venerdì 26 aprile 2013
Dalla Cina All'Europa
Il Sole 24 ORE - Radiocor 25/04/2013 - 16:06
Francia: Hollande, eliminero' ogni ostacolo agli investimenti cinesi -2-
Radiocor - Milano, 25 apr - Le dichiarazioni di apertura di Hollande agli investimenti cinesi in Francia sono arrivate come risposta al presidente cinese Xi Jinping che ha detto di sperare in una Europa piu' aperta ai prodotti e agli investimenti cinesi. 'Noi speriamo che la Francia lavorera' per facilitare gli investimenti cinesi' in Europa, ha dichiarato Xi Jinping e Hollande ha replicato sostenendo che 'tutti gli ostacoli, tutti freni, tutte le procedure saranno tolte', aggiungendo che 'siamo pronti ad accogliere gli investimenti cinesi in Francia'. Nei prossimi cinque anni gli investimenti cinesi all'estero, a livello globale, arriveranno a 500 miliardi di dollari. Lo scorso anno questi investimenti erano saliti del 28,6% a 77 miliardi di dollari, in confronto al 2011.
Red-Fla-
Da Hollande alla Cina
Il Sole 24 ORE - Radiocor 25/04/2013 - 13:49
Francia: Hollande, eliminero' ogni ostacolo agli investimenti cinesi
Radiocor - Roma, 25 apr - 'Tutti gli ostacoli, tutti i freni' agli investimenti cinesi in Francia 'saranno eliminati'. Cosi' ha detto il presidente della Repubblica francese Francois Holland, in visita in Cina, al termine di un forum economico a Pechino in presenza del suo omologo cinese Xi Jinping.
Dall'Australia in Cina
Il Sole 24 ORE - Radiocor 24/04/2013 - 14:34
Australia: investira' 2 mld dlr aus in titoli Stato cinesi
Radiocor - Sydney, 24 apr - L'Australia investira' 2 miliardi di dollari australiani (1,57 miliardi di euro) in titoli di Stato cinesi, dopo l'accordo siglato tra Canberra e Pechino che prevede lo scambio di valuta senza passare tramite il dollaro americano. Philip Lowe, il vice-governatore della Reserve Bank of Australia, la banca centrale australiana, ha precisato che si tratta del primo investimento dell'istituto di emissione 'sul mercato obbligazionario di un Paese asiatico diverso dalla Cina'. L'intenzione e' che 'la Cina rappresenti circa il 5% delle riserve in valuta estera dell'Australia', ha dichiarato Lowe, precisando che tali riserve al momento ammontano a 38 miliardi di dollari australiani. La Banca popolare della Cina (Bpc), la banca centrale cinese, 'ha approvato una quota di investimenti preliminare e attualmente stiamo definendo i termini dell'accordo'. Il mese scorso Australia e Cina hanno concordato l'avvio di scambio diretti delle loro valuta senza passare tramite il dollaro statunitense e di instaurare quindi una convertibilita' diretta tra dollaro australiano e renminbi, privilegio finora concesso solo al dollaro Usa e allo yen giapponese. La Cina, seconda economia mondiale e grande consumatrice di materie prime australiane (soprattutto carbone, ferro e minerali), e' il primo partner commerciale dell'Australia.
red-gli-
Sanità
Il Sole 24 ORE - Radiocor 22/04/2013 - 14:54
### Cina: la riforma sanitaria una priorita' inderogabile - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 22 apr - 'Dalla culla alla tomba' era in Cina uno slogan e un programma politico. L'assistenza sanitaria ne era uno dei cardini, fissato nell'ideologia statale e ugualitaria. La qualita' dell'intervento era anni luce distante dal modello scandinavo, ma garantiva la sopravvivenza - attraverso le cure mediche gratuite - ad un paese poverissimo. Le riforme degli ultimi 35 anni hanno consegnato alla storia questo sistema e lo hanno sostituito con soluzioni diverse. Sono impostate al contenimento dei costi, al miglioramento dei servizi, alla razionalizzazione degli interventi. Nello scendere da un piano ideologico ad un altro pragmatico, l'intero impianto ha comunque bisogno di continue revisioni, imposte da una dinamica sociale molto piu' veloce del passato. Oggi, la riforma del sistema sanitario rappresenta una sfida cruciale, forse addirittura la piu' importante, nella politica sociale del paese. Un radicale intervento era stato fatto nel 2009. Il suo tentativo era di correggere gli squilibri del sistema che rischiavano di innescare pericolose tensioni. Con le riforme degli anni '80 il sistema sanitario era stato delegato alle singole Province, alle quali era stati tagliati i fondi statali. Le amministrazioni locali dovevano dunque auto finanziarsi. Ne sono derivati costi enormi per i cittadini, privati peraltro dell'assistenza di base. Si e' venuta cosi' a creare un'inedita struttura, dove la titolarita' dell'intervento e' pubblica, mentre la conduzione e' privata, talvolta applicata con misure spietate nei confronti dei poveri. A questa ineguaglianza sociale si aggiunge quella territoriale, perche' le piu' ricche province costiere possono contare su prelievi fiscali e finanziare il sistema, lasciando quelle interne con minori risorse e forza lavoro giovanile in diminuzione. La soluzione per reperire fondi locali e' stata affidata alla lottizzazione dei terreni, resi edificabili da manovre spregiudicate. Il risultato per la sanita' e' stata la costruzione di numerosi ospedali, talvolta inutili e costosi ma in grado di generare fondi. Un altro colpo alla riforma e' stato dato dall'incompetenza e dalla corruzione: l'incapacita' di gestire situazioni nuove, la chiusura verso le assicurazioni straniere, la salvaguardia di interessi personali e la scorciatoia verso facili arricchimenti. Questa impasse ha causato una massiccia riforma nel 2009, nel tentativo di liberare risorse per i consumi interni alleggerendo le spese per la salute. Ora in pratica tutta la popolazione gode di una copertura di base. Sono tuttavia aumentate le spese personali, alla ricerca di prestazioni di qualita', mentre non sono state dissipate le ombre che aleggiano sulla gestione del sistema. In sostanza la Cina non riesce a soddisfare le necessita' della popolazione, dopo essere stata tuttavia in grado di causarle. Nonostante i miglioramenti, i cittadini appaiono preoccupati da una parte e insoddisfatti dall'altra. Come provvedere trovando risorse senza ricorrere alle contraddizioni degli anni precedenti? Si tratta di ottimizzare un sistema costruito su fondamenta fragili. Ora sono richieste scelte complesse perche' tali sono le domande. La popolazione invecchia e ha bisogno di cure specifiche (le aged and long-term care ALTC), proprio mentre il numero delle persone attive tende a diminuire. Sarebbero necessari macchinari moderni, da inserire tuttavia in un circuito di efficienza ancor lontano. L'elenco delle medicine dovrebbe essere ridotto, con una trattativa cogente con le industrie farmaceutiche. Un intervento complessivo e' infine necessario sulla competenza manageriale, spesso lasciata a funzionari di partito e a burocrati locali senza preparazione, un lusso che la Cina non puo' piu' permettersi.
* Presidente Osservatorio Asia
Il Sole 24 ORE - Radiocor 17/04/2013 - 19:53
Lusso: Credit Suisse, in Cina mercato cresce tre volte piu' del Pil
Radiocor - Milano, 17 apr - Il mercato del lusso in Paesi come Cina, Russia, Brasile e Middle East 'cresce tre volte piu' di quanto cresce il Pil nazionale, per esempio se la Cina cresce dell'8% il mercato del lusso cresce del 25%' e questo comporta che 'il mercato asiatico del lusso raggiungera' le dimensioni attuali dell'intero settore globale'. Lo ha sottolineato Juan Manuel Mendoza, a capo dell'Asian equities di Credit Suisse Asset Management, nel corso del suo intervento al Salone del Risparmio. Mettendo in evidenza come il fatturato globale dei beni di lusso dai 191 mld euro di fatturato globale nel 2011 dovrebbe arrivare a 202 mld nel 2012, 217 mld nel 2013 e 238 mld nel 2014. I principali brand, inoltre, realizzano una gran parte del fatturato con i consumatori dei Paesi emergenti: per esempio, per Lvmh il 6%, Richemont il 45%, Ppr il 43%. Per le italiane, Prada il 55%, Armani il 35%, Zegna il 44% e Dolce&Gabbana il 35%. Uno degli esempi dei marchi che spingono maggiormente in Asia e' Louis Vuitton. Guardando alla nazionalita' dei consumatori, nel 2015 il marchio dovrebbe arrivare a vendere per il 31% a compratori cinesi (dal 12% del 2007), per il 18% ad altri asiatici (dall'11%), per il 15% a giapponesi (dal 36%)m per il 14% ad americani (dal 15%) e per il 12% agli europei (dal 19%). Nei dati presentati da Mendoza, inoltre, si sottolinea come 'la maggior parte dei consumatori cinesi di articoli di lusso spende al di fuori della Cina'. Inoltre, nei vari settori del lusso, i primi 5 marchi realizzano circa il 50% del fatturato del comparto.
sabato 20 aprile 2013
In Cina la decrescita rende felici ....
DECRESCITA "FELICE"
L'economia rallenta: Pechino cosa fa?
di Eugenio Buzzetti e Alessandra Spalletta
Twitter@Eastofnowest
Twitter@ASpalletta
Pechino, 19 apr. - Consumo è la nuova parla d'ordine della Cina. Si può applicare a tutti gli strati dell'economia. Dai dati macro-economici, alla vita quotidiana dei singoli. Dalle statistiche ufficiali che lunedì scorso hanno fatto sobbalzare gli analisti per quel 7,7% di crescita al di sotto delle previsioni, ai giovani impiegati urbani che non salvano uno yuan dei loro stipendi e comprano come se non ci fosse un domani. Ha un effetto quasi comico la dichiarazione rilasciata alla Reuters da una giovane impiegata urbana "colpevole" di spendere praticamente tutto lo stipendio in vestiti e di non risparmiare nulla. Attingendo talvolta alle risorse del padre, per discolparsi dal suo stile rilassato nei costumi dichiara: "A volte mi sento in colpa a usare il suo denaro, così gli compro qualche vestito". L'immagine stereotipata di una Cina dedita a risparmiare anche un solo yuan in più non calza più, almeno non a quella fascia di cittadini tra i 18 e i 35 anni che sono cresciuti nell'era del boom.
Un atteggiamento, questo, naturale per chi non ha conosciuto le asprezze della povertà, dei tempi bui. Incoraggiato, sui grandi numeri, anche dalla classe dirigente, che vuole passare da un modello economico fondato su investimenti ed esportazioni a uno trainato dai consumi interni. Un processo che il governo promuove da tempo, e di cui la nuova classe dirigente vorrebbe farsi interprete. Il mese scorso, durante i lavori dell'Assemblea Nazionale del Popolo, che in Cina fa le veci del parlamento, era stato svelato il piano decennale di urbanizzazione che prevede il ricollocamento nelle città di seconda e terza fascia di 400 milioni di cittadini con un maxi-investimento di 40mila miliardi di yuan. Cifre enormi, presentate così. A mente fredda, le cose stanno un po' diversamente. L'enigma è il più vecchio del mondo, sintetizzabile nel popolare adagio: "viene prima l'uovo o la gallina?". Tradotto: sono gli individui che basano le proprie scelte sui fattori economici del momento, o è l'economia ad adattarsi ai nuovi costumi?
Anche solo osservando più da vicino i dati del primo trimestre di quest'anno gli economisti hanno notato alcuni elementi: per esempio, una forte espansione del credito negli ultimi mesi (a cominciare dagli ultimi tre mesi del 2012) con un'iniezione di liquidità da diecimila miliardi di yuan in nuovi prestiti, afferma Patrick Chovanec. Solo da gennaio a marzo, più di seimila miliardi di yuan: una cifra superiore a quella di inizio 2009, quando l'economia risentiva degli effetti del maxi-pacchetto di stimoli anti-crisi varato dal governo a fine 2008. Con il problema che oggi, a fare la parte del leone è il sistema bancario ombra (che ha portato Fitch settimana scorsa a declassare il debito a lunga scadenza in yuan per la prima volta dal 1999). E questi soldi assumono la forma del famigerato "schema di Ponzi", anticamera della truffa e del crac finanziario. Più morbido, invece, il giudizio di un altro esperto, Damien Ma, che vede nel tasso di crescita al di sotto delle aspettative l'affermarsi della linea già promossa allo scorso Congresso del Partito della "società moderatamente prospera" e ribadita in più occasioni anche dal primo ministro Li Keqiang. Insomma, l'economia cinese sta cercando un nuovo equilibrio, e il Prodotto Interno Lordo è destinato a scendere ulteriormente, fino al 6,8%, spiega l'analista a China File, un sito d'informazione del New York Times. Anche la decisione di oggi della Banca Centrale di ampliare la banda di oscillazione in cui fluttua lo yuan sembra andare nella direzione delle riforme finanziarie di cui tanto si è parlato nei mesi scorsi.
L'adagio dell'8% come soglia psicologica sotto la quale non scendere nella crescita, è ormai superato. Il numero singolo non basta più: a marzo scorso, per il secondo anno consecutivo, il governo cinese ha stabilito nel 7,5% il tasso di crescita annuo da raggiungere. Ma mentre la disoccupazione avanza, con sempre più neo-laureati che faticano a trovare il primo impiego, e il risparmio eroso dal surriscaldato settore immobiliare, la Cina deve adeguarsi alle nuove istanze sociali. E mettere in pratica quella policy del "Go west, young men" di cui si parla da anni. L'ovest cinese, per il momento, si ferma alla prima fascia di province subito a ridosso di quelle costiere, che hanno vissuto il boom degli anni Novanta (l'attuale presidente Xi Jinping è stato ai vertici di Fujian e Zhejiang in quel periodo, quando il Pil di queste province era stabilmente a due cifre). Le elenca alla Reuters Jeff Walters, analista di Boston Consulting Group a Pechino: Jiangxi, Henan, Anhui saranno le nuove Guangdong e Zhejiang. Le città di seconda fascia come Zhengzhou, Chengdu e Chongqing vedranno uno sviluppo prima appannaggio delle città costiere.
