giovedì 31 gennaio 2013
In Sardegna l'investitore cinese è gradito ? o preferiamo la Qatar Holding che ha presentato al Comune di Arzachena il suo Piano per costruire la Costa Smeralda a ******?
Il Sole 24 ORE - Radiocor 31/01/2013 - 10:43
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
*** Cina: imprese vogliono incrementare gli investimenti in Europa
Considerata piu' attraente dell'America del Nord
Radiocor - Milano, 31 gen - Le societa' cinesi hanno in programma di accelerare gli investimenti in Europa, considerata piu' attraente dell'America del Nord, ma meno attraente rispetto alla maggior parte dei mercati emergenti. Secondo uno studio pubblicato oggi dalla Camera delle imprese europee in Cina, il 97% delle societa' cinesi intervistate che ha risposto al questionario della Camera ha detto che avrebbe continuare a investire in seno all'Unione europea e piu' di quattro su cinque (l'82%) vuole investire di piu' rispetto al passato. Il clima per gli investimenti cinesi e' percepito come favorevole nell'Ue come in Nord America dal 45% delle imprese, il 33% lo ritiene piu0 favorevole, mentre solo il 21% lo considera meno favorevole. Al contrario, l'Europa e' vista come meno attraente dell'Africa, del Medio Oriente e dell'America Latina, ma le considerate migliori che nel Sud Est asiatico, nonostante la forte presenza di minoranze cinesi in questa regione.
mercoledì 30 gennaio 2013
A Pechino scricchiolano le amministrazioni locali un po come gli scricchiolii di Alghero
ECONOMIA
EVITATA (PER ORA) LA CRISI DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 30 gen. - Il governo cinese sembra avere scampato la crisi del debito delle amministrazioni locali. O, almeno, averla rinviata. I tre quarti dei prestiti che dovevano maturare a fine 2012 sarebbero stati prorogati dalle banche cinesi. Si tratta di una cifra che potrebbe essere superiore, secondo i calcoli del Financial Times, ai tremila miliardi di yuan, circa 355,5 miliardi di euro. Entro la fine del 2012, la cifra che le amministrazioni locali avrebbero dovuto ripagare ammontava a circa quattromila miliardi di yuan, pari a 474,2 miliardi di euro, più interessi, ma le banche del Dragone avrebbero deciso di prorogare il pagamento per evitare il default delle amministrazioni più esposte.
La vicenda del debito delle amministrazioni locali è scoppiata nel luglio 2011, e a tutt'oggi rimane il più grande cruccio finanziario del Dragone. All'epoca l'agenzia di rating Moody's aveva rilevato un "buco" di 3500 miliardi di yuan che si andavano ad aggiungere agli altrettanti già stimati dal governo di Pechino. Un'ulteriore verifica ordinata dalle autorità centrali sulla reale situazione contabile dei governi locali aveva appurato uno scenario ancora peggiore, con un debito delle amministrazioni periferiche a quota 10700 miliardi di yuan. Con questa cifra, Pechino deve fare i conti ancora oggi. L'accumulo del debito viene imputato alla disinvoltura con cui i governi locali riuscivano ad ottenere prestiti per le infrastrutture tramite le Local Investment Companies (LIC) agenzie semi-pubbliche che potevano ricevere prestiti dalle banche presentando il loro asset più prezioso, la terra, che in Cina è proprietà dello Stato. Con questo sistema, le LIC aggiravano legalmente i limiti al finanziamento diretto alle amministrazioni locali. Le LIC hanno poi iniziato a emettere bond locali non legati a un singolo progetto, ma frazionabili in diversi prodotti finanziari. L'enorme emissione di questi bond era basata sul fatto che le piattaforme finanziarie che li emettevano davano per scontata la solvibilità delle amministrazioni locali.
Difficile, però, fare calcoli accurati. La commissione regolatrice del settore bancario cinese annuncia solo le cifre dei prestiti insoluti delle amministrazioni locali, ma non rivela dettagli sugli interessi o sulle condizioni di rifinanziamento degli stessi. Secondo le cifre rese pubbliche finora, gli economisti sarebbero inclini a pensare che le banche abbiano deciso di posticipare il pagamento degli interessi su larga scala per prevenire il default finanziario dei governi locali più indebitati. Fino a questo momento, a un tasso di interesse del 6% all'anno, le amministrazioni locali cinesi dovrebbero avere ripagato circa mille miliardi di yuan. Secondo le cifre mostrate dalla commissione regolatrice bancaria cinese, alla fine del 2012 i prestiti ancora insoluti ammontavano a 9200 miliardi di yuan. E secondo l'ufficio nazionale di revisione dei conti, il 42% del totale del debito -i quattromila miliardi di yuan- era destinato a maturare entro la fine dello scorso anno.
Il primo ministro uscente Wen Jiabao ha sempre dichiarato la propria fiducia nei confronti della solvibilità da parte delle amministrazioni locali. "Il livello del debito è sotto controllo ed è al sicuro" aveva dichiarato Wen al parlamento lo scorso anno. Ad assicurare la tenuta del sistema c'erano "asset di alta qualità, con un cash-flow stabile e guadagni promettenti". Insomma, un po' alla vota, il debito sarebbe rientrato. Ma entro quando, al ritmo attuale? Secondo Stanley Li, analista del settore bancario per il gruppo Mirae Asset Securities, "ci vorranno più di dieci anni per ripagare i prestiti".
La situazione non è, però, ancora stabile. Secondo un'inchiesta condotta dal sito web del settimanale economico Caixin nei giorni scorsi, è in crescita tra le amministrazioni locali un certo nervosismo per nuove norme che potrebbero cambiare il sistema dei prestiti per la realizzazione di infrastrutture. Il timore delle amministrazioni locali è quello di una stretta creditizia che le metterebbe in seria difficoltà: alcuni temono, addirittura, la possibilità di un default di quelle più esposte. Secondo gli analisti, è possibile che possa verificarsi una significativa diminuzione nell'emissione di bond da parte delle piattaforme finanziarie, dopo che uno dei nuovi regolamenti fisserebbe il tetto della loro emissione al 40% del valore totale degli asset a disposizione della società, con il risultato di una minore liquidità in circolazione. In base alle nuove regole, la libertà di azione delle amministrazioni locali per i progetti infrastrutturali in condivisione delle spese con aziende private sarebbe ristretta a progetti specifici come case popolari o autostrade.
martedì 29 gennaio 2013
E' ferma volontà dalla riunione di ieri
PCC: PIU' DEMOCRAZIA NEL RECLUTAMENTO XINHUA 3
PECHINO, 28 gen.a Il Partito Comunista Cinese ha votato per la espansione della democrazia nel reclutamento di nuovi membri.
E' quanto emerge dalla riunione del Politburo presieduta dal Segretario Generale Xi Jinping. "Bisogna seguire pedissequamente i criteri, in particolar modo quelli politici e rafforzare la istruzione di coloro che desiderano unirsi al PCC, ampliando la democrazia nel processo di reclutamento".
Per migliorare la qualita' del reclutamento sono necessari disciplina e iter lavorativi rigorosi.
