
Ma perché tanta confusione sulla sovranità? La ragione risale a più di un secolo fa, quando le isole Diaoyu/Senkaku facevano parte - insieme a Taiwan, da cui distano appena 100 miglia nautiche - dei territori ceduti dalla Cina al Giappone con il Trattato di Shimonoseki, in seguito alla sconfitta del 1895 del primo conflitto sino-giapponese. Il gruppo di scogli aveva adottato il nome di Senkaku appena cinque anni prima quando il Giappone incorporò le isole all’amministrazione di Okinawa sostenendo di aver effettuato studi da cui sarebbe emerso che l’arcipelago non solo era terra nullius, ma non esistevano indizi che facessero pensare che era sotto il controllo della dinastia cinese dei Qing.
Nel 1943 la Dichiarazione del Cairo, secondo cui “tutti i territori strappati alla Cina dal Giappone avrebbero dovuto essere restituiti alla Cina”, menzionò solo l’isola di Formosa (Taiwan) e le Pescadores.
Nel 1944 un tribunale giapponese sancì che le isole erano parte integrante di Taiwan, al tempo sotto l’influenza nipponica, ma l’anno successivo la fine del secondo conflitto mondiale stabilì che Okinawa e i territori circostanti debbano passare agli Stati Uniti che li restituirà a Tokyo nel 1972. Ad oggi per i giapponesi le isole Senkaku fanno parte del territorio nazionale in virtù del Trattato di Shimonoseki, mentre per i cinesi il trattato è nullo come tutti gli altri trattati ineguali firmati nell’800 sotto la minaccia delle armi delle potenze straniere.
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