Non è un previsione: sta già accadendo. Un'inchiesta condotta dal The Atlantic cita qualche caso, e alcuni numeri che fanno pensare. Nei primi due mesi dell'anno, la località costiera di Xiamen ha perso 36200 lavoratori migranti. Con buona probabilità non torneranno più: "La pressione è troppa" aveva postato su Weibo uno di loro. Neppure le grandi metropoli come Pechino sfuggono a questa regola. Il traffico insostenibile, i prezzi degli immobili alle stelle e la recente "air-pocalypse" che ha reso per settimane il cielo grigio di smog contribuiscono alla decisione di molti di abbandonare la capitale. Una coppia di lavoratori migranti provenienti da Chengdu, con una bambina piccola, racconta di come molti loro conoscenti nelle stesse condizioni hanno deciso di tornare a casa, nonostante Pechino avesse migliori strutture per l'infanzia e l'educazione. Rinunciano al salario più alto della capitale e a migliori strutture scolastiche per i figli in nome di un unico fattore: l'hukou, il sistema di registrazione familiare che vincola i cittadini al luogo d'origine e toglie ai migranti interni alcuni diritti basilari, come quello dell'istruzione gratuita per i figli. A più riprese definito " discriminatorio" e perfino "infame" l'hukou dovrebbe andare incontro a una revisione per permettere il ricollocamento nelle città di seconda fascia di milioni di persone, ma per ora rimane inalterato.
L'ondata di ritorni a casa era cominciata già nel 2009, e sta subendo adesso un'accelerazione sotto la pressione delle nuove condizioni economiche: la provincia dello Henan a fine 2011 registrava una crescita del'11,6%; nel Sichuan, qualche mese fa, durante quattro job fair, sono stati firmati oltre tremila nuovi contratti di lavoro. Il "Go west" sta prendendo la forma di un "come back home". E le imprese più attente, come quelle attive nel settore dell'e-commerce, che vive oggi un boom senza precedenti in Cina, sanno di dovere puntare proprio su queste città di seconda e terza fascia per trovare nuovi acquirenti, ora che Pechino e Shanghai sono sature. Intanto, però, i dati economici indicano un rallentamento nella crescita, che ha preoccupato anche i mercati mondiali nei giorni scorsi. Ma è un male? "Se la Cina rallenta per le ragioni giuste -spiega Chovanec- con una maggiore oculatezza negli investimenti e muovendosi verso un maggiore consumo interno, il rallentamento potrebbe anche essere una buona cosa" permettendo al Paese di gestire meglio alcuni problemi ormai cronici, come le ineguaglianze sociali e il degrado dell'ambiente. Il vero spauracchio per Pechino è la disoccupazione, che potrebbe causare rivolte sociali. Andare verso ovest, e quindi, per molti, tornare a casa, potrebbe essere una soluzione praticabile e capace di portare, sotto la guida del governo, un nuovo sviluppo in aree del Paese che ne erano rimaste finora parzialmente (o completamente) escluse.
Ma l'indovinello iniziale non è ancora risolto: "viene prima l'uovo o la gallina?". E' lo sviluppo a seguire i costumi o viceversa? Non sembra avere dubbi Zhang Jun, direttore del centro di studi economici dell'università Fudan di Shanghai. "Quello che conta per garantire la crescita economica -spiega l'economista- non è che il sistema sia il "migliore" ma che sia in grado adattarsi a una nuova fase di sviluppo". La domanda che lascia molti analisti perplessi è se Pechino sarà in grado di portare avanti le riforme economiche. Molti segnali sembrano indicare un guado dove le riforme tendono ad arenarsi. Il debito delle amministrazioni locali, la bolla immobiliare, il malcontento sociale, le lobby che bloccano il sistema. Ma come scrive il Foreign Affairs in un articolo ("The rise of China's reformers") il cambiamento è alle porte. I dirigenti cinesi sono a un bivio: devono fare le riforme per eliminare le cause del malcontento sociale che provoca centomila proteste all'anno, ma devono stare attenti a non riformare troppo per evitare nuove proteste.
La Cina non vuole fare la fine del Giappone, che è cresciuto per oltre venti anni e poi è entrato in una fase di stagnazione. Lo scenario non dovrebbe ripetersi: il Giappone era un Paese ad alto reddito, mentre il reddito pro capite cinese è solo il 20% di quello statunitense. La trappola, semmai, è quella del paese a reddito medio, che il Paese potrebbe comunque evitare se attuasse le riforme già tracciate nel rapporto China 2030 della Banca Mondiale che ha trovato l'appoggio degli ambienti vicini al Partito. Secondo Zhang Jun, la Cina potrebbe sfuggire alle trappole insite nello sviluppo con il rinnovamento istituzionale, di cui sarebbe capace, sostiene. L'ostacolo maggiore viene da quelle lobby che bloccano lo sviluppo e incidono sulla classe politica. Ma c'è anche un altro fattore, storico, a rendere possibile una riforma del sistema verso un modello economico più in linea con i bisogni e le richieste dei cittadini: la sua genesi risale agli anni Novanta, quando l'amministrazione Jiang Zemin-Zhu Rongji aveva dato alla Cina gli anni di maggiore crescita economica. Quel periodo ha dimostrato che per fare le riforme in patria occorrono tre condizioni: "una crisi di credibilità all'interno; una crisi finanziaria esterna, e una leadership abbastanza saggia da riconoscere la necessità del cambiamento". Tutte caratteristiche (ahinoi, per la seconda di queste) già presenti oggi, che potrebbero sciogliere l'enigma e trovare il giusto equilibrio tra le scelte individuali e i grandi numeri dell'economia. E anche se il prodotto interno lordo della Cina dovesse calare, la Cina dei prossimi anni potrà permetterselo.
e noi sardi sul Turismo cosa possiamo fare per esaudire questo sogno ?
Immigrazione: il nuovo
sogno dei milionari cinesi
di Sonia Montrella
Twitter@SoniaMontrella
Roma, 19 apr.- Il "sogno" dei cinesi? Emigrare in un Paese che offra un'ottima istruzione, standard di qualità di vita elevati e un ambiente più sano. Nazioni come gli Stati Uniti, certo, ma magari anche il Portogallo o i Caraibi. Questo il nuovo desiderio dei più ricchi, dei paperoni cinesi. Hongxiang Huang, giornalista freelance e studente della Columbia University non ha dubbi e la prova è tutta nei numeri contenuti nel rapporto sull'immigrazione 2012 stilato dal Center for China & Globalization secondo è in atto un vero proprio flusso migratorio costituito da cinesi ben istruiti e dal portafoglio gonfio.
Scorrendo le pagine del China International Immigration Report viene fuori che il 27 % dei cinesi con asset superiori ai 100 milioni di yuan (circa 10 miliardi di euro) ha già lasciato il Paese, mentre il 47% sta pensando di farlo. Tra coloro il cui patrimonio supera i 10 milioni di yuan, circa il 60% ha fatto richiesta per il visto americano EB-5, che prevede il rilascio di una green card sulla base di un investimento del valore minimo di 500mila dollari e capace di generare dieci posti di lavoro all'interno di un 'Regional Center', cioè un'area ritenuta idonea ad ospitare investimenti da parte del U.S Citizenship and Immigration Services (USCIS) . L'iniziativa fu lanciata per la prima volta nel 1990 ed era rivolta principalmente ad attirare i cittadini ricchi di Hong Kong che volevano emigrare all'estero in vista del ritorno della colonia inglese alla madrepatria nel 1997.
Gli Stati Uniti si confermano, insomma, tra le prime destinazioni degli immigrati cinesi insieme al Canada e all'Australia. Con tutte le difficoltà del caso. Se ottenere l'EB-5 sembra un'impresa, traslocare in Australia e in Canada si rivela forse ancora più difficile: l'investimento richiesto agli stranieri per avere diritto a richiedere la cittadinanza australiana è 5,2 milioni di dollari, mentre il programma d'immigrazione canadese da 800mila dollari in prestiti a 5 anni a zero interessi è sospeso da un anno.
E spuntano fuori nuove mete come il Portogallo, Cipro e l'arcipelago caraibico di Saint Kitts e Nevis, con politiche che incontrano il gusto dei ricchi cinesi. Lisbona chiede sì un investimento da 650mila dollari, ma offre in cambio il visto di residenza immediato, una permanenza di 7 giorni l'anno per conservare il permesso di soggiorno e nessun esame di lingua per ottenere la cittadinanza. Più economiche Cipro, con 391mila dollari circa, e le Saint Kitts e Nevis che offrono la cittadinanza immediata a chi investe 400mila dollari. Ma più di tutto ai cinesi fa gola il loro mattone: "programmi come questi , che coinvolgono il real estate, attraggono di più i cinesi", dichiara Larry Wang della società di consulenza per l'immigrazione Well Trend.
Affari sì, ma non solo. Assicurare ai figli - o meglio del figlio (unico) – un ottimo futuro appare uno delle principali ragioni che spingono i milionari cinesi a lasciare il Paese. Sull'istruzione e sulle potenziali opportunità di lavoro i cinesi impostano la loro vita e quella dei propri pargoli sin dalla loro infanzia. Studiare per accedere alle scuole migliori, che permetteranno l'ingresso nelle principali università del Paese, le quali, a loro volta, spianeranno la strada verso una vita di successi e ricchezze. Questo principio scandisce le giornate e regola le ore di studio (tanto) e di svago (poco) di ogni ragazzo.
Quale migliore garanzia di una laurea ad Harvard, alla Columbia o al MIT, devono aver pensato i paperoni del Gigante asiatico. "Se non avessi avuto delle figlie forse non sarei qui" dichiara a Huang la signora Huang che ha investito oltre un milione di dollari in una società di commercio internazionale ottenendo così l'EB-5.
Lisa Zhou confida in un futuro roseo. Studia ingegneria elettrica alla Columbia e con una laura simile e una green card, sostiene, è facile trovare lavoro. Un suo collega, Alex Lu, apprezza, invece, il rispetto della proprietà intellettuale. "E' meno stressante lavorare qui: non devi preoccuparti che il tuo professore o la scuola si impossessino dei risultati delle tue ricerche" spiega a Huang.
E c'è chi invece trova il clima cinese irrespirabile. Letteralmente. "La mia città natale si trova vicino al lago Taihu (vicino Suzhou) che per tutta l'estate emana dei pessimi odori" spiega Angela Zhang, ex studentessa della Columbia che ora vive per metà dell'anno in Cina e metà a New York. "Ogni volta che arrivo a Pechino mi sento sopraffatta dallo smog. Siamo preoccupati per il cibo e per l'aria, tanto che diverse famiglie hanno chiesto ai parenti che vivono nelle campagne di aiutarli allevando maiali". Quello dell'inquinamento ambientale, d'altronde, è diventato uno dei principali grattacapi del governo cinese che ha iniziato a pagare il prezzo di un'ascesa senza precedenti in termini di perdite umane ed economiche – acque non potabili, emergenze sanitarie, morie di animali, raccolti rovinati, ecc -.
Secondo quanto reso noto da Bloomberg, il governo ha fatto sapere che entro due anni completerà la bozza di legge sui cambiamenti climatici. I milionari, il cui potere d'acquisto è una delle più grandi risorse del Paese, non sembrano disposti ad aspettare. I polmoni del Dragone appaiono sempre più affaticati.
giovedì 18 aprile 2013
XI JINPING SI SPOSTA IN TAXI, XINHUA: UNA BUFALA
Una storia a vantaggio d'immagine
Nella foto il tasssita Guo Xilin che mostra il messaggio che gli avrebbe scritto il presidente Xi Jinping.
di Antonia Cimini
Pechino, 18 apr. -L'agenzia di stato Xinhua ha dichiarato che la notizia della corsa del presidente Xi Jinping in taxi a Pechino è falsa, mettendo fine ad una giornata di notizie in libertà che sembravano un insolito segno di apertura nell'austera nomenclatura cinese.
Il quotidiano di Hong Kong Ta Kung Pao ha pubblicato oggi la storia del tassista Guo Lixin, un rustico pechinese che tra le decine di migliaia di autisti della capitale avrebbe avuto l'insolito piacere di trasportare Xi Jinping in incognito poco prima che diventasse presidente, il primo marzo scorso. Guo ha detto al giornale che il segretario Xi sarebbe salito in vettura nei pressi di Gulou, la torre del Tamburo, e avrebbe chiesto di farsi deporre a Zhongnanhai, il quartiere generale del governo cinese. Durante il tragitto il massimo avrebbe intrattenuto la conversazione chiedendo della qualità dell'aria, ascoltando la risposta lamentosa dell'autista e promettendo che il governo si occuperà della questione anche se i risultati verranno solo con il tempo. L'autista Guo avrebbe riconosciuto Xi Jinping solo più avanti nella chiacchierata, gli avrebbe detto di avere una forte somiglianza con il segretario generale e questi lo avrebbe congratulato per essere il primo a riconoscerlo. Xi avrebbe anche scarabocchiato un messaggio di 'buon viaggio', che Guo ha incorniciato e appeso in casa, stando alle foto pubblicate dal Ta Kung Pao. E avrebbe pagato la corsa di 27 renminbi lasciando anche la mancia al tassista.
Alla stampa cinese non è servito chiedersi se la storia fosse vera o falsa per pubblicarla in primo piano su tutti i siti internet del paese. Il sito del gruppo Phoenix, del sud della Cina, ha dedicato una pagina speciale all'affare del taxi di Xi Jinping. Il Global Times e altri media ufficiali hanno fatto altrettanto in una corsa ad enfatizzare il lato umano del nuovo presidente. Prima di Xi altre figure illustri hanno costruito la propria immagine sulla prossimità con il popolo nel corso della storia. Nel 1952 Mao Zedong che nuotava in incognito a Wuhan fu riconosciuto da un bambino, accerchiato dalla folla, invitato a salire su una barca di ordinari cittadini e festeggiato con tutti gli onori dai contadini della zona che mai si sarebbero aspettati di trovarsi faccia a faccia col Timoniere. Zhou Enlai fu il primo ad inaugurare una tradizione di leader che spendono il capodanno cinese con i più poveri del paese, da quando si recò a Chengde nello Hebei per la prima volta alla vigilia del nuovo anno.
Anche se negli ultimi mesi la stampa cinese ha sempre mostrato immagini di uno Xi Jinping sorridente, intento a scherzare con ospiti stranieri, senza cravatta e rilassato la mossa del Ta Kung Pao sembra aver passato il limite. Nel pomeriggio l'agenzia Xinhua ha emesso una breve smentita e annunciato in due righe che la notizia è falsa. In pochi minuti dai siti internet sono scomparse le pagine speciali, gli articoli di approfondimento e le foto che avevano arricchito la storia, per essere sostituiti con l'annuncio dell'agenzia. Ma i media sono stati semplicemente vittima della nuova offensiva di comunicazione della nuova leadership al potere.