anche noi speriamo si rafforzi l'amicizia con la Cina.....tubature di Abbanoa a parte
Il Sole 24 ORE - Radiocor 28/01/2013 - 14:49
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
### Cina: l'asse con il Myanmar passa dall'energia - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 28 gen - Nelle tubature che corrono in Myanmar e' possibile che fluisca e si rafforzi l'amicizia con la Cina. Messa in dubbio dai recenti avvenimenti, la partnership con Pechino trova nel completamento delle infrastrutture un valido banco di prova. La visita nel paese del vice ministro degli esteri - Fu Ying - ha dato infatti impulso al completamento delle pipeline tra i due paesi. L'oleodotto e il gasdotto pronti tra pochi mesi porteranno combustibili nella provincia dello Yunnan dopo un percorso di 1.100 km, la maggioranza dei quali in territori birmano. Il Paese e' materialmente tagliato in due, dal sud ovest al nord est. Il petrolio proveniente dal Medio Oriente terminera' il suo viaggio nel porto di Kyaukpyu, mentre il gas iniziera' il percorso dai campi di Shwe, nella parte birmana del Golfo del Bengala. Quando inizieranno le operazioni - probabilmente nel Maggio 2013 - il collegamento marchera' il primo passo verso un'alternativa possibile alla via tradizionale, dove transita l'80% del petrolio diretto in Cina. Le petroliere non saranno piu' obbligate a passare attraverso lo Stretto di Malacca, doppiare Singapore e risalire nelle acque del Mar Cinese Meridionale, ora tormentate da dispute territoriali con Giappone, Filippine e Vietnam. Il progetto e' stato iniziato nel 2007, quando Myanmar ha trovato in Pechino un alleato solido e affidabile, uno dei pochi su cui contare dopo le sanzioni che lo avevano colpito. In una pragmatica partnership di vicinato, Naypydaw (la nuova capitale birmana) aveva sostanzialmente consegnato il destino economico del paese a Pechino, sia per gli scambi commerciali che gli investimenti. Il Dragone e' vorace di energia - della quale Myanmar e' ricchissima - ed e' interessato strategicamente ad uno sbocco nell'Oceano Indiano. Uno dei risultati di questa convenienza e' stata la costruzione dell'oleodotto e del gasdotto, realizzata dal gigante statale cinese Cnpc, China National Petroleum Corporation. Tuttavia, la stretta amicizia con la Cina ha tentennato con l'avvio delle riforme che Myanmar ha avviato nel 2011. La giunta militare e' parzialmente rientrata nei ranghi, un governo civile guida il paese, elezioni locali sono state tenute, il premio Nobel Aung San Suu Ky e' stata liberata. A queste prove di democrazia, l'Occidente ha risposto con una prudente apertura di credito. Le sanzioni sono state sospese e Myanmar non e' piu' considerato ai margini della comunita' internazionale. Addirittura Barack Obama si e' recato nel paese lo scorso novembre, nella prima visita all'estero dopo la rielezione. Questa nuova situazione rende la Cina non piu' indispensabile ma soltanto preziosa. Un primo avviso e' scaturito dalla sospensione dei lavori per la diga di Myitsone, decisa dal governo birmano nel 2011 per ragioni ambientali. Da allora il progetto, finanziato dalla Cina per assicurarsi una fonte suppletiva di energia, viene considerato un simbolo della volonta' birmana di ritrovare un pur modesta indipendenza dal vicino asiatico. Quando saranno completati, i nuovi oleodotti e gasdotto sposteranno il pendolo delle alleanze nell'altra direzione, ma e' probabilmente un movimento che sara' frequente nel futuro, un passaggio inevitabile quando si rientra nella complessita' dello scacchiere internazionale.
* presidente di Osservatorio Asia
Boh Boh ...Questi crescono sempre Wozza
Il Sole 24 ORE - Radiocor 28/01/2013 - 09:14
Breaking News 24
***Cina: +5,3% profitti maggiori imprese industriali nel 2012
Nel solo mese di dicembre +17,3%
Radiocor - Pechino, 28 gen - I profitti delle maggiori imprese industriali in Cina sono saliti l'anno scorso del 5,3% rispetto al 2011 e del +3% del periodo gennaio-novembre. Lo comunica l'Ufficio nazionale di statistica, precisando che l'anno scorso gli utili delle maggiori imprese industriali cinesi si sono collocati a 55.578 miliardi di yuan. Nel solo dicembre l'aumento e' stato del 17,3% a 895,2 miliardi di yuan e a novembre del 22,8%. In dettaglio gli utili delle maggiori imprese industriali pubbliche sono cresciuti del 5,1% rispetto al +20% delle private.
Red-pal
Ovviamente quelli occulti onde evitare minimo 20 anni di galera
Agenzia Xinhua
GUANGDONG AI FUNZIONARI: DICHIARATE I PATRIMONI
Pechino, 28 gen. - Nuova misura anti-corruzione nella provincia meridionale cinese del Guangdong; nel mirino oltre 500 funzionari cui e' stato richiesto di rivelare il loro stato finanziario.
"Il governo della contea di Shixing chiedera' a 526 suoi funzionari, inclusi capi di dipartimento e amministratori di contee, di dichiarare i loro patrimoni familiari ". Questo e' quanto annunciato da Zheng Zhentao, capo del partito della citta' di Shaoguan, che amministra Shixing, durante la prima sessione del dodicesimo Congresso della Provincia del Guangdong.
Secondo Zheng, anche lui deputato del corpo legislativo provinciale, i patrimoni che i funzionari sono tenuti a dichiarare devono includere salari, incentivi e sussidi, guadagni sul lavoro, proprieta' di beni immobili, macchine ed investimenti.
Zheng ha dichiarato che lo stato finanziario di questi funzionari sara' disponibile per un'inchiesta nella rete interna governativa dopo la festa di primavera , che cadra' il 10 di Febbraio.
"Renderemo pubblici in modo appropriato e sotto la guida delle autorita' provinciali di controllo, i loro stati finanziari" asserisce il capo del partito ed aggiunge che il governo proseguira' nella divulgazione delle finanze dei funzionari, raccogliendo esperienze dal programma.
lunedì 28 gennaio 2013
CONVENIENTE IMU A PARTE
REAL ESTATE
OPPORTUNITÀ DI INVESTIMENTO NELL'IMMOBILIARE ITALIANO
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 28 gen. - Il settore immobiliare italiano è stabile e offre grandi prospettive per gli investitori cinesi. E' il messaggio del "Seminar on real estate investment in Italy", evento organizzato dal gruppo World Capital, attivo nel realestate, in collaborazione con l'ambasciata italiana in Cina sulle possibilità di investimento da parte di potenziali acquirenti cinesi nel settore immobiliare in Italia. Durante l'incontro sono stati analizzati anche gli aspetti legali, di imposizione fiscale, e legati all'immigrazione per l'acquisto di un immobile da parte di investitori cinesi nel nostro Paese. Tra i presenti all'incontro c'erano l'ambasciatore d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, Alberto Bradanini, il coordinatore degli uffici per l'Istituto del Commercio Estero, Antonino Laspina, la vice presidente della Camera di Commercio Italiana in Cina, Sara Marchetta, e il manager per il settore marketing e vendite di World Capital Italia, Marco Clerici.
"L'Italia è un Paese con una moneta forte -ha dichiarato l'ambasciatore Bradanini nel discorso di introduzione del seminario- ed è in grado di assicurare garanzia e protezione agli investimenti. Il mercato immobiliare è uno dei più stabili e non è soggetto a movimenti ondivaghi che possono suscitare preoccupazioni negli investitori". L'ambasciatore ha poi ricordato i vantaggi di un investimento immobiliare nel nostro Paese. "Se si cerca un appartamento in una città storica, con monumenti vicino a casa, l'investitore cinese potrà trovare queste caratteristiche solo in Italia". Da non dimenticare, poi, per gli investitori del Dragone, le agevolazioni che ci sono nell'ottenimento dei visti per chi deicide di investire in una proprietà nel nostro Paese. "Il cittadino cinese che dichiara di volere acquistare in Italia e lo può dimostrare -ha proseguito Bradanini- può ottenere agevolazioni nei visti e ottenere un visto di residenza elettiva che dopo dieci anni può diventare una cittadinanza vera e propria".
Non solo arte e cultura, un investimento immobiliare in Italia può rappresentare una possibilità di investimento per l'acquirente cinese. "Il real estate non è solo per i cinesi ricchi -ha affermato Antonino Laspina, il coordinatore degli uffici ICE in Cina- ma anche per le imprese cinesi che vogliono insediarsi in Italia". Laspina ha poi ricordato la storia dei rapporti commerciali tra i due Paesi, che nasce negli anni Sessanta con "il contributo italiano all'industrializzazione cinese tramite l'introduzione di macchinari per l'industria" e prosegue negli anni Ottanta con la creazione di joint venture e la crescita di interscambi. "Nonostante il calo del 2011 e 2012 -ha concluso Laspina- l'interscambio tra i due Paesi rimane sempre attorno ai quaranta miliardi di euro".
