Sardegna, isola dei centenari
Su 1 milione di abitanti sono più di 370 a scriverlo è stato Francesco Bellu 29/06/2013
SASSARI. Più di 370 centenari e 700 ultranovantenni. Su una popolazione di appena 1milione e mezzo circa di abitanti. La Sardegna si conferma, cifre alla mano, come la popolazione più vecchia d'Italia all'interno di un quadro nazionale che vede aumentare sempre più gli anziani rispetto ai giovani. Lo confermano gli studi presentati giorni fa alla manifestazione "Anziani in azione. Elders in action - Le giornate sardo-europee sull'invecchiamento attivo" che si è svolta a Cagliari. Se si dovesse continuare con questo trend, nella nostra isola nel 2030 ci potrebbe essere un ultrasessantenne per ogni giovane.
Per questo motivo molti definiscono la Sardegna come l'Okinawa d'Europa facendo un parallelo con l'isola giapponese dove c'è una concentrazione straordinaria di persone che hanno superato il secolo di vita. Negli anni sono stati fatti numerosi studi per capire i motivi di questa longevità fuori dal normale. Fattori genetici e climatici, uniti ad una alimentazione particolare sembrano essere parte dei motivi che hanno fatto sì che i sardi vivessero più a lungo rispetto agli altri connazionali italiani. Uno degli aspetti emersi in tanti anni di ricerche riguarda il vino coltivato nelle nostre terre che conterrebbe valori di antiossidanti superiori rispetto ad altre parti. Antonio Todde, ma conosciuto da tutti come ziu Antoni, entrato nel Guinness dei primati come l'uomo più vecchio del mondo, attribuiva la sua lunga vita al bicchiere di buon vino rosso che beveva ogni giorno. Nato a Tiana nel 1889, è scomparso nel 2002, poche settimane prima di compiere 113 anni.
Sono le zone dell'interno, a cavallo tra le province di Sassari e Nuoro, i luoghi dove si campa più a lungo. Lo hanno confermato anche i dati raccolti dal progetto AKea (acronimo per "a chent'annos", cioè "a cent'anni") condotto da Luca Deiana, docente di Biochimica clinica dell'Università di Sassari, attraverso il quale sono stati censiti buona parte dei "nonnini" di Sardegna. Certo fino ad ora non si è arrivati al record di un altro sardo, quello di Giovanni Deiana, ricostruito tramite una certosina ricerca tra archivi e registri parrocchiali. Nato nel 1718, è morto nel 1840 dopo aver vissuto la bellezza di 124 anni, togliendosi anche lo sfizio di risposarsi a 110 con una "giovanissima" 67enne nonostante il parere contrario dei figli. D'altronde come dice il detto popolare: l'amore non ha età.
domenica 30 giugno 2013
sabato 29 giugno 2013
Guidare si, ma verso dove? La leadership degli scopi
La parola “leadership” è spesso associata al carisma, alla capacità di comunicazione, allo “stile” di management. Il carisma, l'essere bravi comunicatori permettono di attrarre, di farsi seguire. Si, ma per andare dove?
A cura della Redazione | 27 giugno 2013
di Marina Capizzi. Il carisma non parla della meta, non dà garanzie su ciò che il cosiddetto leader vuole costruire. Semplicemente, il carisma, attiva un moto verso chi lo esercita. Benissimo, e poi? E poi chi è stato capace di attrarre verso di sé deve avere la volontà e la capacità di passare al guidare verso una meta di qualità. Altrimenti si rimane intrappolati in un sistema autoreferenziale dove tutto quello che si ottiene è l'aggregazione attorno a chi (impropriamente) viene chiamato "leader" (e il cui vero obiettivo, spesso, è quello di mantenere o di conquistare una posizione).
Anche lo stile di management mette più l'accento su come si guidano le persone che sulla capacità di individuare una direzione.
Si lavora intorno alle tecniche che consentono di influenzare, coinvolgere, aggregare consenso… Tutto molto utile, ma a che cosa serve una leadership se non, innanzitutto, a individuare una direzione e a fare delle scelte di cui poi rispondere? Certo, è il contrario di quello che fanno i cacciatori di consenso!
Nell'epoca di profonda trasformazione, che ci ostiniamo a chiamare "crisi", non possiamo più permetterci di disgiungere la parola "leadership" dal suo "scopo".
Guidare, si, quindi, ma per andare dove?
Nella cultura aziendale non si è mai fatta distinzione tra "obiettivo" e "scopo". Questo ha impoverito gli obiettivi schiacciandoli su una dimensione realizzativa prevalentemente quantitativa e di breve periodo.
Ora, per aumentare il valore operativo della parola leadership, è il momento di introdurre questa distinzione.
L'obiettivo è il che cosa si vuole realizzare. Lo scopo è il perché. E il per chi.
E' la meta che qualifica la capacità di leadership. Per valutare un leader bisogna innanzitutto comprendere lo scopo della sua leadership.
Servono dunque criteri per valutare la qualità della meta.
Quali criteri? li vedremo nel prossimo articolo...
- See more at: http://www.limpresaonline.net/articolo.php?id=20398#sthash.9Fipl2PX.dpuf
La parola “leadership” è spesso associata al carisma, alla capacità di comunicazione, allo “stile” di management. Il carisma, l'essere bravi comunicatori permettono di attrarre, di farsi seguire. Si, ma per andare dove?
A cura della Redazione | 27 giugno 2013
di Marina Capizzi. Il carisma non parla della meta, non dà garanzie su ciò che il cosiddetto leader vuole costruire. Semplicemente, il carisma, attiva un moto verso chi lo esercita. Benissimo, e poi? E poi chi è stato capace di attrarre verso di sé deve avere la volontà e la capacità di passare al guidare verso una meta di qualità. Altrimenti si rimane intrappolati in un sistema autoreferenziale dove tutto quello che si ottiene è l'aggregazione attorno a chi (impropriamente) viene chiamato "leader" (e il cui vero obiettivo, spesso, è quello di mantenere o di conquistare una posizione).
Anche lo stile di management mette più l'accento su come si guidano le persone che sulla capacità di individuare una direzione.
Si lavora intorno alle tecniche che consentono di influenzare, coinvolgere, aggregare consenso… Tutto molto utile, ma a che cosa serve una leadership se non, innanzitutto, a individuare una direzione e a fare delle scelte di cui poi rispondere? Certo, è il contrario di quello che fanno i cacciatori di consenso!
Nell'epoca di profonda trasformazione, che ci ostiniamo a chiamare "crisi", non possiamo più permetterci di disgiungere la parola "leadership" dal suo "scopo".
Guidare, si, quindi, ma per andare dove?
Nella cultura aziendale non si è mai fatta distinzione tra "obiettivo" e "scopo". Questo ha impoverito gli obiettivi schiacciandoli su una dimensione realizzativa prevalentemente quantitativa e di breve periodo.
Ora, per aumentare il valore operativo della parola leadership, è il momento di introdurre questa distinzione.
L'obiettivo è il che cosa si vuole realizzare. Lo scopo è il perché. E il per chi.
E' la meta che qualifica la capacità di leadership. Per valutare un leader bisogna innanzitutto comprendere lo scopo della sua leadership.
Servono dunque criteri per valutare la qualità della meta.
Quali criteri? li vedremo nel prossimo articolo...
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PA
Lo spazio pubblico nelle citta' italiane
di Simone D'Antonio
Negli ultimi anni l’utilizzo degli spazi pubblici è diventato una delle sfide più significative per le amministrazioni locali che, seguendo l’esempio di grandi città europee e mondiali come Barcellona, Londra e New York, si trovano a dover mediare tra gli interessi di soggetti pubblici e privati, associazioni e rappresentanze dei residenti per migliorare la qualità dei luoghi di vita urbani.
Amministratori locali, urbanisti e organizzatori di comunità sono alcuni dei playmaker di queste nuove forme di cambiamento urbano che emergono dal basso, grazie ad un confronto costante con le esigenze del territorio che spinge ad una rimodulazione di spazi e strutture pubbliche ridando così nuova vita ad interi pezzi di città. Al tema dello spazio pubblico sono dedicati un numero sempre maggiore di eventi internazionali e nazionali, come dello spazio pubblico organizzata dall’Istituto nazionale di Urbanistica a metà maggio a Roma, con l’obiettivo di rilanciare approcci di pianificazione partecipata da condividere con i diversi stakeholder coinvolti nei processi di ridefinizione degli spazi.
Spazio pubblico: un tentativo di definizione
Lo spazio pubblico è definibile come ogni luogo di proprietà pubblica o di uso pubblico accessibile e fruibile a tutti gratuitamente e senza scopi di lucro. In quanto dotati di specifiche caratteristiche spaziali, storiche, ambientali, sociali ed economiche, gli spazi pubblici rappresentano i luoghi della vita collettiva delle comunità e un elemento decisivo per il benessere individuale e sociale. E’ possibile dividere gli spazi pubblici essenzialmente in due categorie: gli spazi aperti (strade, marciapiedi, piazze, giardini) e quelli coperti, creati senza scopo di lucro e a beneficio di tutti (tra cui biblioteche e musei). Per propria natura, gli spazi pubblici non sono tutti quanti pubblici ma questi ultimi offrono garanzie più durature sulla loro accessibilità e fruibilità nel corso del tempo. Le aree di proprietà pubblica non ancora accessibili al pubblico sono considerate “potenziali spazi pubblici” e rappresentano una risorsa importante per il miglioramento della qualità urbana. Secondo dello spazio pubblico, documento elaborato in seguito ad un processo condiviso che ha visto la partecipazione di urbanisti, architetti e rappresentanze urbane in collaborazione con l’Agenzia Onu per gli insediamenti umani UN-Habitat, gli spazi pubblici sono luoghi multifunzionali da cui dipende il funzionamento delle città: ospitano attività di mercato, offrono opportunità di istruzione e cultura, sono luoghi della memoria collettiva e sono parte integrante dell’architettura e del paesaggio urbano, con un ruolo determinante sull’immagine complessiva della città. In quanto principale risorsa a disposizione delle amministrazioni pubbliche per realizzare politiche integrate e di riqualificazione morfologica e funzionale dei tessuti urbani, gli spazi pubblici vanno adeguatamente progettati come sistemi continui, articolati e integrati, grazie anche allo sviluppo di processi partecipativi che rappresentano un vero e proprio diritto della cittadinanza.
I governi locali sono chiamati a dotarsi di strategie specifiche per la riqualificazione degli spazi pubblici, da intendersi anche come strumento per il rilancio delle periferie e delle zone suburbane e per la riduzione dei fenomeni di esclusione sociale. L’eliminazione delle barriere fisiche che limitano l’accesso ad alcune categorie di utenti è la priorità numero uno per le amministrazioni locali che hanno il compito di agire da pionieri per diffondere non solo in Italia e in Europa ma anche nei paesi in via di sviluppo (dove si registrano i processi di urbanizzazione più rapidi negli ultimi vent’anni) dei processi positivi di riconversione degli spazi pubblici, elemento-chiave per ogni tipo di cooperazione su scala urbana. Tra le sfide principalmente affrontate dalle amministrazioni locali figura la manutenzione e la gestione degli spazi esistenti ma anche la riconversione del patrimonio pubblico dismesso, per la quale è necessario tenere in conto le esigenze ambientali e socio-economiche dei contesti considerati. Numerosi sono però ancora gli ostacoli che permangono alla creazione e alla gestione di spazi pubblici di qualità: tra i principali figurano la diminuzione delle risorse disponibili per la manutenzione, la difficoltà di molti enti locali ad assumere un ruolo efficace di regia pubblica, la situazione di insicurezza reale è percepita con effetti di abbandono e degrado ma anche la mercificazione della socialità urbana, con la proliferazione di poli specializzati per lo shopping e il tempo libero.
A livello amministrativo locale, la realizzazione di spazi pubblici migliori interseca una serie di politiche in diversi settori a partire dalla mobilità, visto che la riduzione del traffico automobilistico e la promozione di forme di mobilità leggera (come la pedonalità e la ciclabilità) rappresentano condizioni ambientali fondamentali per rendere più vivibili gli spazi pubblici. La regolamentazione edilizia in fase di costruzione o riqualificazione, con indicazioni e previsioni sulla manutenzione di luoghi e attrezzature, è un altro elemento importante al pari della previsione di un’adeguata programmazione culturale e di eventi per favorire l’utilizzo degli spazi da parte di cittadini e associazioni. La collaborazione positiva con i privati in un’ottica di coinvolgimento sin dalla fase di progettazione degli spazi contribuisce a prevenire gli effetti deteriori della privatizzazione degli spazi pubblici, in taluni casi svenduti per esigenze di bilancio o a causa della pressione di lobby e gruppi di interesse.
Mettere i cittadini al centro di ogni processo di riqualificazione degli spazi è l’esigenza richiamata dalla Carta, che riafferma “il diritto di tutti ad accedervi ed usarlo in piena libertà, nel rispetto delle regole della convivenza civile”. In particolare, nei contesti caratterizzati da povertà urbana e limitate risorse pubbliche, la gestione condivisa e regolamentata degli spazi può costituire un utile supporto alle politiche di welfare a patto che tali interventi non si caratterizzino per la loro estemporaneità ma si inseriscano in strategie di medio-lungo periodo capaci “di attribuire senso e qualità a spazi in attesa in tempi brevi, con bassi costi ed un forte coinvolgimento della comunità”.
La valorizzazione dello spazio pubblico e l’impegno delle imprese in Italia: l’esperienza di UrbanPro
La diffusa carenza di qualità rappresenta uno dei fattori di principale insoddisfazione dei residenti urbani, oltre a costituire un segnale visibile della disgregazione delle città, caratterizzate sempre di più dall’assenza di servizi e luoghi di aggregazione. L’indagine Ance-Censis del 2012 rileva che l’insoddisfazione verso la propria città colpisce dal 30 al 50 per cento delle famiglie, a seconda del fattore preso in considerazione, mentre le problematicità più forti si riscontrano nei centri di dimensione superiore ai 50mila abitanti e a quelli posti all’interno delle aree metropolitane. La frammentazione del tessuto relazionale, il degrado territoriale e la debolezza delle risposte e dell’azione pubblica di contrasto sono alcuni dei fattori che caratterizzano maggiormente il senso di insicurezza, tutti elementi più o meno legati all’esistenza di spazi pubblici di qualità, sempre più marginalizzati rispetto a grandi tendenze in atto nell’ultimo decennio come l’espansione di nuove grandi strutture di vendita e intrattenimento nelle periferie urbane. Nel quinquennio 2005-2010 la superficie degli ipermercati è aumentata del 33,1%, passando dai per abitante, mentre il numero di multiplex è aumentato del 26,9%, passando da 2 schermi per 100mila abitanti. Questi nuove e deteriori declinazioni dello spazio pubblico si pongono in diretta contraddizione, sia economica che sociale, con il rilancio dei quartieri urbani e dei centri storici che devono progressivamente ridefinire le proprie funzioni per inseguire funzionalità e senso di sicurezza riscontrati in maniera maggiore dai cittadini-utenti in centri commerciali e grandi strutture poste nelle periferie. Conseguenza di questo processo inarrestato negli ultimi anni è la trasformazione delle piazze centrali in ritrovati luoghi di socialità, per le quali è ancora forte il bisogno soprattutto tra le fasce deboli (in particolare gli anziani) ma anche il progressivo abbandono delle piazze semicentrali o di periferie, diventate sostanzialmente luoghi di scambio di flussi o di traffico veicolare più che luoghi di incontro. Secondo l’indagine, gli spazi pubblici hanno un ruolo decisivo per il recupero di forme di vita comunitaria, la promozione dell’offerta culturale delle città e la riappropriazione degli spazi da parte dei residenti ma c’è bisogno di interventi forti da parte di enti pubblici e privati per contrastare i fenomeni di desertificazione urbana. Tra questi, figura la promozione dei cosiddetti “centri commerciali naturali”, che coniugano rivitalizzazione economica e sociale degli spazi urbani, ma anche il miglioramento dei collegamenti infrastrutturali e del patrimonio edilizio. Si lega a questa priorità il Patto per le città, siglato da Confcommercio, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Unioncamere e Associazione nazionale costruttori edili, che punta a favorire la sottoscrizione di Contratti di valorizzazione urbana attraverso Urban Pro, un incubatore di facilitazione delle trasformazioni urbane che ha l’obiettivo di interagire con governo e ministeri per la definizione di regole, modelli e strumenti che sostengano i processi di trasformazione e ottimizzazione delle risorse. Sostenere l’attuazione dei progetti approvati nell’ambito del Piano nazionale per le città 2012-2017 è l’obiettivo dell’iniziativa che mira a favorire una corretta collaborazione tra pubblico e privato per la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana e di housing sociale con i fondi del Piano che ha già stanziato un totale di 314 milioni di euro.
Sul fronte dei comuni, è invece la Fondazione Patrimonio Comune dell’ANCI a sostenere e supportare le città italiane per l’avvio di ampi processi di riqualificazione urbana sfruttando la leva degli immobili pubblici. Su questa tema si innestano diverse azioni che vanno dal federalismo demaniale, ad interventi di efficienza energetica e di riqualificazione ambientale.
Valorizzazione del patrimonio pubblico dismesso: le esperienze di Roma e Genova
Più articolato invece il discorso che riguarda la valorizzazione del patrimonio dismesso da altri enti pubblici, grazie a processi che hanno favorito la partecipazione dei cittadini nella definizione di nuove modalità d’uso degli spazi pubblici in questione. È il caso dell’ex deposito Atac Vittoria di Roma, al centro di un’esperienza laboratoriale di progettazione partecipata, che ha coinvolto studenti e residenti nell’elaborazione di linee guida per il recupero e il riuso degli spazi dell’ex deposito e nello sviluppo di proposte progettuali esemplificative per dimostrare la fattibilità economica e finanziaria dei progetti elaborati. Attraverso strumenti di mappatura dei bisogni e delle possibili visioni future dello spazio in questione, si è attivato un processo di coinvolgimento capace di rallentare, fino a bloccare definitivamente, l’iter che prevedeva una cementificazione dell’area con la realizzazione di negozi e abitazioni di pregio. A Genova, l’ex ospedale psichiatrico di Quarto è stato salvato dall’abbandono grazie alla riconversione in aggregatore di eventi e manifestazioni culturali, gestite da una pluralità di associazioni attive sul territorio. Particolarmente significativa l’esperienza di Museattivo Claudio Costa, istituto ospitato nella struttura dedicato allo studio delle “materie e forme inconsapevoli” e intitolato al pittore genovese morto nel 1995, che ha ampiamente contribuito all’attivazione di laboratori e iniziative di arte-terapia per i pazienti dell’ospedale psichiatrico, costituendo così un supporto importante per le attività del Centro Basaglia della ASL 3 Liguria tramite la costruzione di reti sociali e culturali e un interscambio continuo tra mondo dell’arte e del disagio mentale.
Il recupero dei centri storici: i casi di Morano Calabro, Falerna, Artena e Minori
E’ soprattutto nei centri storici minori che viene messa alla prova l’abilità di amministrazioni comunali e associazioni di residenti di creare dinamiche virtuose di collaborazione, capaci di rilanciare il senso di appartenenza, il dialogo tra diverse generazioni e la dimensione economica, sociale e turistica dei piccoli centri. È il caso di Falerna, piccolo comune in provincia di Cosenza che ha varato un piano di recupero degli immobili del centro storico per favorire l’ospitalità diffusa. Quattro immobili sono stati riconvertiti in strutture d’accoglienza grazie alla collaborazione di tutta la comunità locale, che ha dato vita ad un percorso partecipato di valorizzazione di cultura, tradizioni e risorse locali. Ad Artena, piccolo centro dei Castelli romani a meno di mezz’ora dalla Capitale, è stata realizzate una delle prime sperimentazioni in Italia dei principi della bio-urbanistica, capace di coniugare sostenibilità strutturale, cambiamento e partecipazione sociale attraverso il coinvolgimento attivo dei giovani del territorio, che hanno dato vita a innovative start-up nel settore turistico in un dialogo costante con i residenti del borgo medievale. A Maiori, in provincia di Salerno, il Piano di recupero è intervenuto in maniera mirata sugli edifici del centro storico per migliorare la qualità abitativa e la fruizione degli spazi urbani in una logica integrata e sistemica che ha condotto all’individuazione di undici aree strategiche, per ricucire al meglio il tessuto urbano alla celeberrima area turistica costiera circostante. A Morano Calabro si è sfruttato invece l’intricata rete di stradine strette tra case rurali, chiese e palazzi storici per favorire l’aggregazione sociale e il miglioramento della qualità della vita per i residenti. La strategia che coniuga rigenerazione degli spazi pubblici, miglioramento delle dotazioni infrastrutturali e potenziamento delle attività economiche e culturali ha condotto alla realizzazione di un contratto di valorizzazione urbana, che ha puntato su spazi verdi e orti urbani per migliorare il centro storico partendo dalle sue vocazioni più autentiche.
