mercoledì 23 gennaio 2013
Credo proprio che sia l'ultima spiaggia per noi italiani cittadini europei.
PA
Controlli rinnovati per una finanza territoriale sana e di stampo europeo
Naturalmente, solo il tempo potrà consentire di stabilire i reali effetti dell’ampio intervento riformatore del sistema dei controlli sulla finanza territoriale realizzato con il Dl n. 174/2012. Ma una cosa è certa sin da ora: il disegno si rivela ambizioso e l’investimento sullo stesso rappresenta probabilmente, per il nostro Paese, l’ultima occasione per compiere quel salto di qualità in grado di far riacquistare fiducia nei confronti della nostra capacità di onorare gli impegni, ad iniziare da quelli assunti nelle forme del debito sovrano e delle sue declinazioni locali.
Le parole chiave per decrittare un articolato denso e impattante su una trama normativa previgente già molto fitta sono verosimilmente quattro: sana gestione, controllo, responsabilizzazione, Costituzione.
Fra gli obiettivi dichiarati del Dl n. 174 c’è anzitutto il fermo intendimento di passare da
una situazione in cui in troppi casi quella della sana gestione si è rivelata una vuota formula, assai declamata ma poco inverata in concreto, ad un assetto nel quale questo elementare principio trova diffusa effettività. E qui la sfida, anzitutto agli amministratori territoriali, si misurerà sulla capacità di programmare e pianificare con lucidità, intelligenza e innovatività, in un’ottica non esclusivamente di brevissimo periodo, i non molti interventi che risorse quasi ovunque scarse consentono di finanziare. Il primo comandamento è dunque (ci sia consentita l’espressione) “azzeccare” la spesa, badando alla sostanza piuttosto che alla propaganda, senza pregiudiziali per sagge retromarce (quando sono indispensabili), ma anche rinunciando a pratiche illegittime ormai divenute oltre tutto finanziariamente insostenibili (esempio tipico: l’azzeramento – per principio, piuttosto che per solide ragioni – del deliberato, e cantierato, dalla giunta appena uscita di scena).
Quanto ai controlli, la revisione, in senso rafforzativo, del sistema dei controlli interni dà la netta sensazione, confermata dall’esperienza, che in questa direzione più di qualcosa non abbia funzionato in questi anni. Era quindi appropriato mettervi mano. In un’ottica se si vuole meno ingenua o acritica, che tende a investire molto, ma non tutto (o quasi), su questo tipo di controllo. Il che esce complessivamente confermato dal massiccio rilancio della funzione di controllo (esterno), tanto nella parte che investe dei conti, ad iniziare dalle Sezioni regionali di controllo, quanto nella parte concernente invece generale dello Stato.
Conferme si rinvengono, altresì, della linea che un controllo che non si completi con idonee forme di responsabilizzazione, e quindi di responsabilità, potrebbe finire per avere meno effettività, se non credibilità. In questa direzione, il Dl n. 174/2012 ha preferito interventi selettivi: sulla gestione delle partecipate (rilanciando un tema che da anni registra un disallineamento fra Cassazione e Corte dei conti), sui revisori (sulla scorta di un’evoluzione giurisprudenziale che da tempo tende ad analizzare più approfonditamente il loro contributo causale al verificarsi di situazioni di danno erariale), sui responsabili dei servizi finanziari (figura chiave, nell’economia del Dl, sulla valutazione del cui operato occorreranno giudizio e misura, per evitare che finisca per pagare anche per colpe non sue), e sugli amministratori, anche sotto il profilo del rilancio della formula del “fallimento politico”, in nome del principio di buon senso che chi ha dato cattiva prova di sé nel gestire la cosa comune è bene che ne resti lontano.
Quanto alla Costituzione, questa parola non perde di attualità, anche nel caso di specie, per la semplice ragione che riassume in sé tutto. Senza cadere nella facile retorica, solo risorse finanziarie saggiamente amministrate, nel perseguimento del bene comune, possono infatti assicurare quel che oggi serve: una crescita sostenibile fatta di equità, superamento delle diseguaglianze e promozione del merito, creazione di posti di lavoro, servizi pubblici efficienti e tempestivi a supporto delle esigenze di famiglie e imprese.
Certo, un Paese – le sue abitudini, le sue pratiche, taluni difetti cronici – non si possono cambiare per decreto, come per magia, da un minuto all’altro. Serve uno sforzo comune, che duri nel tempo. E questa è la principale scommessa sottesa al Dl n. 174. Il nostro Paese ha certamente il potenziale per farlo, occorre però che lo voglia anche.
Articolo tratto dallo Speciale "La riforma della finanza locale" del numero di gennaio della rivista "Diritto e pratica amministrativa"
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