Sul valore dell'investimento nel real estate si concentra, invece, l'intervento di Marco Clerici, di World Capital Italia. "In Italia la proprietà è per sempre -spiega Clerici- e il mercato immobiliare è stabile. Rispetto al settore immobiliare spagnolo o statunitense, la l'andamento dell'immobiliare italiano presenta un basso rischio e una costante rivalutazione dell'immobile". Clerici ha poi sottolineato la convenienza dell'acquisto in Italia in questo momento in cui il cambio Euro-Yuan è favorevole all'acquirente cinese e i "rendimenti costanti degli immobili rappresentano una garanzia di buona rivendibilità" degli stessi in futuro.
domenica 27 gennaio 2013
e noi continuiamo sempre a guardare la pagliuzza per non vedere la trave. Crisi in Cina è sopratutto opportunità anche se il primo carattere significa pericolo
MERCATI
VINO: IL ROSSO
CHE PIACE AI CINESI
di Nataly Ada Rivera
Roma, 25 gen.- Sono passati 121 anni da quando, nel 1892, un intraprendente mercante cinese d’oltremare di nome Zhang Bishi decise di investire tre milioni di tael per fondare a Chefoo (antico nome della città di Yantai nello Shandong), la prima azienda vinicola nella storia cinese.
Oggi non sono necessarie presentazioni: la Changyu Pioneer Wine Company è al momento una delle più importanti aziende vinicole in Cina.
Attualmente il vino nel Gigante asiatico è un mercato emergente ma destinato a uno sviluppo rapido. Con l’assimilazione dei gusti e delle abitudini di vita occidentale da parte della classe media in rapida ascesa, bere vino sta diventando una abitudine sempre più diffusa a Shanghai, Pechino, Guangzhou, Shenzhen ma anche in quelle di seconda fascia come Wuhan, Hangzhou, Dalian, Xiamen, etc.
La crescita del mercato del vino importato è stata favorita negli ultimi anni dalla riduzione dei dazi doganali sui vini d’importazione (scesi dal 65% al 14%), in conformità agli accordi stipulati con il WTO, di cui la Cina è stato membro dal 2001.
PROSPETTIVE DI SVILUPPO
Secondo il rapporto 2012 dell’Istituto Britannico International Wine and Spirit Research (IWRS), la Cina, con i suoi 19 milioni di consumatori abituali, è il quinto consumatore di vino al mondo dopo Stati Uniti, Italia, Francia e Germania.
Il mercato del vino cinese è riuscito a mantenere una crescita costante nel corso del primo trimestre del 2012, con un fatturato di 9,875 miliardi di yuan (1190 miliardi circa di euro), in crescita del 9,92% rispetto allo stesso periodo del 2011. L’espansione del mercato sale dunque a un ritmo del 20% annuo, pari a 14 milioni di ettolitri, tanto che per il 2014 si prevede addirittura il raddoppio.
Non solo. Sempre secondo il rapporto dell’istituto IWRS nel 2016 il Dragone consumerà 3 miliardi di bottiglie di vino annue, diventando così il primo mercato globale nel giro di 20 anni.
Nonostante la dimensione delle cifre bisogna comunque tenere in conto che il consumo annuale pro capite di vino nel paese (0,38 litri nella media nazionale e 0,7 litri nei centri urbani) è ancora basso se paragonato a quello di stati come la Francia (47,7 litri), l’Australia (23,7 litri) o il Regno Unito (20,6 litri).
Due le fasce principali per il commercio del vino: la prima è il mercato basato sulla vendita di vini di qualità inferiore, in cui i produttori nazionali sono imbattibili in termini di prezzo, la seconda è quella dell’alta qualità, guidata dal Bordeaux francese e da altri vini costosi ed importati.
SULLA STESSA BARCA
I produttori cinesi, colti alla sprovvista dall’arrivo dei concorrenti stranieri - oggi quasi un terzo del mercato - si stanno attrezzando per mantenere una quota importante in un mercato nel quale operano da una posizione privilegiata rispetto ai canali di vendita e distribuzione.
Per il 2013 il mercato cinese annuncia un cauto ottimismo. Nonostante le difficoltà nella produzione di qualità, gli ‘incidenti di percorso’ (ad agosto 2012 vennero trovati residui di pesticidi in alcune delle bottiglie di uno dei colossi cinesi nel vino) e la concorrenza dei vini importati, le entrate del settore e l’aumento dei profitti sono evidenti e il piano è quello di aumentare i vigneti ed espandere la produzione domestica.
I giganti del vino cinese (Changyu, Great Wall, Dinasty,etc.) stanno lavorando sodo per migliorarsi e nel farlo si avvalgono anche di joint ventures con aziende straniere (per lo più francesi) e della collaborazione di risorse estere come enologi, sommelier, apparecchiature all’avanguardia, etc.
Il detto cinese tong zhou gong ji “stare stretti insieme sulla stessa barca” sembra dunque la loro soluzione per affrontare insieme il nuovo mercato del vino, almeno nella fase iniziale.
Nella pratica questo “darsi la mano” è anche un modo per rispondere ad una domanda del nettare di Bacco superiore all’offerta domestica.
Un’altra strategia è quella di ricorrere agli acquisti direttamente all’estero. È questo il caso ad esempio dell’azienda Great Wall che ha acquisito la cilena Biscottes e il francese Château de Viaud creando il primo gruppo vinicolo internazionale cinese e sta inoltre pensando di acquisire altre note aziende della California e dell’Australia con lo scopo di innalzare la qualità internazionale dei propri vini.
Se in passato il governo si è mostrato poco attento al settore, ultimamente in Cina le cose sembrano prendere una nuova piega. Il ministero cinese dell'Industria e quello dell'Agricoltura il 1 luglio 2012 hanno pubblicato congiuntamente il 12 ° piano quinquennale per lo sviluppo del settore del vino cinese. L’obiettivo è quello di sostenere la creazione di aziende vinicole e l’innovazione tecnologica del settore, fornendo le clausole relative alla promozione del progresso tecnico e assicurando un sano sviluppo anche a livello ambientale.
Bisogna considerare che, paradossalmente, l’impegno delle aziende cinesi nella diffusione della bevanda e della sua cultura può rivelarsi un vantaggio per i vini importati.
I VINI ESTERI E IL TRICOLORE
L’import di vino dalla Ue è aumentato ad un tasso annuo del 68% per un valore di circa 1,7 milioni di ettolitri. Per quanto riguarda il vino italiano nel 2011 ha visto crescere le sua presenza del 68% in volume e del 99% in valore. Nei primi 9 mesi del 2012, le esportazioni dall’Italia verso la Cina sono cresciute arrivando a toccare i 73.7 milioni di USD, in aumento del 7.9% rispetto allo stesso periodo di gennaio-settembre 2011.
In base agli ultimi dati elaborati dall’ICE il paese asiatico, nel suo complesso, non rappresenta ancora un mercato maturo per i vini d’importazione; tuttavia il ritmo di crescita sostenuto degli ultimi anni offre quindi interessanti opportunità commerciali nel medio - lungo termine.
Nonostante la qualità indiscussa e universalmente riconosciuta, in Cina la quota del nostro vino è ancora modesta, non oltre il 6%, al quinto posto dopo Francia (che detiene ben il 55%), Australia, Cile e Spagna.
Se l’Italia in generale si posiziona al 5° posto dopo Francia, Australia, Cile e Spagna, occupa invece il 3° posto per i vini in bottiglia, dopo la Francia e l’Australia, con una quota del 6,1%. Per i vini frizzanti (5.2 milioni di USD, +38.5%) si conferma un trend positivo e la seconda posizione dell’Italia dopo la Francia, anche se i valori restano modesti.
Buona parte dei vini importati sono destinati al canale HoReCa (hotel, ristoranti, caffetterie, catering), mentre la parte per la grande distribuzione è ancora modesta.
PROFILO DEL CONSUMATORE CINESE
Il numero attuale dei consumatori abituali di vino in Cina supera i 10 milioni, mentre 20 milioni sono i consumatori occasionali. E le stime prevedono una sensibile crescita nei prossimi anni, secondo le previsioni sul rapporto di IWSR infatti nel 2015 il consumo pro capite di vino in Cina salirà a 1,9-2 litri.
Il consumatore cinese è solitamente maschio - anche se negli ultimi tempi stanno aumentando le donne - con un livello d’istruzione universitario e una fascia di età compresa tra i 25 e i 50 anni.
Le occasioni in cui si consuma il vino sono per lo più legate al business (regali aziendali o cene d’affari) o a festività come Capodanno cinese o matrimoni. Quasi mai viene acquistato per il consumo personale.