I luoghi del sapere: biblioteche e scuole aperte a Roma, Nonantola e Palermo
Nei quartieri delle grandi città come nei centri di piccole e medie dimensioni, biblioteche pubbliche e scuole rappresentano presidi culturali e luoghi di socialità diffusi, capaci di aggregare diverse generazioni e sviluppare una molteplicità di iniziative grazie anche all’integrazione con social network e forme di comunicazione innovative. A Palermo, nei pressi del mercato Ballarò, ha sede la biblioteca per bambini e ragazzi Le Balate, che offre un servizio innovativo ai più piccoli e alle loro famiglie in uno dei quartieri più difficili del capoluogo siciliano, con forte presenza di famiglie povere e migranti. Nata grazie alla collaborazione con la Diocesi palermitana e le associazioni del territorio, la biblioteca ha sede presso la chiesetta sconsacrata settecentesca della Santissima Annunziata delle Balate e ospita un vasto calendario di eventi di promozione letteraria, favorendo così il coinvolgimento del quartiere ma anche di studenti e tirocinanti dell’Università cittadina, in qualità di tutor.
A Nonantola, in seguito al terremoto, l’amministrazione locale ha invece scelto di portare la biblioteca in piazza, ospitando all’interno di una tendostruttura diventata nel giro di pochi mesi il centro di un originale percorso partecipativo con gli altri servizi culturali del territorio. La messa in comune di risorse e competenze ha favorito la realizzazione di una serie di iniziative capaci di tenere vivo il tessuto sociale nonostante la situazione di precarietà seguita al terremoto e avvicinare in maniera più che simbolica i luoghi della cultura ai cittadini.
A Roma invece il modello delle “scuole aperte” ha favorito una reinterpretazione creativa dello spazio scolastico e una riappropriazione da parte di studenti e famiglie di luoghi normalmente inutilizzati al di fuori dell’orario delle lezioni. Associazioni di genitori hanno scelto una serie di attività capaci di favorire l’integrazione e sopperire ai bisogni di conoscenza del territorio, completando così la funzione educativa dell’istituzione scolastica. E’ il caso del plesso Di Donato dell’istituto comprensivo Manin, situato nel cuore del rione Esquilino, cuore multietnico della capitale, dove dal 2003 un gruppo di genitori ha iniziato un’azione di volontariato per il ripristino e l’utilizzo degli spazi sotterranei della scuola e del cortile, vivacizzati da attività sportive, artistiche e ricreative che hanno reso la scuola un punto di riferimento culturale e di aggregazione per l’intero rione.
Articolo tratto dalla rivista "Diritto e pratica amministrativa"
Il Sole 24 ORE - Radiocor 21/06/2013 - 11:54
Borsa: Exprivia (+5%) festeggia l'ingresso in Cina
Radiocor - Milano, 21 giu - Exprivia ha ingranato la marcia a Piazza Affari, festeggiando la notzia che la societa' e' entrata nel mercato cinese. I titoli segnano infatti un progresso del 5,4%, attestandosi a 0,74 euro.
L'azienda specializzata nella progettazione e nello sviluppo di tecnologie software innovative e nella prestazione di servizi IT per il mercato banche, finanza, industria, energia, telecomunicazioni, utility, sanita' e pubblica amministrazione, ha annunciato l'ingresso sul mercato cinese aprendo una propria sede di rappresentanza a Pechino.
emi-b-
Borsa: Exprivia (+5%) festeggia l'ingresso in Cina
Radiocor - Milano, 21 giu - Exprivia ha ingranato la marcia a Piazza Affari, festeggiando la notzia che la societa' e' entrata nel mercato cinese. I titoli segnano infatti un progresso del 5,4%, attestandosi a 0,74 euro.
L'azienda specializzata nella progettazione e nello sviluppo di tecnologie software innovative e nella prestazione di servizi IT per il mercato banche, finanza, industria, energia, telecomunicazioni, utility, sanita' e pubblica amministrazione, ha annunciato l'ingresso sul mercato cinese aprendo una propria sede di rappresentanza a Pechino.
emi-b-
Il Sole 24 ORE - Radiocor 21/06/2013 - 10:37
Mediobanca: Vinci, con corporate e investment banking punta su Messico e Cina
Radiocor - Milano, 21 giu - Mediobanca punta ad ampliare dal punto di vista geografico il business di Corporate & Investment Banking (Cib), aumentando dal 30% al 45% la contribuzione della clientela non domestica ed entrando in nuovi mercati ad alti tassi di crescita: Turchia, Messico e Cina. Lo ha detto Saverio Vinci, direttore generale di Mediobanca, nel corso della presentazione del piano agli analisti. 'Puntiamo a passare dal 30% al 45% di contribuzione per il totale dei ricavi Cib. Entriamo in nuovi mercati, il che si accompagna alle esigenze dei clienti. In Turchia abbiamo appena aperto, in Messico e in Cina stiamo valutando un ingresso con una prima fase pivot 'di fidanzamento' fino ad arrivare a un'apertura vera e propria'. Il piano prevede anche l'ampliamento della rete esistente, il rafforzamento della presenza in Europa e 'l'estensione della missione di Londra, che vogliamo trasformare da piattaforma di prodotto a vero e proprio hub di competenze'.
Mediobanca: Vinci, con corporate e investment banking punta su Messico e Cina
Radiocor - Milano, 21 giu - Mediobanca punta ad ampliare dal punto di vista geografico il business di Corporate & Investment Banking (Cib), aumentando dal 30% al 45% la contribuzione della clientela non domestica ed entrando in nuovi mercati ad alti tassi di crescita: Turchia, Messico e Cina. Lo ha detto Saverio Vinci, direttore generale di Mediobanca, nel corso della presentazione del piano agli analisti. 'Puntiamo a passare dal 30% al 45% di contribuzione per il totale dei ricavi Cib. Entriamo in nuovi mercati, il che si accompagna alle esigenze dei clienti. In Turchia abbiamo appena aperto, in Messico e in Cina stiamo valutando un ingresso con una prima fase pivot 'di fidanzamento' fino ad arrivare a un'apertura vera e propria'. Il piano prevede anche l'ampliamento della rete esistente, il rafforzamento della presenza in Europa e 'l'estensione della missione di Londra, che vogliamo trasformare da piattaforma di prodotto a vero e proprio hub di competenze'.
Il Sole 24 ORE - Radiocor 21/06/2013 - 09:25
Cina: Ue, trattativa pannelli solari 'solo all'inizio', no soluzione presto
Radiocor - Roma, 21 giu - I negoziati tra l'Unione europea e la Cina per scongiurare una battaglia commerciale sui pannelli solari di fabbricazione cinese sono 'solo all'inizio'e la questione non e' suscettibile di essere risolta presto. Lo ha detto il commissario Ue per il commercio, Karel De Gutch prima dell'avvio di incontri bilaterali, a Pechino, a livello ministeriale, tra la Cina e l'Unione europea, dai piu' indicati come sede naturale per la discussione. Dall'Ue fanno sapere che la discussione non e' nell'ordine del giorno dell'incontro mentre dalla Cina vorrebbero trattare l'argomento. Ai primi di giugno la Commissione europea ha imposto un dazio provvisorio del 11,8% sulle importazioni di pannelli solari cinesi in risposta alla decisione di Pechino di avviare un'inchiesta antidumping sui vini importati dell'Unione europea. Tali tariffe sono destinate ad aumentare a un tasso medio di quasi il 48%, il 6 agosto, a meno che le due parti possono raggiungere un accordo.
Cina: Ue, trattativa pannelli solari 'solo all'inizio', no soluzione presto
Radiocor - Roma, 21 giu - I negoziati tra l'Unione europea e la Cina per scongiurare una battaglia commerciale sui pannelli solari di fabbricazione cinese sono 'solo all'inizio'e la questione non e' suscettibile di essere risolta presto. Lo ha detto il commissario Ue per il commercio, Karel De Gutch prima dell'avvio di incontri bilaterali, a Pechino, a livello ministeriale, tra la Cina e l'Unione europea, dai piu' indicati come sede naturale per la discussione. Dall'Ue fanno sapere che la discussione non e' nell'ordine del giorno dell'incontro mentre dalla Cina vorrebbero trattare l'argomento. Ai primi di giugno la Commissione europea ha imposto un dazio provvisorio del 11,8% sulle importazioni di pannelli solari cinesi in risposta alla decisione di Pechino di avviare un'inchiesta antidumping sui vini importati dell'Unione europea. Tali tariffe sono destinate ad aumentare a un tasso medio di quasi il 48%, il 6 agosto, a meno che le due parti possono raggiungere un accordo.
Il Sole 24 ORE - Radiocor 20/06/2013 - 15:44
Usa: acciaio made in China per riparare le icone ingegneristiche americane
Radiocor - New York, 20 giu - All'inizio degli anni Sessanta, quando fu costruito, il Verrazano Bridge di New York, il ponte che collega Brooklyn a Staten Island, e' stato pensato come un monumento all'americanita' e una celebrazione dell'abilita' ingegneristica a stelle e strisce. Ora e' riparato con acciaio cinese, come del resto succede al Bay Bridge di San Francisco, in California. Come riporta il Wall Street Journal, le importazioni di acciaio dal Paese della Muraglia sono in netto aumento, nonostante la capacita' in eccesso dei produttori americani: nel primo trimestre sono salite del 33% a 480.095 tonnellate, un dato ancora piu' rilevante se si considera che le importazioni totali di acciaio sono scese del 17% a 10,6 milioni di tonnellate. Motivo? Innanzi tutto l'acciaio cinese e' meno caro, con buona pace delle societa' produttrici americane, che denunciano prezzi tenuti artificialmente bassi e chiedono al Governo americano di limitare quanto piu' possibile le importazioni. Pechino, dal canto suo, risponde che non si tratta di iniquita', ma di una maggiore efficienza dei produttori cinesi, unita alla relativa scarsita' di societa' appaltatrici americane fortemente specializzate in ponti. Quale che sia il motivo, o la somma di motivi, i fatti parlano da soli: l'anno scorso la Metropolitan Transportation Authority, l'autorita' newyorkese che gestisce i trasporti pubblici, ha assegnato un appalto da 235,7 milioni di dollari per le riparazioni del ponte di Verrazano a una societa' californiana, che a sua volta si e' rivolta alla cinese China Railway Shanhaiguan Bridge Group.
A24-Red
Usa: acciaio made in China per riparare le icone ingegneristiche americane
Radiocor - New York, 20 giu - All'inizio degli anni Sessanta, quando fu costruito, il Verrazano Bridge di New York, il ponte che collega Brooklyn a Staten Island, e' stato pensato come un monumento all'americanita' e una celebrazione dell'abilita' ingegneristica a stelle e strisce. Ora e' riparato con acciaio cinese, come del resto succede al Bay Bridge di San Francisco, in California. Come riporta il Wall Street Journal, le importazioni di acciaio dal Paese della Muraglia sono in netto aumento, nonostante la capacita' in eccesso dei produttori americani: nel primo trimestre sono salite del 33% a 480.095 tonnellate, un dato ancora piu' rilevante se si considera che le importazioni totali di acciaio sono scese del 17% a 10,6 milioni di tonnellate. Motivo? Innanzi tutto l'acciaio cinese e' meno caro, con buona pace delle societa' produttrici americane, che denunciano prezzi tenuti artificialmente bassi e chiedono al Governo americano di limitare quanto piu' possibile le importazioni. Pechino, dal canto suo, risponde che non si tratta di iniquita', ma di una maggiore efficienza dei produttori cinesi, unita alla relativa scarsita' di societa' appaltatrici americane fortemente specializzate in ponti. Quale che sia il motivo, o la somma di motivi, i fatti parlano da soli: l'anno scorso la Metropolitan Transportation Authority, l'autorita' newyorkese che gestisce i trasporti pubblici, ha assegnato un appalto da 235,7 milioni di dollari per le riparazioni del ponte di Verrazano a una societa' californiana, che a sua volta si e' rivolta alla cinese China Railway Shanhaiguan Bridge Group.
A24-Red
Il Sole 24 ORE - Radiocor 18/06/2013 - 13:38
Universita': da fondo Mandarin borsa di studio per Mba Alma Graduate School
Con indirizzo China/Far east and Europe business relations
Radiocor - Milano, 18 giu - Una borsa di studio da 15mila euro per frequentare l'indirizzo China/Far East-Europe Business Relations del Master in Business Administration di Alma Graduate School, la Business School dell'Universita' di Bologna. La mette a disposizione Mandarin Capital Partners, il piu' grande fondo di private equity focalizzato sull'asse Europa-Cina, partner del Mba di Alma. Il corso, 12 mesi di formazione in lingua inglese, ha l'obiettivo di formare nuovi manager in grado di costruire e gestire relazioni e business tra Far East ed Europa. 'Mandarin Capital Partners e' stato il primo fondo d'investimento che ha messo al centro della sua strategia la costruzione di relazioni economiche tra imprese europee e cinesi', afferma Giorgio Prodi, direttore della specializzazione China/Far East-Europe Business Relations del Mba di Alma Graduate School. Destinatari della proposta sono laureati di ogni nazionalita', con almeno 3 anni di esperienza lavorativa, interessati a lavorare in imprese europee, cinesi o di altri paesi che abbiano relazioni di business significative con il Far East.
Universita': da fondo Mandarin borsa di studio per Mba Alma Graduate School
Con indirizzo China/Far east and Europe business relations
Radiocor - Milano, 18 giu - Una borsa di studio da 15mila euro per frequentare l'indirizzo China/Far East-Europe Business Relations del Master in Business Administration di Alma Graduate School, la Business School dell'Universita' di Bologna. La mette a disposizione Mandarin Capital Partners, il piu' grande fondo di private equity focalizzato sull'asse Europa-Cina, partner del Mba di Alma. Il corso, 12 mesi di formazione in lingua inglese, ha l'obiettivo di formare nuovi manager in grado di costruire e gestire relazioni e business tra Far East ed Europa. 'Mandarin Capital Partners e' stato il primo fondo d'investimento che ha messo al centro della sua strategia la costruzione di relazioni economiche tra imprese europee e cinesi', afferma Giorgio Prodi, direttore della specializzazione China/Far East-Europe Business Relations del Mba di Alma Graduate School. Destinatari della proposta sono laureati di ogni nazionalita', con almeno 3 anni di esperienza lavorativa, interessati a lavorare in imprese europee, cinesi o di altri paesi che abbiano relazioni di business significative con il Far East.
Il Sole 24 ORE - Radiocor 17/06/2013 - 17:18
###Cina: dalla banca dei Brics un trampolino alla convertibilita' dello yuan - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli *
Radiocor - Milano, 17 giu - Dopo essere stata tra gli attori principali nella Chiang Mai Initiative, ora la Cina e' protagonista assoluta della nuova banca che i paesi Brics vogliono implementare. Nella citta' thailandese aveva diviso gli oneri con i dieci paesi dell'Asean, il Giappone e la Corea del Sud. All'ultimo vertice di Durban ha invece dominato la scena. Dopo l'accordo, si dara' vita a un fondo presumibilmente di 100 miliardi di dollari. Pechino dovrebbe versarne 41 (18 Mosca, Delhi e Brasilia, 5 Pretoria). Si tratterebbe anche questa volta di una swap line multilaterale, cioe' di un accordo tra banche centrali (con l'ovvia approvazione dei governi) per mettere a disposizione del sistema bancario e dunque delle aziende la liquidita' necessaria. Si tratta contemporaneamente di uno stimolo alle attivita' economiche e di un paracadute in caso di stress finanziario. McKinsey ha calcolato che dal 2007 il flusso cross border dei movimenti di capitale e' diminuito del 70%. Appare evidente l'alternativita' della futura istituzione alla Banca Mondiale, accusata dai paesi Brics di essere ancora il veicolo del controllo dei paesi industrializzati su quelli emersi ed emergenti. Ugualmente plateale appare il ruolo centrale e dominante della Cina. Le swap line sono onerose ma strumentali al ruolo che la Cina vuole assumere nei mercati finanziari. Si aggiungono alla rivalutazione che il Renminbi sta registrando, con un'ascesa puntuale e costante che probabilmente prelude ad un allentamento dei controlli sui rapporti di cambio. Su questi ultimi gli accordi di currency swap hanno in realta' poco significato, perche' la manovra e' eventualmente gestibile attraverso le riserve accumulate (rispetto alle quali gli accordi sono una frazione molto ridotta). Sono tuttavia importanti per accrescere la fiducia e la diffusione del Renminbi come moneta internazionalmente accettata. La swap line con il Brasile e' esemplare: 30 milioni di dollari, depositate nelle banche centrali dei due paesi nelle monete nazionali. Serviranno a garantire e finanziare i flussi commerciali e di capitale, a suggellare la supremazia della Cina che e' diventato il primo partner commerciale del gigante latino americano. Seppure con piu' deboli motivazioni politiche, anche il Regno Unito si appresta ad avviare un'operazione simile, dopo la richiesta dei principali banchieri alla Bank of England. Le transazioni commerciali in Renminbi sono ancora molto ridotte - meno dell'1% del mercato globale delle valute (rispetto all'86% del dollaro) - ma le aspettative sono comunemente ritenute promettenti. La possibilita' che il Renminbi diventi una delle prime valute di scambio nei prossimi dieci anni, ha persuaso l'esecutivo e la City che Londra debba diventare un ancor piu' forte hub europeo per il mercato della divisa cinese. Lo sbarco in altri continenti rafforzerebbe quanto gia' concordato in Asia. La Cina ha infatti gia' siglato accordi di swap con 20 paesi, tra i quali spiccano Singapore, Australia, Nuova Zelanda, Malaysia e Giappone. Pechino ha indubbiamente raggiunto degli obiettivi importanti con le swap line. E' uscita dal recinto delle valute marginali e politicamente ha siglato strumenti importanti. Tutto cio' dovrebbe essere il trampolino per proiettare il Renminbi verso la piena convertibilita'; una conquista di posizione che consenta dunque margini di manovra. L'errore speculare sarebbe invece arroccarsi sulla diversita', rinviare sine die l'abolizione dei controlli e trasmettere l'immagine di un paese dai muscoli commerciali che tuttavia non ha la solidita' di base per avventurarsi nei mercati internazionali senza protezione.
* presidente Osservatorio Asia
Red-
###Cina: dalla banca dei Brics un trampolino alla convertibilita' dello yuan - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli *
Radiocor - Milano, 17 giu - Dopo essere stata tra gli attori principali nella Chiang Mai Initiative, ora la Cina e' protagonista assoluta della nuova banca che i paesi Brics vogliono implementare. Nella citta' thailandese aveva diviso gli oneri con i dieci paesi dell'Asean, il Giappone e la Corea del Sud. All'ultimo vertice di Durban ha invece dominato la scena. Dopo l'accordo, si dara' vita a un fondo presumibilmente di 100 miliardi di dollari. Pechino dovrebbe versarne 41 (18 Mosca, Delhi e Brasilia, 5 Pretoria). Si tratterebbe anche questa volta di una swap line multilaterale, cioe' di un accordo tra banche centrali (con l'ovvia approvazione dei governi) per mettere a disposizione del sistema bancario e dunque delle aziende la liquidita' necessaria. Si tratta contemporaneamente di uno stimolo alle attivita' economiche e di un paracadute in caso di stress finanziario. McKinsey ha calcolato che dal 2007 il flusso cross border dei movimenti di capitale e' diminuito del 70%. Appare evidente l'alternativita' della futura istituzione alla Banca Mondiale, accusata dai paesi Brics di essere ancora il veicolo del controllo dei paesi industrializzati su quelli emersi ed emergenti. Ugualmente plateale appare il ruolo centrale e dominante della Cina. Le swap line sono onerose ma strumentali al ruolo che la Cina vuole assumere nei mercati finanziari. Si aggiungono alla rivalutazione che il Renminbi sta registrando, con un'ascesa puntuale e costante che probabilmente prelude ad un allentamento dei controlli sui rapporti di cambio. Su questi ultimi gli accordi di currency swap hanno in realta' poco significato, perche' la manovra e' eventualmente gestibile attraverso le riserve accumulate (rispetto alle quali gli accordi sono una frazione molto ridotta). Sono tuttavia importanti per accrescere la fiducia e la diffusione del Renminbi come moneta internazionalmente accettata. La swap line con il Brasile e' esemplare: 30 milioni di dollari, depositate nelle banche centrali dei due paesi nelle monete nazionali. Serviranno a garantire e finanziare i flussi commerciali e di capitale, a suggellare la supremazia della Cina che e' diventato il primo partner commerciale del gigante latino americano. Seppure con piu' deboli motivazioni politiche, anche il Regno Unito si appresta ad avviare un'operazione simile, dopo la richiesta dei principali banchieri alla Bank of England. Le transazioni commerciali in Renminbi sono ancora molto ridotte - meno dell'1% del mercato globale delle valute (rispetto all'86% del dollaro) - ma le aspettative sono comunemente ritenute promettenti. La possibilita' che il Renminbi diventi una delle prime valute di scambio nei prossimi dieci anni, ha persuaso l'esecutivo e la City che Londra debba diventare un ancor piu' forte hub europeo per il mercato della divisa cinese. Lo sbarco in altri continenti rafforzerebbe quanto gia' concordato in Asia. La Cina ha infatti gia' siglato accordi di swap con 20 paesi, tra i quali spiccano Singapore, Australia, Nuova Zelanda, Malaysia e Giappone. Pechino ha indubbiamente raggiunto degli obiettivi importanti con le swap line. E' uscita dal recinto delle valute marginali e politicamente ha siglato strumenti importanti. Tutto cio' dovrebbe essere il trampolino per proiettare il Renminbi verso la piena convertibilita'; una conquista di posizione che consenta dunque margini di manovra. L'errore speculare sarebbe invece arroccarsi sulla diversita', rinviare sine die l'abolizione dei controlli e trasmettere l'immagine di un paese dai muscoli commerciali che tuttavia non ha la solidita' di base per avventurarsi nei mercati internazionali senza protezione.