Xi Jinping e i suoi uomini stanno costruendo l'immagine di una classe dirigente responsabile e vicina alla popolazione, in cui la storia del tassista che trasporta il presidente come un cliente qualunque funziona a perfezione. Qualche mese fa Weibo è stato messo a soqquadro da un anonimo utente che pubblicava foto di Xi Jinping dietro le quinte del potere, mostrando un uomo come gli altri, che scherza, dorme e si stanca. Sulla rete cinese l'anonimo informatore è seguitissimo e atteso ad ogni nuovo post. In seguito quando si è appreso che si tratterebbe di un uomo dell'entourage di Xi, la spiegazione più credibile è stata data da chi ha insinuato che Xi si serve di una equipe di comunicatori per gestire la propria immagine.
E il presidente non è l'unico ad aver fiutato l'importanza della comunicazione a questo stadio di sviluppo economico e sociale. Due settimane fa l'università delle telecomunicazioni di Pechino ha fondato un centro di formazione per la comunicazione dedicato ai quadri di Partito. Il direttore dell'università Chen Wenjia ha spiegato che "nell'ultimo decennio il ruolo dei media e dei portavoce è diventato sempre più importante. I politici e gli uomini d'affari non possono ignorare l'importanza dei media nella gestione della cosa pubblica e privata. Noi studiosi della comunicazione abbiamo il dovere di sensibilizzare ed educare i nostri leader alla gestione della propria immagine".
domenica 14 aprile 2013
A proposito di valuta estera
Il Sole 24 ORE - Radiocor 11/04/2013 - 14:37
Cina: nuovo record delle riserve in valuta estera a 3.440 mld di $
Quadruplicate dal 2005
Radiocor - Roma, 11 apr - Le riserve in valuta estera della Cina, le piu' consistenti del mondo, hanno raggiunto a fine marzo la cifra record di 3.440 miliardi di dollari, contro i 3.331 mld registrati a fine dicembre. Il dato, diffuso trimestralmente, e' stato annunciato oggi la Banca centrale cinese. Le enormi riserve di valuta estera della seconda economia mondiale, quadruplicate dal 2005, riflettono l'attivo della bilancia commerciale del Paese e l'afflusso di capitali esteri per gli investimenti. La Banca centrale cinese accumula riserve in valuta estera dal momento che esportatori nazionali sono tenuti a depositare le loro entrate in valuta estera. L'Istituto centrale inietta quindi yuan nell'economia ed investe parte della propria moneta in buoni del Tesoro degli Stati Uniti e del debito sovrano di altri Stati. La Cina utilizza anche parte della riserva valutaria per investire in societa' fuori dai propri confini attraverso il suo principale fondo sovrano, il Cic. Pechino e' accusata dai suoi principali partner commerciali, gli Stati Uniti su tutti, di mantenere cosi' un tasso di cambio della sua valuta artificialmente basso con lo scopo di sostenere le sue esportazioni. La valuta cinese ha tuttavia raggiunto ieri il suo livello piu' alto in quasi 20 anni, portandosi a 6,19 yuan per dollaro.
Xi è pronto a combattere
POLITICA INTERNAZIONALE
Xi: pronti a combattere
(nel Mar cinese meridionale)
di Sonia Montrella
Twitter@SoniaMontrella
Roma, 12 apr.- Essere preparati al meglio per combattere in qualsiasi momento. E coniugare i propri obiettivi con quelli del Paese in modo da costruire un esercito potente.
E' l'esortazione del presidente Xi Jinping che nei giorni scorsi ha incontrato la flotta della Marina meridionale nell'isola di Sanya, nell'ultimo sfoggio di consolidamento del potere sulle forze armate che Xi controlla da novembre in veste di Presidente della Commissione militare centrale. Un apparato che vigila su un esercito di oltre 2,3 milioni di membri.
La visita e' avvenuta martedi', ma la stampa ufficiale cinese ne ha dato notizia solo ieri.
Secondo quanto riferito dalla televisione di stato CCTV Xi ha ispezionato le navi e un non specificato nuovo tipo di sottomarino. Si e' fermato a parlare con una ventina di soldatesse, cinque delle quali di etnia uigura, e ha mangiato con i marines promettendo loro un miglioramento delle condizioni di vita delle truppe, riporta la stampa nei minimi dettagli. Il presidente ha, inoltre, ispezionato la Landing ship Jinggangshan, che ha preso parte alle esercitazioni durate 16 giorni e terminate la scorsa settimana nel Mar cinese meridionale.
E' li, infatti, in quelle acque lontane dalla Corea del nord che da giorni minaccia una guerra nucleare, che le forze armate cinesi devono essere pronte a ogni evenienza. Sul tavolo: isole contese, ricche di risorse energetiche e strategicamente importanti, e rotte commerciali fruttuose. Non ultimo, antichi soprusi e questioni ideologiche per le quali la Cina si dice pronta a difendere ogni centimetro del proprio territorio.
Ma difenderlo da chi? Da Vietnam, Filippine, Brunei, Taiwan e Malesia, tutte impegnate a rivendicare la sovranita' su manciate di scogli. In generale, il Dragone sostiene che le sue acque territoriali si allargano a quasi tutto il Mar Cinese Meridionale, per un'area di circa 1,7 milioni di chilometri quadri, e tenta da tempo di gestire le controversie una per una con i singoli stati, anziché impegnarsi in negoziati multilaterali.
Il controllo, inoltre, si estenderebbe anche al Mar Cinese Orientale dove il Gigante Asiatico è impegnato in un'accesa disputa territoriale con Tokyo (e in misura minore con Taiwan) per il controllo dell'arcipelago Diaoyu/Senkaku, amministrato dal Sol Levante, che lo scorso agosto fa ha acquistato tre delle isole dell'arcipelago da una famiglia giapponese che ne deterrebbe formalmente la proprietà, scatenando la peggiore crisi dei rapporti sino-nipponici degli ultimi anni.
Ad agitare le acque dei due mari le continue incursioni di pescherecci nelle acque contese e botta e risposta ufficiali dei governi.
La visita di Xi Jinping alla Marina segue di poche ore quella ai pescatori dell'isola, i quali lavorano per lo piu' nelle acque contese del Mar Cinese Meridionale. Un incontro che gli analisti hanno interpretato come un messaggio di assertivita' che il presidente cinese ha voluto lanciare ai vicini coinvolti nelle dispute. Negli ultimi mesi la Cina sembra aver schiacciato il piede sull'acceleratore per la costruzione di una potenza militare e navale. A suggellare le tappe, le visite di Xi Jinping al commando di Canton e alla base aeronautica nel deserto del Gobi, durante le quali - osservano gli analisti - il presidente ha avuto modo di instaurare un rapporto piu' diretto con l'esercito rispetto al suo predecessore Hu Jintao.
E' di ieri inoltre la pubblicazione del Libro blu dello sviluppo marittimo, che promette di incrementare la difesa e la protezione dei diritti sui mari con l'acquisto di nuovi vascelli e aerei e con nuove politiche fiscali volte a incentivare l'economia nelle acque di pertinenza e a collocare la Cina al tavolo delle questioni internazionali marittime.
E sempre "allo scopo di difendere i propri territori" c'e' da scommettere che Pechino aumentera' i presidi nelle acque contese delle Diaoyu/Senkaku dopo l'accordo di pesca siglato martedi' da Tokyo e Taipei che permette a Taiwan di esercitare fino a 19 chilometri dalle isole. E' la previsione di Wang Hanling, esperto di questioni marittime dell'Accademia cinese di Scienze Sociali (CASS).
La Cina di Matteo Ricci
LA PAROLA ALL'ESPERTO
LA CINA DI MATTEO RICCI
di Adolfo Tamburello*
Napoli, 12 apr. - Il gesuita Matteo Ricci (1554-1610) è solitamente annoverato come il fondatore della missione gesuitica in Cina e grande estimatore della civiltà cinese.
In realtà, Ricci entrò in Cina nel 1583 al seguito dei gesuiti Michele Ruggieri (1543-1587) e Francesco Pasio (1554-1612), continuandone l’opera di presentazione del cattolicesimo e della civiltà europea nel paese. Nel 1601 ebbe il pieno e personale successo di impiantare la missione a Pechino sotto la protezione della corte imperiale Ming (1368-1644).
Per quanto riguarda il suo giudizio sulla civiltà cinese, esso fu più che lusinghiero sulle sue origini e antichità. Nel manoscritto Della entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina, che lasciava inedito, apriva all’idea che la nazione avesse addirittura goduto di un’illuminazione antico-testamentaria con la conoscenza del nostro “vero Dio”. Tale fede, nutrita dagli alti valori intellettuali e umani che percepiva espressi dalla più alta antichità, avrebbe tra l’altro aperto all’incresciosa querelle inglobata nella “questione dei riti”.
Il suo giudizio si faceva tutt’altro che positivo, come abbiamo anticipato nella precedente nota su questo giornale, sulla Cina dei suoi tempi, che criticò severamente in usi e costumi, credenze, arti, lettere e scienze.
Argomentando delle religioni praticate alla sua epoca, esponeva le ‘tre leggi’ riconosciute in Cina: il confucianesimo, il buddhismo e il taoismo, e vi ravvisava tante divisioni ‘settarie’ che i ‘tre credi’ erano tali di numero solo per modo di dire: … non si contenta con questi il demonio; perché ognuno di essi sta multiplicato per tanti tempi e maestri in altri moltissimi; e così, sebene il nome hè di tre, nella realità sono più di trecento le sette di questo regno, et ogni giorno vanno pullulando altre nove, sempre indo di male in peggio, con più corrotti costumi, pretendendo tutti i novi maestri dar magior larghezza di vivere…
Quello che difficilmente si può credere è la moltitudine degli idoli che sono in questo regno….
Agli occhi di Ricci, la Cina appariva immensa: si vede excedere in grandezza a tutte [sic] gli altri regni del mondo… Per essere questa terra grande e stesa, non solo da levante a ponente, come la nostra Europa, ma anco dal settentrione al mezzogiorno, produce tutta insieme più varietà di cose che altra nessuna….
Nelle derrate sovrabbondava di cereali e verdure, frutta, carni e pesce, quest’ultimo allevato anche in vivai. Di fibre tessili il paese disponeva più che largamente di seta e cotone ed era ricco di specie floristiche, fra le quali gli alberi del tè e della lacca (la Camellia sinensis e la Rhus vernicifera o verniciflua), di piante medicinali, di carbon fossile, nonché di metalli, di porcellane e lacche e, per ultimo, di salnitro. Non accennava solo al petrolio, il cui uso era già stato riportato da Marco Polo.
Da lamentare era però come i Cinesi facessero uso delle loro risorse e le mettessero a frutto: … per essere i Cinesi moderati e parchi nelle sue cose, non fanno molto grandi spese. E di qui avviene che gli arteggiani non sempre pongono le sue forze tanto in fare l’opre sue molto perfette, quanto in farle con puoca spesa di danari e di tempo, per potere vendere tutto a molto miglior mercato; e soventemente falsificano molte cose e non gli fanno altro che una bella apparentia…
Un esempio che portava era quello dell’edilizia: Nella architettura sono inferiori ai nostri, sì nella bellezza come nella fortezza degli edificij. Nel che non so si sieno più di biasimare i nostri che i Cinesi, i quali non edificano se non per durare gli puochi anni che hanno di vita e non migliaia di anni come i nostri. […] la causa di durar puoco i loro è perché, o non vi fanno nessuno fundamento, se non fosse il porre sotto qualche pietra e battere la terra, o si lo fanno, non sono di un braccio o doi di fundo, anco in muri, torri et altri edificij altissimi. E così puochi arrivano o passano di cento anni….
Entrando nel discorso delle altre manifatture, iniziava dalla carta: … facendo varie cose di essa, come i libri e lo scrivere, così si fa essa di assai varie cose, ma cedono molto alla nostra, e tanto che in nessuna sorte di essa si può scrivere né stampare in ambe le parti, ma di una sola. E così, ad ogni nostro foglio rispondono doi dei suoi; e facilmente si rompe e dura poco.
Della stampa, riconosceva la priorità cinese su quella europea (La stampa tra loro è più antica che fra noi, poiché l’hanno più di cinquecento anni addietro), ma: Con la grande facilità, commodi¬tà e libertà di stampar libri, i Cinesi, ciascheduno che vuole in sua casa, sono avidissimi di compor libri assai più che i nostri. E così, in sua proportione, sono molto più i libri che di novo si stampano ogn’anno tra di loro che fra nessuna altra natione. E conciosiacosaché a loro manchino le scientie, fanno libri di altre cose più inutili et alle volte nocive.
Giudizio pure negativo sulle arti: Essendo i Cinesi amicissimi della pintura non possono però arrivare ai nostri e molto manco alla statuaria et arte di fondere o getto, tutto anco di molto uso tra loro...
Non sanno pingere con olio né dar l’ombra alle cose che pingono, e così tutte le loro pinture sono smorte e senza nessuna vivezza.
Nelle statue sono infelicissimi, e non so che habbino altra regola nelle proportioni e simmetria che dell’occhi, i quali, in cose grandi, si ingannano molto facilmente… Le campane tutte si suonano con martelli di legno e non potrebbono resistere a martelli di ferro; e così nel suono non si possono paragonare alle nostre.
De’ instrumenti musici hanno e copia e varietà, ma non hanno organi né gravicembali o manicordi. […] la musica tutta è di canto piano senza la varietà de voci, di basso, alto, tenore, e canto de’ nostri. E così tra loro mai fu vista tale consonantia nelle voci, ma stanno contentissimi con la sua, pensando che nel mondo non vi è altra musica.
Altrettanto negativo il giudizio sul teatro e la letteratura: Sono amicissimi di commedie assai più che i nostri. E così vi sono molte migliaia di giovani che si occupano in questo […]. Ma questa è la più vile e vitiosa gente di tutto il regno…
Tutte queste commedie si fanno ne’ loro conviti; e così nell’istesso tempo stanno mangiando e bevendo, e udindo le commedie. Gli argomenti di esse, anzi l’istesse commedie, quasi tutte, sono antiche di istorie o fittioni, e puoco si fa di nuovo.
Detto per inciso, il teatro Ming è rimasto nella storia tra i più prolifici e ricchi di valori artistici e letterari.