Negli ultimi anni nelle città di prima fascia sta crescendo il numero di negozi specializzati nella vendita di vini (wine shop), in cui si organizzano corsi e degustazioni. E i cinesi si mostrano sempre più interessati ad approfondire la conoscenza del vino partecipando a eventi, corsi e degustazioni organizzati nei grandi centri stimolano un passaggio dal “bere “ al “degustare”. Al momento il consumatore tipo beve vino per il suo valore di status symbol e lo sceglie in base al brand, alla regione di provenienza e al prezzo.
Può capitare inoltre che la bottiglia venga portata a tavola con il prezzo in bella vista, tuttavia quello che a noi può sembrare ostentazione di dubbio gusto in realtà in Cina serve ad identificare il prodotto, infatti non conoscendo bene il vino, spesso l’unico modo che il cliente ha per giudicarlo è il costo. Chi non sceglie il vino per lo status symbol, ma come bevanda per accompagnare il pasto o festeggiare di solito è sensibile al fattore prezzo.
Le vendite in Cina dipendono oggi per il 40% in valore dall’acquisto di vini costosi da parte del 22% dei bevitori, soprattutto uomini d’affari, mentre il segmento numericamente più importante dei consumatori, il 50%, acquista solo per un terzo in valore delle vendite.
È questa tuttavia la categoria su cui sarebbe necessario puntare per garantire uno sviluppo del mercato del vino a lungo termine.
I vini italiani più apprezzati e diffusi al momento sono quelli piemontesi e toscani con le loro diverse varietà di rosso: Barbaresco, Barolo, Chianti, Brunello di Montalcino. Se i consumatori di sesso maschile preferiscono un vino rosso, a bassa acidità, con pochi tannini, morbido e semplice da bere, alle donne aggrada quello più dolce, oppure fruttato e con un basso grado di acidità.
Il vino rosso, con percentuali di consumo del 85-90 %, è il vino più consumato e ricercato e viene considerato un’alternativa “sana” ai superalcolici e una scelta più sofisticata rispetto alla birra.
OSTACOLI E STRATEGIE
Se per i francesi il mercato cinese è già un territorio conquistato, per gli italiani questo presenta ancora una serie di ostacoli e sfide che partono da uno scarso grado di conoscenza del mercato in relazione alle difficoltà di comunicazione, di una cultura e di una società totalmente differenti dalle nostre e non ultimo da abitudini completamente diverse da quelle occidentali.
Affrontare il mercato cinese senza le adeguate conoscenze può risultare un errore per le aziende in conseguenza di un sistema distributivo diverso da quello italiano e di una superficiale conoscenza delle barriere all'entrata, aspetti che gestiti senza consapevolezza possono creare problemi e ostacoli per le cantine che adottano una strategia di penetrazione.
Il maggiore ostacolo alla diffusione dei vini italiani, oltre agli scarsi investimenti promozionali ed alla ridotta dimensione delle nostre aziende, risiede nella distribuzione. Ad esclusione di Hong Kong, vero e proprio fulcro strategico per la distribuzione e il commercio del vino importato in Asia, ottima vetrina di lancio e sede delle aste più importanti del vino davanti New York e Londra, nella Cina continentale i canali nazionali di distribuzione dei vini d’importazione sono ancora ad uno stadio iniziale.
Per lo più l’importatore (ed in rari casi il produttore) e’ direttamente coinvolto nell’attività concreta di vendita, dislocando sul territorio un team di specialisti che lavori a contatto con i distributori locali.
I distributori cinesi perciò fungono principalmente da magazzinieri e da agenti per la fatturazione e impegnano con riluttanza le proprie risorse per sviluppare e incrementare la clientela dei prodotti importati.
Per conquistare i cinesi occorre dunque infondere loro un grado di fiducia a lungo termine, è imprescindibile evitare i viaggi mordi e fuggi ed affacciarsi sul mercato basandosi su un intermediario di fiducia in loco.
La conoscenza della cultura degli alcolici cinesi e del mercato target è un aspetto importantissimo per entrare in un mercato così vasto e complesso come quello cinese.
Sebastiano Ramello, consulente internazionale e brand export manager per conto di diverse aziende vinicole italiane nel mondo, lo dice chiaro e tondo: la base di tutto per qualsiasi lavoro è la conoscenza del posto. Bisogna evitare di fare viaggi spot di pochi giorni, è necessario “metterci la faccia”, seguire i progetti e spendere tempo sul territorio, capendo e studiando in loco i gusti e i comportamenti dei cinesi.
Nonostante la viticoltura e il vino facciano parte da sempre della nostra storia, rispetto ai vini francesi quelli italiani non sono così famosi in Cina.
Per la maggior parte dei consumatori cinesi di oggi, il vino è prima di tutto immagine, origine e prezzo, queste caratteristiche corrispondono a un unico modello: Francia, rosso, Bordeaux.
La qualità non è ancora percepita e i gusti non si sono ancora raffinati, per ora le nuove classi emergenti amano identificarsi con le grandi vecchie famiglie, i castelli della Loira rappresentano le culle del vino e l’immagine di un sogno.
Il nostro punto di forza principale rispetto ai francesi è sicuramente la qualità rapportata al prezzo e l’unicità dei nostri vini.
STORIE DI VINI
Se c’è una cosa che colpisce il consumatore cinese è una bottiglia pesante, con un fondo di vetro spesso, il tappo di sughero ed un etichetta ad effetto con una traduzione cinese semplice e facile da ricordare e pronunciare. Se poi si scelgono caratteri con connotazioni di buon auspicio ancora meglio.
Il nostro vino va “raccontato” agli acquirenti e ai traders. Bisogna parlare della famiglia che ha fondato l’azienda, della società, della storia della regione; sarebbe riduttivo proporre soltanto una degustazione. In quest’ottica si inserisce anche la promozione di un turismo del gusto in loco, per fare gustare ed apprezzare in prima persona ai consumatori quello che si cela dietro una buona bottiglia di rosso italiano, l’import dei nostri vini in Cina infatti può anche giovare di un successo “di ritorno”.
Bisogna inoltre sapere che la cultura del cibo cinese è molto radicata oltre che antichissima ed è quasi impossibile convincere i cinesi ad affiancare i nostri vini a prodotti classici come salumi,formaggi, piatti di pasta, etc.
Come raccontatomi durante un intervista da Michele Chiarlo, importante produttore piemontese, alle degustazioni a cui ha presenziato ha notato ad esempio che i cinesi lasciavano quasi sempre da parte il formaggio.
Se il cibo occidentale può essere un consumo occasionale e alla moda nelle grandi città, la vera sfida per la crescita del nostro mercato è conciliare il nettare di Bacco con il cibo cinese a cui i consumatori asiatici sono molto legati, e non solo per semplice abitudine.
Se vogliamo diffondere la nostra presenza sulle tavole cinesi è necessario capire che le bevande alcoliche in Cina, oltre ad avere origini antichissime, tradizionalmente non sono considerate solo delle bevande, possiedono infatti forti implicazioni sociali, servono a intrattenere rapporti, a fare amicizia, etc.
La sfida più grande che la vendita del vino in Cina ha di fronte è come entrare a far parte delle bevande consumate durante i pasti, per ora le bevande più diffuse e consumate a tavola sono il tè, la birra e il baijiu, distillato cinese solitamente a base di sorgo.
Ciò che rende i francesi i leader nel mercato cinese del vino di alta qualità, oltre agli ottimi vini e alla presenza come pionieri è anche il frutto di un ottimo marketing e di anni di comunicazione efficace oltre che di partenariati strategici con i produttori locali.
Il nostro vino, pur essendo di indiscutibile qualità, necessita anche di una buona promozione per uscire allo scoperto, aumentare la riconoscibilità dei propri marchi e, di conseguenza, costruire la propria reputazione.
Come ha detto il ministro Passera in occasione del progetto “Vini in Cina” inaugurato il 26 novembre a Pechino dal ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera e promosso e finanziato dal Ministero, attraverso la Direzione Generale per l’Internazionalizzazione: "Al momento la Cina e' il primo importatore mondiale di vini, ma l'Italia non e' il primo esportatore. Il vino e' un prodotto italiano per eccellenza, e bisogna insistere su questo punto".