* presidente Osservatorio Asia
Red-
Il Sole 24 ORE - Radiocor 13/06/2013 - 17:40
***Acciaio: aperta procedura Ue a Wto contro la Cina su dazi tubi europei
Radiocor - Bruxelles, 13 giu - La Ue ha lanciato ufficialmente una procedura all'Organizzazione mondiale del commercio contro la Cina per i dazi imposti a Pechino sulle importazioni di tubi in acciaio dall'Europa. 'L'Unione europea ha chiesto di avviare consultazioni con la Cina al Wto per le tasse anti-dumping imposte sulle importazioni di tubi in acciaio inossidabile senza saldatura provenienti dalla Ue', e' scritto in un comunicato ufficiale.
***Acciaio: aperta procedura Ue a Wto contro la Cina su dazi tubi europei
Radiocor - Bruxelles, 13 giu - La Ue ha lanciato ufficialmente una procedura all'Organizzazione mondiale del commercio contro la Cina per i dazi imposti a Pechino sulle importazioni di tubi in acciaio dall'Europa. 'L'Unione europea ha chiesto di avviare consultazioni con la Cina al Wto per le tasse anti-dumping imposte sulle importazioni di tubi in acciaio inossidabile senza saldatura provenienti dalla Ue', e' scritto in un comunicato ufficiale.
Il Sole 24 ORE - Radiocor 10/06/2013 - 15:39
### Cina: il peso ingombrante dello shadow banking - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 10 giu - Per definizione, lo shadow banking e' umbratile, chiaroscurale, impreciso nei contorni. In Cina la difficolta' a definirlo e' ancora piu' accentuata, perche' anche il sistema ufficiale, dal quale dovrebbe differenziarsi, e' a sua volta opaco e incerto, un territorio dove la prassi e' spesso diversa dalle regole. Comunemente lo shadow banking e' la combinazione di strumenti finanziari reperibili sul mercato esterno ai tradizionali canali bancari. Cio' non significa che le banche non siano coinvolte nelle operazioni. Possono eseguirle o addirittura comportarsi come attori principali, anche se vengono mantenute due principali differenze. Sono infatti minori i margini di sicurezza e sono al contrario maggiori - almeno sulla carta - i controlli da parte delle autorita'. Il sistema serve ad assicurare credito ad aziende e individui ai quali e' precluso l'accesso ai canali ufficiali. I fondi servono per avviare un investimento, comprare titoli per sostenerne il corso, ripagare dei debiti, talvolta per usi piu' personali come la dipendenza per il gioco d'azzardo. Gli strumenti sono diversi e non facilmente classificabili. Si passa dalla sofisticazione finanziaria fino all'usura. Quelli piu' usati e codificati sono gestiti dalle 67 trust companies della Cina che, lontano da una legislazione cogente, concedono prestiti senza poter raccogliere il risparmio. Ancora piu' grande e' il volume degli entrusted loans, cioe' transazioni tra aziende dove le banche sono semplici custodi del danaro e delle garanzie. Altri strumenti molto diffusi sono l'informal lending e la gestione dell'ingente patrimonio privato attraverso gli WMP (Wealth Management Products). I finanziamenti sono in genere brevi e con tassi di interesse piu' alti: dal 12 al 30% annuo per un periodo standard di sei mesi. Nonostante queste condizioni, lo shadow banking ha raggiunto in Cina dimensioni stratosferiche, seppure ancora ridotte percentualmente rispetto ai paesi occidentali. Il valore numerico varia infatti in relazione alla linea di confine delle attivita'. The Economist li valuta 17.500 miliardi di yuan, Moody's 20.500 miliardi, JPMorgan 36.000 miliardi, pari all'astronomica percentuale del 69% del Pil cinese. In aggiunta, le cifre sono in aumento e coinvolgono sempre di piu' il vicino mercato finanziario di Hong Kong. L'entita' dei valori segnala due aspetti importanti: la persistente inclinazione cinese agli investimenti e il deficit di efficienza del sistema bancario ufficiale. Lo shadow banking e' solo uno dei sintomi di una malattia diffusa. Gli ultimi indicatori macroeconomici della Cina puntano a un rallentamento della crescita, con un'inflazione che flette e rimane sotto controllo. Ci sarebbero dunque le condizioni per una manovra monetaria espansiva, ma il premier Li Keqiang l'ha esclusa, almeno nel breve periodo. Ha affermato che la stabilita' e la razionalita' della spesa sono cardini irrinunciabili. Evidentemente il pericolo che nuovi influssi di denaro vengano canalizzati verso settori ed utilizzi non graditi al governo e' ancora forte. L'aumento delle costruzioni, l'incubo della bolla immobiliare dopo la prima iniezione nel 2009 sono ancora pronte a testimoniarlo. E' meglio dunque non allentare i cordoni della borsa, nella convinzione che il loro ruolo e' surrogato da uno shadow banking sempre piu' potente e forse alleato.
* Presidente di Osservatorio Asia
### Cina: il peso ingombrante dello shadow banking - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 10 giu - Per definizione, lo shadow banking e' umbratile, chiaroscurale, impreciso nei contorni. In Cina la difficolta' a definirlo e' ancora piu' accentuata, perche' anche il sistema ufficiale, dal quale dovrebbe differenziarsi, e' a sua volta opaco e incerto, un territorio dove la prassi e' spesso diversa dalle regole. Comunemente lo shadow banking e' la combinazione di strumenti finanziari reperibili sul mercato esterno ai tradizionali canali bancari. Cio' non significa che le banche non siano coinvolte nelle operazioni. Possono eseguirle o addirittura comportarsi come attori principali, anche se vengono mantenute due principali differenze. Sono infatti minori i margini di sicurezza e sono al contrario maggiori - almeno sulla carta - i controlli da parte delle autorita'. Il sistema serve ad assicurare credito ad aziende e individui ai quali e' precluso l'accesso ai canali ufficiali. I fondi servono per avviare un investimento, comprare titoli per sostenerne il corso, ripagare dei debiti, talvolta per usi piu' personali come la dipendenza per il gioco d'azzardo. Gli strumenti sono diversi e non facilmente classificabili. Si passa dalla sofisticazione finanziaria fino all'usura. Quelli piu' usati e codificati sono gestiti dalle 67 trust companies della Cina che, lontano da una legislazione cogente, concedono prestiti senza poter raccogliere il risparmio. Ancora piu' grande e' il volume degli entrusted loans, cioe' transazioni tra aziende dove le banche sono semplici custodi del danaro e delle garanzie. Altri strumenti molto diffusi sono l'informal lending e la gestione dell'ingente patrimonio privato attraverso gli WMP (Wealth Management Products). I finanziamenti sono in genere brevi e con tassi di interesse piu' alti: dal 12 al 30% annuo per un periodo standard di sei mesi. Nonostante queste condizioni, lo shadow banking ha raggiunto in Cina dimensioni stratosferiche, seppure ancora ridotte percentualmente rispetto ai paesi occidentali. Il valore numerico varia infatti in relazione alla linea di confine delle attivita'. The Economist li valuta 17.500 miliardi di yuan, Moody's 20.500 miliardi, JPMorgan 36.000 miliardi, pari all'astronomica percentuale del 69% del Pil cinese. In aggiunta, le cifre sono in aumento e coinvolgono sempre di piu' il vicino mercato finanziario di Hong Kong. L'entita' dei valori segnala due aspetti importanti: la persistente inclinazione cinese agli investimenti e il deficit di efficienza del sistema bancario ufficiale. Lo shadow banking e' solo uno dei sintomi di una malattia diffusa. Gli ultimi indicatori macroeconomici della Cina puntano a un rallentamento della crescita, con un'inflazione che flette e rimane sotto controllo. Ci sarebbero dunque le condizioni per una manovra monetaria espansiva, ma il premier Li Keqiang l'ha esclusa, almeno nel breve periodo. Ha affermato che la stabilita' e la razionalita' della spesa sono cardini irrinunciabili. Evidentemente il pericolo che nuovi influssi di denaro vengano canalizzati verso settori ed utilizzi non graditi al governo e' ancora forte. L'aumento delle costruzioni, l'incubo della bolla immobiliare dopo la prima iniezione nel 2009 sono ancora pronte a testimoniarlo. E' meglio dunque non allentare i cordoni della borsa, nella convinzione che il loro ruolo e' surrogato da uno shadow banking sempre piu' potente e forse alleato.
* Presidente di Osservatorio Asia
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mercoledì 12 giugno 2013
FITCH: «BANCHE OMBRA, MINACCIA STABILITA' FINANZIARIA»
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 11 giu. - Il sistema bancario ombra potrebbe emettere a rischio la stabilità finanziaria cinese e diffondersi anche ad altri Paesi. E' il monito di dell'agenzia di rating Fitch alla Cina. Sono decine di migliaia di istituti di credito non bancari che secondo le stime ufficiali prestano somme di denaro sempre più ingenti ai diversi settori dell'economia e a enti governativi al di fuori dei normali circuiti: il rischio è che nel totale dei prestiti i non-performing loans (cioè i prestiti in default o vicini al default) incidano in maniera significativa. "E' un mondo selvaggio sotto molti aspetti -ha dichiarato il senior director di Fitch Charlene Chu durante una conferenza stampa a Francoforte- ed è una delle ragioni per cui siamo così preoccupati". A destare sospetti sono soprattutto la scarsa trasparenza del settore e la qualità degli asset a copertura dei prestiti. "E' un rischio concreto -continua Chu- perché una crescente massa di prestiti passa attraverso canali su cui non c'è trasparenza o controllo".
Proprio la crescita del settore bancario ombra cinese aveva convinto l'agenzia di rating a declassare il debito a lunga scadenza in yuan da AA- ad A+ con outlook stabile da positivo. I nuovi prestiti in Cina hanno raggiunto nei primi quattro mesi del 2013 la somma di 3500 miliardi di yuan, il 12,9% rispetto all'anno precedente, secondo i dati della Banca Centrale. Il total social financing, indice di misurazione della liquidità nell'economia cinese, è salito a 7900 miliardi di yuan nei primi quattro mesi dell'anno, in netto aumento rispetto ai 4850 miliardi registrati nello stesso periodo dello scorso anno. La domanda di credito arriva soprattutto dagli enti locali e dal settore privato che hanno un accesso ristretto al credito. "Un tasso dell'1% di non-performing loans -ha spiegato Cherlene Chu- ha un valore poco significativo se il 36% del totale del credito è erogato al di fuori del sistema bancario".
Nonostante da alcuni mesi la Cina stia lavorando a rendere più trasparente il settore finanziario, nell'occhio del ciclone ci sono soprattutto i wealth management products, strumenti finanziari che offrono la sicurezza dei conti di deposito ma ritorni più alti, e alla cui regolamentazione sta lavorando la China Banking Regulatory Commission, autorithy del settore bancario cinese che a marzo scorso ha emesso nuove e più severe regole sull'emissione di questi prodotti finanziari. In pochi anni i wmp sono cresciuti da quasi zero a 7100 miliardi di yuan, dato di fine 2012. Entro fine anno le banche saranno tenute a ridurre al 35% la quota di wealth management products investita in asset non liquidi, o ridurla al 4% del totale degli asset. Gli istituti di credito non in regola saranno costretti a ridurre i margini di profitto dei wealth management products attraverso robuste iniezioni di capitale a sostegno dei prodotti emessi. "Sono già apparsi segnali di stress nei settori finanziari più deboli -ha spiegato ancora Charlene Chu- tendenzialmente istituzioni finanziarie ai margini del sistema che gradualmente cercano di spostarsi all'interno". I primi effetti della cura sarebbero già visibili: ad aprile le filiali pechinesi di Bank of China hanno venduto wmp per 5,5 miliardi di yuan, un calo drastico rispetto ai 14 miliardi del mese di marzo.
L'unico scenario possibile per risolvere l'esposizione degli isituti di credito non bancari è quello di trasferire il rischio al settore bancario con le banche del Dragone che dovranno fare fronte a una massa sempre crescente di debiti insolubili. Nonostante secondo l'agenzia di rating il rischio di un contagio persista, alcuni fattori intervengono a mitigare la situazione: tra questi le ampie riserve della Banca Centrale; il fatto che i finanziamenti rimangono in gran parte in patria, e che i principali istituti di credito e bancari sono controllati dallo Stato. Chrlene Chu cita come esempio di possibile contagio la riduzione del valore delle azioni delle banche cinesi nel 2008, nel pieno della crisi finanziaria globale: uno scenario, secondo la senior director di Fitch, che potrebbe ripetersi ancora.
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 11 giu. - Il sistema bancario ombra potrebbe emettere a rischio la stabilità finanziaria cinese e diffondersi anche ad altri Paesi. E' il monito di dell'agenzia di rating Fitch alla Cina. Sono decine di migliaia di istituti di credito non bancari che secondo le stime ufficiali prestano somme di denaro sempre più ingenti ai diversi settori dell'economia e a enti governativi al di fuori dei normali circuiti: il rischio è che nel totale dei prestiti i non-performing loans (cioè i prestiti in default o vicini al default) incidano in maniera significativa. "E' un mondo selvaggio sotto molti aspetti -ha dichiarato il senior director di Fitch Charlene Chu durante una conferenza stampa a Francoforte- ed è una delle ragioni per cui siamo così preoccupati". A destare sospetti sono soprattutto la scarsa trasparenza del settore e la qualità degli asset a copertura dei prestiti. "E' un rischio concreto -continua Chu- perché una crescente massa di prestiti passa attraverso canali su cui non c'è trasparenza o controllo".
Proprio la crescita del settore bancario ombra cinese aveva convinto l'agenzia di rating a declassare il debito a lunga scadenza in yuan da AA- ad A+ con outlook stabile da positivo. I nuovi prestiti in Cina hanno raggiunto nei primi quattro mesi del 2013 la somma di 3500 miliardi di yuan, il 12,9% rispetto all'anno precedente, secondo i dati della Banca Centrale. Il total social financing, indice di misurazione della liquidità nell'economia cinese, è salito a 7900 miliardi di yuan nei primi quattro mesi dell'anno, in netto aumento rispetto ai 4850 miliardi registrati nello stesso periodo dello scorso anno. La domanda di credito arriva soprattutto dagli enti locali e dal settore privato che hanno un accesso ristretto al credito. "Un tasso dell'1% di non-performing loans -ha spiegato Cherlene Chu- ha un valore poco significativo se il 36% del totale del credito è erogato al di fuori del sistema bancario".
Nonostante da alcuni mesi la Cina stia lavorando a rendere più trasparente il settore finanziario, nell'occhio del ciclone ci sono soprattutto i wealth management products, strumenti finanziari che offrono la sicurezza dei conti di deposito ma ritorni più alti, e alla cui regolamentazione sta lavorando la China Banking Regulatory Commission, autorithy del settore bancario cinese che a marzo scorso ha emesso nuove e più severe regole sull'emissione di questi prodotti finanziari. In pochi anni i wmp sono cresciuti da quasi zero a 7100 miliardi di yuan, dato di fine 2012. Entro fine anno le banche saranno tenute a ridurre al 35% la quota di wealth management products investita in asset non liquidi, o ridurla al 4% del totale degli asset. Gli istituti di credito non in regola saranno costretti a ridurre i margini di profitto dei wealth management products attraverso robuste iniezioni di capitale a sostegno dei prodotti emessi. "Sono già apparsi segnali di stress nei settori finanziari più deboli -ha spiegato ancora Charlene Chu- tendenzialmente istituzioni finanziarie ai margini del sistema che gradualmente cercano di spostarsi all'interno". I primi effetti della cura sarebbero già visibili: ad aprile le filiali pechinesi di Bank of China hanno venduto wmp per 5,5 miliardi di yuan, un calo drastico rispetto ai 14 miliardi del mese di marzo.
L'unico scenario possibile per risolvere l'esposizione degli isituti di credito non bancari è quello di trasferire il rischio al settore bancario con le banche del Dragone che dovranno fare fronte a una massa sempre crescente di debiti insolubili. Nonostante secondo l'agenzia di rating il rischio di un contagio persista, alcuni fattori intervengono a mitigare la situazione: tra questi le ampie riserve della Banca Centrale; il fatto che i finanziamenti rimangono in gran parte in patria, e che i principali istituti di credito e bancari sono controllati dallo Stato. Chrlene Chu cita come esempio di possibile contagio la riduzione del valore delle azioni delle banche cinesi nel 2008, nel pieno della crisi finanziaria globale: uno scenario, secondo la senior director di Fitch, che potrebbe ripetersi ancora.
Letta "spinge" sul lavoro: "solo così il Paese si salva"
Se non c'è il lavoro, il Paese non si salva": così il premier Enrico Letta, al congresso della Cisl, assicurando "l'impegno a lavorare incessantemente per rimetterlo al centro di tutte le politiche del Paese".
"Venerdì nell'incontro a Roma cercheremo con Germania Francia e Spagna di definire un'agenda sul lavoro, non solo parole, servono fatti e serve un messaggio ampio e collettivo", ha detto Letta parlando del quadrilaterale di venerdì a Roma. Il lavoro, ha aggiunto Letta, dovrà essere "il tema chiave del prossimo consiglio europeo ed è per me grandissima soddisfazione il messaggio che daremo da Roma. Dobbiamo dare risposte calde ai cittadini e ai loro problemi".
"Riuscire a tenere insieme la prioritaria difesa dei diritti e della dignità del lavoro con l'individuazione degli interventi e degli strumenti innovativi per superare la drammatica caduta dell'occupazione specie giovanile". Così il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, nel messaggio alla Cisl: questa la "sfida" davanti ai sindacati.
"Le organizzazioni sindacali - scrive Napolitano nel messaggio al segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni - si trovano di fronte a una sfida di grande complessità: si tratta di riuscire a tenere insieme la prioritaria difesa dei diritti e della dignità del lavoro con l'individuazione degli interventi e degli strumenti innovativi necessari per superare, attraverso l'aumento della produttività e della competitività dell'economia italiana e anche attraverso il ricorso a forme coraggiose di solidarietà, la drammatica caduta dell'occupazione specie giovanile". "Nel solco di una consolidata tradizione sindacale improntata al dialogo e ispirata a una responsabile visione delle esigenze del Paese - prosegue il presidente della Repubblica - la scelta del tema centrale del congresso", che ha lo slogan 'L'Italia della responsablità, "conferma l'impegno della Cisl ad offrire il proprio contributo per il superamento di acute emergenze e di profondi fattori di crisi e, quindi, per la costruzione di solide basi per un'Italia più giusta, più aperta e socialmente coesa".
Lo "scenario economico e sociale" é "difficile", su questo "gravano i pesanti effetti della persistente recessione", ha scritto ancora il presidente della Repubblica.