Ricci estendeva il suo non cale a tutte le lettere cinesi, così come non lo risparmiava alle scienze: La scientia di cui hebbero più notitia fu della morale; ma conciosiacosaché non sappino nessuna dialectica, tutto dicono e scrivono, non in modo scientifico, ma confuso, per varie sententie e discorsi, seguindo quanto col lume naturale potettero intendere…
Dopo questa scientia morale, hebbero i Cinesi anco molta notitia di astrologia et altre scientie di matematica. Nell’aritmetica e geometria furno più felici, ma anco questo tutto confuso. Fanno altre costellationi di stelle diverse dalle nostre, e pongono quattrocento stelle più che i nostri astrologhi, contando anche quelle che non sempre appariscono. Ma niente si curano di dar ragione delli phenomeni o apparentie, e solo procurano calculare al meglio che possono le eclipsi e movimenti de’ pianeti con assai di errori.
Et in che più si occupano è nella giudiciaria, pensando che tutto quanto si fa in questo mondo inferiore dipenda dalle stelle.
Solo in questa scientia di matematica si agiutorno qualche cosa di certi matematici seraceni che vennero dalla Persia…L’arte della medicina è assai diversa dalla nostra, ma si regono, pare, per il polso. Fanno molte volte assai belle cure, ma tutto per simplici di erbe, radici ed altri ingredienti, e risponde più tosto alla nostra herbolaria.
In ambito medico Ricci taceva dell’agopuntura, moxibustione, inoculazione del vaiolo ecc.: Et è cosa certa che, sì alla matematica come alla medicina, non si applicano se non persone che non possono studiar bene le loro lettere per il puoco ingegno e habilità; e così stanno queste scientie in bassa stima e fioriscono assai puoco...
Oggi si è appreso che l’antica astronomia cinese è stata di guida all’astrofisica moderna, mentre è sotto gli occhi di tutti il crescente successo e credito che arride alla medicina cinese.
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
© Riproduzione riservata
LA CINA DI MATTEO RICCI
di Adolfo Tamburello*
Napoli, 12 apr. - Il gesuita Matteo Ricci (1554-1610) è solitamente annoverato come il fondatore della missione gesuitica in Cina e grande estimatore della civiltà cinese.
In realtà, Ricci entrò in Cina nel 1583 al seguito dei gesuiti Michele Ruggieri (1543-1587) e Francesco Pasio (1554-1612), continuandone l’opera di presentazione del cattolicesimo e della civiltà europea nel paese. Nel 1601 ebbe il pieno e personale successo di impiantare la missione a Pechino sotto la protezione della corte imperiale Ming (1368-1644).
Per quanto riguarda il suo giudizio sulla civiltà cinese, esso fu più che lusinghiero sulle sue origini e antichità. Nel manoscritto Della entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina, che lasciava inedito, apriva all’idea che la nazione avesse addirittura goduto di un’illuminazione antico-testamentaria con la conoscenza del nostro “vero Dio”. Tale fede, nutrita dagli alti valori intellettuali e umani che percepiva espressi dalla più alta antichità, avrebbe tra l’altro aperto all’incresciosa querelle inglobata nella “questione dei riti”.
Il suo giudizio si faceva tutt’altro che positivo, come abbiamo anticipato nella precedente nota su questo giornale, sulla Cina dei suoi tempi, che criticò severamente in usi e costumi, credenze, arti, lettere e scienze.
Argomentando delle religioni praticate alla sua epoca, esponeva le ‘tre leggi’ riconosciute in Cina: il confucianesimo, il buddhismo e il taoismo, e vi ravvisava tante divisioni ‘settarie’ che i ‘tre credi’ erano tali di numero solo per modo di dire: … non si contenta con questi il demonio; perché ognuno di essi sta multiplicato per tanti tempi e maestri in altri moltissimi; e così, sebene il nome hè di tre, nella realità sono più di trecento le sette di questo regno, et ogni giorno vanno pullulando altre nove, sempre indo di male in peggio, con più corrotti costumi, pretendendo tutti i novi maestri dar magior larghezza di vivere…
Quello che difficilmente si può credere è la moltitudine degli idoli che sono in questo regno….
Agli occhi di Ricci, la Cina appariva immensa: si vede excedere in grandezza a tutte [sic] gli altri regni del mondo… Per essere questa terra grande e stesa, non solo da levante a ponente, come la nostra Europa, ma anco dal settentrione al mezzogiorno, produce tutta insieme più varietà di cose che altra nessuna….
Nelle derrate sovrabbondava di cereali e verdure, frutta, carni e pesce, quest’ultimo allevato anche in vivai. Di fibre tessili il paese disponeva più che largamente di seta e cotone ed era ricco di specie floristiche, fra le quali gli alberi del tè e della lacca (la Camellia sinensis e la Rhus vernicifera o verniciflua), di piante medicinali, di carbon fossile, nonché di metalli, di porcellane e lacche e, per ultimo, di salnitro. Non accennava solo al petrolio, il cui uso era già stato riportato da Marco Polo.
Da lamentare era però come i Cinesi facessero uso delle loro risorse e le mettessero a frutto: … per essere i Cinesi moderati e parchi nelle sue cose, non fanno molto grandi spese. E di qui avviene che gli arteggiani non sempre pongono le sue forze tanto in fare l’opre sue molto perfette, quanto in farle con puoca spesa di danari e di tempo, per potere vendere tutto a molto miglior mercato; e soventemente falsificano molte cose e non gli fanno altro che una bella apparentia…
Un esempio che portava era quello dell’edilizia: Nella architettura sono inferiori ai nostri, sì nella bellezza come nella fortezza degli edificij. Nel che non so si sieno più di biasimare i nostri che i Cinesi, i quali non edificano se non per durare gli puochi anni che hanno di vita e non migliaia di anni come i nostri. […] la causa di durar puoco i loro è perché, o non vi fanno nessuno fundamento, se non fosse il porre sotto qualche pietra e battere la terra, o si lo fanno, non sono di un braccio o doi di fundo, anco in muri, torri et altri edificij altissimi. E così puochi arrivano o passano di cento anni….
Entrando nel discorso delle altre manifatture, iniziava dalla carta: … facendo varie cose di essa, come i libri e lo scrivere, così si fa essa di assai varie cose, ma cedono molto alla nostra, e tanto che in nessuna sorte di essa si può scrivere né stampare in ambe le parti, ma di una sola. E così, ad ogni nostro foglio rispondono doi dei suoi; e facilmente si rompe e dura poco.
Della stampa, riconosceva la priorità cinese su quella europea (La stampa tra loro è più antica che fra noi, poiché l’hanno più di cinquecento anni addietro), ma: Con la grande facilità, commodi¬tà e libertà di stampar libri, i Cinesi, ciascheduno che vuole in sua casa, sono avidissimi di compor libri assai più che i nostri. E così, in sua proportione, sono molto più i libri che di novo si stampano ogn’anno tra di loro che fra nessuna altra natione. E conciosiacosaché a loro manchino le scientie, fanno libri di altre cose più inutili et alle volte nocive.
Giudizio pure negativo sulle arti: Essendo i Cinesi amicissimi della pintura non possono però arrivare ai nostri e molto manco alla statuaria et arte di fondere o getto, tutto anco di molto uso tra loro...
Non sanno pingere con olio né dar l’ombra alle cose che pingono, e così tutte le loro pinture sono smorte e senza nessuna vivezza.
Nelle statue sono infelicissimi, e non so che habbino altra regola nelle proportioni e simmetria che dell’occhi, i quali, in cose grandi, si ingannano molto facilmente… Le campane tutte si suonano con martelli di legno e non potrebbono resistere a martelli di ferro; e così nel suono non si possono paragonare alle nostre.
De’ instrumenti musici hanno e copia e varietà, ma non hanno organi né gravicembali o manicordi. […] la musica tutta è di canto piano senza la varietà de voci, di basso, alto, tenore, e canto de’ nostri. E così tra loro mai fu vista tale consonantia nelle voci, ma stanno contentissimi con la sua, pensando che nel mondo non vi è altra musica.
Altrettanto negativo il giudizio sul teatro e la letteratura: Sono amicissimi di commedie assai più che i nostri. E così vi sono molte migliaia di giovani che si occupano in questo […]. Ma questa è la più vile e vitiosa gente di tutto il regno…
Tutte queste commedie si fanno ne’ loro conviti; e così nell’istesso tempo stanno mangiando e bevendo, e udindo le commedie. Gli argomenti di esse, anzi l’istesse commedie, quasi tutte, sono antiche di istorie o fittioni, e puoco si fa di nuovo.
Detto per inciso, il teatro Ming è rimasto nella storia tra i più prolifici e ricchi di valori artistici e letterari.
Ricci estendeva il suo non cale a tutte le lettere cinesi, così come non lo risparmiava alle scienze: La scientia di cui hebbero più notitia fu della morale; ma conciosiacosaché non sappino nessuna dialectica, tutto dicono e scrivono, non in modo scientifico, ma confuso, per varie sententie e discorsi, seguindo quanto col lume naturale potettero intendere…
Dopo questa scientia morale, hebbero i Cinesi anco molta notitia di astrologia et altre scientie di matematica. Nell’aritmetica e geometria furno più felici, ma anco questo tutto confuso. Fanno altre costellationi di stelle diverse dalle nostre, e pongono quattrocento stelle più che i nostri astrologhi, contando anche quelle che non sempre appariscono. Ma niente si curano di dar ragione delli phenomeni o apparentie, e solo procurano calculare al meglio che possono le eclipsi e movimenti de’ pianeti con assai di errori.
Et in che più si occupano è nella giudiciaria, pensando che tutto quanto si fa in questo mondo inferiore dipenda dalle stelle.
Solo in questa scientia di matematica si agiutorno qualche cosa di certi matematici seraceni che vennero dalla Persia…L’arte della medicina è assai diversa dalla nostra, ma si regono, pare, per il polso. Fanno molte volte assai belle cure, ma tutto per simplici di erbe, radici ed altri ingredienti, e risponde più tosto alla nostra herbolaria.
In ambito medico Ricci taceva dell’agopuntura, moxibustione, inoculazione del vaiolo ecc.: Et è cosa certa che, sì alla matematica come alla medicina, non si applicano se non persone che non possono studiar bene le loro lettere per il puoco ingegno e habilità; e così stanno queste scientie in bassa stima e fioriscono assai puoco...
Oggi si è appreso che l’antica astronomia cinese è stata di guida all’astrofisica moderna, mentre è sotto gli occhi di tutti il crescente successo e credito che arride alla medicina cinese.
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
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giovedì 11 aprile 2013
...........e non solo
Impresa e Management
Il BUSINESS PLAN e' strategico!
di Stefano Tonchia
Uno degli strumenti più efficaci per la formalizzazione del processo di pianificazione strategica è il Business Plan. Nonostante non esista una concezione unanime di Business Plan, possiamo rilevare sia la sua caratterizzazione pluriennale e quella non meramente economico-finanziaria, in questo arricchendo il contenuto pianificatorio del budget.
Tuttavia una tipica strutturazione di un Business Plan dovrebbe comprendere:
- un “executive summary”, che sintetizzi (specie ai fini dell’acquisizione delle fonti di finanziamento) l’idea di business e la sua fattibilità, ovvero la sostenibilità e l’espansione, sintesi che porti gli interessati a proseguire nell’esame dell’intero business plan;
- l’analisi prodotto/mercato, che giustifichi l’offerta aziendale come rispondente a precisi fabbisogni, presenti o prossimi, della domanda;
- l’analisi di settore/concorrenza, per individuare gli spazi di sviluppo imprenditoriale, i livelli di profitto e i tassi di redditività realisticamente conseguibili negli anni a venire (utilizzando strumenti quali la matrice Boston Consulting Group e l’analisi delle 5 forze competitive di Porter);
- l’analisi dei propri punti di forza e debolezza, in relazione alle opportunità e minacce dell’ambiente (SWOT analysis);
- i fattori critici di successo del business, la conseguente identificazione delle proprie priorità competitive, suddivise tra quelle semplicemente qualificanti e quelle vincenti;
- il marketing mix (“4P”) che si intende adottare;
- il piano delle vendite (in termini sia di volumi che di ricavi);
- il piano operativo (con scelte infrastrutturali e di funzionamento, nonché macro-piani di produzione, approvvigionamento, ecc.);
- le dotazioni tecniche, impianti, macchinari, attrezzature necessari, coi relativi piani specifici d’investimento;
- le risorse umane necessarie, e la loro prevista organizzazione e gestione (compreso l’assetto di management);
- l’assetto societario e le scelte di “governance”;
- la definizione del fabbisogno finanziario e l’analisi delle fonti di finanziamento;
- il piano economico-finanziario, comprendente le proiezioni di “cash-flow” (entrate e uscite) nel tempo.
lunedì 8 aprile 2013
Il presidente cinese Xi Jinping, ha pronunciato un discorso d'apertura per l'inizio della conferenza annuale del Forum di Boao 2013, a Boao nella provincia Hainan," Gemellata con la Sardegna dal 2011" sud della Cina.
BOAO: TESTO INTEGRALE DEL DISCORSO DI XI JINPING
Testo integrale del discorso di Xi Jinping alla cerimonia d'apertura del Boao Forum BOAO, Hainan, 8 apr. - Domenica, Il presidente cinese Xi Jinping, ha pronunciato un discorso d'apertura per l'inizio della conferenza annuale del Forum di Boao 2013, a Boao nella provincia Hainan, sud della Cina.
Quanto segue e' la versione tradotta del testo integrale del suo discorso: Lavorare insieme verso un futuro migliore per l'Asia e per il mondo Discorso d'apertura di H.E. Xi Jinping Presidente della Repubblica Popolare di Cina Alla conferenza annuale del Forum di Boao per l' Asia 2013 Boao, Hainan, 7 Aprile 2013 Vostre eccellenze capi di stato e governatori, Presidenti di parlamento, Capi di organizzazioni internazionali, Ministri, Membri della commissione della direzione del Forum di Boao per l' Asia, illustri ospiti, Signore e Signori, Cari Amici, In questa mite stagione dal cielo limpido e dal clima temperato, dalla brezza profumata di cocco, sono molto felice di incontrare tutti quanti voi in occasione della conferenza annuale del Forum di Boao per l' Asia 2013, in questa pittoresca isola abbracciata dal mare che e' Hainan.
Lasciatemi iniziare porgendo, per conto del governo cinese e del popolo nonche' in mio stesso nome, un sincero benvenuto a tutti voi e vive congratulazioni per l'apertura della conferenza annuale del Forum di Boao.