PROMOZIONE E DISTRIBUZIONE: LE ARMI VINCENTI
Le armi principali su cui puntare per colmare il gap che penalizza la percezione del nostro vino come vino di qualità, appaiono essere investimenti nella promozione unificata, nella formazione e ricerca di canali di distribuzione alternativi. È proprio in questo ambito che si inserisce strumentalmente il progetto governativo “Vini in Cina”. Il progetto, suddiviso in tre tappe della durata di un anno tra Italia e Cina, nasce da una Convenzione sottoscritta con Federvini e Unione Italiana Vini (UIV) per la promozione della filiera allargata del vino italiano nel mercato cinese e sarà realizzato dall’Ente Autonomo Mostra mercato Enoteca Italiana, scelto come soggetto attuatore. L’obiettivo è promuovere la conoscenza delle principali denominazioni enologiche italiane, facendo leva sul legame con il territorio, la storia e le tradizioni e coinvolgendo anche le associazioni che riuniscono le eccellenze nella costruzione di macchinari automatici per imballaggio, confezionamento e imbottigliamento di prodotti enogastronomici.
Per quanto concerne i canali distributivi si è pensato di prendere contatti con la Metro di Colonia, che essendo una società tedesca non ha interessi nazionali da difendere come invece la Auchan o la Carrefour francesi.
L’esperienza diretta di chi è nel settore insegna che per esportare in Cina occorre un approccio olistico, armonizzarsi con la loro cultura, rispettandone l’etichetta, coltivando relazioni personali che corrispondano alle loro aspettative, rispettare l’anzianità come un valore, avere scambi di business a livello orizzontale senza scavalcare le gerarchie.
Per entrare in Cina e restarvi stabilmente, bisogna anche farsi conoscere e desiderare in particolare dai trend setter e dagli opinion leader, un ristretto gruppo di popolazione che influenza i gusti di massa e la domanda interna, operando spesso online sui social network, blog e forum. In questo contesto di internazionalizzazione non bisogna inoltre sottovalutare che in Italia per molte piccole - medie aziende vinicole ci sono ostacoli di comunicazione di base per intraprendere un business internazionale, sia a livello informatico di base che nella conoscenza dell’inglese, figuriamoci del cinese. Come riferito dal consulente Ramello durante l’intervista, spesso proprio queste aziende sono scoraggiate dai tempi di attesa necessari in seguito all’avvio delle trattative.
Finora gli italiani si sono mossi in ordine sparso, come singole aziende, singoli privati, tante piccole/medie associazioni separate l’una dall’altra.
È necessario, al contrario, combattere questa frammentarietà, formando consorzi o stringendo alleanze per far fronte alla concorrenza crescente dei vini provenienti da Paesi del Nuovo Mondo come America, Australia e Sud Africa.
Come dice un importante produttore toscano “il made in Italy, anche nel vino, pensa di più a conservare che a crescere. Si dovrebbero sfruttare appieno le nostre potenzialità nel contesto globale. Restare fermi a causa dell’allarme per il calo dei consumi interni, è più un guardare la pagliuzza per non vedere la trave.”
Forse dovremmo cominciare a vedere di più la crisi come la definiscono i cinesi. Infatti la parola nella lingua mandarina si compone di due caratteri: il primo significa “pericolo” e il secondo “opportunità”. A buon intenditor…
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sabato 26 gennaio 2013
Grazie di cuore Presidente Napolitano per il riconoscimento alla nostra Presidente Irene Pivetti.
AGICHINA24
MADE IN ITALY
Napolitano loda impegno
di Only Italia sui mercati esteri
Roma, 24 gen.- Irene Pivetti, presidente di Only Italia (la cui attività si sta segnatamente sviluppando sul mercato cinese), è stata ricevuta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Il Presidente -secondo quanto riferisce Only Italia in una nota - ha accolto con grande favore il progetto di rete d'imprese Only Italia, strumento il cui fine è in primo luogo aiutare le piccole e medie imprese italiane ad esportare sui mercati esteri; e in secondo luogo attrarre investimenti destinati allo sviluppo dei piccoli comuni".
"Il Presidente - prosegue la nota di Only Italia - ha particolarmente apprezzato l'impegno a favore dei piccoli comuni, affinché anche le realtà poco note del nostro Paese possano essere conosciute all'estero. Ha dunque esortato la presidente Pivetti a continuare con convinzione su questa strada, foriera di futuri benefici per il nostro Sistema Paese".
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Che buffi i nostri politici al contrario le sostengono finanziandole a botte di miliardi.
Agenzia Xinhua ( Ansa di Pechino)
PCC PROMETTE PENE SEVERE PER SPESE ECCESSIVE
Pechino, 24 gen.- Mercoledi',nel bel mezzo della continua pressione contro la corruzione, la divisione disciplinare del Partito Comunista Cinese(PCC) ha emesso un comunicato in cui promette pene severe per banchetti sontuosi e viaggi pagati con fondi pubblici.
Nel comunicato, rilasciato dopo la riunione plenaria della Commissione centrale per l'ispezione della disciplina del Partito Comunista Cinese che si e' tenuta da lunedi' a venerdi', si legge che i membri del partito dovrebbero essere "sobri e evitare stravaganza e spreco". Aggiungendo che le autorita' dovrebbero sorvegliare strettamente la costruzione di edifici e i luoghi di ricevimento degli organi di partito, nonche' stabilire delle regole per l'uso dei veicoli e dei viaggi all'estero. La commissione supervisionera' i funzionari ai vari livelli in modo da eliminare resoconti e riunioni burocratiche e vistose e attuera' fedelmente le linee guida su burocrazia e lotta al formalismo introdotte da una riunione dell'ufficio politico del partito tenutasi il 4 dicembre.
Inoltre, stabilira' delle regole per assicurare il corretto utilizzo delle linee guida e punire i trasgressori, aggiungendo che qualsiasi suggerimento da parte del pubblico sara' accolto con entusiasmo.
Il documento aggiunge che i membri del partito dovranno "impegnarsi per migliorare il loro stile di lavoro, rimanere in stretto contatto con la gente e reprimere fermamente edonismo e stravaganza". Gli sforzi anti corruzione a livello locale saranno intensificati per prevenire i problemi legati alla corruzione che coinvolgono il pubblico. La Commissione attuera' un meccanismo che prevede che i funzionari riferiscano sui loro affair personali, nonche' controlli sulla condotta per verificare importanti informazioni. Il partito continuera' a mantenere alta la pressione sulla corruzione, accentuando pene e prevenzione.
I casi di abuso di potere, negligenza al dovere, tangenti, appropriazione indebita di denaro pubblico e uno stile di vita corrotto dei funzionari saranno affrontati seriamente. Cosi' come i casi di corruzione in settori chiave e nel commercio.
Operazioni e problemi che vanno contro gli interessi pubblici saranno corretti nei settori dei servizi pubblici come per esempio nella finanza e le telecomunicazioni, ma anche nell'istruzione, nella sanita', nell'agricoltura, nell'acquisizione delle terre, nelle demolizioni e nei settori che interessano l'applicazione della legge e le cause.
Un maggiore sforzo e' stato promesso anche nella gestione dei problemi sulla costruzione dei progetti e su quelli riguardanti gli intermediari finanziari.
Il comunicato inoltre ha richiesto un ulteriore miglioramento dell'educazione anti- corruzione, il sostegno dell'integrita' e la costruzione di un ambiente politico pulito e onesto. Tutti i membri del partito dovrebbero attenersi strettamente alla Costituzione del partito stesso.
La commissione migliorera' la disciplina politica tra i membri del partito e punira' severamente i trasgressori in modo da proteggere la giurisdizione della costituzione. Le procedure e le regole riguardanti I cambi di leadership dovrebbero essere verificate per assicurare un rimpasto anti corruzione dei leader.
Gli organi disciplinari dei diversi livelli devono accettare la supervisione da parte delle organizzazioni di partito, del popolo e dei media al fine di costituirsi in una forza leale e giusta al servizio del popolo. Tutti gli organi devono operare per mantenere l'unita' nel partito, mettendo la disciplina politica del partito al primo posto e intensificando il controllo su come essa e' esercitata.