"La situazione economica e sociale é al limite del collasso". Occorre "una svolta": lo dice il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, aprendo il XVII congresso confederale. L'obiettivo è "uno choc fiscale finalmente positivo, un taglio forte delle tasse" sui redditi da lavoro e pensione e per le imprese che assumono e investono.
La "madre di tutte le battaglie, madre di tutti i nostri guaì, dice Bonanni, "rimane" la questione fiscale. "Bisogna ridurre le tasse sui redditi da lavoro e pensione. Ma anche alle imprese che investono e assumono i giovani e i disoccupati. Dobbiamo farlo subito per dare una spinta forte all'economia ed ai consumi. Lo diciamo al presidente del Consiglio Letta e ai partiti che lo sostengono. E gli diciamo anche che occorre introdurre un nuovo assegno familiare e il credito di imposta per gli incapienti". Le risorse, sottolinea il leader della Cisl, "possono venire dalle 'flessibilita'' che l'Unione europea deve concederci, dal risparmio sugli interessi con la discesa dello spread e dalla riduzione delle troppe agevolazioni fiscali e detrazioni senza alcuna finalità sociale. Si devono anche tassare di più i grandi patrimoni immobiliari e finanziari. E dobbiamo vendere il patrimonio del demanio pubblico". Ma il Governo, prosegue, "deve bloccare ulteriori aumenti delle tasse locali. Non è possibile continuare così. Ci vuole finalmente un coordinamento tra tassazione nazionale e locale". Bonanni insiste anche sulla necessità di "incrementare le pene per gli evasori" fiscali.
"Se il governo pensa ad un 'decreto del fare', noi rispondiamo: bene. Ma facciamolo insieme! Anche per scongiurare gravi errori", come accaduto. Bonanni, che avverte: "Diciamo subito che le decisioni non potranno essere calate dall'alto, senza un confronto sociale". A cominciare dal mercato del lavoro.
Per Bonanni "il Governo e le forze politiche devono cogliere il clima nuovo che abbiamo saputo costruire con il recente accordo sulla rappresentanza tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria". "Nelle prossime settimane - precisa - pensiamo di fare lo stesso accordo anche con tutte le altre associazioni imprenditoriali". Bonanni ricorda come con l'intesa raggiunta il 31 maggio sulla rappresentanza sia stato compiuto "un passo che senza enfasi si può definire storico e farà molto bene al lavoro italiano e all'intero Paese".
E' "uno scandalo" il blocco della rivalutazione delle pensioni sopra i 1.400 euro mensili, dice Bonanni indicando anche la necessità per gli esodati di trovare "una soluzione definitiva, per evitare che
Se non c'è il lavoro, il Paese non si salva": così il premier Enrico Letta, al congresso della Cisl, assicurando "l'impegno a lavorare incessantemente per rimetterlo al centro di tutte le politiche del Paese".
"Venerdì nell'incontro a Roma cercheremo con Germania Francia e Spagna di definire un'agenda sul lavoro, non solo parole, servono fatti e serve un messaggio ampio e collettivo", ha detto Letta parlando del quadrilaterale di venerdì a Roma. Il lavoro, ha aggiunto Letta, dovrà essere "il tema chiave del prossimo consiglio europeo ed è per me grandissima soddisfazione il messaggio che daremo da Roma. Dobbiamo dare risposte calde ai cittadini e ai loro problemi".
"Riuscire a tenere insieme la prioritaria difesa dei diritti e della dignità del lavoro con l'individuazione degli interventi e degli strumenti innovativi per superare la drammatica caduta dell'occupazione specie giovanile". Così il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, nel messaggio alla Cisl: questa la "sfida" davanti ai sindacati.
"Le organizzazioni sindacali - scrive Napolitano nel messaggio al segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni - si trovano di fronte a una sfida di grande complessità: si tratta di riuscire a tenere insieme la prioritaria difesa dei diritti e della dignità del lavoro con l'individuazione degli interventi e degli strumenti innovativi necessari per superare, attraverso l'aumento della produttività e della competitività dell'economia italiana e anche attraverso il ricorso a forme coraggiose di solidarietà, la drammatica caduta dell'occupazione specie giovanile". "Nel solco di una consolidata tradizione sindacale improntata al dialogo e ispirata a una responsabile visione delle esigenze del Paese - prosegue il presidente della Repubblica - la scelta del tema centrale del congresso", che ha lo slogan 'L'Italia della responsablità, "conferma l'impegno della Cisl ad offrire il proprio contributo per il superamento di acute emergenze e di profondi fattori di crisi e, quindi, per la costruzione di solide basi per un'Italia più giusta, più aperta e socialmente coesa".
Lo "scenario economico e sociale" é "difficile", su questo "gravano i pesanti effetti della persistente recessione", ha scritto ancora il presidente della Repubblica.
"La situazione economica e sociale é al limite del collasso". Occorre "una svolta": lo dice il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, aprendo il XVII congresso confederale. L'obiettivo è "uno choc fiscale finalmente positivo, un taglio forte delle tasse" sui redditi da lavoro e pensione e per le imprese che assumono e investono.
La "madre di tutte le battaglie, madre di tutti i nostri guaì, dice Bonanni, "rimane" la questione fiscale. "Bisogna ridurre le tasse sui redditi da lavoro e pensione. Ma anche alle imprese che investono e assumono i giovani e i disoccupati. Dobbiamo farlo subito per dare una spinta forte all'economia ed ai consumi. Lo diciamo al presidente del Consiglio Letta e ai partiti che lo sostengono. E gli diciamo anche che occorre introdurre un nuovo assegno familiare e il credito di imposta per gli incapienti". Le risorse, sottolinea il leader della Cisl, "possono venire dalle 'flessibilita'' che l'Unione europea deve concederci, dal risparmio sugli interessi con la discesa dello spread e dalla riduzione delle troppe agevolazioni fiscali e detrazioni senza alcuna finalità sociale. Si devono anche tassare di più i grandi patrimoni immobiliari e finanziari. E dobbiamo vendere il patrimonio del demanio pubblico". Ma il Governo, prosegue, "deve bloccare ulteriori aumenti delle tasse locali. Non è possibile continuare così. Ci vuole finalmente un coordinamento tra tassazione nazionale e locale". Bonanni insiste anche sulla necessità di "incrementare le pene per gli evasori" fiscali.
"Se il governo pensa ad un 'decreto del fare', noi rispondiamo: bene. Ma facciamolo insieme! Anche per scongiurare gravi errori", come accaduto. Bonanni, che avverte: "Diciamo subito che le decisioni non potranno essere calate dall'alto, senza un confronto sociale". A cominciare dal mercato del lavoro.
Per Bonanni "il Governo e le forze politiche devono cogliere il clima nuovo che abbiamo saputo costruire con il recente accordo sulla rappresentanza tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria". "Nelle prossime settimane - precisa - pensiamo di fare lo stesso accordo anche con tutte le altre associazioni imprenditoriali". Bonanni ricorda come con l'intesa raggiunta il 31 maggio sulla rappresentanza sia stato compiuto "un passo che senza enfasi si può definire storico e farà molto bene al lavoro italiano e all'intero Paese".
E' "uno scandalo" il blocco della rivalutazione delle pensioni sopra i 1.400 euro mensili, dice Bonanni indicando anche la necessità per gli esodati di trovare "una soluzione definitiva, per evitare che
ci siano
patrimoni immobiliari e finanziari. E dobbiamo vendere il patrimonio del demanio pubblico". Ma il Governo, prosegue, "deve bloccare ulteriori aumenti delle tasse locali. Non è possibile continuare così. Ci vuole finalmente un coordinamento tra tassazione nazionale e locale". Bonanni insiste anche sulla necessità di "incrementare le pene per gli evasori" fiscali.
"Se il governo pensa ad un 'decreto del fare', noi rispondiamo: bene. Ma facciamolo insieme! Anche per scongiurare gravi errori", come accaduto. Bonanni, che avverte: "Diciamo subito che le decisioni non potranno essere calate dall'alto, senza un confronto sociale". A cominciare dal mercato del lavoro.
Per Bonanni "il Governo e le forze politiche devono cogliere il clima nuovo che abbiamo saputo costruire con il recente accordo sulla rappresentanza tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria". "Nelle prossime settimane - precisa - pensiamo di fare lo stesso accordo anche con tutte le altre associazioni imprenditoriali". Bonanni ricorda come con l'intesa raggiunta il 31 maggio sulla rappresentanza sia stato compiuto "un passo che senza enfasi si può definire storico e farà molto bene al lavoro italiano e all'intero Paese".
E' "uno scandalo" il blocco della rivalutazione delle pensioni sopra i 1.400 euro mensili, dice Bonanni indicando anche la necessità per gli esodati di trovare "una soluzione definitiva, per evitare che ci siano lavoratori privilegiati ed altri penalizzati". "Nel 2014, lo ricordiamo, scade il blocco in atto delle rivalutazioni delle pensioni. Nessuno pensi di decidere alcunché senza un confronto preventivo con il sindacato. Non possiamo tollerare la politica di due pesi e due misure. Qualcuno deve spiegarci perché l'Alta Corte ha ritenuto incostituzionale il taglio delle retribuzioni e delle pensioni dei super burocrati dello stato che prendono centinaia di migliaia di euro all'anno. Ed è invece normale non rivalutare al costo della vita le pensioni sopra le 1400 euro al mese. Lorde! Questo è uno scandalo!".
Savona: sfrattato, si getta dalla finestra
Si è ucciso gettandosi dalla finestra di casa a Cairo Montenotte dopo avere ricevuto l’avviso di sfratto esecutivo per giovedì prossimo. L'uomo, un disoccupato di 32 anni, era originario di Uscio (Genova) e viveva a Cairo con il fratello, che riceveva la pensione di invalidità, e con la madre, pensionata.
Secondo quanto emerso, l’uomo si è lasciato cadere dalla finestra al terzo piano di un palazzo. Il corpo è finito in un giardino. I soccorritori del 118 e della Croce Bianca di Cairo hanno provato inutilmente a rianimarlo. Per i carabinieri non vi sono responsabilità da parte di terzi.
"E’ una tragedia - ha detto il sindaco di Cairo Fulvio Briano -. L’uomo e la famiglia avevano mantenuto la residenza nel Genovese e per questo motivo il Comune aveva le mani legate perché possiamo aiutare solo chi è residente. La situazione è davvero difficile anche per i cairesi. E’ un’emergenza sociale senza fine". "Proprio questa settimana sono in corso le procedure di sfratto per altre due famiglie che hanno bambini piccoli", ha detto ancora il sindaco.
Dal Quotidiano
Si è ucciso gettandosi dalla finestra di casa a Cairo Montenotte dopo avere ricevuto l’avviso di sfratto esecutivo per giovedì prossimo. L'uomo, un disoccupato di 32 anni, era originario di Uscio (Genova) e viveva a Cairo con il fratello, che riceveva la pensione di invalidità, e con la madre, pensionata.
Secondo quanto emerso, l’uomo si è lasciato cadere dalla finestra al terzo piano di un palazzo. Il corpo è finito in un giardino. I soccorritori del 118 e della Croce Bianca di Cairo hanno provato inutilmente a rianimarlo. Per i carabinieri non vi sono responsabilità da parte di terzi.
"E’ una tragedia - ha detto il sindaco di Cairo Fulvio Briano -. L’uomo e la famiglia avevano mantenuto la residenza nel Genovese e per questo motivo il Comune aveva le mani legate perché possiamo aiutare solo chi è residente. La situazione è davvero difficile anche per i cairesi. E’ un’emergenza sociale senza fine". "Proprio questa settimana sono in corso le procedure di sfratto per altre due famiglie che hanno bambini piccoli", ha detto ancora il sindaco.
Dal Quotidiano
Papa: "San Pietro non aveva conto in banca"
"San Pietro non aveva un conto in banca, e quando ha dovuto pagare le tasse il Signore lo ha mandato al mare a pescare un pesce e trovare la moneta dentro al pesce, per pagare". Lo ha detto oggi papa Francesco nell'omelia della messa a Santa Marta, dedicata alla "povertà" e "gratuità" con cui deve agire la Chiesa.
PER OPERE CHIESA NON SI AGISCA DA IMPRENDITORI - La "povertà" che deve caratterizzare la Chiesa "ci salva dal diventare organizzatori, imprenditori", ha detto il Papa nella messa a Santa Marta. "Si devono portare avanti le opere della Chiesa, e alcune sono un po' complesse; ma con cuore di povertà, non con cuore di investimento o di un imprenditore", ha aggiunto.
UNA CHIESA RICCA E' UNA CHIESA VECCHIA,SENZA VITA - Se si vuol fare "una Chiesa ricca", allora "la Chiesa invecchia", "non ha vita". Lo ha affermato oggi papa Francesco nella messa a Santa Marta, esortando a un annuncio del Vangelo fatto con "semplicità" e "gratuità". "La Chiesa non è una ong", ha ribadito, "nasce dalla gratuità" di cui "la povertà è un segno".
TWITTER; NON DOBBIAMO AVERE PAURA DELLA SOLIDARIETA' - "Non dobbiamo avere paura della solidarietà, di sapere mettere ciò che siamo e che abbiamo a disposizione di Dio". Questo è il testo del nuovo messaggio diffuso oggi da papa Francesco su Twitter.
Ansa
"San Pietro non aveva un conto in banca, e quando ha dovuto pagare le tasse il Signore lo ha mandato al mare a pescare un pesce e trovare la moneta dentro al pesce, per pagare". Lo ha detto oggi papa Francesco nell'omelia della messa a Santa Marta, dedicata alla "povertà" e "gratuità" con cui deve agire la Chiesa.
PER OPERE CHIESA NON SI AGISCA DA IMPRENDITORI - La "povertà" che deve caratterizzare la Chiesa "ci salva dal diventare organizzatori, imprenditori", ha detto il Papa nella messa a Santa Marta. "Si devono portare avanti le opere della Chiesa, e alcune sono un po' complesse; ma con cuore di povertà, non con cuore di investimento o di un imprenditore", ha aggiunto.
UNA CHIESA RICCA E' UNA CHIESA VECCHIA,SENZA VITA - Se si vuol fare "una Chiesa ricca", allora "la Chiesa invecchia", "non ha vita". Lo ha affermato oggi papa Francesco nella messa a Santa Marta, esortando a un annuncio del Vangelo fatto con "semplicità" e "gratuità". "La Chiesa non è una ong", ha ribadito, "nasce dalla gratuità" di cui "la povertà è un segno".
TWITTER; NON DOBBIAMO AVERE PAURA DELLA SOLIDARIETA' - "Non dobbiamo avere paura della solidarietà, di sapere mettere ciò che siamo e che abbiamo a disposizione di Dio". Questo è il testo del nuovo messaggio diffuso oggi da papa Francesco su Twitter.
Ansa
Anche in Italia la privacy è a rischio
A pochi giorni dal "datagate" americano, anche in Italia scoppia il dibattito sulla privacy dei cittadini: il rapporto del Garante sulla situazione del 2012 parla di 578 sanzioni, in aumento rispetto ai 358 dell'anno precedente, per un totale di 3 milioni e 800 mila euro di multe. Forse il motivo sta tutto qui, nelle sanzioni: in media, sui 7.000 euro. Una cifra che non scoraggia chi cerca di indagare nelle nostre vite, in cerca di comportamenti scorretti, per spiarci o più semplicemente per capire la migliore pubblicità da proporci.
L'anno scorso l'Autorità ha compiuto 395 ispezioni sulla base delle 4.183 segnalazioni dei cittadini, molto spesso chiamate ricevute da numeri non desiderati. Un argomento molto caldo, infatti, è quello del marketing telefonico che ha trovato un beneficio dal Registro delle Opposizioni (al quale iscriversi per evitare di ricevere telepubblicità) ma che spesso viene ignorato dai call center oppure scavalcato da consensi che gli utenti danno firmando contratti, come per esempio quelli per le carte fedeltà.
Tra gli argomenti toccati dal rapporto, anche il corretto trattamento dei dati in rete. L'anno prossimo entrerà in vigore il nuovo Regolamento europeo in materia, nel frattempo i vari Paesi stanno cercando di lavorare a stretto contatto con i big del settore per trovare soluzioni condivise. Per esempio era stato aperto un procedimento verso Google per controllare l'uso dei cookie e dei siti visitati dagli utenti. Internet, però, vuol dire anche studiare un equilibrio tra libertà di pensiero e tutela della persona: "Non possiamo più essere indulgenti con la violenza verbale presente nella rete ha detto Antonello Soro, attuale Garante.
Soro ha anche annunciato che "nelle prossime settimane verrà adottato un provvedimento generale sulle intercettazioni, risorsa investigativa fondamentale, insostituibile, che andrebbe gestita con molta cautela". E dopo lo scandalo negli Stati Uniti la notizia è meno clamorosa ma fa comunque effetto sapere che a fine 2012, il Garante ha autorizzato indagini sui conti correnti per scovare possibili evasori.
Ormai è difficile sottrarsi alla sorveglianza: auto (con le scatole nere), strade (tutor, autovelox, t-red), posti di lavoro (alcuni datori di lavoro hanno ammesso di sfruttare le videocamere di sorveglianza per controllare il rendimento dei dipendenti), acquisti nei negozi con carte di credito o bancomat. Disciplinare questa materia è argomento delicato ma l'Italia ci sta provando, di concerto con l'Unione Europea. Bisogna solo capire quanto tempo dovrà passare per recuperare il terreno perso: il regolamento europeo attuale è stato creato nel 1995, 18 anni in campo tecnologico sono un'eternità.
A pochi giorni dal "datagate" americano, anche in Italia scoppia il dibattito sulla privacy dei cittadini: il rapporto del Garante sulla situazione del 2012 parla di 578 sanzioni, in aumento rispetto ai 358 dell'anno precedente, per un totale di 3 milioni e 800 mila euro di multe. Forse il motivo sta tutto qui, nelle sanzioni: in media, sui 7.000 euro. Una cifra che non scoraggia chi cerca di indagare nelle nostre vite, in cerca di comportamenti scorretti, per spiarci o più semplicemente per capire la migliore pubblicità da proporci.
L'anno scorso l'Autorità ha compiuto 395 ispezioni sulla base delle 4.183 segnalazioni dei cittadini, molto spesso chiamate ricevute da numeri non desiderati. Un argomento molto caldo, infatti, è quello del marketing telefonico che ha trovato un beneficio dal Registro delle Opposizioni (al quale iscriversi per evitare di ricevere telepubblicità) ma che spesso viene ignorato dai call center oppure scavalcato da consensi che gli utenti danno firmando contratti, come per esempio quelli per le carte fedeltà.
Tra gli argomenti toccati dal rapporto, anche il corretto trattamento dei dati in rete. L'anno prossimo entrerà in vigore il nuovo Regolamento europeo in materia, nel frattempo i vari Paesi stanno cercando di lavorare a stretto contatto con i big del settore per trovare soluzioni condivise. Per esempio era stato aperto un procedimento verso Google per controllare l'uso dei cookie e dei siti visitati dagli utenti. Internet, però, vuol dire anche studiare un equilibrio tra libertà di pensiero e tutela della persona: "Non possiamo più essere indulgenti con la violenza verbale presente nella rete ha detto Antonello Soro, attuale Garante.
Soro ha anche annunciato che "nelle prossime settimane verrà adottato un provvedimento generale sulle intercettazioni, risorsa investigativa fondamentale, insostituibile, che andrebbe gestita con molta cautela". E dopo lo scandalo negli Stati Uniti la notizia è meno clamorosa ma fa comunque effetto sapere che a fine 2012, il Garante ha autorizzato indagini sui conti correnti per scovare possibili evasori.
Ormai è difficile sottrarsi alla sorveglianza: auto (con le scatole nere), strade (tutor, autovelox, t-red), posti di lavoro (alcuni datori di lavoro hanno ammesso di sfruttare le videocamere di sorveglianza per controllare il rendimento dei dipendenti), acquisti nei negozi con carte di credito o bancomat. Disciplinare questa materia è argomento delicato ma l'Italia ci sta provando, di concerto con l'Unione Europea. Bisogna solo capire quanto tempo dovrà passare per recuperare il terreno perso: il regolamento europeo attuale è stato creato nel 1995, 18 anni in campo tecnologico sono un'eternità.
martedì 11 giugno 2013
Agenzia Xinhua " ANSA DI PECHINO
SUMMIT XI-OBAMA VISTO DA XINHUA
Pechino, 10 giu.- L'incontro tra Xi Jinping e Barack Obama ha segnato un passo avanti importante nel plasmare un nuovo di tipo di rapporto tra Cina Stati Uniti. Lo sostengono gli esperti ma, nonostante il presidente cinese Xi Jinping sia ritornato in patria domenica, opinionisti politici in tutto il mondo stanno ancora tentando di decifrare il significato di questo summit informale "senza precedenti" con il Presidente americano Obama.
