mercoledì 5 giugno 2013

Inversione di rotta per le multinazionali

Se dobbiamo affidarci ai cinesi per sapere cosa c'è nei nostri piatti
Per anni tutti ci hanno messo in guardia dalle porcherie del "made in China". Ora Pechino si vendica coi piatti della spocchiosa Europa.
Barbara Cataldi

La vendetta cinese si sta clamorosamente abbattendo sulla spocchiosa Europa. I competitori commerciali del più grande paese del mondo devono stare in campana. La battaglia a suon di ritiri è appena cominciata e lascerà sul campo morti e feriti.
L’ultimo bollettino di guerra parla di torte al cioccolato ai batteri colifecali, crema di formaggio scaduto, barrette al cioccolato con troppo sorbitolo e creme solari al cadmio. Tutti beccati e affondati! L’ordine è stato perentorio: bruciare o rispedire al mittente con tanto di campagna stampa mondiale per costringere i famosissimi produttori a richiamare la loro “monnezza” da tutti i continenti. Tanto che Ikea, pescata con le mani nel sacco per colpa della svedesissima Tårta Mörk Choklad al burro, cioccolato, mandorle e feci, ha dovuto ritirare il suo dessert dagli scaffali di 23 paesi, compresi quelli italiani.
Insomma, dopo anni di opposizione al made in China da parte di Ue e Stati Uniti, a suon di ritiri, contro questo o quel prodotto pericoloso per la salute o privo dei minimi requisiti di sicurezza necessari per essere consumato a Milano, Parigi, San Francisco o New York, le autorità sanitarie cinesi si sono prese una bella rivincita sull’intero sistema industriale occidentale, concentrandosi in particolar modo sui settori in cui il livello di attenzione di solito è più elevato: agroalimentare e cosmesi.
I cinesi si sono tolti il macigno dalla scarpa e in un colpo solo hanno assestato “un destro” senza precedenti a 4 delle più potenti multinazionali del globo: la svedese Ikea, la svizzera Nestlé,  l’americana Kraft e la giapponese Shisheido. E a leggere la cronaca nazionale, si capisce che questo è solo l’inizio. Dopo lo scandalo della carne di cavallo esploso nel cuore del Vecchio Continente, infatti, l’opinione pubblica cinese non accetta più lezioni da nessuno e tanto meno dall’Europa che, pur essendosi sempre vantata di avere elevatissimi standard di sicurezza a tutela dei suoi cittadini, ha finito col rifilargli milioni di tonnellate di carne di provenienza e qualità sconosciuta, senza che nessuno se ne sia accorto per anni.
I controllati si sono trasformati con molto piacere in controllori. Solo a gennaio hanno trovato tra la merce importata 247 referenze fuori norma tra alimenti e cosmetici, incluse bevande, prodotti per l’infanzia, salse di pomodoro, biscotti, cioccolate, snack e brandy. E naturalmente lo hanno fatto sapere a tutti. Questa volta, infatti, si sono presi la briga di pubblicare la notizia anche sulla versione inglese dei loro quotidiani più letti nel resto del mondo.
Così a noi consumatori, in attesa di sapere da Efsa ed Ema se la carne di cavallo al fenilbutazone finita in polpette e lasagne fa male alla salute, non resta che sperare in un intervento dalla Cina, magari in una nota del suo ministero della Salute che ci spieghi cosa rischiamo a mangiare in Italia.

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