sabato 29 giugno 2013

Il Sole 24 ORE - Radiocor 10/06/2013 - 15:39
### Cina: il peso ingombrante dello shadow banking - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*

Radiocor - Milano, 10 giu - Per definizione, lo shadow banking e' umbratile, chiaroscurale, impreciso nei contorni. In Cina la difficolta' a definirlo e' ancora piu' accentuata, perche' anche il sistema ufficiale, dal quale dovrebbe differenziarsi, e' a sua volta opaco e incerto, un territorio dove la prassi e' spesso diversa dalle regole. Comunemente lo shadow banking e' la combinazione di strumenti finanziari reperibili sul mercato esterno ai tradizionali canali bancari. Cio' non significa che le banche non siano coinvolte nelle operazioni. Possono eseguirle o addirittura comportarsi come attori principali, anche se vengono mantenute due principali differenze. Sono infatti minori i margini di sicurezza e sono al contrario maggiori - almeno sulla carta - i controlli da parte delle autorita'. Il sistema serve ad assicurare credito ad aziende e individui ai quali e' precluso l'accesso ai canali ufficiali. I fondi servono per avviare un investimento, comprare titoli per sostenerne il corso, ripagare dei debiti, talvolta per usi piu' personali come la dipendenza per il gioco d'azzardo. Gli strumenti sono diversi e non facilmente classificabili. Si passa dalla sofisticazione finanziaria fino all'usura. Quelli piu' usati e codificati sono gestiti dalle 67 trust companies della Cina che, lontano da una legislazione cogente, concedono prestiti senza poter raccogliere il risparmio. Ancora piu' grande e' il volume degli entrusted loans, cioe' transazioni tra aziende dove le banche sono semplici custodi del danaro e delle garanzie. Altri strumenti molto diffusi sono l'informal lending e la gestione dell'ingente patrimonio privato attraverso gli WMP (Wealth Management Products). I finanziamenti sono in genere brevi e con tassi di interesse piu' alti: dal 12 al 30% annuo per un periodo standard di sei mesi. Nonostante queste condizioni, lo shadow banking ha raggiunto in Cina dimensioni stratosferiche, seppure ancora ridotte percentualmente rispetto ai paesi occidentali. Il valore numerico varia infatti in relazione alla linea di confine delle attivita'. The Economist li valuta 17.500 miliardi di yuan, Moody's 20.500 miliardi, JPMorgan 36.000 miliardi, pari all'astronomica percentuale del 69% del Pil cinese. In aggiunta, le cifre sono in aumento e coinvolgono sempre di piu' il vicino mercato finanziario di Hong Kong. L'entita' dei valori segnala due aspetti importanti: la persistente inclinazione cinese agli investimenti e il deficit di efficienza del sistema bancario ufficiale. Lo shadow banking e' solo uno dei sintomi di una malattia diffusa. Gli ultimi indicatori macroeconomici della Cina puntano a un rallentamento della crescita, con un'inflazione che flette e rimane sotto controllo. Ci sarebbero dunque le condizioni per una manovra monetaria espansiva, ma il premier Li Keqiang l'ha esclusa, almeno nel breve periodo. Ha affermato che la stabilita' e la razionalita' della spesa sono cardini irrinunciabili. Evidentemente il pericolo che nuovi influssi di denaro vengano canalizzati verso settori ed utilizzi non graditi al governo e' ancora forte. L'aumento delle costruzioni, l'incubo della bolla immobiliare dopo la prima iniezione nel 2009 sono ancora pronte a testimoniarlo. E' meglio dunque non allentare i cordoni della borsa, nella convinzione che il loro ruolo e' surrogato da uno shadow banking sempre piu' potente e forse alleato.

* Presidente di Osservatorio Asia

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