Durante l'incontro, che si e' tenuto il 7 e l'8 giugno sullo sfondo della pittoresca tenuta di Sunnylands in California, i due leader hanno passato piu' di otto ore insieme, parlando di temi globali, regionali e bilaterali di comune interesse e scambiandosi opinioni sulla politica estera e interna dei due Paesi. L'incontro, senza pari nei rapporti tra Cina e USA, ha dato molti frutti, dove il piu' importante risultato e' stato l'impegno comune per costruire un rapporto bilaterale nuovo tra grandi potenze basato sul rispetto reciproco e su una cooperazione win - win. Il mondo ha sofferto troppo degli scontri e delle guerre tra poteri esistenti ed emergenti. E' tempo di mettere fine a questo circolo vizioso. Dunque le visioni comuni di Pechino e Washington per un nuovo modello di rapporti bilaterali, che servira' da faro per guidare lo sviluppo dei rapporti bilaterali, e' nell'interesse non solo dei due Paesi ma del mondo intero - si legge in un editoriale dell'Agenzia di Stato Xinhua. La fiducia non e' piu' una barriera. Considerato il ritmo accelerato della globalizzazione e il crescente bisogno di una spinta comune degli azionisti globali, la Cina e gli Stati Uniti dovrebbero e possono evitare la cosiddetta tragedia delle politiche dei grandi poteri e muoversi su una nuova strada nelle relazioni internazionali. Dopo anni di cooperazione, gli interessi nazionali Cina e Stati Uniti sono diventati sempre piu' interconnessi e si e' radicata una forte interdipendenza tra i due Paesi che rappresentano le due piu' grandi economie al mondo. I due Paesi, rispettivamente il piu' grande Paese in via di sviluppo e il piu' grande Paese sviluppato, hanno troppo da guadagnare dalla cooperazione per scegliere lo scontro. Mandare avanti la cooperazione bilaterale e' una forte volonta' politica che entrambe le parti hanno forgiato in decenni di rapporti bilaterali e sostenerla e' un meccanismo di dialogo e consultazione tra le parti e una base solida per l'appoggio del popolo. Le vicende di quest'epoca, quali la multi-polarizzazione politica e la globalizzazione, hanno fornito anche un ambiente favorevole affinche' i due Paesi realizzassero la loro visione di un nuovo modello di relazioni tra grandi poteri. E' innegabile che le divergenze, le differenze e le dispute continuino ad esistere tra la Cina e gli Stati uniti, rendendo le relazioni trans-oceaniche molto complesse, ma negli ultimi quarant'anni i due Paesi sono riusciti a far crescere i loro rapporti in modo stabile. La storia dovrebbe essere da monito, i rapporti trans-oceanici andranno avanti sulla strada che Xi e Obama hanno appena tracciato e influenzera' positivamente la pace e lo sviluppo nel mondo.
"Xi e Obama hanno riconosciuto che costruire un nuovo tipo di rapporto tra la Cina e gli Stati Uniti e' un obiettivo strategico importante", ha riferito Tao Wenzhao, ricercatore all' Istituto di Studi americani dell'Accademia cinese di Scienze sociali, aggiungendo "il significato dell'incontro e' particolarmente importante perche' i leader dei due Paesi hanno gettato le basi per i futuri rapporti tra la Cina e gli Stati Uniti".
Venerdi' in una conferenza stampa congiunta che ha seguito il primo incontro faccia a faccia tra i due leader, Xi ha richiesto ad entrambi i Paesi di "evitare la strada tradizionale dell'inevitabile confronto tra grandi Paesi e iniziare un nuovo cammino". Gia' nel 2012 la Cina aveva chiesto un nuovo tipo di relazioni bilaterali e il suo significato era stato ampiamente sottolineato quando era stato riportato nel rapporto consegnato al 18° Congresso Nazionale del Partito Comunista cinese tenutosi a novembre. Qu Xing, capo dell'Istituto di Studi Internazionali, ritiene che la chiave dello sviluppo di queste relazioni sia evitare gli scontri tra poteri esistenti ed emergenti. "Nel ventesimo secolo, lo scontro piu' noto e' stato quello tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica durante la Guerra Fredda, durato piu' di quarant'anni e che e' finito solo con il collasso dell'Unione Sovietica nel 1991". "E' anche nell'interesse degli Stati Uniti evitare lo scontro", ha aggiunto Tao, commentando che gli Stati Uniti hanno risposto positivamente allo sviluppo di un nuovo tipo di relazioni con la Cina. Un concetto ripreso in una recente intervista con i media cinesi anche dall'ambasciatore americano in Cina Gary Locke, che ha dichiarato che l'America crede che un potere consolidato non debba entrare in conflitto con uno emergente, aggiungendo "tutto questo appartiene ad una mentalita' vecchia".
Tao Wenzhao ha poi sottolineato che questi accordi mostrano come le due piu' grandi economie al mondo, Cina e Stati Uniti, si siano impegnate a tracciare un piano pratico. Mentre Qu Xing ritiene che l'incontro rappresenti un tentativo ben riuscito di avanzare un nuovo tipo di relazioni sino-americane e un importante risultato diplomatico per la Cina, aggiungendo "Nonostante la grande enfasi data nell'incoraggiare le relazioni con i Paesi piu' grandi, l'avanzamento dei rapporti con le Nazioni in via di sviluppo rimane comunque importante per la Cina", "la Cina non ha allentato la presa nel sviluppare i rapporti con i Paesi in via di sviluppo".
Durante la conferenza stampa, Xi ha dichiarato che entrambe le parti sono d'accordo nell'allargare il dialogo e la comunicazione ad ogni livello per rafforzare la fiducia e la comprensione reciproca. Entrambe le parti sono d'accordo nell'aumentare la cooperazione in campi estensivi, quali l'economia e il commercio, l'energia, l'ambiente, scambi culturali e tra persone, cosi' come scambi a livello locale.
Entrambe le parti ritengono altresi' importante migliorare e rafforzare i rapporti tra le forze armate e promuovere una crescita economica forte, sostenibile e bilanciata nella regione dell'Asia Pacifica e nel mondo. Gli occhi del mondo intero sono quindi puntati su Cina e Stati Uniti e opinionisti ed esperti di relazioni internazionali tentano di leggere dietro le righe e di capire quale sara' il futuro per le due piu' grandi economie del mondo e, di conseguenza, del mondo intero.
Li Jianqiang, professore associato presso l'Universita' di Houston di politiche dell'Asia orientale, ha dichiarato che il "vertice informale tra i due capi di Stato ha segnato un grande passo avanti nei rapporti bilaterali e che le relazioni tra i due Pesi, i piu' importanti nel mondo, esercitano una grande influenza sul mondo e hanno un grande significato che va oltre il suo scopo bilaterale. Ecco perche' la Cina e gli Stati Uniti costituiscono la zavorra della stabilita' globale e l'elica della pace nel mondo". Secondo Li Cheng, membro della Brookings Institution "i due leader sono andati all'incontro tenendo ben chiari davanti agli occhi tre obiettivi su piu' livelli, che comprende temi concreti al primo punto, promuovere i rapporti personali al secondo e opinioni strategiche al terzo. Sul terzo punto i due presidenti hanno discusso di un nuovo tipo di relazioni tra grandi poteri che dovra' essere di cooperazione piuttosto che di scontro".
Stephen A. Orlins, presidente della Commissione Nationale delle Relazioni Cina-USA, ha riferito alla Xinhua che "le consultazioni sono state idealizzate e attuate per essere il piu' vicine possibile alla perfezione", aggiungendo che "l'accordo sulla cooperazione sulle emissioni annuncia al mondo che la Cina e gli Stati Uniti intendono confrontarsi congiuntamente sulle minacce reali per il Pianeta", "le relazioni sino-americane sono migliori oggi rispetto a due anni fa e la pace globale e' assicurata".
La stampa internazionale ha d'altra parte seguito il meeting con grande attenzione. Secondo la France Press, i due presidenti hanno forgiato un rapporto e una comprensione della linea politica, se non una svolta, su temi riguardanti la Repubblica democratica del popolo di Corea, i cambiamenti climatici e la sicurezza cibernetica. Il rapporto della France Press citava anche le parole del Consigliere sulla Sicurezza Nazionale Tom Donilon che definiva l'incontro "singolarmente informale", "costruttivo", "di ampio raggio" e "positivo" .
Il Mainichi Shimbun, quotidiano giapponese, riportava in un suo editoriale che il cuore del nuovo modello di rapporti tra potenze e' cercare un meccanismo di dialogo per evitare gli scontri e promuovere la cooperazione, aggiungendo che sarebbe utile eliminare tutti i fattori destabilizzanti dell'Asia, incluso la questione del nucleare nella penisola coreana.
Mentre la Voice of Vietnam, l'emittente radio nazionale, riportava in un editoriale pubblicato sulla propria pagina Web che l'incontro aiutera' a promuovere la fiducia reciproca, ad appianare le divergenze e a consolidare ulteriormente i rapporti tra la Cina e gli Stati uniti, facendo sforzi comuni per mantenere la pace nel mondo e la stabilita'. Prima di visitare gli Stati Uniti, XI ha effettuato un tappa in Trinidad and Tobago, Costa Rica e Messico. A marzo, Xi aveva scelto la Russia, la Tanzania, il Sud Africa e la Repubblica del Congo come destinazioni del suo primo viaggio all'estero dalla sua nomina a presidente nello stesso mese. .
SUMMIT XI-OBAMA VISTO DA XINHUA
Pechino, 10 giu.- L'incontro tra Xi Jinping e Barack Obama ha segnato un passo avanti importante nel plasmare un nuovo di tipo di rapporto tra Cina Stati Uniti. Lo sostengono gli esperti ma, nonostante il presidente cinese Xi Jinping sia ritornato in patria domenica, opinionisti politici in tutto il mondo stanno ancora tentando di decifrare il significato di questo summit informale "senza precedenti" con il Presidente americano Obama.
Durante l'incontro, che si e' tenuto il 7 e l'8 giugno sullo sfondo della pittoresca tenuta di Sunnylands in California, i due leader hanno passato piu' di otto ore insieme, parlando di temi globali, regionali e bilaterali di comune interesse e scambiandosi opinioni sulla politica estera e interna dei due Paesi. L'incontro, senza pari nei rapporti tra Cina e USA, ha dato molti frutti, dove il piu' importante risultato e' stato l'impegno comune per costruire un rapporto bilaterale nuovo tra grandi potenze basato sul rispetto reciproco e su una cooperazione win - win. Il mondo ha sofferto troppo degli scontri e delle guerre tra poteri esistenti ed emergenti. E' tempo di mettere fine a questo circolo vizioso. Dunque le visioni comuni di Pechino e Washington per un nuovo modello di rapporti bilaterali, che servira' da faro per guidare lo sviluppo dei rapporti bilaterali, e' nell'interesse non solo dei due Paesi ma del mondo intero - si legge in un editoriale dell'Agenzia di Stato Xinhua. La fiducia non e' piu' una barriera. Considerato il ritmo accelerato della globalizzazione e il crescente bisogno di una spinta comune degli azionisti globali, la Cina e gli Stati Uniti dovrebbero e possono evitare la cosiddetta tragedia delle politiche dei grandi poteri e muoversi su una nuova strada nelle relazioni internazionali. Dopo anni di cooperazione, gli interessi nazionali Cina e Stati Uniti sono diventati sempre piu' interconnessi e si e' radicata una forte interdipendenza tra i due Paesi che rappresentano le due piu' grandi economie al mondo. I due Paesi, rispettivamente il piu' grande Paese in via di sviluppo e il piu' grande Paese sviluppato, hanno troppo da guadagnare dalla cooperazione per scegliere lo scontro. Mandare avanti la cooperazione bilaterale e' una forte volonta' politica che entrambe le parti hanno forgiato in decenni di rapporti bilaterali e sostenerla e' un meccanismo di dialogo e consultazione tra le parti e una base solida per l'appoggio del popolo. Le vicende di quest'epoca, quali la multi-polarizzazione politica e la globalizzazione, hanno fornito anche un ambiente favorevole affinche' i due Paesi realizzassero la loro visione di un nuovo modello di relazioni tra grandi poteri. E' innegabile che le divergenze, le differenze e le dispute continuino ad esistere tra la Cina e gli Stati uniti, rendendo le relazioni trans-oceaniche molto complesse, ma negli ultimi quarant'anni i due Paesi sono riusciti a far crescere i loro rapporti in modo stabile. La storia dovrebbe essere da monito, i rapporti trans-oceanici andranno avanti sulla strada che Xi e Obama hanno appena tracciato e influenzera' positivamente la pace e lo sviluppo nel mondo.
"Xi e Obama hanno riconosciuto che costruire un nuovo tipo di rapporto tra la Cina e gli Stati Uniti e' un obiettivo strategico importante", ha riferito Tao Wenzhao, ricercatore all' Istituto di Studi americani dell'Accademia cinese di Scienze sociali, aggiungendo "il significato dell'incontro e' particolarmente importante perche' i leader dei due Paesi hanno gettato le basi per i futuri rapporti tra la Cina e gli Stati Uniti".
Venerdi' in una conferenza stampa congiunta che ha seguito il primo incontro faccia a faccia tra i due leader, Xi ha richiesto ad entrambi i Paesi di "evitare la strada tradizionale dell'inevitabile confronto tra grandi Paesi e iniziare un nuovo cammino". Gia' nel 2012 la Cina aveva chiesto un nuovo tipo di relazioni bilaterali e il suo significato era stato ampiamente sottolineato quando era stato riportato nel rapporto consegnato al 18° Congresso Nazionale del Partito Comunista cinese tenutosi a novembre. Qu Xing, capo dell'Istituto di Studi Internazionali, ritiene che la chiave dello sviluppo di queste relazioni sia evitare gli scontri tra poteri esistenti ed emergenti. "Nel ventesimo secolo, lo scontro piu' noto e' stato quello tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica durante la Guerra Fredda, durato piu' di quarant'anni e che e' finito solo con il collasso dell'Unione Sovietica nel 1991". "E' anche nell'interesse degli Stati Uniti evitare lo scontro", ha aggiunto Tao, commentando che gli Stati Uniti hanno risposto positivamente allo sviluppo di un nuovo tipo di relazioni con la Cina. Un concetto ripreso in una recente intervista con i media cinesi anche dall'ambasciatore americano in Cina Gary Locke, che ha dichiarato che l'America crede che un potere consolidato non debba entrare in conflitto con uno emergente, aggiungendo "tutto questo appartiene ad una mentalita' vecchia".
Tao Wenzhao ha poi sottolineato che questi accordi mostrano come le due piu' grandi economie al mondo, Cina e Stati Uniti, si siano impegnate a tracciare un piano pratico. Mentre Qu Xing ritiene che l'incontro rappresenti un tentativo ben riuscito di avanzare un nuovo tipo di relazioni sino-americane e un importante risultato diplomatico per la Cina, aggiungendo "Nonostante la grande enfasi data nell'incoraggiare le relazioni con i Paesi piu' grandi, l'avanzamento dei rapporti con le Nazioni in via di sviluppo rimane comunque importante per la Cina", "la Cina non ha allentato la presa nel sviluppare i rapporti con i Paesi in via di sviluppo".
Durante la conferenza stampa, Xi ha dichiarato che entrambe le parti sono d'accordo nell'allargare il dialogo e la comunicazione ad ogni livello per rafforzare la fiducia e la comprensione reciproca. Entrambe le parti sono d'accordo nell'aumentare la cooperazione in campi estensivi, quali l'economia e il commercio, l'energia, l'ambiente, scambi culturali e tra persone, cosi' come scambi a livello locale.
Entrambe le parti ritengono altresi' importante migliorare e rafforzare i rapporti tra le forze armate e promuovere una crescita economica forte, sostenibile e bilanciata nella regione dell'Asia Pacifica e nel mondo. Gli occhi del mondo intero sono quindi puntati su Cina e Stati Uniti e opinionisti ed esperti di relazioni internazionali tentano di leggere dietro le righe e di capire quale sara' il futuro per le due piu' grandi economie del mondo e, di conseguenza, del mondo intero.
Li Jianqiang, professore associato presso l'Universita' di Houston di politiche dell'Asia orientale, ha dichiarato che il "vertice informale tra i due capi di Stato ha segnato un grande passo avanti nei rapporti bilaterali e che le relazioni tra i due Pesi, i piu' importanti nel mondo, esercitano una grande influenza sul mondo e hanno un grande significato che va oltre il suo scopo bilaterale. Ecco perche' la Cina e gli Stati Uniti costituiscono la zavorra della stabilita' globale e l'elica della pace nel mondo". Secondo Li Cheng, membro della Brookings Institution "i due leader sono andati all'incontro tenendo ben chiari davanti agli occhi tre obiettivi su piu' livelli, che comprende temi concreti al primo punto, promuovere i rapporti personali al secondo e opinioni strategiche al terzo. Sul terzo punto i due presidenti hanno discusso di un nuovo tipo di relazioni tra grandi poteri che dovra' essere di cooperazione piuttosto che di scontro".
Stephen A. Orlins, presidente della Commissione Nationale delle Relazioni Cina-USA, ha riferito alla Xinhua che "le consultazioni sono state idealizzate e attuate per essere il piu' vicine possibile alla perfezione", aggiungendo che "l'accordo sulla cooperazione sulle emissioni annuncia al mondo che la Cina e gli Stati Uniti intendono confrontarsi congiuntamente sulle minacce reali per il Pianeta", "le relazioni sino-americane sono migliori oggi rispetto a due anni fa e la pace globale e' assicurata".
La stampa internazionale ha d'altra parte seguito il meeting con grande attenzione. Secondo la France Press, i due presidenti hanno forgiato un rapporto e una comprensione della linea politica, se non una svolta, su temi riguardanti la Repubblica democratica del popolo di Corea, i cambiamenti climatici e la sicurezza cibernetica. Il rapporto della France Press citava anche le parole del Consigliere sulla Sicurezza Nazionale Tom Donilon che definiva l'incontro "singolarmente informale", "costruttivo", "di ampio raggio" e "positivo" .
Il Mainichi Shimbun, quotidiano giapponese, riportava in un suo editoriale che il cuore del nuovo modello di rapporti tra potenze e' cercare un meccanismo di dialogo per evitare gli scontri e promuovere la cooperazione, aggiungendo che sarebbe utile eliminare tutti i fattori destabilizzanti dell'Asia, incluso la questione del nucleare nella penisola coreana.
Mentre la Voice of Vietnam, l'emittente radio nazionale, riportava in un editoriale pubblicato sulla propria pagina Web che l'incontro aiutera' a promuovere la fiducia reciproca, ad appianare le divergenze e a consolidare ulteriormente i rapporti tra la Cina e gli Stati uniti, facendo sforzi comuni per mantenere la pace nel mondo e la stabilita'. Prima di visitare gli Stati Uniti, XI ha effettuato un tappa in Trinidad and Tobago, Costa Rica e Messico. A marzo, Xi aveva scelto la Russia, la Tanzania, il Sud Africa e la Repubblica del Congo come destinazioni del suo primo viaggio all'estero dalla sua nomina a presidente nello stesso mese. .
Il tempo: il bene prezioso del servizio
A cura della Redazione | 10 giugno 2013
di Erika Leonardi. Domanda a bruciapelo: cosa differenzia la produzione di un bene dalla erogazione di un servizio? Entrambi, prodotto e servizio, nascono per risolvere i bisogni, ed anche i desideri, di una persona/organizzazione. Non è l'intangibilità! Basti pensare alla ristorazione: è un servizio che "necessita" di un supporto materiale.
Risposta: la presenza del cliente. Una riflessione: per produrre un bene la presenza del cliente non è necessaria. Concordate le specifiche, l'uomo della fabbrica dà l'avvio alla produzione e il cliente non saprà se ci sono stati problemi, o se il prodotto difettoso è stato buttato. Fortemente diverso è il contesto del servizio: senza il cliente non c'è erogazione. Cosa sarebbe un'aula senza studenti, un volo senza passeggeri, un ufficio senza clienti! In altre parole, il servizio "prende corpo" nella interazione con il cliente. In linguaggio manageriale, diciamo che "il cliente entra nel processo di erogazione del servizio, alla stregua del personale interno".