Nei passati dodici anni sin dalla sua nascita, il Forum di Boao per l'Asia e' divenuto un importante forum con una crescente influenza globale. Nella cultura cinese, dodici anni formano un ciclo zodiacale. In questo senso, il Boao Forum ha raggiunto un nuovo punto di partenza ed io spero che possa raggiungere altezze ancor piu' elevate.
Il tema della attuale conferenza annuale, chiamata "Asia Seeking Development for All: Restructuring, Responsibility and Cooperation", e' di forte rilevanza. Spero vi possa coinvolgere in una discussione approfondita sul sostegno dello sviluppo asiatico e che possiate percio' contribuire attraverso il vostro impegno e la vostra visione, alla pace, alla stabilita' e alla prosperita' in Asia ed in tutto il mondo.
Il mondo sta oggi attraversando profondi e complessi cambiamenti. Le nazione stanno divenendo sempre piu' interconnesse e interdipendenti. Diversi miliardi di persone, in un gran numero di nazioni in via di sviluppo, stanno accogliendo la modernizzazione. I bisogni del momento, ossia pace, sviluppo, cooperazione e vantaggio reciproco, stanno prendendo slancio.
D'altra parte pero', il nostro mondo e' lontano dalla pace.
Lo sviluppo rimane la battaglia piu' grande; l'economia globale e' entrata in un periodo di profondo riadattamento e la sua ripresa rimane per ora ancora lontana. Il settore finanziario internazionale deve fronteggiare molti rischi, si stanno sviluppando varie forme di protezionismo, le nazioni stanno ancora affrontando molte difficolta' per stabilizzare la struttura economica, e l'amministrazione globale e' chiamata a migliorare la stessa. Raggiungere uno sviluppo comune per tutte le nazioni e' tutt'ora una faticosa battaglia.
L'Asia e' una delle zone piu' dinamiche e promettenti del mondo e il suo sviluppo e' fortemente connesso allo sviluppo degli altri continenti. Le nazioni asiatiche hanno fortemente considerato sentieri di sviluppo adatti alle loro condizioni nazionali e supportato in maniera significativa lo sviluppo globale attraverso il loro proprio sviluppo. Lavorando spalla a spalla con il resto del mondo in tempi di difficolta' per contrastare la crisi finanziaria internazionale, l'Asia e' apparsa come un'importante locomotiva in grado di guidare la ripresa e la crescita economica mondiale. Negli ultimi anni, l'Asia ha contribuito a piu' del 50 % della crescita mondiale, infondendo, in tutto il mondo, una necessaria sicurezza.
Inoltre, la collaborazione asiatica con le altre zone del mondo, a livello regionale e sotto regionale possiede grande vitalita' e promette grandi prospettive.
Ma quello di cui dovremmo essere accuratamente consapevoli e' il fatto che l'Asia stia ancora affrontando molte difficolta' e sfide nel supportare il suo personale sviluppo e nel partecipare allo sviluppo di altri paesi.
L'Asia ha bisogno di trasformare e aggiornare il suo modello di sviluppo confrontandosi con i tempi. Sostenere lo sviluppo e' ancora di fondamentale importanza per l'Asia, perche' solo questo e' la chiave per risolvere le maggiori difficolta' che essa e' costretta ad affrontare. Dovremmo necessariamente modificare il modello di crescita, adattare la struttura economica, rendere lo sviluppo piu' efficace economicamente e rendere migliore la vita della nostra gente.
-- Abbiamo bisogno di operare degli sforzi combinati per risolvere le difficolta' piu' grandi che impediscono di raggiungere una stabilita' asiatica. La stabilita' in Asia sta ora affrontando nuove sfide, come i problemi riguardanti le zone calde che continuano ad emergere, e l'esistenza di consuete e non , minacce per la sicurezza.
Dobbiamo costruire sui successi passati e creare un nuovo progresso, promuovendo la cooperazione in Asia. Esistono diverse iniziative e vari meccanismi per migliorare la cooperazione asiatica e molte idee per supportare questa collaborazione sono state esplorate da diverse parti. Quello che dobbiamo fare e' aumentare la comprensione reciproca, costruire consenso e arricchire una piu' profonda collaborazione cosi' da raggiungere un equilibrio tra gli interessi delle varie parti in questione e la costruzione di un meccanismo che porti benefici a tutti.
Signore e Signori, Cari amici, Il genere umano possiede un'unica terra, che e' la casa di tutte le nazioni. Lo sviluppo comune, che e' il fondamento di uno sviluppo sostenibile, e' a servizio di tutti gli interessi principali e a lungo termine dell'intera popolazione mondiale.
Come membri di uno stesso villaggio globale, dovremmo promuovere un senso di comunita' riguardo a un destino condiviso, seguendo i bisogni del momento, mantenendoci sulla giusta direzione, rimanendo insieme nei momenti di difficolta' e promuovendo lo sviluppo asiatico e del resto del mondo fino a raggiungere nuove vette.
Prima di tutto, dovremmo, con coraggio, aprire nuove strade cosi' da creare un'inesauribile risorsa di potere per il sostegno di uno sviluppo comune. Negli anni, molti paesi e regioni hanno sviluppato una serie di buone abitudini per mantenere la stabilita' e promuovere la crescita. Dovremmo portare avanti queste abitudini. Ad ogni modo, niente nel mondo rimane costante, e come dicono i cinesi, un uomo saggio cambia col cambiare dei tempi e degli eventi. Dovremmo abbandonare la mentalita' ormai superata, rompere con i vecchi limiti che immobilizzano lo sviluppo e liberare tutti i potenziali che lo favoriscano. Dovremmo raddoppiare gli sforzi mirati a modificare il modello di crescita e a stabilizzare la struttura economica, innalzare la qualita' dello sviluppo e rendere migliore la vita per le persone. Dovremmo spingere costantemente la riforma del sistema internazionale economico e finanziario, migliorare i meccanismi governativi globali e fornire supporto ad una solida e stabile crescita economica mondiale. L'Asia, con la sua ormai antica capacita' di adattarsi ai cambiamenti, dovrebbe cavalcare l'onda di questi tempi e produrre cambiamenti in Asia operando un rafforzamento dello sviluppo globale e un beneficio reciproco.
In secondo luogo, dovremmo poi lavorare insieme per sostenere la pace cosi' come per garantire una sicura salvaguardia che sostenga lo sviluppo comune. La pace e' l'eterno desiderio della nostra gente. La pace viene notata difficilmente dalle persone, quando ne sono beneficiate, proprio cosi' come avviene con aria e sole; ma nessuno di noi puo' vivere senza essa. Senza pace, lo sviluppo e' fuori questione. Le nazioni, che siano piccole o grandi, forti o deboli, ricche o povere, dovrebbero tutte contribuire con il loro apporto per mantenere e accrescere la pace. Piuttosto che minare l'un l'altra i propri sforzi, le nazioni dovrebbero completarsi reciprocamente e lavorare insieme per il progresso.
La comunita' internazionale, dovrebbe sostenere la visione di una sicurezza onnicomprensiva, una sicurezza comune e cooperativa cosi' da trasformare il nostro villaggio globale in un grande palcoscenico per lo sviluppo comune, piuttosto che in un'arena dove i gladiatori si combattono reciprocamente. Ed a nessuno dovrebbe essere concesso di gettare un paese o persino l'intero mondo nel caos per guadagni individuali. Con la crescente interazione tra le nazioni, e' inevitabile che si incontrino attriti qui e la. Quello che e' importante e' che si risolvano le differenze attraverso il dialogo, la consultazione e attraverso negoziazioni pacifiche nel piu' vasto interesse di un terreno saldo per le relazioni comuni.
In terzo luogo, dovremmo incoraggiare la cooperazione come un efficace veicolo per accrescere lo sviluppo comune. Come spesso diciamo in Cina, un solo fiore non fa primavera, mentre cento fiori in piena fioritura portano la primavera nel giardino. Tutti gli stati del mondo sono strettamente connessi e condividono interessi convergenti, percio' dovrebbero condividere la loro forze. Mentre persegue i suoi interessi, una nazione dovrebbe promuovere lo sviluppo collettivo di tutti e espandere gli interessi comuni insieme ai propri. Dovremmo promuovere una cooperazione Sud-Sud e un dialogo Nord-Sud, portare avanti un'espansione bilanciata dello sviluppo e delle nazioni sviluppate e consolidare la base per uno stabile e sostenibile terreno per l'economia globale. Dobbiamo lavorare sodo per creare piu' opportunita' di collaborazione, incrementare la cooperazione, e far nascere piu' dividendi di sviluppo per i nostri popoli e contribuire ancora di piu' alla crescita mondiale Come quarto punto dovremmo rimanere aperti e comprensivi cosi' da creare un ampio spazio per uno sviluppo condiviso. L'oceano e' vasto perche' vi sfociano centinaia di fiumi. Dovremmo rispettare i diritti all'indipendenza di una nazione scegliendo il suo sistema sociale e il suo percorso di sviluppo, eliminando sfiducia e dubbi e trasformando le diversita' del nostro mondo e le differenze tra le nazioni in una forza dinamica e trainante per lo sviluppo. Dovremmo tenere aperta la mente, attingere dai metodi di sviluppo degli altri continenti, condividere le risorse di miglioramento e promuovere la collaborazione. Durante il primo decennio ed oltre, del nuovo secolo, il commercio all'interno dell'Asia e' cresciuto da 800 miliardi di dollari americani a 3 trillioni degli stessi, e il commercio asiatico con le altre nazioni e' cresciuto da 1.5 trillioni di dollari americani a 4.8 trillioni. Questo mostra che la collaborazione in Asia e' aperta e va di pari passo con la collaborazione asiatica con le altre nazioni, e tutti hanno beneficiato da questa cooperazione. L'Asia dovrebbe accogliere ed incoraggiare i paesi non asiatici a giocare un ruolo costruttivo nell'assicurare stabilita' e sviluppo del paese. Le nazioni non asiatiche, dal canto loro, dovrebbero rispettare la diversita' di questo continente e la sua antica tradizione di cooperazione. Questo fara' si che si crei un ambiente dinamico in cui l'Asia e gli altri paesi partecipino ad un processo di rafforzamento reciproco.
Signore e Signori, Cari amici, La Cina e' un membro importante della famiglia asiatica e della famiglia globale. Lo sviluppo della Cina non puo' prescindere dal resto dell'Asia e del mondo, e l'Asia e il mondo non possono godere di stabilita' e prosperita' senza la Cina. Lo scorso novembre, durante il Diciottesimo Congresso del Partito Comunista Cinese, e' stato esposto il progetto di sviluppo del paese per i prossimi anni. I principali obiettivi che abbiamo stabilito sono i seguenti: entro il 2020, il PIL e le entrate procapite dei residenti in campagna e citta' dovra' raddoppiare rispetto al 2010, e dovra' essere completato il processo di costruzione di una societa' del relativo benessere. Entro la meta' del ventunesimo secolo, la Cina diventera' un paese socialista moderno prospero, forte, democratico, armonioso e avanzato a livello culturale, e verra' realizzato il sogno cinese di grande rinnovamento della nazione. Siamo molto fiduciosi del futuro della nazione. Siamo tuttavia anche consapevoli che la Cina rimane il piu' grande paese in via di sviluppo al mondo, e che, sulla sua strada verso il progresso, si trova a fronteggiare molte difficolta' e sfide. Dobbiamo impegnarci con abnegazione nei prossimi anni per garantire una vita migliore al nostro popolo. Siamo impegnati in maniera risoluta alla riforma e alla apertura, e ci concentreremo sul cambiamento del modello di crescita, focalizzandoci su una buona gestione dei nostri affari e continuando a promuovere una modernizzazione socialista. Come dice un proverbio cinese, i vicini si augurano il meglio, proprio come fanno gli innamorati l'un l'altro. La Cina continuera' a promuovere l'amicizia e il partenariato, continuera' a consolidare i legami amichevoli e ad approfondire una cooperazione di mutuo vantaggio con gli Stati vicini e continuera' ad assicurare che il proprio sviluppo apporti loro grandi benefici. La Cina promuovera' fortemente lo sviluppo e la prosperita' sia in Asia che nel mondo. Sin dall'inizio di questo secolo, il valore complessivo dell'interscambio commerciale fra la Cina e gli Stati vicini e' passato dai 100 miliardi di dollari a piu' di 1,3 trilioni di dollari, la Cina e' diventata il maggiore partner commerciale, il maggiore paese esportatore e una delle maggiori risorse di investimento per gli altri paesi. Gli interessi della Cina non sono mai stati cosi' strettamente connessi a quelli del resto dell'Asia e del mondo.
In futuro la China manterra' uno slancio alla crescita vigorosa. La propria domanda interna, in particolar modo la domanda legata ai consumi, continuera' a crescere, e gli investimenti outbound cresceranno considerevolmente.
Nei prossimi 5 anni, ci si aspetta che il valore complessivo delle importazioni cinesi raggiunga i 10 trilioni di dollari, che gli investimenti outbound raggiungano i 500 miliardi di dollari, e che il numero dei turisti in uscita superi i 400 milioni. Piu' la Cina cresce, piu' si creano opportunita' di sviluppo per il resto dell'Asia e del mondo. Siamo convinti nel mantenimento della pace e della stabilita' in Asia e nel mondo. Il popolo cinese invoca fortemente la pace, ben consapevole delle atroci sofferenze che guerra e turbolenze possono comportare. La Cina continuera' a portare avanti il proprio sviluppo assicurando la pace internazionale e, al tempo stesso, promuovendo la pace attraverso il proprio sviluppo. La Cina continuera' a affrontare in maniera adeguata le differenze e gli attriti con i paesi interessati. Ribadendo fermamente la propria sovranita', sicurezza e integrita' territoriale, la Cina continuera' a mantenere la pace, la stabilita' e un buon rapporto con gli Stati vicini, continuando a giocare un ruolo costruttivo nel risolvere problemi cruciali a livello regionale e globale, esortando al dialogo e lavorando infaticabilmente per risolvere adeguatamente le questioni importanti attraverso il dialogo e la negoziazione. Promuoveremo fortemente la cooperazione regionale in Asia e nel mondo. La Cina aumentera' l'interconnessione con gli Stati vicini, valutando la creazione di una piattaforma finanziaria regionale, portando avanti l'integrazione economica e aumentando la competitivita'. La Cina continuera' a sostenere e a promuovere la liberalizzazione commerciale e le agevolazioni sugli investimenti, incrementando gli investimenti bilaterali con gli altri Stati e incoraggiando la cooperazione in nuove aree prioritarie. La Cina sostiene fermamente l'apertura dell'Asia e la cooperazione con altre regioni per la promozione del loro sviluppo comune. La Cina e' impegnata nel restringere il divario Nord-Sud e sostiene gli altri paesi in via di sviluppo nel loro percorso di sviluppo autonomo. Signore e Signori, Cari amici, Promuovere i buoni rapporti con i vicini e' vecchia tradizione cinese. Migliorare uno sviluppo pacifico e una cooperazione di mutuo vantaggio in Asia e nel mondo e' come una gara che ha continui punti di partenza e non conosce punti di arrivo. Noi in Cina siamo pronti a stringere la mano agli amici di tutto il mondo, impegnandoci congiuntamente per creare un brillante futuro e per apportare benefici all'Asia e al mondo intero.
