mercoledì 30 gennaio 2013

A Pechino scricchiolano le amministrazioni locali un po come gli scricchiolii di Alghero



ECONOMIA
EVITATA (PER ORA) LA CRISI DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest

Pechino, 30 gen. - Il governo cinese sembra avere scampato la crisi del debito delle amministrazioni locali. O, almeno, averla rinviata. I tre quarti dei prestiti che dovevano maturare a fine 2012 sarebbero stati prorogati dalle banche cinesi. Si tratta di una cifra che potrebbe essere superiore, secondo i calcoli del Financial Times, ai tremila miliardi di yuan, circa 355,5 miliardi di euro. Entro la fine del 2012, la cifra che le amministrazioni locali avrebbero dovuto ripagare ammontava a circa quattromila miliardi di yuan, pari a 474,2 miliardi di euro, più interessi, ma le banche del Dragone avrebbero deciso di prorogare il pagamento per evitare il default delle amministrazioni più esposte.

La vicenda del debito delle amministrazioni locali è scoppiata nel luglio 2011, e a tutt'oggi rimane il più grande cruccio finanziario del Dragone. All'epoca l'agenzia di rating Moody's aveva rilevato un "buco" di 3500 miliardi di yuan che si andavano ad aggiungere agli altrettanti già stimati dal governo di Pechino. Un'ulteriore verifica ordinata dalle autorità centrali sulla reale situazione contabile dei governi locali aveva appurato uno scenario ancora peggiore, con un debito delle amministrazioni periferiche a quota 10700 miliardi di yuan. Con questa cifra, Pechino deve fare i conti ancora oggi. L'accumulo del debito viene imputato alla disinvoltura con cui i governi locali riuscivano ad ottenere prestiti per le infrastrutture tramite le Local Investment Companies (LIC) agenzie semi-pubbliche che potevano ricevere prestiti dalle banche presentando il loro asset più prezioso, la terra, che in Cina è proprietà dello Stato. Con questo sistema, le LIC aggiravano legalmente i limiti al finanziamento diretto alle amministrazioni locali. Le LIC hanno poi iniziato a emettere bond locali non legati a un singolo progetto, ma frazionabili in diversi prodotti finanziari. L'enorme emissione di questi bond era basata sul fatto che le piattaforme finanziarie che li emettevano davano per scontata la solvibilità delle amministrazioni locali.

Difficile, però, fare calcoli accurati. La commissione regolatrice del settore bancario cinese annuncia solo le cifre dei prestiti insoluti delle amministrazioni locali, ma non rivela dettagli sugli interessi o sulle condizioni di rifinanziamento degli stessi. Secondo le cifre rese pubbliche finora, gli economisti sarebbero inclini a pensare che le banche abbiano deciso di posticipare il pagamento degli interessi su larga scala per prevenire il default finanziario dei governi locali più indebitati. Fino a questo momento, a un tasso di interesse del 6% all'anno, le amministrazioni locali cinesi dovrebbero avere ripagato circa mille miliardi di yuan. Secondo le cifre mostrate dalla commissione regolatrice bancaria cinese, alla fine del 2012 i prestiti ancora insoluti ammontavano a 9200 miliardi di yuan. E secondo l'ufficio nazionale di revisione dei conti, il 42% del totale del debito -i quattromila miliardi di yuan- era destinato a maturare entro la fine dello scorso anno.

Il primo ministro uscente Wen Jiabao ha sempre dichiarato la propria fiducia nei confronti della solvibilità da parte delle amministrazioni locali. "Il livello del debito è sotto controllo ed è al sicuro" aveva dichiarato Wen al parlamento lo scorso anno. Ad assicurare la tenuta del sistema c'erano "asset di alta qualità, con un cash-flow stabile e guadagni promettenti". Insomma, un po' alla vota, il debito sarebbe rientrato. Ma entro quando, al ritmo attuale? Secondo Stanley Li, analista del settore bancario per il gruppo Mirae Asset Securities, "ci vorranno più di dieci anni per ripagare i prestiti".

La situazione non è, però, ancora stabile. Secondo un'inchiesta condotta dal sito web del settimanale economico Caixin nei giorni scorsi, è in crescita tra le amministrazioni locali un certo nervosismo per nuove norme che potrebbero cambiare il sistema dei prestiti per la realizzazione di infrastrutture. Il timore delle amministrazioni locali è quello di una stretta creditizia che le metterebbe in seria difficoltà: alcuni temono, addirittura, la possibilità di un default di quelle più esposte. Secondo gli analisti, è possibile che possa verificarsi una significativa diminuzione nell'emissione di bond da parte delle piattaforme finanziarie, dopo che uno dei nuovi regolamenti fisserebbe il tetto della loro emissione al 40% del valore totale degli asset a disposizione della società, con il risultato di una minore liquidità in circolazione. In base alle nuove regole, la libertà di azione delle amministrazioni locali per i progetti infrastrutturali in condivisione delle spese con aziende private sarebbe ristretta a progetti specifici come case popolari o autostrade.

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