La necessaria e imprescindibile presenza fisica del cliente evoca un aspetto intrigante: l'erogazione del servizio comporta l'uso del tempo. Il cliente, nel ricevere la risposta alle sue esigenze, paga (direttamente o indirettamente!) e mette in gioco un bene prezioso: il suo tempo. Attese, ripetizioni di attività, errori, correzioni, documentazioni incomplete, rinvii, etc. vanno considerati come "danni" al cliente. Il tempo perso, ovvero scandito dalle lancette per non produrre nulla, non si recupera più: è andato!
E quando si volesse risolvere un disservizio? Proporre al cliente una nuova erogazione senza richiesta economica, non compensa del tutto: il cliente dovrà mettere a disposizione nuovamente il suo tempo.
Ma il tempo è un bene prezioso in un servizio anche per un altro aspetto. Nella vendita può rappresentare il fattore critico. Ovvero nella decisione di acquisto, il cliente, seppur interessato, potrebbe rinunciare perché in quel giorno o in quell'ora deve fare altro.
Guardiamo con altri occhi, anzi viviamo con altro spirito il servizio, sia da soggetti erogatori sia da clienti. Ovvero: anche da clienti, cerchiamo di rispettare il tempo di chi eroga il servizio, perché anche per loro il tempo un bene prezioso!
www.erikaleonardi.it
A cura della Redazione | 10 giugno 2013
di Erika Leonardi. Domanda a bruciapelo: cosa differenzia la produzione di un bene dalla erogazione di un servizio? Entrambi, prodotto e servizio, nascono per risolvere i bisogni, ed anche i desideri, di una persona/organizzazione. Non è l'intangibilità! Basti pensare alla ristorazione: è un servizio che "necessita" di un supporto materiale.
Risposta: la presenza del cliente. Una riflessione: per produrre un bene la presenza del cliente non è necessaria. Concordate le specifiche, l'uomo della fabbrica dà l'avvio alla produzione e il cliente non saprà se ci sono stati problemi, o se il prodotto difettoso è stato buttato. Fortemente diverso è il contesto del servizio: senza il cliente non c'è erogazione. Cosa sarebbe un'aula senza studenti, un volo senza passeggeri, un ufficio senza clienti! In altre parole, il servizio "prende corpo" nella interazione con il cliente. In linguaggio manageriale, diciamo che "il cliente entra nel processo di erogazione del servizio, alla stregua del personale interno".
La necessaria e imprescindibile presenza fisica del cliente evoca un aspetto intrigante: l'erogazione del servizio comporta l'uso del tempo. Il cliente, nel ricevere la risposta alle sue esigenze, paga (direttamente o indirettamente!) e mette in gioco un bene prezioso: il suo tempo. Attese, ripetizioni di attività, errori, correzioni, documentazioni incomplete, rinvii, etc. vanno considerati come "danni" al cliente. Il tempo perso, ovvero scandito dalle lancette per non produrre nulla, non si recupera più: è andato!
E quando si volesse risolvere un disservizio? Proporre al cliente una nuova erogazione senza richiesta economica, non compensa del tutto: il cliente dovrà mettere a disposizione nuovamente il suo tempo.
Ma il tempo è un bene prezioso in un servizio anche per un altro aspetto. Nella vendita può rappresentare il fattore critico. Ovvero nella decisione di acquisto, il cliente, seppur interessato, potrebbe rinunciare perché in quel giorno o in quell'ora deve fare altro.
Guardiamo con altri occhi, anzi viviamo con altro spirito il servizio, sia da soggetti erogatori sia da clienti. Ovvero: anche da clienti, cerchiamo di rispettare il tempo di chi eroga il servizio, perché anche per loro il tempo un bene prezioso!
www.erikaleonardi.it
giovedì 6 giugno 2013
Il Sole 24 ORE - Radiocor 06/06/2013 - 13:57
Vino: Letta, massima attenzione a vicenda Cina-Ue
Radiocor - Roma, 06 giu - 'Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, segue con la massima attenzione gli sviluppi relativi alla possibile apertura da parte del Governo cinese di un'indagine antidumping sulle importazioni di vino proveniente dall'Unione europea'. Lo rende noto Palazzo Chigi in un comunicato, aggiungendo che 'data l'importanza del settore per l'Italia, il presidente Letta ha dato mandato ai ministri competenti di mantenersi in stretto contatto sulla vicenda con la Commissione di Bruxelles e con gli altri partner europei, anche in vista delle prossime riunioni del Consiglio'.
Vino: Letta, massima attenzione a vicenda Cina-Ue
Radiocor - Roma, 06 giu - 'Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, segue con la massima attenzione gli sviluppi relativi alla possibile apertura da parte del Governo cinese di un'indagine antidumping sulle importazioni di vino proveniente dall'Unione europea'. Lo rende noto Palazzo Chigi in un comunicato, aggiungendo che 'data l'importanza del settore per l'Italia, il presidente Letta ha dato mandato ai ministri competenti di mantenersi in stretto contatto sulla vicenda con la Commissione di Bruxelles e con gli altri partner europei, anche in vista delle prossime riunioni del Consiglio'.
mercoledì 5 giugno 2013
Il Sole 24 ORE - Radiocor 05/06/2013 - 08:56
Cina: risponde a tasse su solare con inchiesta antidumping su vini Ue
Radiocor - Roma, 05 giu - La Cina ha aperto un'inchiesta antidumping sui vini importati dell'Unione europea. La decisione, annunciata dal ministero del Commercio di Pechino, segue quella di Bruxelles di introdurre in via temporanea tasse sui prodotti cinesi del solare.
Cina: risponde a tasse su solare con inchiesta antidumping su vini Ue
Radiocor - Roma, 05 giu - La Cina ha aperto un'inchiesta antidumping sui vini importati dell'Unione europea. La decisione, annunciata dal ministero del Commercio di Pechino, segue quella di Bruxelles di introdurre in via temporanea tasse sui prodotti cinesi del solare.
Guerra di dazi Cina-Ue, Pechino avvia antidumping su vini
Una ritorsione dopo la procedura della Commissione europea sui pannelli solari cinesi
Pechino, 5 giu. (TMNews) - Non si è fatta attendere la risposta di Pechino all'Unione europea, all'indomani della decisione della Commissione europea di imporre dazi sull'importazione di pannelli solari cinesi. "Il governo cinese ha lanciato una procedura antidumping e anti-sovvenzioni che riguarda i vini dell'Unione europea", si legge in un comunicato del ministero del Commercio cinese.
Qualche ora prima, l'agenzia stampa ufficiale Nuova Cina aveva prevenuto che le tasse "punitive" annunciate dall'Ue "non potevano certo suscitare una risposta amichevole da parte della Cina". Pertanto la decisione della Commissione europea avrebbe rischiato di "far deragliare" le relazioni commerciali tra la Cina e l'Unione.
Ieri la Commissione europea ha annunciato l'imposizione di dazi provvisori sull'importazione di pannelli solari dalla Cina, nonostante le reticenze di diversi Stati membri e il timore di rappresaglie commerciali di Pechino. L'esecutivo europeo ha optato per misure progressive: a partire dal 6 giugno, i dazi saranno dell'11,8% per arrivare al 47,6% in media tra due mesi, se la Commissione non sarà riuscita a trovare un accordo con Pechino.
"La Cina si oppone vigorosamente alle pressioni esercitate dall'Europa tramite tasse ingiuste che mirano ai prodotti fotovoltaici cinesi", ha affermato oggi Shen Danyang, portavoce del ministero cinese del Commercio. "La Cina non è disposta a vedere le relazioni complessive tra Cina ed Europa deteriorarsi a causa di attriti commerciali sul fotovoltaico", ha aggiunto il portavoce.
Una ritorsione dopo la procedura della Commissione europea sui pannelli solari cinesi
Pechino, 5 giu. (TMNews) - Non si è fatta attendere la risposta di Pechino all'Unione europea, all'indomani della decisione della Commissione europea di imporre dazi sull'importazione di pannelli solari cinesi. "Il governo cinese ha lanciato una procedura antidumping e anti-sovvenzioni che riguarda i vini dell'Unione europea", si legge in un comunicato del ministero del Commercio cinese.
Qualche ora prima, l'agenzia stampa ufficiale Nuova Cina aveva prevenuto che le tasse "punitive" annunciate dall'Ue "non potevano certo suscitare una risposta amichevole da parte della Cina". Pertanto la decisione della Commissione europea avrebbe rischiato di "far deragliare" le relazioni commerciali tra la Cina e l'Unione.
Ieri la Commissione europea ha annunciato l'imposizione di dazi provvisori sull'importazione di pannelli solari dalla Cina, nonostante le reticenze di diversi Stati membri e il timore di rappresaglie commerciali di Pechino. L'esecutivo europeo ha optato per misure progressive: a partire dal 6 giugno, i dazi saranno dell'11,8% per arrivare al 47,6% in media tra due mesi, se la Commissione non sarà riuscita a trovare un accordo con Pechino.
"La Cina si oppone vigorosamente alle pressioni esercitate dall'Europa tramite tasse ingiuste che mirano ai prodotti fotovoltaici cinesi", ha affermato oggi Shen Danyang, portavoce del ministero cinese del Commercio. "La Cina non è disposta a vedere le relazioni complessive tra Cina ed Europa deteriorarsi a causa di attriti commerciali sul fotovoltaico", ha aggiunto il portavoce.
Inversione di rotta per le multinazionali
Se dobbiamo affidarci ai cinesi per sapere cosa c'è nei nostri piatti
Per anni tutti ci hanno messo in guardia dalle porcherie del "made in China". Ora Pechino si vendica coi piatti della spocchiosa Europa.
Barbara Cataldi
La vendetta cinese si sta clamorosamente abbattendo sulla spocchiosa Europa. I competitori commerciali del più grande paese del mondo devono stare in campana. La battaglia a suon di ritiri è appena cominciata e lascerà sul campo morti e feriti.
L’ultimo bollettino di guerra parla di torte al cioccolato ai batteri colifecali, crema di formaggio scaduto, barrette al cioccolato con troppo sorbitolo e creme solari al cadmio. Tutti beccati e affondati! L’ordine è stato perentorio: bruciare o rispedire al mittente con tanto di campagna stampa mondiale per costringere i famosissimi produttori a richiamare la loro “monnezza” da tutti i continenti. Tanto che Ikea, pescata con le mani nel sacco per colpa della svedesissima Tårta Mörk Choklad al burro, cioccolato, mandorle e feci, ha dovuto ritirare il suo dessert dagli scaffali di 23 paesi, compresi quelli italiani.
Insomma, dopo anni di opposizione al made in China da parte di Ue e Stati Uniti, a suon di ritiri, contro questo o quel prodotto pericoloso per la salute o privo dei minimi requisiti di sicurezza necessari per essere consumato a Milano, Parigi, San Francisco o New York, le autorità sanitarie cinesi si sono prese una bella rivincita sull’intero sistema industriale occidentale, concentrandosi in particolar modo sui settori in cui il livello di attenzione di solito è più elevato: agroalimentare e cosmesi.
I cinesi si sono tolti il macigno dalla scarpa e in un colpo solo hanno assestato “un destro” senza precedenti a 4 delle più potenti multinazionali del globo: la svedese Ikea, la svizzera Nestlé, l’americana Kraft e la giapponese Shisheido. E a leggere la cronaca nazionale, si capisce che questo è solo l’inizio. Dopo lo scandalo della carne di cavallo esploso nel cuore del Vecchio Continente, infatti, l’opinione pubblica cinese non accetta più lezioni da nessuno e tanto meno dall’Europa che, pur essendosi sempre vantata di avere elevatissimi standard di sicurezza a tutela dei suoi cittadini, ha finito col rifilargli milioni di tonnellate di carne di provenienza e qualità sconosciuta, senza che nessuno se ne sia accorto per anni.
I controllati si sono trasformati con molto piacere in controllori. Solo a gennaio hanno trovato tra la merce importata 247 referenze fuori norma tra alimenti e cosmetici, incluse bevande, prodotti per l’infanzia, salse di pomodoro, biscotti, cioccolate, snack e brandy. E naturalmente lo hanno fatto sapere a tutti. Questa volta, infatti, si sono presi la briga di pubblicare la notizia anche sulla versione inglese dei loro quotidiani più letti nel resto del mondo.
Così a noi consumatori, in attesa di sapere da Efsa ed Ema se la carne di cavallo al fenilbutazone finita in polpette e lasagne fa male alla salute, non resta che sperare in un intervento dalla Cina, magari in una nota del suo ministero della Salute che ci spieghi cosa rischiamo a mangiare in Italia.
Per anni tutti ci hanno messo in guardia dalle porcherie del "made in China". Ora Pechino si vendica coi piatti della spocchiosa Europa.
Barbara Cataldi
La vendetta cinese si sta clamorosamente abbattendo sulla spocchiosa Europa. I competitori commerciali del più grande paese del mondo devono stare in campana. La battaglia a suon di ritiri è appena cominciata e lascerà sul campo morti e feriti.
L’ultimo bollettino di guerra parla di torte al cioccolato ai batteri colifecali, crema di formaggio scaduto, barrette al cioccolato con troppo sorbitolo e creme solari al cadmio. Tutti beccati e affondati! L’ordine è stato perentorio: bruciare o rispedire al mittente con tanto di campagna stampa mondiale per costringere i famosissimi produttori a richiamare la loro “monnezza” da tutti i continenti. Tanto che Ikea, pescata con le mani nel sacco per colpa della svedesissima Tårta Mörk Choklad al burro, cioccolato, mandorle e feci, ha dovuto ritirare il suo dessert dagli scaffali di 23 paesi, compresi quelli italiani.
Insomma, dopo anni di opposizione al made in China da parte di Ue e Stati Uniti, a suon di ritiri, contro questo o quel prodotto pericoloso per la salute o privo dei minimi requisiti di sicurezza necessari per essere consumato a Milano, Parigi, San Francisco o New York, le autorità sanitarie cinesi si sono prese una bella rivincita sull’intero sistema industriale occidentale, concentrandosi in particolar modo sui settori in cui il livello di attenzione di solito è più elevato: agroalimentare e cosmesi.
I cinesi si sono tolti il macigno dalla scarpa e in un colpo solo hanno assestato “un destro” senza precedenti a 4 delle più potenti multinazionali del globo: la svedese Ikea, la svizzera Nestlé, l’americana Kraft e la giapponese Shisheido. E a leggere la cronaca nazionale, si capisce che questo è solo l’inizio. Dopo lo scandalo della carne di cavallo esploso nel cuore del Vecchio Continente, infatti, l’opinione pubblica cinese non accetta più lezioni da nessuno e tanto meno dall’Europa che, pur essendosi sempre vantata di avere elevatissimi standard di sicurezza a tutela dei suoi cittadini, ha finito col rifilargli milioni di tonnellate di carne di provenienza e qualità sconosciuta, senza che nessuno se ne sia accorto per anni.
I controllati si sono trasformati con molto piacere in controllori. Solo a gennaio hanno trovato tra la merce importata 247 referenze fuori norma tra alimenti e cosmetici, incluse bevande, prodotti per l’infanzia, salse di pomodoro, biscotti, cioccolate, snack e brandy. E naturalmente lo hanno fatto sapere a tutti. Questa volta, infatti, si sono presi la briga di pubblicare la notizia anche sulla versione inglese dei loro quotidiani più letti nel resto del mondo.
Così a noi consumatori, in attesa di sapere da Efsa ed Ema se la carne di cavallo al fenilbutazone finita in polpette e lasagne fa male alla salute, non resta che sperare in un intervento dalla Cina, magari in una nota del suo ministero della Salute che ci spieghi cosa rischiamo a mangiare in Italia.
martedì 4 giugno 2013
Il Sole 24 ORE - Radiocor 03/06/2013 - 16:49
###Lavoro: Cina nuova destinazione dei cervelli in fuga made in Italy - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 03 giu - Sempre di piu' i giovani italiani bussano alle porte della Cina per trovare lavoro, oppure semplicemente per essere occupati, fare esperienza, anche senza remunerazione. E' sufficiente imparare, immettere lo stage nel curriculum per un futuro impiego. Anche ad Osservatorio Asia e al Fondo Mandarin arrivano richieste, sempre piu' numerose e qualificate. Giovani italiani, seri e preparati, sono disposti a lavorare in un paese lontano, difficile ed esposto alla concorrenza come la Cina. Cercare non solo reddito, ma anche il dinamismo di una societa' in crescita rispetto al torpore e alla decadenza europea. Si stima che ci siano almeno 9.000 giovani italiani nella Cina continentale, escluso Hong Kong, triplicati nel giro degli ultimi anni, che recentemente hanno creato l'Associazione giovani italiani in Cina. Sono frammenti di un fenomeno molto piu' vasto e terribile. Le ultime stime dell'Istat sono impietose: la disoccupazione giovanile ha superato il 40%. E' un'emergenza nell'emergenza. Per molti di questi giovani e' stato coniato un nuovo termine: sono Neet, 'not in employment, education or training'. In altre e piu' crude parole: non hanno nulla da fare, anche se sarebbe piu' preciso affermare che non viene loro offerto nulla da fare. Il fenomeno non investe solo l'Italia: gli ingegneri spagnoli cercano lavoro in Messico, quelli portoghesi in Brasile e in Angola. I cervelli italiani piu' preparati e disponibili ambiscono alle Universita' statunitensi, ma non disdegnano lavori sottopagati a New York, Londra o Berlino. Si uniscono all'esercito di lavoratori umili e volenterosi che ha lasciato l'Italia per avere un'occupazione, per immaginare un futuro e dare dignita' al presente. I grandi resort internazionali e i moltissimi ristoranti italiani in Cina sono pieni di personale italiano. I governi italiani avrebbero potuto evitare prima o alleviare dopo questo problema. Le loro responsabilita' partono dagli anni Settanta, ma anche economisti, sindacalisti, banchieri hanno, con responsabilita' diverse, fallito questo obiettivo. La spesa pubblica e' stata la copertura velenosa delle incapacita'. Basti pensare alle baby pensioni, alle spese improduttive al Sud, all'aumento incontrollato del pubblico impiego ed alla sua difficile gestione. La ricompensa per la classe politica e' stata la bassissima stima di cui gode nel corpo della societa'. Per riscattarsi potrebbe ora offrire un barlume di speranza: chiedere scusa ai giovani e aiutarli a trovare lavoro all'estero, non in Italia dove sara' impossibile per decenni a venire. Quel che si puo' fare e' forse piuttosto creare agenzie private di collocamento del nostro lavoro su scala internazionale che favoriscano l'uscita dei nostri giovani. Saranno utili gli strumenti della rete e degli accordi inter governativi. I paesi emergenti hanno bisogno di professionalita', quelli industrializzati di cervelli, individualita', buona volonta'. In Italia non mancano ma non sono valorizzati. Non si tratta soltanto di lavoratori intellettuali, dei quali Almalaurea dell'Universita' di Bologna ha gia' un utilissimo data base con milioni di nomi. L'opportunita' va offerta a tutti, dai camerieri (i migliori al mondo) ai cuochi, dagli operai edili ai sommellier. Queste agenzie, se nascessero sancirebbero il fallimento passato. L'intervento pubblico deve smetterla con la retorica perche' l'attendibilita' delle dichiarazioni ha raggiunto il punto piu' basso. Dovrebbe piuttosto negoziare con gli altri governi un sistema complesso, fatto di opportunita' nascoste, settori in crescita, tutela dei nostri giovani all'estero.