Nel 2012 sono stati 4.698 quadri locali o di livello superiore ad essere sanzionati dagli osservatori della commissione disciplinare e 961 casi di quadri locali o superiori sono stati trasferiti ad organi giudiziari.
Tra questi ci sono i casi di Bo Xilai, ex-membro dell'Ufficio Politico (Politburo) del partito comunista, Liu Zhijun, ex-ministro delle Ferrovie, Huang Sheng, ex-vice presidente della provincia dello Shandong, nella Cina dell'est e Tian Xueren, ex vice presidente della provincia di Jilin, nel nordest della Cina.
Giovedi' il segretario generale del comitato centrale del partito, Xi Jinping,in occasione della sessione plenaria della Commissione disciplinare, ha promesso che combattera' con forza contro la corruzione e che terra' a freno il potere con "la gabbia dei regolamenti". Xi Jinping ha dichiarato " Non sara' fatta nessuna eccezione in materia di disciplina e legge del Partito. Verranno fatte delle inchieste complete sui casi e di qualsiasi persona si tratti non ci sara' nessuna clemenza." .
giovedì 24 gennaio 2013
E' in vigore da ieri 7 anni di carcere per chi....
AGENZIA XINHUA " ANSA DI PECHINO "
LEGGE: 7 ANNI DI CARCERE PER MANCATO PAGAMENTO DEI SALARI
Pechino, 24 gen- E' entrata in vigore mercoledi' una normativa che mira a proteggere i lavoratori migranti vietando ai loro datori di lavoro di non corrispondergli il salario. Pena: il carcere L'interpretazione, emessa dalla Corte Suprema del Popolo, il massimo tribunale cinese, definisce chiaramente le situazioni specifiche in cui i datori di lavoro che non pagano i salari possono essere condannati al carcere fino a sette anni.
Risale al 2011 un emendamento al diritto penale che classifica propriamente come reato il mancato pagamento dei lavoratori, prevedendo in particolare una condanna dai tre ai sette anni di prigione per quelli il cui mancato pagamento dei loro dipendenti da' origine a "gravi conseguenze". Ma, queste ultime non sono specificate nella legge.
In particolare, secondo l'interpretazione, i datori di lavoro che rifiutano di pagare I dipendenti minacciandoli di usare o usando la forza potrebbero dover affrontare una condanna a sette anni di prigione.
Inoltre l'interpretazione prevede che dovrebbero essere puniti anche I datori di lavoro il cui mancato pagamento incide gravemente sulla qualita' di vita dei dipendenti oppure causa una discontinuita' nelle cure mediche o nell'istruzione del dipendente o della sua famiglia.
mercoledì 23 gennaio 2013
Credo proprio che sia l'ultima spiaggia per noi italiani cittadini europei.
PA
Controlli rinnovati per una finanza territoriale sana e di stampo europeo
Naturalmente, solo il tempo potrà consentire di stabilire i reali effetti dell’ampio intervento riformatore del sistema dei controlli sulla finanza territoriale realizzato con il Dl n. 174/2012. Ma una cosa è certa sin da ora: il disegno si rivela ambizioso e l’investimento sullo stesso rappresenta probabilmente, per il nostro Paese, l’ultima occasione per compiere quel salto di qualità in grado di far riacquistare fiducia nei confronti della nostra capacità di onorare gli impegni, ad iniziare da quelli assunti nelle forme del debito sovrano e delle sue declinazioni locali.
Le parole chiave per decrittare un articolato denso e impattante su una trama normativa previgente già molto fitta sono verosimilmente quattro: sana gestione, controllo, responsabilizzazione, Costituzione.
Fra gli obiettivi dichiarati del Dl n. 174 c’è anzitutto il fermo intendimento di passare da
una situazione in cui in troppi casi quella della sana gestione si è rivelata una vuota formula, assai declamata ma poco inverata in concreto, ad un assetto nel quale questo elementare principio trova diffusa effettività. E qui la sfida, anzitutto agli amministratori territoriali, si misurerà sulla capacità di programmare e pianificare con lucidità, intelligenza e innovatività, in un’ottica non esclusivamente di brevissimo periodo, i non molti interventi che risorse quasi ovunque scarse consentono di finanziare. Il primo comandamento è dunque (ci sia consentita l’espressione) “azzeccare” la spesa, badando alla sostanza piuttosto che alla propaganda, senza pregiudiziali per sagge retromarce (quando sono indispensabili), ma anche rinunciando a pratiche illegittime ormai divenute oltre tutto finanziariamente insostenibili (esempio tipico: l’azzeramento – per principio, piuttosto che per solide ragioni – del deliberato, e cantierato, dalla giunta appena uscita di scena).
Quanto ai controlli, la revisione, in senso rafforzativo, del sistema dei controlli interni dà la netta sensazione, confermata dall’esperienza, che in questa direzione più di qualcosa non abbia funzionato in questi anni. Era quindi appropriato mettervi mano. In un’ottica se si vuole meno ingenua o acritica, che tende a investire molto, ma non tutto (o quasi), su questo tipo di controllo. Il che esce complessivamente confermato dal massiccio rilancio della funzione di controllo (esterno), tanto nella parte che investe dei conti, ad iniziare dalle Sezioni regionali di controllo, quanto nella parte concernente invece generale dello Stato.
Conferme si rinvengono, altresì, della linea che un controllo che non si completi con idonee forme di responsabilizzazione, e quindi di responsabilità, potrebbe finire per avere meno effettività, se non credibilità. In questa direzione, il Dl n. 174/2012 ha preferito interventi selettivi: sulla gestione delle partecipate (rilanciando un tema che da anni registra un disallineamento fra Cassazione e Corte dei conti), sui revisori (sulla scorta di un’evoluzione giurisprudenziale che da tempo tende ad analizzare più approfonditamente il loro contributo causale al verificarsi di situazioni di danno erariale), sui responsabili dei servizi finanziari (figura chiave, nell’economia del Dl, sulla valutazione del cui operato occorreranno giudizio e misura, per evitare che finisca per pagare anche per colpe non sue), e sugli amministratori, anche sotto il profilo del rilancio della formula del “fallimento politico”, in nome del principio di buon senso che chi ha dato cattiva prova di sé nel gestire la cosa comune è bene che ne resti lontano.
Quanto alla Costituzione, questa parola non perde di attualità, anche nel caso di specie, per la semplice ragione che riassume in sé tutto. Senza cadere nella facile retorica, solo risorse finanziarie saggiamente amministrate, nel perseguimento del bene comune, possono infatti assicurare quel che oggi serve: una crescita sostenibile fatta di equità, superamento delle diseguaglianze e promozione del merito, creazione di posti di lavoro, servizi pubblici efficienti e tempestivi a supporto delle esigenze di famiglie e imprese.
Certo, un Paese – le sue abitudini, le sue pratiche, taluni difetti cronici – non si possono cambiare per decreto, come per magia, da un minuto all’altro. Serve uno sforzo comune, che duri nel tempo. E questa è la principale scommessa sottesa al Dl n. 174. Il nostro Paese ha certamente il potenziale per farlo, occorre però che lo voglia anche.
Articolo tratto dallo Speciale "La riforma della finanza locale" del numero di gennaio della rivista "Diritto e pratica amministrativa"
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E noi cosa proponiamo per debellare a parte le mosche le migliaia di moscerini che sguazzano a destra e a sinistra ed all'interno della pubblica macchina Italia
POLITICA INTERNA
XI JINPING IN LOTTA CONTRO TIGRI E MOSCHE CORROTTE
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 22 gen. - Non bisogna solo affrontare le tigri, ma dare la caccia anche alle mosche. E' questo il senso dell'ultimo intervento del nuovo segretario generale del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping, sulla lotta alla corruzione. Non solo prendersela con gli alti funzionari che si lasciano corrompere, ma anche con i quadri locali, che con il loro atteggiamento rovinano la vita a cittadini e imprenditori cinesi. "Dobbiamo combattere contro le tigri e le mosche allo stesso tempo -ha dichiarato il futuro presidente cinese- indagare con fermezza i casi criminali degli alti funzionari e risolvere seriamente le tendenze nocive e i casi di corruzione che accadono alle persone".
