LA PAROLA ALL'ESPERTO
LA CINA DI MATTEO RICCI
di Adolfo Tamburello*
Napoli, 12 apr. - Il gesuita Matteo Ricci (1554-1610) è solitamente annoverato come il fondatore della missione gesuitica in Cina e grande estimatore della civiltà cinese.
In realtà, Ricci entrò in Cina nel 1583 al seguito dei gesuiti Michele Ruggieri (1543-1587) e Francesco Pasio (1554-1612), continuandone l’opera di presentazione del cattolicesimo e della civiltà europea nel paese. Nel 1601 ebbe il pieno e personale successo di impiantare la missione a Pechino sotto la protezione della corte imperiale Ming (1368-1644).
Per quanto riguarda il suo giudizio sulla civiltà cinese, esso fu più che lusinghiero sulle sue origini e antichità. Nel manoscritto Della entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina, che lasciava inedito, apriva all’idea che la nazione avesse addirittura goduto di un’illuminazione antico-testamentaria con la conoscenza del nostro “vero Dio”. Tale fede, nutrita dagli alti valori intellettuali e umani che percepiva espressi dalla più alta antichità, avrebbe tra l’altro aperto all’incresciosa querelle inglobata nella “questione dei riti”.
Il suo giudizio si faceva tutt’altro che positivo, come abbiamo anticipato nella precedente nota su questo giornale, sulla Cina dei suoi tempi, che criticò severamente in usi e costumi, credenze, arti, lettere e scienze.
Argomentando delle religioni praticate alla sua epoca, esponeva le ‘tre leggi’ riconosciute in Cina: il confucianesimo, il buddhismo e il taoismo, e vi ravvisava tante divisioni ‘settarie’ che i ‘tre credi’ erano tali di numero solo per modo di dire: … non si contenta con questi il demonio; perché ognuno di essi sta multiplicato per tanti tempi e maestri in altri moltissimi; e così, sebene il nome hè di tre, nella realità sono più di trecento le sette di questo regno, et ogni giorno vanno pullulando altre nove, sempre indo di male in peggio, con più corrotti costumi, pretendendo tutti i novi maestri dar magior larghezza di vivere…
Quello che difficilmente si può credere è la moltitudine degli idoli che sono in questo regno….
Agli occhi di Ricci, la Cina appariva immensa: si vede excedere in grandezza a tutte [sic] gli altri regni del mondo… Per essere questa terra grande e stesa, non solo da levante a ponente, come la nostra Europa, ma anco dal settentrione al mezzogiorno, produce tutta insieme più varietà di cose che altra nessuna….
Nelle derrate sovrabbondava di cereali e verdure, frutta, carni e pesce, quest’ultimo allevato anche in vivai. Di fibre tessili il paese disponeva più che largamente di seta e cotone ed era ricco di specie floristiche, fra le quali gli alberi del tè e della lacca (la Camellia sinensis e la Rhus vernicifera o verniciflua), di piante medicinali, di carbon fossile, nonché di metalli, di porcellane e lacche e, per ultimo, di salnitro. Non accennava solo al petrolio, il cui uso era già stato riportato da Marco Polo.
Da lamentare era però come i Cinesi facessero uso delle loro risorse e le mettessero a frutto: … per essere i Cinesi moderati e parchi nelle sue cose, non fanno molto grandi spese. E di qui avviene che gli arteggiani non sempre pongono le sue forze tanto in fare l’opre sue molto perfette, quanto in farle con puoca spesa di danari e di tempo, per potere vendere tutto a molto miglior mercato; e soventemente falsificano molte cose e non gli fanno altro che una bella apparentia…
Un esempio che portava era quello dell’edilizia: Nella architettura sono inferiori ai nostri, sì nella bellezza come nella fortezza degli edificij. Nel che non so si sieno più di biasimare i nostri che i Cinesi, i quali non edificano se non per durare gli puochi anni che hanno di vita e non migliaia di anni come i nostri. […] la causa di durar puoco i loro è perché, o non vi fanno nessuno fundamento, se non fosse il porre sotto qualche pietra e battere la terra, o si lo fanno, non sono di un braccio o doi di fundo, anco in muri, torri et altri edificij altissimi. E così puochi arrivano o passano di cento anni….