* Presidente di Osservatorio Asia
###Lavoro: Cina nuova destinazione dei cervelli in fuga made in Italy - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 03 giu - Sempre di piu' i giovani italiani bussano alle porte della Cina per trovare lavoro, oppure semplicemente per essere occupati, fare esperienza, anche senza remunerazione. E' sufficiente imparare, immettere lo stage nel curriculum per un futuro impiego. Anche ad Osservatorio Asia e al Fondo Mandarin arrivano richieste, sempre piu' numerose e qualificate. Giovani italiani, seri e preparati, sono disposti a lavorare in un paese lontano, difficile ed esposto alla concorrenza come la Cina. Cercare non solo reddito, ma anche il dinamismo di una societa' in crescita rispetto al torpore e alla decadenza europea. Si stima che ci siano almeno 9.000 giovani italiani nella Cina continentale, escluso Hong Kong, triplicati nel giro degli ultimi anni, che recentemente hanno creato l'Associazione giovani italiani in Cina. Sono frammenti di un fenomeno molto piu' vasto e terribile. Le ultime stime dell'Istat sono impietose: la disoccupazione giovanile ha superato il 40%. E' un'emergenza nell'emergenza. Per molti di questi giovani e' stato coniato un nuovo termine: sono Neet, 'not in employment, education or training'. In altre e piu' crude parole: non hanno nulla da fare, anche se sarebbe piu' preciso affermare che non viene loro offerto nulla da fare. Il fenomeno non investe solo l'Italia: gli ingegneri spagnoli cercano lavoro in Messico, quelli portoghesi in Brasile e in Angola. I cervelli italiani piu' preparati e disponibili ambiscono alle Universita' statunitensi, ma non disdegnano lavori sottopagati a New York, Londra o Berlino. Si uniscono all'esercito di lavoratori umili e volenterosi che ha lasciato l'Italia per avere un'occupazione, per immaginare un futuro e dare dignita' al presente. I grandi resort internazionali e i moltissimi ristoranti italiani in Cina sono pieni di personale italiano. I governi italiani avrebbero potuto evitare prima o alleviare dopo questo problema. Le loro responsabilita' partono dagli anni Settanta, ma anche economisti, sindacalisti, banchieri hanno, con responsabilita' diverse, fallito questo obiettivo. La spesa pubblica e' stata la copertura velenosa delle incapacita'. Basti pensare alle baby pensioni, alle spese improduttive al Sud, all'aumento incontrollato del pubblico impiego ed alla sua difficile gestione. La ricompensa per la classe politica e' stata la bassissima stima di cui gode nel corpo della societa'. Per riscattarsi potrebbe ora offrire un barlume di speranza: chiedere scusa ai giovani e aiutarli a trovare lavoro all'estero, non in Italia dove sara' impossibile per decenni a venire. Quel che si puo' fare e' forse piuttosto creare agenzie private di collocamento del nostro lavoro su scala internazionale che favoriscano l'uscita dei nostri giovani. Saranno utili gli strumenti della rete e degli accordi inter governativi. I paesi emergenti hanno bisogno di professionalita', quelli industrializzati di cervelli, individualita', buona volonta'. In Italia non mancano ma non sono valorizzati. Non si tratta soltanto di lavoratori intellettuali, dei quali Almalaurea dell'Universita' di Bologna ha gia' un utilissimo data base con milioni di nomi. L'opportunita' va offerta a tutti, dai camerieri (i migliori al mondo) ai cuochi, dagli operai edili ai sommellier. Queste agenzie, se nascessero sancirebbero il fallimento passato. L'intervento pubblico deve smetterla con la retorica perche' l'attendibilita' delle dichiarazioni ha raggiunto il punto piu' basso. Dovrebbe piuttosto negoziare con gli altri governi un sistema complesso, fatto di opportunita' nascoste, settori in crescita, tutela dei nostri giovani all'estero.
* Presidente di Osservatorio Asia
Il Sole 24 ORE - Radiocor 03/06/2013 - 16:19
Nh Hoteles: entra socio cinese con il 20%, ora via a piano quinquennale
Radiocor - Milano, 03 giu - NH Hoteles ha chiuso lo scorso 17 aprile il problema dei diritti, approvato dal Cda della societa' il 27 febbraio 2013, con il gruppo cinese Hna che ha acquisito una partecipazione del 20% del capitale (post-money). L'aumento di capitale (interamente sottoscritto e pagato) ha comportato l'emissione di un totale di 61.654.358 azioni ordinarie, ciascuna con un valore pari a 2 euro piu' un sovrapprezzo di 1,80 euro, dando luogo a un pagamento complessivo di oltre 234 milioni di euro. A seguito della chiusura di questa operazione, sono state ufficializzate le nomine di Xianyi Mu, Daoqi Liu e Charles Mobes come nuovi membri del Cda, in rappresentanza del Gruppo Hna. Oltre a questo investimento azionario, la portata dell'accordo strategico include la possibilita' per NH Hoteles di trarre vantaggio dalla capacita' di Hna di generare traffico di passeggeri cinesi e di dirigerlo verso destinazioni dell'azienda, cosi' come lasciare la porta aperta per il management degli alberghi del Gruppo Hna, non solo nella Cina continentale, e facilitare la penetrazione del marchio NH nel mercato cinese. L'azienda sara' fautrice di queste iniziative nel business plan, attualmente in fase di stesura, che sara' definito nei mesi a venire. Altrove, Nh Hoteles ha recentemente annunciato che l'emendamento che aveva proposto alle sue banche creditrici relativo all'accordo di prestito sindacale era stato assicurato dall'appoggio di 30 dei suoi 31 finanziatori; poiche' un ente creditizio non ha approvato i termini, l'accordo non verra' finalizzato. In questa cornice, Nh Hoteles continua con il suo programma di vendita precedentemente annunciato e sta analizzando nuove proposte di ricapitalizzazione e alternative di finanziamento.
Nh Hoteles: entra socio cinese con il 20%, ora via a piano quinquennale
Radiocor - Milano, 03 giu - NH Hoteles ha chiuso lo scorso 17 aprile il problema dei diritti, approvato dal Cda della societa' il 27 febbraio 2013, con il gruppo cinese Hna che ha acquisito una partecipazione del 20% del capitale (post-money). L'aumento di capitale (interamente sottoscritto e pagato) ha comportato l'emissione di un totale di 61.654.358 azioni ordinarie, ciascuna con un valore pari a 2 euro piu' un sovrapprezzo di 1,80 euro, dando luogo a un pagamento complessivo di oltre 234 milioni di euro. A seguito della chiusura di questa operazione, sono state ufficializzate le nomine di Xianyi Mu, Daoqi Liu e Charles Mobes come nuovi membri del Cda, in rappresentanza del Gruppo Hna. Oltre a questo investimento azionario, la portata dell'accordo strategico include la possibilita' per NH Hoteles di trarre vantaggio dalla capacita' di Hna di generare traffico di passeggeri cinesi e di dirigerlo verso destinazioni dell'azienda, cosi' come lasciare la porta aperta per il management degli alberghi del Gruppo Hna, non solo nella Cina continentale, e facilitare la penetrazione del marchio NH nel mercato cinese. L'azienda sara' fautrice di queste iniziative nel business plan, attualmente in fase di stesura, che sara' definito nei mesi a venire. Altrove, Nh Hoteles ha recentemente annunciato che l'emendamento che aveva proposto alle sue banche creditrici relativo all'accordo di prestito sindacale era stato assicurato dall'appoggio di 30 dei suoi 31 finanziatori; poiche' un ente creditizio non ha approvato i termini, l'accordo non verra' finalizzato. In questa cornice, Nh Hoteles continua con il suo programma di vendita precedentemente annunciato e sta analizzando nuove proposte di ricapitalizzazione e alternative di finanziamento.
domenica 2 giugno 2013
La Cina nelle news
TRASFERTA IN CINA PER 12 MARCHI ITALIANI
(AGI) - Napoli, 3 mag. - Il consorzio Tradizione Italiana, che riunisce 12 brand leader dell'agroalimentare, dal prossimo 6 maggio e' a Pechino per stringere accordi di collaborazione.
Previsto un incontro operativo con il presidente della Camera di Commercio cinese Bian Zhenhu e il vice Yu Lu. L'obiettivo favorire l'accesso del food made in Italy di qualita' in Cina.
La Camera rappresenta il braccio operativo del Ministero per il Commercio Estero della Cina e costituisce il principale snodo istituzionale per accedere al mercato cinese.
Il consorzio, che vede marchi storici quali Besana, Ferrarelle, Mataluni, Strega, Kimbo e ha sede al Cis di Nola, intende promuovere e valorizzare l'agroalimentare italiano all'estero e sostenere le aziende consorziate nella commercializzazione dei propri prodotti verso il canale retail e quello della ristorazione. Le aziende del consorzio sono concentrate prevalentemente nel Sud Italia e hanno un fatturato consolidato di circa 1,4 mld di euro. (AGI) .
TRASFERTA IN CINA PER 12 MARCHI ITALIANI
(AGI) - Napoli, 3 mag. - Il consorzio Tradizione Italiana, che riunisce 12 brand leader dell'agroalimentare, dal prossimo 6 maggio e' a Pechino per stringere accordi di collaborazione.
Previsto un incontro operativo con il presidente della Camera di Commercio cinese Bian Zhenhu e il vice Yu Lu. L'obiettivo favorire l'accesso del food made in Italy di qualita' in Cina.
La Camera rappresenta il braccio operativo del Ministero per il Commercio Estero della Cina e costituisce il principale snodo istituzionale per accedere al mercato cinese.
Il consorzio, che vede marchi storici quali Besana, Ferrarelle, Mataluni, Strega, Kimbo e ha sede al Cis di Nola, intende promuovere e valorizzare l'agroalimentare italiano all'estero e sostenere le aziende consorziate nella commercializzazione dei propri prodotti verso il canale retail e quello della ristorazione. Le aziende del consorzio sono concentrate prevalentemente nel Sud Italia e hanno un fatturato consolidato di circa 1,4 mld di euro. (AGI) .
E così sia
ICE A IMPRESE ITALIANE: PUNTATE A 20 CITTA' CINESI
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 29 mag. - Espandersi in venti città cinesi, anziché in cinque.
E' questo l'obiettivo che nei prossimi anni dovranno realizzare le imprese italiane che vogliono esportare le loro merci in Cina. A dichiararlo è Riccardo Monti, presidente dell'ICE, l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, durante un incontro con la stampa presso l'Ambasciata italiana a Pechino, a margine del Global Services Forum dell'UNCTAD (la conferenza dell'ONU sul commercio e lo sviluppo) che si tiene in questi giorni nella capitale cinese. Monti ha sottolineato come l'export italiano verso il Dragone sia cresciuto del 7% lo scorso anno, mentre arretravano le quote di Francia e Germania. "Con l'aiuto delle istituzioni si può fare molto in Cina, anche se è un mercato difficilissimo, dove sono già presenti mille aziende italiane". Chi vorrà fare business nel Dragone dovrà approfittare del maxi-piano di urbanizzazione -ancora in attesa di essere approvato ufficialmente- che prevede, secondo quanto annunciato a marzo scorso, lo spostamento di circa 400 milioni di persone dai piccoli centri alle città di seconda fascia, creando un mercato estremamente appetibile per le imprese italiane. "Puntiamo sui prodotti della fascia del "bello e ben fatto" -spiega il presidente di ICE- che possono valere volumi importanti".
La Cina si conferma un mercato prioritario dove "non si può pensare di entrare senza investire", continua Monti. "La meccanica italiana che incide per una buona fetta di questo 7% può e deve giocare un ruolo centrale in futuro". Grandi aspettative anche in tutta la filiera dell'ambiente, soprattutto nei processi di bonifica. "L'ingegneria ambientale è un settore molto importante e articolato, il vero tema è stabilizzare questa filiera in Cina: soprattutto se si parla di bonifiche -di cui la Cina ha bisogno- e soprattutto per i corsi d'acqua, dove l'Italia è un leader".
Tra gli altri settori su cui l'Italia deve puntare c'è quello dell'abbigliamento, del lifestyle e della filiera abitativa, che in Cina è destinata a crescere di circa duecento milioni di nuove unità abitative nei prossimi anni. Nonostante lo scorso anno sia stato molto difficile a causa del terremoto che ha colpito l'area del modenese, che esporta molto verso la Cina soprattutto nel settore della meccatronica, ci sono segnali rassicuranti per il futuro, come il successo di Salone del Mobile e Vinitaly che hanno visto crescere l'interesse dei cinesi nel nostro Paese. "In questi settori decisivi -sostiene Monti- è in corso un consolidamento della nostra posizione".
Monti riflette anche sul modo in cui è cambiata l'immagine del made in Italy in Cina negli ultimi anni. "Siamo passati dall'essere considerati produttori di beni di lusso a produttori di beni che molte decine di milioni di consumatori possono permettersi di comprare". La situazione economica attuale potrebbe essere positiva per l'export italiano: "siamo indirizzati verso il riassorbimento del deficit strutturale e la Cina sta passando da un'economia fondata sulle esportazioni a una trainata dai consumi interni". Monti accenna anche alla disputa sui pannelli solari che divide Cina e Unione Europea e che il 6 giugno prossimo potrebbe portare all'introduzione di dazi provvisori pari al 47% del valore dei moduli importati da Pechino. "Il voto del 27 maggio non è vincolante -spiega il presidente dell'ICE- non mi aspetto contromisure particolari da parte cinese su questioni del genere. Spero che alla fine la disputa si risolva in una situazione negoziata più ampia con la Cina". Un ultimo cenno, il presidente dell'ICE lo dedica alla possibilità di investimenti in Italia della China Investment Corporation: il fondo sovrano cinese ha "un input forte a globalizzare e ha risorse ingenti dal punto di vista finanziario, in più -conclude Monti- l'Italia è un'economia molto diversificata e interessante per loro".
© Riproduzione riservata
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 29 mag. - Espandersi in venti città cinesi, anziché in cinque.
E' questo l'obiettivo che nei prossimi anni dovranno realizzare le imprese italiane che vogliono esportare le loro merci in Cina. A dichiararlo è Riccardo Monti, presidente dell'ICE, l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, durante un incontro con la stampa presso l'Ambasciata italiana a Pechino, a margine del Global Services Forum dell'UNCTAD (la conferenza dell'ONU sul commercio e lo sviluppo) che si tiene in questi giorni nella capitale cinese. Monti ha sottolineato come l'export italiano verso il Dragone sia cresciuto del 7% lo scorso anno, mentre arretravano le quote di Francia e Germania. "Con l'aiuto delle istituzioni si può fare molto in Cina, anche se è un mercato difficilissimo, dove sono già presenti mille aziende italiane". Chi vorrà fare business nel Dragone dovrà approfittare del maxi-piano di urbanizzazione -ancora in attesa di essere approvato ufficialmente- che prevede, secondo quanto annunciato a marzo scorso, lo spostamento di circa 400 milioni di persone dai piccoli centri alle città di seconda fascia, creando un mercato estremamente appetibile per le imprese italiane. "Puntiamo sui prodotti della fascia del "bello e ben fatto" -spiega il presidente di ICE- che possono valere volumi importanti".
La Cina si conferma un mercato prioritario dove "non si può pensare di entrare senza investire", continua Monti. "La meccanica italiana che incide per una buona fetta di questo 7% può e deve giocare un ruolo centrale in futuro". Grandi aspettative anche in tutta la filiera dell'ambiente, soprattutto nei processi di bonifica. "L'ingegneria ambientale è un settore molto importante e articolato, il vero tema è stabilizzare questa filiera in Cina: soprattutto se si parla di bonifiche -di cui la Cina ha bisogno- e soprattutto per i corsi d'acqua, dove l'Italia è un leader".
Tra gli altri settori su cui l'Italia deve puntare c'è quello dell'abbigliamento, del lifestyle e della filiera abitativa, che in Cina è destinata a crescere di circa duecento milioni di nuove unità abitative nei prossimi anni. Nonostante lo scorso anno sia stato molto difficile a causa del terremoto che ha colpito l'area del modenese, che esporta molto verso la Cina soprattutto nel settore della meccatronica, ci sono segnali rassicuranti per il futuro, come il successo di Salone del Mobile e Vinitaly che hanno visto crescere l'interesse dei cinesi nel nostro Paese. "In questi settori decisivi -sostiene Monti- è in corso un consolidamento della nostra posizione".
Monti riflette anche sul modo in cui è cambiata l'immagine del made in Italy in Cina negli ultimi anni. "Siamo passati dall'essere considerati produttori di beni di lusso a produttori di beni che molte decine di milioni di consumatori possono permettersi di comprare". La situazione economica attuale potrebbe essere positiva per l'export italiano: "siamo indirizzati verso il riassorbimento del deficit strutturale e la Cina sta passando da un'economia fondata sulle esportazioni a una trainata dai consumi interni". Monti accenna anche alla disputa sui pannelli solari che divide Cina e Unione Europea e che il 6 giugno prossimo potrebbe portare all'introduzione di dazi provvisori pari al 47% del valore dei moduli importati da Pechino. "Il voto del 27 maggio non è vincolante -spiega il presidente dell'ICE- non mi aspetto contromisure particolari da parte cinese su questioni del genere. Spero che alla fine la disputa si risolva in una situazione negoziata più ampia con la Cina". Un ultimo cenno, il presidente dell'ICE lo dedica alla possibilità di investimenti in Italia della China Investment Corporation: il fondo sovrano cinese ha "un input forte a globalizzare e ha risorse ingenti dal punto di vista finanziario, in più -conclude Monti- l'Italia è un'economia molto diversificata e interessante per loro".
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Extravergine
MADE IN ITALY
L'Ambasciata promuove
l'olio d'oliva italiano in Cina
Roma, 13 apr.- E' partito a Pechino il programma italiano "Sicurezza Alimentare in Cina", con la prima iniziativa, organizzata dall'Ambasciata d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, dal titolo: "Salute Italia! - L'olio extra vergine d'oliva", alla presenza di esperti ministeriali giunti dall'Italia, autorità di controllo nonché 22 operatori italiani tra cui le associazioni di categoria Assitol, Assoproli e Federolio rappresentanti diverse centinaia di piccole e medie aziende olearie, e oltre 40 importatori cinesi, tra cui le piu' grandi aziende del settore come COFCO, Wilmar, ed anche piattaforme di e-commerce come 360buy.com.L'evento ha permesso di presentare al qualificato pubblico le tecniche produttive, le procedure di controllo, le tendenze di mercato e dei consumatori in Cina in un settore, l'olivicoltura, che rappresenta la più profonda cultura gastronomica del nostro paese ed è terreno su cui si misurano le capacità del sistema produttivo italiano di affrontare le sfide della competizione internazionale in campo agro-alimentare.
Il progetto "Salute Italia! - L'olio extra vergine d'oliva" realizzato con il supporto del Consorzio Extra vergine di Qualita' si e' articolato in una sessione mattutina durante la quale il Direttore Generale Emilio Gatto dell'Ispettorato Qualita' e Repressione Frodi Agro-alimentari del MIIPAAF ha esposto le molteplici procedure di controllo che si attuano in Italia per la tutela della qualità nel mercato dell'olio. Il Prof. Lanfranco Conte, dell'Universita' di Udine e membro del Gruppo esperti chimici dell'U.E. e del Consiglio Oleicolo Internazionale ha illustrato le norme vigenti e le modalita' di tutela della qualità/purezza dell'olio extra vergine di oliva in Italia. Il dott. Stefano Briganti, del Parco Tecnologico Agro-alimentare dell'Umbria 3° ha esposto le attivita' di "Sicurezza Alimentare" che l'Italia prevede di realizzare nei prossimi mesi in Cina attraverso il programma "MAE-Regioni-Cina".
Quest'incontro tra il Sistema Italia dell'olio d'oliva e il Sistema Cina, mercato in forte crescita che prevede un espansione esponenziale per i prossimi anni, è servito soprattutto per fugare ogni dubbio sull'eccellenza della produzione olivicola italiana e per riaffermare tra gli addetti ai lavori e presso il pubblico cinese la qualità della produzione italiana di olio di oliva in particolare e dell'intero comparto enogastronomico più in generale.
"Per noi italiani – ha affermato l'Ambasciatore d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, Attilio Massimo Iannucci – il settore agro-alimentare e' sinonimo di qualita' e questo non soltanto grazie a tradizioni culinarie che si tramandano da secoli ma anche in virtu' di un sistema normativo e di controlli che spesso e' piu' severo ed esigente degli standard fissati dall'Unione Europea, come nel caso dell'olio d'oliva. Il cibo, prima ancora che alimento di sussistenza, in Italia è sinonimo di cultura ed un simbolo del nostro stile di vita, amato in tutto il mondo."
"Le istituzioni statali e regionali italiane – prosegue l'Ambasciatore Iannucci – sono pronte a mettere in atto politiche concrete di collaborazione a vari livelli in Cina e ad approfondire gli scambi di conoscenze su normative, metodologie e buone prassi in materia food safety con le competenti autorita' cinesi, con lo scopo di migliorare la qualita' del sistema alimentare in Cina a tutela prima di tutto dei consumatori. L'Ambasciata d'Italia a Pechino continuerà ad essere in prima linea al fianco di tutti gli operatori del comparto agroalimentare italiano per la promozione e la tutela di questi prodotti che contribuiscono a diffondere nel mondo l'eccellenza del nostro Made in Italy."