Infine, auguro il successo dei lavori del Conferenza Annuale del Boao Forum 2013! .
Con la Cina ci vuole costanza e buone relazioni con le persone giuste
BREMBO: CONTRAFFAZIONE,
"CINA NON E' UN PERICOLO"
di Emma Lupano
twitter@lupemma
Milano, 15 gen.- Un centro di ricerca e sviluppo dove studiare prodotti capaci di rispondere alle esigenze specifiche del mercato cinese. È questo l'ultimo progetto messo in cantiere da Brembo, il gruppo con base a Bergamo che nella Repubblica popolare è presente già da 12 anni. Obiettivo dell'iniziativa, ha spiegato Umberto Simonelli, general counsel dell'azienda, è «consolidare i risultati raggiunti e affermarsi definitivamente nel mercato». Perché se la Cina «non è più la fabbrica del mondo, ed è sempre meno competitiva come base per l'export», allora «bisogna lavorare apposta per questo mercato e non sottovalutare il fattore culturale cinese, nemmeno nella gestione del business», ha spiegato Simonelli durante la China week, all'Università Bocconi.
Il centro di ricerca affiancherà così le attività del polo tecnologico che Brembo ha creato a Nanchino, dove produce sistemi frenanti per veicoli destinati al mercato cinese. Il polo è frutto di 60 milioni di euro investiti dall'azienda fin dal suo approdo in Cina, ma è anche il risultato, secondo Simonelli, di strategie e atteggiamenti vincenti. Come «la costanza, cioè la nostra capacità di costruire e mantenere nel tempo i rapporti, facendo sì che i nostri partner si fidassero di noi», o come «la capacità di negoziare con il partner cinese e di farlo continuamente, anche quando siamo diventati soci di maggioranza della joint-venture, portando avanti le decisioni sempre con il consenso del nostro partner, cercando di "dare faccia" al nostro socio».
Vincente è stata anche «la scelta non di delocalizzare, ma di produrre a Nanchino per il mercato cinese e di puntare tutto sulla qualità. Oggi abbiamo 80 milioni di fatturato in Cina e tra i nostri clienti principali a livello locale ci sono BMW, Mitsubishi, Volvo, Volkswagen».
Per lavorare bene in Cina, però, secondo Simonelli bisogna innanzi tutto capire con chi si ha a che fare. Avere per esempio «la consapevolezza che la Cina è fatta di tante realtà diverse», distinguibili a seconda dell'area geografica, ma anche delle generazioni con cui si dialoga: «Un conto è parlare con un cinese di 20 anni, un conto con uno di 40 o 50 anni, la generazione che ha vissuto la rivoluzione culturale e che ha un approccio al business assai diverso». Il fattore culturale, inoltre «era e rimane centrale anche nella gestione del business. All'inizio avevamo sottovalutato questo fattore e approcciavamo i partner con mentalità occidentale, di fatto imponendo il nostro modello culturale. Quando abbiamo capito il nostro errore, ci siamo avvicinati al nostro socio e ai clienti con un mix tra la nostra cultura e la loro. È a quel punto che siamo riusciti a ottenere risultati».
Allo stesso modo, secondo il general counsel di Brembo bisogna tenere presente il peso che hanno le istituzioni locali nel funzionamento dell'economia in Cina. «In un mercato regolamentato come quello cinese, il ruolo del governo e delle istituzioni è molto importante. Noi cerchiamo di capire il trend dettato dalle istituzioni, per esempio abbiamo preso molto sul serio il nuovo piano quinquennale, che per l'automotive parla di innovazione, di veicoli elettrici, di rispetto dell'ambiente».
La sfida che ora attende le aziende italiane, quelle già presenti in Cina ma anche quelle che ancora devono approdare, è, secondo Simonelli, quella di «mettere da parte l'idea che la Cina sia un pericolo in termini di contraffazione. Il numero di brevetti depositati in Cina da aziende cinesi supera infatti quelli depositati da tutte le altre aziende del mondo. La Cina sta puntando sull'innovazione e in pochi anni ci troveremo di fronte prodotti cinesi all'avanguardia, a cui dovremo saper contrapporre prodotti altrettanto validi».
Nel frattempo, Brembo ha un paio di altri progetti a cui pensare: l'acquisizione dell'ultimo 30 per cento della joint-venture e un'espansione territoriale: «I distretti dell'auto in Cina non sono solo a Nanchino, per questo abbiamo intenzione di creare altri quattro o cinque poli produttivi in distretti diversi da quello in cui ci troviamo ora. Per i prossimi cinque anni, la Cina rappresenta per noi uno dei mercati di sbocco principali».
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COREE: LA POSIZIONE DI PECHINO
COREA DEL NORD, CINA FRUSTRATA E IRRITATA
di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 8 apr. - "L'ingrediente più importante e nuovo nella crisi nord-coreana è il riconoscimento della Cina che l'approccio usato finora nei confronti della Corea del Nord non sta portando frutti". Parola di Kurt Campbell, che fino ad alcune settimane fa era stato il funzionario del dipartimento di Stato statunitense incaricato dell'Asia. Una dichiarazione, questa, che riassume l'atteggiamento di Pechino nei confronti del regime di Kim Jong-un, diviso tra una crescente irritazione e una montante frustrazione per il corso che hanno preso gli eventi. E' sempre più chiaro al Dragone che "ciò che Pyongyang sta facendo sta mettendo a repentaglio la sicurezza cinese" ha affermato Campbell giovedì scorso durante un discorso alla Scuola di Studi Internazionali della John Hopkins University. Inevitabile, allora, che sia in corso "un sottile spostamento nella politica estera cinese" verso un progressivo allontanamento da Pyongyang. Il segnale più chiaro in tal senso è stato il rifiuto di Pechino di mandare un inviato in Corea del Nord per ripristinare buoni rapporti tra i due Paesi. Secondo il quotidiano sud-coreano JoongAng Ilbo, che per primo ne ha dato notizia, la Cina avrebbe risposto alla richiesta di Pyongyang dicendo che se volevano un inviato da Pechino, prima dovevano essere loro a mandare un inviato in Cina, cosa che non era poi avvenuta.
Finora la presa di posizione ufficiale del governo cinese è stata improntata alla ricerca del dialogo tra "tutte le parti coinvolte": i diversi appelli non sono però serviti a fermare la crisi che da giorni tormenta la penisola. Il ministero degli Esteri cinese, tramite il portavoce Hong Lei, ha invitato nei giorni scorsi più volte alla calma e a tenere presente l'obiettivo finale della pace e della stabilità nella penisola, ma il richiamo all'importanza della denuclearizzazione della penisola è arrivato a poche ore dalla decisione di Pyongyang di riaprire l'impianto nucleare di Yongbyon, chiuso nel 2007 dopo i negoziati per il disarmo nucleare nord-coreano.
La frustrazione per l'escalation della crisi si è fatta più palpabile dopo i comunicati delle ultime ore. "Ci opponiamo a parole e atti provocatori provenienti da qualsiasi parte nella regione e non permetteremo situazioni problematiche a un passo dalla Cina" aveva dichiarato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi in un comunicato comparso sul sito del ministero. In una telefonata con il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, Wang aveva poi dichiarato che la crisi deve essere risolta con il dialogo "nonostante l'evolversi della situazione". Alla "grave preoccupazione" manifestata dal ministero degli Esteri hanno poi fatto seguito le parole di ieri di Xi Jinping al discorso di apertura del forum di Boao che si tiene in queste ore sull'isola di Hainan. "Nessuno dovrebbe permettersi di gettare la regione e perfino il mondo intero nel caos per il proprio tornaconto" aveva dichiarato Xi, senza fare riferimento ad alcun Paese in particolare: il suo messaggio è subito stato interpretato dagli esperti come un moto di ostilità nei confronti del regime di Kim Jong-un. La nuova leadership cinese, con Xi Jinping in testa, secondo alcuni non proverebbe nessun particolare affetto nei confronti di Pyongyang, al contrario della classe dirigente che l'ha preceduta. Una disaffezione che trova riscontro anche nel fatto che Kim Jong-un non si è mai recato in visita ufficiale a Pechino da quando, nel dicembre 2011, ha preso il posto di suo padre, Kim Jong-Il, alla guida del Nord.
L'atteggiamento cinese nei confronti di Pyongyang si era fatto sempre più critico dalla fine del 2012, quando Pechino aveva criticato l'ultimo test missilistico nord-coreano, e si era trasformato in una "risoluta opposizione" il 12 febbraio scorso dopo il terzo test nucleare sotterraneo. Da allora i rapporti si erano raffreddati, anche se inizialmente sembrava escluso un peggioramento nei rapporti. Pechino aveva poi appoggiato assieme al resto della comunità internazionale le nuove sanzioni Onu alla Corea del Nord, atto che Pyongyang aveva rigettato formalmente a distanza di poche ore. L'escalation della tensione, aveva poi fatto il resto, segnando sempre più la distanza tra la Corea del Nord e la sua migliore alleata. E partner commerciale: nella prima metà del 2012 gli interscambi tra i due Paesi ammontavano a 3,14 miliardi di dollari, il 24,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2011.
A Pechino, con il progredire dell'escalation, sono sempre di più gli intellettuali che manifestano insofferenza verso lo storico alleato: le posizioni vanno da una generica pressione del Dragone sul suo vicino per l'abbandono del proprio programma nucleare a un deciso taglio dei rapporti. Scaricare, insomma, la Corea del Nord, come vorrebbero i sostenitori della linea dura. Tra loro si può annoverare a buon diritto, Xie Tao, professore associato presso la Foreign Studies University di Pechino, che nei giorni scorsi si era espresso duramente contro il supporto cinese alla dittatura della famiglia Kim in un articolo comparso sul sito web di un think tank cinese. "La Cina deve incolpare se stessa" aveva dichiarato giovedì scorso ad Agi China 24, con riferimento al mancato disarmo nucleare di Pyongyang. La situazione si è ormai deteriorata, secondo lo studioso. "C'è poco che la Cina possa fare in questo momento".
L'indecisione di Pechino verso Pyongyang è legata anche al ruolo della Corea del Nord come argine asiatico all'influenza statunitense nella regione. Un eventuale collasso del regime porterebbe le truppe americane al confine con la Repubblica Popolare e milioni di profughi si riverserebbero nel Dragone. Proprio per evitare questo scenario Pechino ha ammassato da giorni le sue truppe al confine con il Nord. Nonostante gli esperti non ritengano probabile un attacco nord-coreano le date da tenere d'occhio sono due: la prima è il 10 aprile, la data che vertici di Pyongyang avevano comunicato alle rappresentanze diplomatiche presenti nella capitale nord-coreana come termine per lasciare il Paese; la seconda, il 15 aprile, è tradizionalmente una data sensibile per la Corea del Nord, perché è l'anniversario della nascita di Kim Il-sung, fondatore del Paese e nonno dell'attuale leader, che a soli trenta anni sta facendo tremare la Cina (e non solo) con il suo comportamento irriverente.
La possibilità che il suo sia un atteggiamento spaccone sembra implicitamente confermata dai media nord-coreani, che negli scorsi giorni mettevano in risalto sulle prime pagine l'importanza dello sviluppo economico e nucleare del Paese senza però i riferimenti bellicosi dei dispacci della KCNA. Tra i segnali che si possono interpretare in maniera positiva c'è stato il cambio al vertice di uno dei massimi quotidiani di Pyongyang, Il Rodong Shinmun ("Quotidiano dei Lavoratori") e soprattutto la nomina a primo ministro di Pak Pong-ju, alleato dello zio di Kim e promotore delle riforme economiche su stile cinese, che Pechino chiede da anni al Paese. Una mossa che assomiglia a una parziale e piccola apertura verso il potente vicino che Pyongyang non può permettersi di irritare più di quanto non abbia già fatto finora.
HA FATTO BENE IL PRESIDENTE XI JINPING VISTO IL DISASTRO SOCIALE ED ECONOMICO CAUSATO DALLE BANCHE AMERICANE.
XI JINPING IN VIAGGIO DA PRESIDENTE
BRICS IN STALLO SU SUPER-BANCA
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 27 mar. - Non c'è ancora un accordo sulla super-banca per lo sviluppo dei Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) riuniti nel quinto summit a Durban in Sudafrica, che invece hanno raggiunto intesa sulla creazione di un fondo da cento miliardi di dollari per fare fronte alle crisi valutarie. A fare la parte del leone sarà la Cina, secondo quanto dichiarato dal ministro delle Finanze russo Anton Siluanov. Le prime stime parlano di un contributo del Dragone pari a 41 miliardi di dollari; Russia, India e Brasile entrerebbero nel fondo con 18 miliardi ciascuna, e il Sudafrica con i restanti cinque miliardi. Il nuovo fondo avrà un "positivo effetto precauzionale", ha dichiarato il presidente sudafricano Jacob Zuma, e servirà ad aiutare i Paesi a "prevenire crisi di liquidità nel breve periodo, a fornire sostegno reciproco e a rafforzare la stabilità finanziaria".
In stallo, invece, le negoziazioni sulla creazione della banca di sviluppo annunciata ieri dal ministro delle Finanze sudafricano Pravin Gordhan. Secondo le notizie diffuse ieri, il club delle economie emergenti si era accordato sull'istituzione di una banca della sviluppo per il finanziamento congiunto di progetti infrastrutturali nella quale ogni Paese membro avrebbe versato dieci miliardi di dollari, dando così un capitale iniziale di cinquanta miliardi di dollari al nuovo istituto di credito che, nelle intenzioni dei cinque doveva fare concorrenza alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale dominati dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea. "Abbiamo raggiunto uN ampio consenso -ha dichiarato Xi Jinping- che farà avanzare la cooperazione tra i Brics e aiuterà a stabilizzare la governance globale".