Entrando nel discorso delle altre manifatture, iniziava dalla carta: … facendo varie cose di essa, come i libri e lo scrivere, così si fa essa di assai varie cose, ma cedono molto alla nostra, e tanto che in nessuna sorte di essa si può scrivere né stampare in ambe le parti, ma di una sola. E così, ad ogni nostro foglio rispondono doi dei suoi; e facilmente si rompe e dura poco.
Della stampa, riconosceva la priorità cinese su quella europea (La stampa tra loro è più antica che fra noi, poiché l’hanno più di cinquecento anni addietro), ma: Con la grande facilità, commodi¬tà e libertà di stampar libri, i Cinesi, ciascheduno che vuole in sua casa, sono avidissimi di compor libri assai più che i nostri. E così, in sua proportione, sono molto più i libri che di novo si stampano ogn’anno tra di loro che fra nessuna altra natione. E conciosiacosaché a loro manchino le scientie, fanno libri di altre cose più inutili et alle volte nocive.
Giudizio pure negativo sulle arti: Essendo i Cinesi amicissimi della pintura non possono però arrivare ai nostri e molto manco alla statuaria et arte di fondere o getto, tutto anco di molto uso tra loro...
Non sanno pingere con olio né dar l’ombra alle cose che pingono, e così tutte le loro pinture sono smorte e senza nessuna vivezza.
Nelle statue sono infelicissimi, e non so che habbino altra regola nelle proportioni e simmetria che dell’occhi, i quali, in cose grandi, si ingannano molto facilmente… Le campane tutte si suonano con martelli di legno e non potrebbono resistere a martelli di ferro; e così nel suono non si possono paragonare alle nostre.
De’ instrumenti musici hanno e copia e varietà, ma non hanno organi né gravicembali o manicordi. […] la musica tutta è di canto piano senza la varietà de voci, di basso, alto, tenore, e canto de’ nostri. E così tra loro mai fu vista tale consonantia nelle voci, ma stanno contentissimi con la sua, pensando che nel mondo non vi è altra musica.
Altrettanto negativo il giudizio sul teatro e la letteratura: Sono amicissimi di commedie assai più che i nostri. E così vi sono molte migliaia di giovani che si occupano in questo […]. Ma questa è la più vile e vitiosa gente di tutto il regno…
Tutte queste commedie si fanno ne’ loro conviti; e così nell’istesso tempo stanno mangiando e bevendo, e udindo le commedie. Gli argomenti di esse, anzi l’istesse commedie, quasi tutte, sono antiche di istorie o fittioni, e puoco si fa di nuovo.
Detto per inciso, il teatro Ming è rimasto nella storia tra i più prolifici e ricchi di valori artistici e letterari.
Ricci estendeva il suo non cale a tutte le lettere cinesi, così come non lo risparmiava alle scienze: La scientia di cui hebbero più notitia fu della morale; ma conciosiacosaché non sappino nessuna dialectica, tutto dicono e scrivono, non in modo scientifico, ma confuso, per varie sententie e discorsi, seguindo quanto col lume naturale potettero intendere…
Dopo questa scientia morale, hebbero i Cinesi anco molta notitia di astrologia et altre scientie di matematica. Nell’aritmetica e geometria furno più felici, ma anco questo tutto confuso. Fanno altre costellationi di stelle diverse dalle nostre, e pongono quattrocento stelle più che i nostri astrologhi, contando anche quelle che non sempre appariscono. Ma niente si curano di dar ragione delli phenomeni o apparentie, e solo procurano calculare al meglio che possono le eclipsi e movimenti de’ pianeti con assai di errori.
Et in che più si occupano è nella giudiciaria, pensando che tutto quanto si fa in questo mondo inferiore dipenda dalle stelle.
Solo in questa scientia di matematica si agiutorno qualche cosa di certi matematici seraceni che vennero dalla Persia…L’arte della medicina è assai diversa dalla nostra, ma si regono, pare, per il polso. Fanno molte volte assai belle cure, ma tutto per simplici di erbe, radici ed altri ingredienti, e risponde più tosto alla nostra herbolaria.
In ambito medico Ricci taceva dell’agopuntura, moxibustione, inoculazione del vaiolo ecc.: Et è cosa certa che, sì alla matematica come alla medicina, non si applicano se non persone che non possono studiar bene le loro lettere per il puoco ingegno e habilità; e così stanno queste scientie in bassa stima e fioriscono assai puoco...
Oggi si è appreso che l’antica astronomia cinese è stata di guida all’astrofisica moderna, mentre è sotto gli occhi di tutti il crescente successo e credito che arride alla medicina cinese.
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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