Per combattere le malversazioni all'interno del partito, occorre un triplice sforzo "disciplinare, preventivo e di garanzia", ha dichiarato Xi ai microfoni dell'agenzia di stampa ufficiale Xinhua. "Il modo in cui lavori -ha dichiarato il segretario generale- non è una questione di secondo piano, e se non raddrizziamo gli atteggiamenti sbagliati e li lasciamo sviluppare, sarà come creare un muro tra noi e la gente, avremo perso le nostre radici, la nostra linfa vitale e la nostra forza". La gente e l'opinione che essa ha sul governo centrale e locale torna, nelle parole di Xi Jinping, a manifestarsi come il vero cruccio del futuro presidente cinese. Che sia l'uomo della strada, vessato dalle angherie dei funzionari corrotti, o l'imprenditore locale che deve combattere contro una burocrazia spesso inefficiente, il futuro presidente cinese è alla ricerca di risultati visibili nella "guerra alla corruzione", il suo vero pallino.
Lo aveva detto chiaramente nelle ultime ore del 2012, quando aveva tracciato la road map della lotta alla corruzione durante una riunione del Politburo del partito. Xi aveva chiesto controlli periodici sulle nuove normative anti-stravaganze per limitare gli sprechi denaro pubblico da parte dei dirigenti nazionali del PCC. "Abbiamo bisogno di risultati concreti" aveva dichiarato alla stampa cinese al termine dell'incontro. Il giorno prima, la Corte Suprema del Popolo e la Procura Generale cinese avevano emesso un documento congiunto in cui si spiegava che chiunque offra a un funzionario pubblico somme pari o superiori a diecimila yuan, circa 1200 euro, dovrà risponderne davanti a un giudice.
Varate a fine novembre 2012, le nuove norme di condotta dovevano tradursi in viaggi di durata ridotta all'essenziale dei funzionari all'interno del Paese, con apparizioni pubbliche più brevi e soggette a una minore copertura mediatica rispetto al passato. Xi stesso a dicembre aveva voluto dare il buon esempio mantenendo un basso profilo durante il suo primo viaggio da segretario generale del partito nel Guangdong, meta carica di significati simbolici. Niente tappeti rossi, mazzi di fiori, pernottamenti in alberghi di lusso o pranzi innaffiati da grandi quantità di alcolici. I funzionari dovevano abituarsi alla sobrietà. La scelta della provincia meridionale cinese aveva innescato paragoni con il tour al sud di Deng Xiaoping, avvenuto venti anni prima, in cui l'anziano leader aveva ribadito l'importanza dell'apertura della Cina al mondo per lo sviluppo economico del Paese. Con la trasferta nel Guangdong, Xi Jinping aveva lanciato l'immagine di leader riformatore, nel solco di Deng. Sulla corruzione, Xi era stato ancora più chiaro a novembre, pochi giorni dopo la nomina a segretario generale del partito, quando aveva tenuto un discorso di fronte ad alcun alti funzionari rivelando il timore che la corruzione, se troppo diffusa, potesse portare a rivolte di piazza e rovesciare il sistema di potere, come successo in anni recenti in alcuni Paesi, che non ha citato.
E' di settimana scorsa, invece, un discorso che alcuni hanno definito come la più importante dichiarazione di intenti della sua amministrazione. E' il discorso degli "Otto doveri" durante il quale il nuovo segretario generale del PCC ha sottolineato l'importanza di mettere in atto le decisioni prese durante il diciottesimo Congresso del partito, che ha sancito il passaggio di consegne tra lui e Hu Jintao. Xi ha elencato alcuni congressi del passato, per sottolineare la continuità del partito comunista cinese nel dare la priorità alle istanze del popolo, e ha sintetizzato gli otto punti in cui il partito deve persistere per lo sviluppo del Paese: il ruolo dominante delle masse; la liberazione e lo sviluppo delle forze produttive; le riforme e l'apertura; la salvaguardia della giustizia sociale; nell'agire bene; l'armonia sociale; lo sviluppo pacifico e il ruolo guida del partito. Curiosamente, i primi osservatori hanno notato come molti siano stati i riferimenti a Mao Zedong e a Deng Xiaoping, anche se in misura minore. Uno solo, invece, al suo predecessore, il compagno Hu Jintao, come lo definisce Xi, e nessuno a Jiang Zemin. Jiang nelle ultime ore è stto oggetto di diverse speculazioni, secondo le quali sarebbe prossimo a dare l'addio alla politica. Nella giornata di ieri durante la cerimonia di esequie per la morte del generale Yang Baibing, come mostravano le immagini trasmesse dall'emittente televisiva statale CCTV, la sua corona di fiori è stata messa in secondo piano rispetto a quella degli attuali membri del Politburo.
A dispetto delle prese di posizione del nuovo leader cinese, l'amministrazione Xi sembra cominciare a colpi di annunci. E' di queste ore l'ennesimo annuncio che la politica del figlio unico possa andare incontro a una revisione nei prossimi anni. Dopo continui dietro-front sulla controversa legge sul controllo delle nascite che dal 1981 impone alle coppie sposate di non avere più di un figlio per evitare il sovrappopolamento, dopo che Ma Jiantang, capo del'Ufficio Nazionale di Statistica aveva dichiarato venerdì scorso che il Paese deve trovare "un appropriato e scientifico sistema di pianificazione familiare" per evitare che l'età media della popolazione si sbilanci troppo in avanti e un domani ci siano più pensionati che lavoratori attivi. Le aspettative su una riforma della legge sul figlio unico sono aumentate dallo scorso novembre quando Hu Jintao aveva fatto riferimento al tasso di natalità cinese senza citare direttamente il provvedimento che regola la pianificazione familiare.
Nella giornata di ieri, poi, c'era stato l'annuncio del vice direttore della China Law Society al China Daily, che il laojiao, la detenzione amministrativa che prevede fino a quattro anni di permanenza in un campo di rieducazione attraverso il lavoro, potrebbe terminare nel prossimo mese di marzo, quando si terrà l'Assemblea nazionale del Popolo, che per prima aveva appoggiato il provvedimento nel 1957. Le voci sulla fine del sistema dei laojiao erano circolate già nelle settimane scorse, quando -questa volta un alto funzionario del PCC- Meng Jianzhu, capo del dipartimento Affari Politici e Legali, aveva fatto cenno alla possibilità che da marzo prossimo i laojiao possano venire aboliti. Figlio unico, laojiao, e ora corruzione. Saranno le linee guida del nuovo governo o solo annunci? Per il momento, Xi Jinping non entra nel dettaglio della nuova linea anti-corruzione, ma per i più scettici sarà difficile ottenere risultati contro le "tigri" e le "mosche" senza una riforma profonda dell'ordinamento giudiziario, con una magistratura indipendente dal potere politico.
martedì 22 gennaio 2013
DALLA CINA/ Lao Xi: Bersani e Monti non hanno capito il piano di Berlusconi
Politica
DALLA CINA/ Lao Xi: Bersani e Monti non hanno capito il piano di Berlusconi
Lao Xi
martedì 22 gennaio 2013
Se la situazione sembrava confusa in Italia qualche settimana fa, guardatela adesso. Dalla distanza sembra che stampa e tv siano un coro. Tutti, sostenitori e oppositori, sono affascinati o tormentati dal ritorno dell’invincibile e immarcescibile cavaliere Silvio Berlusconi che strapazza e conquista avversari, amici e indecisi. I sapienti dicono che non potrà mai vincere: troppo lunga la lista dei nemici. Non lo vogliono i partner europei, l’America d’oltre Atlantico, la Chiesa, i poteri forti… dovrebbe essere una battaglia strapersa.
Eppure la sua capacità di comunicazione è straordinaria, e con contenuti azzerati, cioè tutti che stanno intorno sostanzialmente agli stessi programmi, aggiungere o togliere un tassa o un taglio amministrativo, l’Italia dà i numeri. Ogni cosa è oggi in mano ai sondaggi e ai sondaggisti, i quali in passato hanno spesso azzeccato le tendenze con grande precisione. Quindi, inutile girarci intorno, bisogna cominciare con quello che dicono loro.