I Paesi riuniti nell'acronimo Brics contano per il 43% della popolazione mondiale, per il 25% del pil globale e detengono riserve in valuta pregiata per 4400 miliardi di dollari. La Cina, che conta per tre quarti del Pil di tutto il gruppo, ha firmato ieri un accordo di scambio di valute con il Brasile (di cui è il primo partner commerciale) di 190 miliardi di yuan e 60 miliardi di reais. L'importanza dei Brics sulla scena mondiale è cresciuta negli ultimi anni, tanto da mettere in discussione la governance globale. Gli scambi commerciali tra i Paesi membri sono cresciuti a 282 miliardi di dollari lo scorso anno dai 27 del 2002, e sono proiettati a raggiungere i 500 miliardi entro il 2015. Gli investimenti diretti esteri hanno toccato quota 263 miliardi di dollari lo scorso anno, contando per il 20% degli FDI a livello globale.
FED, PROSPETTIVE CUPE SULLA CINA
A pochi giorni dalla previsione ottimistica dell'Ocse secondo cui la Cina diventerà la prima economia del mondo già nel 2016, uno studio della Federal Reserve spegne gli entusiasmi del Dragone con uno studio secondo il quale entro il 2030 la crescita cinese potrebbe scendere a un tasso del 6,5% l'anno, o nel peggiore dei casi, addirittura scendere sotto l'1% a causa di un declino nella produzione e del progressivo invecchiamento della società. "Il tasso di crescita del prodotto interno lordo -spiega Jane Haltmaier, autrice della ricerca e senior adviser presso il dipartimento di Finanza Internazionale della Fed- è la somma della crescita nell'impiego e della crescita nella produzione per impiegato. La Cina dovrà affrontare problemi in entrambe queste categorie".
La crescita cinese ha trainato l'economia globale all'indomani della crisi del 2008 e un significativo rallentamento potrebbe avere ripercussioni su tasso di impiego, livello di produzione e utili delle aziende a livello globale. Secondo lo studio della Fed un argine al rallentamento economico cinese, giudicato comunque inevitabile, potrebbe essere costituito dall'aumento tasso d'istruzione. "In molti concordano sul fatto che la crescita economica cinese non possa mantenere gli stessi tassi di crescita dei passati decenni -afferma Haltmaier- Il punto però non è se la crescita rallenterà, ma da quando e in che misura". Secondo i dati delle Nazioni Unite, la popolazione cinese attiva sta diminuendo, ed entro il 2020 potrebbe essere superata da quella non attiva.
Il problema principale, secondo lo studio è che l'80% della popolazione attiva è già impiegata e c'è poco margine per aumentare questa percentuale in futuro, mentre, invece, il numero dei pensionati è destinato a salire. Per aumentare la produttività servirà una maggiore efficienza del comparto industriale: l'alternativa è quella di una crescita drogata dall'eccesso di investimenti, rischio che il Fondo Monetario Internazionale aveva già paventato a novembre dello scorso anno. "L'industria conta attualmente per circa la metà del Pil una percentuale molto più alta che in molti altri Paesi -si legge nello studio- e questo dato suggerisce che le fuoriuscite dal settore primario probabilmente ricadranno su quello terziario dove la produttività è più bassa".
IL FATTORE SOCIALE E LA GOVERNANCE
Le percentuali dei dati economici, però, si scontrano spesso con i fatti della vita reale, che possono prendere direzioni diverse da quelle teorizzate dagli analisti. A contribuire alla crescita cinese ci sarebbe un fattore in più: lo sbilanciamento tra i sessi a favore dei maschi che, secondo le statistiche, sarebbero penalizzati dall'alta concorrenza nel trovare moglie. Uno su nove corre il rischio di rimanere single a vita, e non per propria scelta. Secondo una ricerca condotta da Shang-Jin Wei della Columbia Business School, i giovani cinesi sarebbero motivati a lavorare duramente, risparmiare e a sviluppare un atteggiamento imprenditoriale per avere maggiori chance con il gentil sesso e andare incontro a un matrimonio felice. I genitori delle ragazze, invece, sarebbero incentivati a lavorare più a lungo per lasciare alla figlia una dote più cospicua che le permetta di puntare a un marito di successo. Questi due fattori combinati assieme inciderebbero sul Pil per circa due punti percentuali. Nè lo squilibrio tra i sessi, secondo lo studio, né l'effetto propulsivo di questo fenomeno sociale sulla crescita sono destinati a svanire a breve o a modificare la loro tendenza.
Unito a questo aspetto c'è poi il fattore governativo da tenere presente: la nuova classe dirigente, con il primo ministro Li Keqiang in testa, ha finora dato prova di consapevolezza dei problemi che il Paese deve affrontare nei prossimi dieci anni in cui sarà al governo, e se deciderà di prendere misure anche apparentemente drastiche sulla crescita, le porterà avanti con determinazione, cambiando il corso della propria economia. Grande fiducia nella determinazione della nuova classe dirigente (se terrà fede alle promesse fatte finora) e un fattore sociale ineludibile potrebbero essere alla base della tenuta economica nei prossimi decenni, su cui, in questo momento, sono sempre meno a scommettere.
CULTURA
PECHINO: VIA LIBERA AL CRISTIANESIMO.
SOLO IN TIBET
Anticipiamo il primo post del nuovo blog di AgiChina24 "Cina 3.0" di Claudia Astarita. Il blog sarà online a partire dalla prossima settimana.
di Claudia Astarita*
Twitter@CastaritaHK
Roma, 05 apr. - La politica religiosa della Repubblica popolare cinese sta diventando sempre più ambigua. Un esempio? Negli ultimi tempi la Cina iniziato a tollerare l’operato dei fondamentalisti cristiani in Tibet. Per due motivi: scardinare il credo locale e avere a disposizione una buona scusa per respingere le accuse della comunità internazionale di aver portato avanti sull’Himalaya una politica di assimilazione feroce e ingiusta.
Eppure, è dal 1949 che Pechino rincorre l’ideale dell’”uniformità religiosa”. Che dal punto di vista cinese significa l’affermazione di uno stato laico in cui l’unico punto di riferimento sia il Partito comunista. Ancora meglio se guidato da un leader carismatico facilmente associabile a una divinità “di fatto”, come è successo nel regno di Mao Zedong e in quello di Deng Xiaoping.
Si è affermata in quegli anni l’idea che qualsiasi credo alternativo andasse equiparato a una minaccia da stroncare sul nascere. Questo per evitare che i cinesi potessero essere liberi di scegliere se affidarsi interamente e totalmente al Grande o al Piccolo Timoniere, anche nei momenti di grande confusione e incertezza come possono essere stati la Rivoluzione Culturale e la tragedia di Tiananmen, o se cercare un conforto più intimo e personale in un credo alternativo.
Il Partito non ha mai fatto discriminazioni ad hoc tra Islam, Buddismo e Cristianesimo. Si è imitato a dichiararli fuori legge, e ha fatto lo stesso con movimenti spirituali come quello del Falun Gong . Per Pechino sono sempre stati tutti uguali, e colpevoli. Di un reato gravissimo: quello di sovversione.
Per capire cosa c’entra questa premessa con il nuovo orientamento del regime dobbiamo spostarci in Tibet, la regione autonoma annessa alla Repubblica popolare nel 1959, che convive da allora con l’esilio del suo leader spirituale, il Dalai Lama Tenzin Gyatso, con una politica di “assimilazione” forzata che si è fatta negli anni sempre più aggressiva, e che quasi sicuramente verrà costretta a rinunciare a uno dei principi base della sua religione, quello della reincarnazione del leader, perché il predestinato (Panchen Lama) riconosciuto da Tenzin Gyatso è stato rapito dalla polizia cinese e sostituito da un rappresentante più vicino a Pechino che, per ovvie ragioni, i tibetani considerano un invasore.
Negli ultimi decenni il Dalai Lama ha cercato in tutti i modi di tutelare il punto di vista del suo popolo, che chiede a gran voce l’autonomia, cercando un compromesso con la Cina nel nome della non violenza. Ebbene: dopo più di sessant’anni di tentativi falliti i tibetani non si fidano più nemmeno di lui. O meglio, pur senza mai metterne in discussione la superiorità di leader spirituale, ne hanno contestato l’efficacia di stratega politico, e hanno iniziato a organizzarsi per tentare di “liberarsi” da soli. Prima organizzando manifestazioni di protesta sempre più violente, poi inaugurando un macabro rituale di auto-immolazioni che ha recentemente superato le cento unità. Quelli dei tibetani sono gesti estremi, ispirati sia dalla disperazione sia dalla (triste) consapevolezza che nessuna potenza straniera metterà mai in discussione i propri legami con la Cina per proteggere una minoranza.
Da quando, nel 2009, le auto-immolazioni sono diventate sempre più frequenti, la quotidianità dei tibetani, purtroppo, è cambiata ben poco. Eppure, dopo cinque anni i giovani martiri dell’Himalaya un risultato lo hanno ottenuto. Anche se, purtroppo, non corrisponde all’obiettivo che si erano prefissati di raggiungere: la comunità internazionale ha chiesto alla Cina di fare qualcosa per fermare questo supplizio, e avendo gli occhi del mondo puntati su di se’ Pechino non può certo ricorrere alla violenza per risolvere il problema. Così ha trovato una strada alternativa: ha autorizzato i missionari fondamentalisti a fare proseliti sul suolo tibetano. Per sfruttare la loro collaborazione per scardinare i principi del buddismo dalle menti di questo gruppo di ribelli. Poco importa che in patria cattolici e protestanti, fondamentalisti e non, siano guardati a vista dalla polizia del regime e sia loro impedita qualsiasi attività. Anche i nemici più temuti possono diventare alleati se si mostrano interessati a combattere, al fianco del regime, per una “giusta” causa.
*Claudia Astarita è docente di politica cinese alla Luiss e a John Cabot University
venerdì 5 aprile 2013
Da non credere è veramente impressionante questo popolo
Turismo: i cinesi spendono
di più, superati i tedeschi
di Martina Ferrone
Roma, 5 apr.- I turisti cinesi strappano il primo posto ai tedeschi
come top spender e si piazzano in prima posizione. Seguono gli americani, con una spesa di 84 miliardi di dollari a testa nel 2012. Lo riferisce l'Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) secondo cui “l’ammontare della spesa dei turisti cinesi all’estero è aumentata di ben otto volte dal 2000, ed è passata dai 73 miliardi di dollari nel 2011 ai 102 miliardi nel 2012, con una crescita del 40%”.
Valigia alla mano anche per russi e brasiliani sempre più presenti in aeroporti e città d'arte. La Russia, in particolare, è passata dal settimo al quinto posto, con una spesa di 43 miliardi di dollari e una crescita del 43% rispetto all’anno scorso, e sta raggiungendo la Gran Bretagna, che detiene una spesa di 52 miliardi di dollari. Il Brasile, invece, è passato dal ventinovesimo al dodicesimo posto, con una spesa di 22 miliardi di dollari.
Ma è la Cina, dunque, il mercato con il tasso di crescita del turismo più elevato al mondo, e "il numero dei turisti cinesi che hanno visitato paesi stranieri è passato dai 10 milioni nel 2000 agli 83 milioni nel 2012. Questo è in gran parte dovuto all’aumento del reddito disponibile e ad una diminuzione delle restrizioni sui viaggi”, spiega l’OMT.
Il Segretario Generale dell’Organizzazione, Taleb Rifai, ha affermato: “L’impressionante crescita della spesa cinese per il turismo riflette l’entrata crescente della classe media nel mercato turistico”.
La German Travel Association (DRV) ha detto che ci si aspettava che la Cina avrebbe superato la Germania in termini di spesa, dato che il paese ha una popolazione superiore a quella di Stati Uniti, Russia ed Europa messi insieme. “Ma il fatto che ci abbia superati già adesso e in così poco tempo è stupefacente”, ha detto il presidente della DRV Juergen Buechy.
“I cinesi fanno viaggi di più lunga distanza rispetto ai tedeschi, che prediligono per lo più mete nel Mediterraneo, con una conseguente spesa inferiore”, ha aggiunto Buechy.
Nel Vecchio Continente fortemente colpito dalla crisi e dalla recessione economica, invece, paesi come Italia e Francia tirano la cinghia e riducono il proprio budget per le vacanze, con un calo rispettivamente dell’1% e del 6%.
A gennaio, l’OMT ha dichiarato che lo scorso anno, nonostante il periodo di crisi e incertezza economica, i turisti internazionali hanno superato 1 miliardo di presenze e questo numero è destinato ad aumentare nel 2013.
E' ufficiale la notizia di appena 15 minuti fa ma al Comune di Alghero sono troppo impegnati
Il Sole 24 ORE - Radiocor 05/04/2013 - 13:57
Cina: diventa leader nel mondo per spesa turistica nel 2012
Sorpassati Germania e Stati Uniti. Calo dell'1% per italiani
Radiocor - Parigi, 05 apr - In Cina, oltre al pil, cresce velocemente anche la voglia di viaggiare e Pechino e' diventata l'anno scorso la capitale del turismo mondiale. Come emerge dal rapporto diffuso da Unwto, l'organizzazione delle Nazioni Unite con sede a Madrid che segue i trend del turismo a livello globale, a coronamento di un decennio di continua crescita dei numeri del turismo, i visitatori cinesi hanno speso in tutto il mondo 102 miliardi di dollari l'anno scorso, un incremento della spesa del 41% rispetto ai 73 miliardi di dollari del 2011, che ha permesso al Paese di sorpassare 'pesi massimi' del turismo come Germania e Stati Uniti. Il numero dei turisti cinesi che hanno visitato siti esteri e' salito da 10 milioni circa nel 2000 a 83 milioni nel 2012. Germania e Stati Uniti si sono dovuti accontentare l'anno scorso del secondo posto con una spesa turistica di 84 miliardi di dollari ciascuno. Nel 2005 la Cina era settima al mondo a livello di spesa turistica dietro a Usa, Germania, Gran Bretagna, Francia, Giappone e Italia. A fine 2011 era risalita al terzo posto e l'anno scorso ha conquistato il primo. La spesa per turismo degli italiani e' invece diminuita dell'1% a 26 miliardi di dollari e quella dei francesi del 6% a 38 miliardi di dollari. Tra i Paesi emergenti spicca anche la crescita del mercato turistico in Russia (+32% a 43 miliardi di dollari) e Brasile (22 miliardi). In totale, secondo l'Unwto, l'anno scorso il mercato turistico ha coinvolto circa un miliardo di viaggiatori in tutto il mondo.