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L'Ambasciata promuove
l'olio d'oliva italiano in Cina
Roma, 13 apr.- E' partito a Pechino il programma italiano "Sicurezza Alimentare in Cina", con la prima iniziativa, organizzata dall'Ambasciata d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, dal titolo: "Salute Italia! - L'olio extra vergine d'oliva", alla presenza di esperti ministeriali giunti dall'Italia, autorità di controllo nonché 22 operatori italiani tra cui le associazioni di categoria Assitol, Assoproli e Federolio rappresentanti diverse centinaia di piccole e medie aziende olearie, e oltre 40 importatori cinesi, tra cui le piu' grandi aziende del settore come COFCO, Wilmar, ed anche piattaforme di e-commerce come 360buy.com.L'evento ha permesso di presentare al qualificato pubblico le tecniche produttive, le procedure di controllo, le tendenze di mercato e dei consumatori in Cina in un settore, l'olivicoltura, che rappresenta la più profonda cultura gastronomica del nostro paese ed è terreno su cui si misurano le capacità del sistema produttivo italiano di affrontare le sfide della competizione internazionale in campo agro-alimentare.
Il progetto "Salute Italia! - L'olio extra vergine d'oliva" realizzato con il supporto del Consorzio Extra vergine di Qualita' si e' articolato in una sessione mattutina durante la quale il Direttore Generale Emilio Gatto dell'Ispettorato Qualita' e Repressione Frodi Agro-alimentari del MIIPAAF ha esposto le molteplici procedure di controllo che si attuano in Italia per la tutela della qualità nel mercato dell'olio. Il Prof. Lanfranco Conte, dell'Universita' di Udine e membro del Gruppo esperti chimici dell'U.E. e del Consiglio Oleicolo Internazionale ha illustrato le norme vigenti e le modalita' di tutela della qualità/purezza dell'olio extra vergine di oliva in Italia. Il dott. Stefano Briganti, del Parco Tecnologico Agro-alimentare dell'Umbria 3° ha esposto le attivita' di "Sicurezza Alimentare" che l'Italia prevede di realizzare nei prossimi mesi in Cina attraverso il programma "MAE-Regioni-Cina".
Quest'incontro tra il Sistema Italia dell'olio d'oliva e il Sistema Cina, mercato in forte crescita che prevede un espansione esponenziale per i prossimi anni, è servito soprattutto per fugare ogni dubbio sull'eccellenza della produzione olivicola italiana e per riaffermare tra gli addetti ai lavori e presso il pubblico cinese la qualità della produzione italiana di olio di oliva in particolare e dell'intero comparto enogastronomico più in generale.
"Per noi italiani – ha affermato l'Ambasciatore d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, Attilio Massimo Iannucci – il settore agro-alimentare e' sinonimo di qualita' e questo non soltanto grazie a tradizioni culinarie che si tramandano da secoli ma anche in virtu' di un sistema normativo e di controlli che spesso e' piu' severo ed esigente degli standard fissati dall'Unione Europea, come nel caso dell'olio d'oliva. Il cibo, prima ancora che alimento di sussistenza, in Italia è sinonimo di cultura ed un simbolo del nostro stile di vita, amato in tutto il mondo."
"Le istituzioni statali e regionali italiane – prosegue l'Ambasciatore Iannucci – sono pronte a mettere in atto politiche concrete di collaborazione a vari livelli in Cina e ad approfondire gli scambi di conoscenze su normative, metodologie e buone prassi in materia food safety con le competenti autorita' cinesi, con lo scopo di migliorare la qualita' del sistema alimentare in Cina a tutela prima di tutto dei consumatori. L'Ambasciata d'Italia a Pechino continuerà ad essere in prima linea al fianco di tutti gli operatori del comparto agroalimentare italiano per la promozione e la tutela di questi prodotti che contribuiscono a diffondere nel mondo l'eccellenza del nostro Made in Italy."
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Prepariamoci il tempo vola
Made in Italy
AL VIA "CHINA SPECIAL PROJECT" PER EXPO MILANO 2015
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 21 gen. - Il gruppo immobiliare cinese Vanke sarà il primo corporate participant dell'Expo di Milano 2015 con un padiglione interamente dedicato al gruppo. L'accordo di partecipazione è stato firmato questa mattina a Pechino alla presenza del sottosegretario del ministero degli Esteri, Marta Dassù, dell'ambasciatore d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, Alberto Bradanini, e dell'amministratore delegato di Expo 2015, Giuseppe Sala. Per la parte cinese erano presenti il presidente di China Vanke, Wang Shi, Wan Jifei, presidente del CCPIT, il China Council for the Promotion of International Trade, e Wang Jinzhen, rappresentante generale del governo cinese per l'Expo di Milano. Con l'accordo, le parti hanno dato ufficialmente il via al "China Special Project di Expo Milano 2015", progetto di collaborazione e sviluppo economico per rafforzare la cooperazione tra Italia e Cina.
"Il rapporto con la Cina -ha sottolineato il sottosegretario agli Esteri Dassù- è essenziale per la riuscita dell'Expo". L'obiettivo dichiarato dal sottosegretario è quello di arrivare a un milione di turisti cinesi a Milano nel periodo in cui si terrà l'Esposizione Universale. "Molto dipenderà dalla capacità di concedere i visti in maniera efficace e veloce". La Cina non è un partner come gli altri, ha affermato il sottosegretario Dassù, ma è un "interlocutore fondamentale". L'amministratore delegato di Expo Milano 2015, Giuseppe Sala ha poi ricordato i momenti positivi, fino ad oggi, nella preparazione dell'Esposizione Universale di Milano. "Finora -ha dichiarato Sala- hanno aderito 118 Paesi in tutto il mondo", dato che definisce "molto positivo soprattutto in questo periodo storico". Fino ad oggi, poi, sono stati firmati "accordi con grandi aziende che hanno portato circa 250 milioni di euro nelle casse dell'Expo".
Tra le caratteristiche dell'Esposizione Universale che si terrà a Milano, l'ad Sala elenca la presenza forte della tecnologia e la forte impronta tematica, che sarà al centro del progetto Expo Milano 2015. Sala si è poi congratulato con il gruppo Vanke che per primo ha deciso di aderire all'Expo con un proprio padiglione. "La firma odierna di China Vanke dimostra come le aziende cinesi sappiano cogliere le opportunità di business Expo Milano 2015 e credano nel suo tema e nei suoi lavori".
Il gruppo Vanke è uno dei più grandi gruppi immobiliari cinesi, che fornisce oltre mezzo milione di unità abitative e offre servizi di gestione a oltre un milione e mezzo di persone. Nel padiglione che costruirà all'Expo di Milano illustrerà il programma "Shi Tang", progetto di spazi di ristorazione a prezzi contenuti e socializzazione. Tra gli obiettivi del "China Special Project per l'Expo di Milano 2015" ci sono, oltre all'afflusso di un milione di turisti cinesi a Milano, la cooperazione tra le province del Dragone e le regioni italiane per rafforzare scambi economici e opportunità di business, e la promozione del padiglione cinese attraverso attività di comunicazione sia in Cina che in Italia, attraverso mascotte e testimonial, con opportunità di business in co-branding e licensing.
AL VIA "CHINA SPECIAL PROJECT" PER EXPO MILANO 2015
di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 21 gen. - Il gruppo immobiliare cinese Vanke sarà il primo corporate participant dell'Expo di Milano 2015 con un padiglione interamente dedicato al gruppo. L'accordo di partecipazione è stato firmato questa mattina a Pechino alla presenza del sottosegretario del ministero degli Esteri, Marta Dassù, dell'ambasciatore d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, Alberto Bradanini, e dell'amministratore delegato di Expo 2015, Giuseppe Sala. Per la parte cinese erano presenti il presidente di China Vanke, Wang Shi, Wan Jifei, presidente del CCPIT, il China Council for the Promotion of International Trade, e Wang Jinzhen, rappresentante generale del governo cinese per l'Expo di Milano. Con l'accordo, le parti hanno dato ufficialmente il via al "China Special Project di Expo Milano 2015", progetto di collaborazione e sviluppo economico per rafforzare la cooperazione tra Italia e Cina.
"Il rapporto con la Cina -ha sottolineato il sottosegretario agli Esteri Dassù- è essenziale per la riuscita dell'Expo". L'obiettivo dichiarato dal sottosegretario è quello di arrivare a un milione di turisti cinesi a Milano nel periodo in cui si terrà l'Esposizione Universale. "Molto dipenderà dalla capacità di concedere i visti in maniera efficace e veloce". La Cina non è un partner come gli altri, ha affermato il sottosegretario Dassù, ma è un "interlocutore fondamentale". L'amministratore delegato di Expo Milano 2015, Giuseppe Sala ha poi ricordato i momenti positivi, fino ad oggi, nella preparazione dell'Esposizione Universale di Milano. "Finora -ha dichiarato Sala- hanno aderito 118 Paesi in tutto il mondo", dato che definisce "molto positivo soprattutto in questo periodo storico". Fino ad oggi, poi, sono stati firmati "accordi con grandi aziende che hanno portato circa 250 milioni di euro nelle casse dell'Expo".
Tra le caratteristiche dell'Esposizione Universale che si terrà a Milano, l'ad Sala elenca la presenza forte della tecnologia e la forte impronta tematica, che sarà al centro del progetto Expo Milano 2015. Sala si è poi congratulato con il gruppo Vanke che per primo ha deciso di aderire all'Expo con un proprio padiglione. "La firma odierna di China Vanke dimostra come le aziende cinesi sappiano cogliere le opportunità di business Expo Milano 2015 e credano nel suo tema e nei suoi lavori".
Il gruppo Vanke è uno dei più grandi gruppi immobiliari cinesi, che fornisce oltre mezzo milione di unità abitative e offre servizi di gestione a oltre un milione e mezzo di persone. Nel padiglione che costruirà all'Expo di Milano illustrerà il programma "Shi Tang", progetto di spazi di ristorazione a prezzi contenuti e socializzazione. Tra gli obiettivi del "China Special Project per l'Expo di Milano 2015" ci sono, oltre all'afflusso di un milione di turisti cinesi a Milano, la cooperazione tra le province del Dragone e le regioni italiane per rafforzare scambi economici e opportunità di business, e la promozione del padiglione cinese attraverso attività di comunicazione sia in Cina che in Italia, attraverso mascotte e testimonial, con opportunità di business in co-branding e licensing.
Grazie Coldiretti per il Made in Italia
MADE IN ITALY
Alimentare: Coldiretti,
vola made in Italy in Cina
di Domenico Bruno
Roma, 17 apr. - Vola l'alimentare Made in Italy in Cina dove aumentano del 36,3 per cento il valore delle esportazioni che contribuiscono a trainare le buone performance fatte registrare dalle esportazioni del settore a livello mondiale (+12,7 per cento). E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui dati relativi al commercio estero nel mese di febbraio divulgati dall'Istat. Il settore alimentare mette a segno - sottolinea la Coldiretti - un aumento del 9,3 per cento delle esportazioni nei paesi dell'Unione Europea e del 19,1 per cento in quelli extra comunitari anche grazie alla crescita della domanda del gigante asiatico. Il risultato prosegue il trend positivo del Made in Italy sulle tavole in Cina dove l'Italia - precisa la Coldiretti - ha esportato cibo e bevande per un valore di 248 milioni di euro nel 2011 in aumento del 30 per cento rispetto al 2010. A piacere ai cinesi, oltre ai vini per un importo di 67 milioni di euro in crescita record del 63 per cento, ci sono - continua la Coldiretti - l'olio di oliva con 24 milioni di euro in crescita del 4 per cento, i dolci ed i biscotti con 10 milioni di euro (+20 per cento), la pasta con 5,3 milioni con un incremento del 60 per cento e formaggi 2,7 milioni in aumento del 42 per cento. E' comunque lo spumante italiano a far registrare il maggior aumento della domanda in Cina dove il consumo e' piu' che triplicato (+235%) nel 2011 anche grazie alla presenza di almeno 2,7 milioni di persone con un patrimonio personale netto di oltre 6 milioni di yuan (oltre 600.000 euro) che apprezzano il cibo italiano, secondo il rapporto sul consumo dei beni di lusso da parte dei cinesi, redatto dalla Industrial Bank in collaborazione con l'Istituto di ricerca Hurun.
Il balzo della domanda di spumante italiano in Cina, dove sono state spedite 7,6 milioni di bottiglie, soprattutto di Prosecco, nel 2011 traina in realta' - sottolinea la Coldiretti - le esportazioni di tutto il comparto agroalimentare. Tuttavia - sostiene la Coldiretti - la bilancia commerciale nell'agroalimentare risulta ancora fortemente squilibrata con gli arrivi dalla Cina in Italia che in valore sono stati di 589 milioni di euro nel 2011, in aumento del 18 per cento e pari a piu' del doppio delle esportazioni del Made in Italy nel gigante asiatico. Dalla Cina in Italia - precisa la Coldiretti - arrivano soprattutto concentrato di pomodoro, aglio, semilavorati di frutta e verdura e legumi secchi. Per riequilibrare i rapporti e' necessario - conclude la Coldiretti - rimuovere le barriere commerciali ancora presenti in Cina. Nonostante il miglioramento dei rapporti con l'apertura ad alcune produzioni italiane, rimangono ancora importanti le barriere fitosanitarie
© Riproduzione riservata
Alimentare: Coldiretti,
vola made in Italy in Cina
di Domenico Bruno
Roma, 17 apr. - Vola l'alimentare Made in Italy in Cina dove aumentano del 36,3 per cento il valore delle esportazioni che contribuiscono a trainare le buone performance fatte registrare dalle esportazioni del settore a livello mondiale (+12,7 per cento). E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui dati relativi al commercio estero nel mese di febbraio divulgati dall'Istat. Il settore alimentare mette a segno - sottolinea la Coldiretti - un aumento del 9,3 per cento delle esportazioni nei paesi dell'Unione Europea e del 19,1 per cento in quelli extra comunitari anche grazie alla crescita della domanda del gigante asiatico. Il risultato prosegue il trend positivo del Made in Italy sulle tavole in Cina dove l'Italia - precisa la Coldiretti - ha esportato cibo e bevande per un valore di 248 milioni di euro nel 2011 in aumento del 30 per cento rispetto al 2010. A piacere ai cinesi, oltre ai vini per un importo di 67 milioni di euro in crescita record del 63 per cento, ci sono - continua la Coldiretti - l'olio di oliva con 24 milioni di euro in crescita del 4 per cento, i dolci ed i biscotti con 10 milioni di euro (+20 per cento), la pasta con 5,3 milioni con un incremento del 60 per cento e formaggi 2,7 milioni in aumento del 42 per cento. E' comunque lo spumante italiano a far registrare il maggior aumento della domanda in Cina dove il consumo e' piu' che triplicato (+235%) nel 2011 anche grazie alla presenza di almeno 2,7 milioni di persone con un patrimonio personale netto di oltre 6 milioni di yuan (oltre 600.000 euro) che apprezzano il cibo italiano, secondo il rapporto sul consumo dei beni di lusso da parte dei cinesi, redatto dalla Industrial Bank in collaborazione con l'Istituto di ricerca Hurun.
Il balzo della domanda di spumante italiano in Cina, dove sono state spedite 7,6 milioni di bottiglie, soprattutto di Prosecco, nel 2011 traina in realta' - sottolinea la Coldiretti - le esportazioni di tutto il comparto agroalimentare. Tuttavia - sostiene la Coldiretti - la bilancia commerciale nell'agroalimentare risulta ancora fortemente squilibrata con gli arrivi dalla Cina in Italia che in valore sono stati di 589 milioni di euro nel 2011, in aumento del 18 per cento e pari a piu' del doppio delle esportazioni del Made in Italy nel gigante asiatico. Dalla Cina in Italia - precisa la Coldiretti - arrivano soprattutto concentrato di pomodoro, aglio, semilavorati di frutta e verdura e legumi secchi. Per riequilibrare i rapporti e' necessario - conclude la Coldiretti - rimuovere le barriere commerciali ancora presenti in Cina. Nonostante il miglioramento dei rapporti con l'apertura ad alcune produzioni italiane, rimangono ancora importanti le barriere fitosanitarie
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A proposito di Made in Italia
MADE IN ITALY
Napolitano loda impegnodi Only Italia sui mercati esteri
Roma, 24 gen.- Irene Pivetti, presidente di Only Italia (la cui attività si sta segnatamente sviluppando sul mercato cinese), è stata ricevuta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Il Presidente -secondo quanto riferisce Only Italia in una nota - ha accolto con grande favore il progetto di rete d'imprese Only Italia, strumento il cui fine è in primo luogo aiutare le piccole e medie imprese italiane ad esportare sui mercati esteri; e in secondo luogo attrarre investimenti destinati allo sviluppo dei piccoli comuni".
"Il Presidente - prosegue la nota di Only Italia - ha particolarmente apprezzato l'impegno a favore dei piccoli comuni, affinché anche le realtà poco note del nostro Paese possano essere conosciute all'estero. Ha dunque esortato la presidente Pivetti a continuare con convinzione su questa strada, foriera di futuri benefici per il nostro Sistema Paese".
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Extravergine
MADE IN ITALY
L'Ambasciata promuove
l'olio d'oliva italiano in Cina
Roma, 13 apr.- E' partito a Pechino il programma italiano "Sicurezza Alimentare in Cina", con la prima iniziativa, organizzata dall'Ambasciata d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, dal titolo: "Salute Italia! - L'olio extra vergine d'oliva", alla presenza di esperti ministeriali giunti dall'Italia, autorità di controllo nonché 22 operatori italiani tra cui le associazioni di categoria Assitol, Assoproli e Federolio rappresentanti diverse centinaia di piccole e medie aziende olearie, e oltre 40 importatori cinesi, tra cui le piu' grandi aziende del settore come COFCO, Wilmar, ed anche piattaforme di e-commerce come 360buy.com.L'evento ha permesso di presentare al qualificato pubblico le tecniche produttive, le procedure di controllo, le tendenze di mercato e dei consumatori in Cina in un settore, l'olivicoltura, che rappresenta la più profonda cultura gastronomica del nostro paese ed è terreno su cui si misurano le capacità del sistema produttivo italiano di affrontare le sfide della competizione internazionale in campo agro-alimentare.
Il progetto "Salute Italia! - L'olio extra vergine d'oliva" realizzato con il supporto del Consorzio Extra vergine di Qualita' si e' articolato in una sessione mattutinadurante la quale il Direttore Generale Emilio Gatto dell'Ispettorato Qualita' e Repressione Frodi Agro-alimentari del MIIPAAF ha esposto le molteplici procedure di controllo che si attuano in Italia per la tutela della qualità nel mercato dell'olio. Il Prof. Lanfranco Conte, dell'Universita' di Udine e membro del Gruppo esperti chimici dell'U.E. e del Consiglio Oleicolo Internazionale ha illustrato le norme vigenti e le modalita' di tutela della qualità/purezza dell'olio extra vergine di oliva in Italia. Il dott. Stefano Briganti, del Parco Tecnologico Agro-alimentare dell'Umbria 3° ha esposto le attivita' di "Sicurezza Alimentare" che l'Italia prevede di realizzare nei prossimi mesi in Cina attraverso il programma "MAE-Regioni-Cina".
Quest'incontro tra il Sistema Italia dell'olio d'oliva e il Sistema Cina, mercato in forte crescita che prevede un espansione esponenziale per i prossimi anni, è servito soprattutto per fugare ogni dubbio sull'eccellenza della produzione olivicola italiana e per riaffermare tra gli addetti ai lavori e presso il pubblico cinese la qualità della produzione italiana di olio di oliva in particolare e dell'intero comparto enogastronomico più in generale.
"Per noi italiani – ha affermato l'Ambasciatore d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, Attilio Massimo Iannucci – il settore agro-alimentare e' sinonimo di qualita' e questo non soltanto grazie a tradizioni culinarie che si tramandano da secoli ma anche in virtu' di un sistema normativo e di controlli che spesso e' piu' severo ed esigente degli standard fissati dall'Unione Europea, come nel caso dell'olio d'oliva. Il cibo, prima ancora che alimento di sussistenza, in Italia è sinonimo di cultura ed un simbolo del nostro stile di vita, amato in tutto il mondo."
"Le istituzioni statali e regionali italiane – prosegue l'Ambasciatore Iannucci – sono pronte a mettere in atto politiche concrete di collaborazione a vari livelli in Cina e ad approfondire gli scambi di conoscenze su normative, metodologie e buone prassi in materia food safety con le competenti autorita' cinesi, con lo scopo di migliorare la qualita' del sistema alimentare in Cina a tutela prima di tutto dei consumatori. L'Ambasciata d'Italia a Pechino continuerà ad essere in prima linea al fianco di tutti gli operatori del comparto agroalimentare italiano per la promozione e la tutela di questi prodotti che contribuiscono a diffondere nel mondo l'eccellenza del nostro Made in Italy."
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