Red-mir-
giovedì 4 aprile 2013
Anche questo ci voleva.....Da brivido Big Jim vuole giocare alla guerra
POLITICA INTERNAZIONALE
COREA DEL NORD, "PRONTI ALL'ATTACCO ALL'AMERICA"
La linea cinese nei confronti di Pyongyang
di Eugenio Buzzetti e Sonia Montrella
Twitter@Eastofnowest
Twitter@SoniaMontrella
Pechino, 4 apr. - La Corea del Nord ha dato il via libera finale all'attacco nucleare nei confronti degli Stati Uniti. Con un comunicato ufficiale alla Casa Bianca e al Pentagono, Pyongyang aveva informato gli Stati Uniti che le minacce "saranno annientate da mezzi di attacco nucleare più efficaci, piccoli, leggeri e diversificati". Secondo quanto si legge nel dispaccio diffuso dall'agenzia di stampa nord-coreana KCNA, "la spietata operazione delle nostre forze armate rivoluzionarie a questo riguardo ha superato l'esame e la ratifica finale". Il regime retto da Kim Jong-un incolpa direttamente gli Stati Uniti dell'escalation della tensione, e avverte che "il momento dell'esplosione si avvicina rapidamente. Una guerra nucleare potrebbe esplodere nella penisola coreana oggi o domani".
Immediata la risposta statunitense, che "continua a esortare la leadership nord-coreana a cessare le minacce provocatorie e a scegliere la strada della pace rispettando gli obblighi internazionali", secondo quanto si legge in un comunicato della Casa Bianca. In precedenza, il segretario alla Difesa Usa, Chuck Hagel aveva dichiarato di prendere "sul serio" le minacce nord-coreane, e aveva esortato Pyongyang a mettere fine alla "pericolosa retorica".
Dopo l'annuncio del comunicato, Pyongyang ha trasportato dalla costa ovest alla costa est del Paese un missile a medio raggio Musudan che ha una gittata di tre-quattromila chilometri, secondo quanto riferito da fonti militari sud-coreane. Poco prima della diffusione della notizia, il Pentagono aveva confermato il dispiegamento delle unità anti-missilistiche e di un sistema di radar nella loro base militare sull'isola di Guam nell'oceano Pacifico, il bersaglio americano più vicino alla Corea del Nord. Secondo quanto riportato oggi dal quotidiano giapponese Asahi Shimbun, la Corea del Nord avrebbe schierato anche un missile KN-08 a lunga gittata sulla costa orientale, citando fonti locali, di Seul e Washington. Il KN-08 ha fatto la sua prima comparsa durante una parata militare nord-coreana nell'aprile dello scorso anno, ma secondo diversi esperti non sarebbe ancora pronto per l'utilizzo. Per un possibile attacco nord-coreano si guarda alla data del 15 aprile, in coincidenza con l'anniversario della nascita di Kim Il-sung fondatore della Corea del Nord e primo presidente, nonché nonno dell'attuale leader, Kim Jong-un.
Intanto, il blocco del polo industriale di Kaesong è giunto al secondo giorno. La Corea del Nord aveva bandito l'accesso ieri ai lavoratori e ai mezzi sud-coreani in attesa di attraversare il confine per recarsi al centro industriale situato a pochi chilometri dalla frontiera tra i due Paesi divisi dal trentottesimo parallelo. Solo alcuni degli 861 tra tecnici e manager del Sud rimasti all'interno del complesso dove lavorano anche 53mila nord-coreani erano stati rimpatriati nella giornata di ieri. Il ministro della Difesa sud-coreano, Kim Kwan-jin aveva dichiarato di considerare tute le opzioni, compresa quella militare nella circostanza. Secondo l'opinione di diversi funzionari sud-coreani, è però difficile che il Nord decida di prendere come ostaggi i lavoratori del Sud. Duecento di loro dovrebbero lasciare il centro nella giornata di oggi.
LA LINEA CINESE NEI CONFRONTI DI PYONGYANG
Un nuovo invito alla calma unito al "rammarico" per il divieto di ingresso nel polo industriale di Kaesong è stato espresso oggi dal portavoce del ministero degli esteri cinese, Hong Lei. La Cina invitato alla calma più volte nelle ultime ore e si è dichiarata "rammaricata" martedì scorso per la decisione di Pyongyang di riaprire il sito nucleare di Yongbyon, chiuso nel 2007, e che potrebbe essere operativo nei prossimi mesi. Pechino ha dichiarato il suo deciso no a una guerra o al caos nella penisola coreana nella giornata di ieri, tramite il vice ministro degli esteri, Zhang Yesui, che aveva incontrato funzionari delle due Coree e degli Usa. Hong Lei aveva sollecitato tutte le parti a "considerare gli interessi a lungo termine" e a "tenere presente l'obiettivo della denuclearizzazione della penisola", nonostante la decisione di Pyongyang, poche ore prima, di riaprire il sito di Yongbyon.
In un editoriale comparso il 2 aprile scorso sul Global Times -costola del più ufficiale Quotidiano del Popolo, organo del Partito Comunista Cinese- un analista indipendente, Zhu Zhangping, ritiene che sia il test missilistico di Pyongyang del dicembre scorso, che quello nucleare del 12 febbraio avessero come motivazione principale quella di riportare gli Stati Uniti al tavolo delle negoziazioni sul piano internazionale, e rafforzare la leadership di Kim Jong-un all'interno attraverso la propaganda militarista e le azioni mirate contro gli Stati Uniti e la Corea del Sud. "Quello che la Cina dovrebbe fare ora -scrive l'analista- è offrire protezione alla Corea del Nord fornendo, in caso di bisogno, un aiuto nucleare così come gli Stati Uniti fanno con Giappone e Corea del Sud, ma allo stesso tempo, dovrebbe cercare di convincere Pyongyang ad abbandonare i suoi programmi nucleari".
Fino alla crisi degli ultimi giorni, la politica cinese nei confronti del vicino nord-coreano si poteva riassumere in tre no: "no alla guerra, no al caos, no al nucleare". Una delle ragioni per la ricerca della stabilità nella regione si può trovare nei dati commerciali. Nella prima metà del 2012 gli interscambi ammontavano a 3,14 miliardi di dollari, il 24,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2011. Ma nonostante il rapporto privilegiato tra Pechino e Pyongyang -con quest'ultima che vede nella Cina il suo più importante alleato- il dissenso negli ambienti intellettuali, anche tra quelli più vicini al Partito, sono molti nel Dragone: c'è chi come Zhang Lianghui, esperto di Corea del Nord alla Scuola Centrale del Partito ritiene che una Corea dotata di ordigni nucleari sia un pericolo anche per la Cina. Ancora più chiaro Zhu Feng, professore di Relazioni Internazionali all'Università di Pechino, secondo cui sarebbe proprio la Cina la prima vittima della nuclearizzazione di Pyongyang, sostenendo che il test nucleare del febbraio scorso va contro gli interessi cinesi e che la Cina dovrebbe essere più esplicita nel manifestare il proprio dissenso da Pyongyang. Shen Dingli aveva poi invocato in un articolo la rottura netta con Pyongyang.
La linea ufficiale sembra però altalenante. Il massimo giornale cinese, il Quotidiano del Popolo, in un articolo delle scorse settimane esprimeva il proprio disaccordo con chi riteneva che i recenti eventi avessero mostrato il fallimento della politica cinese nei confronti del riottoso vicino. Per l'organo del PCC chi si esprimeva in tal senso aveva "secondi fini". Esiste un malessere strisciante nei confronti della Corea del Nord, manifestato da chi ritiene il Paese più un peso che un alleato strategico, ma anche chi si esprime in questo senso sottolinea come uno sganciamento cinese dalla Corea del nord non rappresenti un passo in avanti nella direzione statunitense. Secondo l'opinione di alcuni alti funzionari, come Cui Tiankai, non ci sarebbe un accordo tra le due potenze su una linea comune per trattare la questione. In occasione dei lavori della Conferenza Consultiva Politica del Popolo, Cui aveva dichiarato che la condanna cinese del test nucleare di Pyongyang del 12 febbraio scorso non significava il "raggiungimento di un accordo" tra Cina e Usa per l'imposizione di sanzioni sulla Corea del Nord". Resta da capire come si comporterà il ministero degli esteri di Pechino al di là delle dichiarazioni ufficiali. Il nuovo ministro, Wang Yi, era stato scelto proprio perché esperto di Giappone e di Corea del Nord. Tra il 2007 e il 2008 aveva rappresentato la Cina nei colloqui a sei per il disarmo nucleare di Pyongyang. Il suo silenzio, finora, rimane assordante.
COREE: 4 MESI DI ESCALATION TRA NORD E SUD
Una penisola senza pace: dalla divisione nel 1945 all'altezza del 38mo parallelo, le due Coree non hanno mai smesso di farsi la guerra. Ci fu il conflitto in Corea del 1950 e l'accordo del 1972 per una riunificazione pacifica, la breve ripresa delle ostilita' nel 1983 dopo un attentato in Birmania contro il presidente sudcoreano.
La tensione e' tornata ai livelli di guardia nel marzo 2010 quando la corvetta sudcoreana Cheonan con 104 persone a bordo venne affondata da un siluro e morirono 46 marinai. Un rapporto del sud sostiene che il siluro era nordcoreano. Nel novembre scorso a surriscaldare i rapporti sono state le manovre congiunte Washington-Seul nel Mar Giallo, con la dura reazione di Pyongyang sfociata in un'escalation militare e verbale senza precedenti.
Questa la cronologia:
12 Dicembre 2012 - la Corea del nord lancia un missile a lunga gittata, dopo il fallimentare tentativo di aprile. La comunità internazione denuncia la mossa del regime, mentre Pyongyang alza i toni della disputa escludendo la possibilità di nuovi negoziati. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu condanna il lancio di dicembre ritenuto "una sfida all'Onu e una violazione delle risoluzioni del Consiglio". Da parte sua la Corea del Nord annuncia l'intenzione di condurre il terzo test nucleare preventivo contro gli Usa.
12 febbraio 2013 - Pyongyang conduce, sotto lo sguardo preoccupato dei vicini del sud, dei cinesi, dei giapponesi e del resto della comunità internazionale, il suo ultimo test nucleare, il terzo dopo quello del 2006 e del 2009. Il test produce scosse sismiche artificiali in Corea del Sud e Giappone di magnitudo 5.1 sulla scala Richter secondo i rilevamenti della o US Geological Survey. "Una provocazione inaccettabile" tuona Washington mentre la Cina "si oppone fermamente" all'iniziativa dell'alleato. "La posizione della Cina -si legge in una nota del ministero degli Esteri- rimane quella di realizzare la denuclearizzazione della penisola, prevenire la proliferazione nucleare e mantenere la pace e la stabilità nella regione".
7 marzo 2013 - Dopo tre settimane di contrattazioni, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si chiude al Palazzo di Vetro per votare il nuovo pacchetto sanzioni contro Pyongyang sostenuto dagli Stati Uniti e, per la prima volta, dalla Cina.Tradizionalmente restia a inimicarsi il vicino, la Cina, che fino ad oggi si era limitata a condannare le iniziative del regime, scende in prima fila. "Bisogna mandare un segnale forte i risposta al fatto che i test nucleari (condotti da Pyongyang) vanno contro il volere della comunità internazionale" ha dichiarato l'ambasciatore cinese all'Onu Li Baodong. Salvo poi asserire il giorno seguente, per bocca del ministro degli Esteri Yang Jiechi, che l'unica via per risolvere la questione è quella del dialogo e non delle sanzioni. I 15 membri approvano all'unanimità il documento. Il regime, che già poche ore prima l'inizio del meeting aveva minacciato di sferrare un attacco nucleare "preventivo" contro gli Stati Uniti e qualsiasi altra potenza ostile, va su tutte le furie.
8 marzo 2013 - L'ira dei nordcoreani non tarda a esplodere. La conseguenza è l'annuncio di rendere nullo il patto di non aggressione nel 1991 che impegna alla risoluzione pacifica delle controversie tra le due Coree e alla prevenzione di incidenti militari tra i due Paesi. Non solo: a rischio anche la linea diretta d'emergenza con Seoul.
11 marzo 2013 - Nel sud della penisola le truppe di Seoul e Washington danno il via alle manovre militari congiunte, un'esercitazione denominata 'Key Resolve' e che durerà due settimane. Pyongyang taglia la "linea rossa" telefonica con Seul scagliandosi contro le manovre congiunte, considerate un test per l'invasione del suo territorio e denunciando il Trattato di non aggressione con Seoul.
19 marzo 2013 - Bombardieri Usa B-2 sorvolano la penisola coreana
20 marzo 2013 - Vengono sabotate le reti informatiche del Sud Corea, sospettata Pyongyang
27 marzo 2013 - la Corea del Nord taglia anche la linea di comunicazione militare con Seul: tutti i contatti intergovernativi e militari tra i due Paesi sono ufficialmente sospesi. "Da oggi le comunicazioni militari Nord-Sud saranno tagliate", rende noto l'agenzia ufficiale Kcna, citando un ufficiale militare. "Nella situazione in cui una guerra può scoppiare in qualsiasi momento, non c'e' alcun bisogno di mantenere le comunicazioni militari Nord-Sud", spiega poi al telefono un funzionario alla controparte sudcoreana prima che la linea fosse disconnessa; la fonte ha aggiunto che il collegamento rimarrà interrotto fino a quando "continueranno gli atti anacronistici e ostili" da parte di Seul.
30 marzo 2013 - La Corea del Nord annuncia di essere entrata in "stato di guerra" con il Sud.
31 marzo 2013 - La Corea del Sud annuncia nuove manovre militari congiunte con gli Usa nel mese aprile. Pyongyangminaccia: colpiremo le 3 basi Usa in Giappone. In risposta, gli Stati Uniti fanno sapere di aver spostato un numero imprecisato di caccia 'stealth' F-22 Raptor dal Giappone alla Corea del Sud.
1 aprile 2013 - La Corea del Sud si dice pronta a rispondere "con forza" a qualsiasi attacco sul suo territorio.
2 aprile 2013 - La Corea del Nord annuncia la decisione di riavviare l'impianto nucleare di Yongbyon, sede di un reattore messo a riposo nel 2007.
3 aprile 2013 - Pyongyang annuncia il blocco dell'accesso al complesso di Kaesong, zona industriale comune, operativa dal 2004, che si trova in territorio nordcoreano a 10 chilometri dalla frontiera. Un'iniziativa analoga era stata intrapresa nel marzo 2009 come protesta per un'esercitazione militare congiunta tra Seul e gli Stati Uniti, ma il blocco era durato solo 24 ore.
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