Grillo, la grande incognita delle prossime elezioni, è al 13% rispetto al 18% di poche settimane fa. Berlusconi, che sembrava morto, sta recuperando e insieme al suo vecchio partner, la Lega Nord, raccoglie il 28-29%. Monti pure è in ascesa e potrebbe finire per avere il 20%, voti che sta sottraendo forse non a Berlusconi, ma alla sinistra di Bersani. Quest’ultima alla fine potrebbe scivolare sotto il 30% e smettere di essere il primo partito, ridando ancora una volta la guida del Paese a Berlusconi. Anche perché alla sua sinistra di certo Ingroia gli sta rosicchiando voti.
La concentrazione di ostilità contro il Cavaliere dovrebbe rendere impossibile questo evento. Il fatto è che solo qualche settimana fa Berlusconi sembrava non morto, ma sepolto. Eppure come Lazzaro, o come uno zombie, a seconda dei gusti, il cavaliere è uscito dalla tomba e oggi si aggira miracolo vivente, prova forse non solo della sua forza, ma della debolezza complessiva del Paese.
Uno scenario che appena un mese fa sembrava impossibile, ora comincia a esserlo meno. Perché? Sembra perché non si è appresa la lezione di Mao e Zhou Enlai negli anni Quaranta. Allora Mao spazzò via la sinistra estrema del suo partito, fedele a Mosca, e portò il Pc su una linea di destra aprendo il partito non solo ai comunisti più o meno ortodossi, ma a tutti quelli che in un modo o nell’altro erano contrari ai nazionalisti (Kmt) del generalissimo Chiang Kai-shek. Alla fine anche una porzione del Kmt girò le spalle a Chiang e preferì allearsi con Mao. Dietro c’era poi un’idea forte di rinascita spirituale e politica del Paese, di occidentalizzazione e rinnovamento, cosa che il vecchio Chiang aveva abbandonato abbracciando invece solo un bieco ritorno al passato confuciano.
Monti invece non ha raccolto ampi consensi da destra a sinistra e si è posizionato al centro, sperando di recuperare consensi da entrambi i lati con l’ipotesi poi futura, dopo il voto, di una grande alleanza. Ma questo scenario sarà poi possibile?
Infatti, le incertezze del voto aumentano con il passare delle ore. Il Pd ha commesso il suo solito peccato di autoreferenzialità: credere di aver vinto prima dell’inizio della partita, e quando il gioco comincia, ritrovarsi spompato. Con la legge elettorale che non ha voluto riformare pensando di giovarsene, e che ora gli si potrebbe rivoltare contro.
Grillo pare rimasto nel suo angolo estremo, preoccupato di mantenere una disciplina talebana tra i suoi e scettico nel reclutare gli indipendenti. Il combinato composto delle due scelte lo chiude in un angolo.
Berlusconi è sceso per ultimo con energia, superando in scatti di istrionismo Grillo stesso, cosa che alla fine piace a molti italiani, convinti che la vita e la politica siano follia, fantasia e conigli da tirar fuori dal cilindro. Alla fine potrebbe dare colpa di tutto a Tremonti, scaricato dalla Lega e da eleggere a grande vittima sacrificale del disastro italiano.
Gli astenuti, pur assottigliandosi con l’avvicinarsi della data e il riscaldarsi dell’agone, rimangono la maggioranza quasi assoluta. Questo e le scarse prospettive di una vittoria chiara di alcuno restituiscono un quadro di grande instabilità generale.
Il problema, se così stanno le cose, non sono le elezioni di febbraio ma quelle prossime di ottobre, a cui l’Italia potrebbe arrivare dopo lunghi mesi di tormento. Con in mezzo il punto interrogativo delle elezioni del prossimo presidente della Repubblica.
Napolitano, eletto a suo tempo anche con i voti di Berlusconi, sembra quasi sotto l’assedio del suo ex grande elettore. L’ex premier ha minacciato un impeachment del Presidente per averlo spinto fuori da palazzo Chigi con una specie di golpe orchestrato con i tedeschi. Da un punto di vista formale la minaccia è fumosa, ma come clava politica è pesante. Se Berlusconi tornasse ad avere una maggioranza relativa o anche solo una minoranza corposa potrebbe condizionare pesantemente la scelta del prossimo Presidente, il quale a sua volta potrebbe influire poi sul Governo di passaggio e sulle prossime elezioni.
Sono ipotesi macchinose, ma che si reggono sui numeri presi in questi giorni dalle pagine dei giornali. La confusione dei numeri pare poi rivelare sempre di più la confusione profonda del Paese. Al di là di ipotesi estreme di uscita dall’euro, mancano proposte politiche forti. Oltre alle alchimie sull’Imu e il cesellamento su questa o quella tassa, su questo o quel tagliettino all’amministrazione, non ci sono piani di sviluppo nuovi.
Pareva che l’ipotesi di concentrarsi sullo sviluppo del Paese a partire dei porti, ad esempio da Taranto, avesse un senso. Nessuno la raccoglie, nemmeno i tarantini e i pugliesi, e forse quindi non ha senso. Ma cosa altro si potrebbe fare per ridare slancio al Paese? In realtà questa dovrebbe essere la domanda a cui rispondere, senza la quale vince semplicemente il miglior comunicatore. Qui Berlusconi, piaccia o meno, è senza pari.
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Anche per noi di ICFA sarà un anno di consolidamento in Italia per ben figurare in Cina
Il Sole 24 ORE - Radiocor 22/01/2013 - 08:28
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
***Cina: Pechino 'ordina' concentrazione industriale settori strategici
Per essere competitivi nel mondo consolidamento entro 2015
Radiocor - Pechino, 22 gen - Il ministero dell'Industria e dell'Informazione tecnologia cinese ha rinnovato l'invito ad accelerare il consolidamento di una dozzina di settori industriali, tra cui siderurgia, tecnologia e cantieristica. Il dipartimento ha spiegato che tra gli obiettivi c'e' anche quello di aumentare i livelli di concentrazione industriale di un'ampia gamma delle maggiori produzioni, comprese quelle dell'industria automobilistica, del cemento, della logistica-spedizione, dell'alluminio, delle terre rare, della medicina e del comparto agricolo. Il livello di consolidamento in questi settori, ha spiegato, non e' particolarmente alta: 'le imprese sono piccole e frammentate, con bassi livelli di specializzazione' e con problemi 'di sovrapproduzione'. Il Ministero si e' detto quindi pronto a incoraggiare fusioni, acquisizioni e 'alleanze strategiche' in questi settori, cosi' come a contribuire alla nascita di un gruppo di grandi imprese 'globalmente competitive'. Sono stati fatti alcuni esempi degli obiettivi che intende perseguire Pechino: nel settore della siderurgia il Ministero punta ad avere 10 top player con circa il 60% della produzione totale di acciaio entro il 2015 e a formare tre-cinque societa' competitive a livello mondiale. Nelle tecnologie dell'informazione, sempre entro due anni, dovrebbero invece nascere cinque-otto imprese con un fatturato di piu' di 100 miliardi yuan. Nell'alluminio, nello stesso periodo, i 10 maggiori produttori dovranno coprire il 90% della produzione del settore. Nella logistica-spedizione i 10 maggiori costruttori di navi top dovranno coprire il 70% o piu' della produzione cantieristica totale. Nell'auto, ai 10 maggiori produttori dovra' fare capo il 90% della produzione del settore.
lunedì 21 gennaio 2013
Fresco di stampa " Tutto da leggere molto attentamente" Qualcuno inizia ad ammirare questo popolo
l Sole 24 ORE - Radiocor 21/01/2013 - 15:30
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
### La meritocrazia 'made in China' un modello per tutti - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 21 gen - E' finora stato difficile analizzare il modello cinese senza ricorso a rigidita' di schieramento. Di fronte ai successi economici del paese, ha prevalso spesso la critica serrata, lo scetticismo sulla genuinita' del processo, previsioni catastrofiche sul futuro del paese. Specularmente, di fronte alle palesi ingiustizie e ai limiti dell'esperimento, i sostenitori della Cina relegavano gli errori a incidenti di percorso, un effetto collaterale rispetto ad un risultato storico. Lo stesso sterile dilemma ha innervato la questione se il modello cinese fosse esportabile, in particolare nelle democrazie occidentali europee. Possono trarre vantaggio dall'esperimento di Pechino? Oppure il radicale antagonismo di sistema rende il contagio improponibile? In realta' esistono molti aspetti della Cina che possono essere ammirati - o addirittura assorbiti - senza per questo rinnegare la natura dello sviluppo economico dell'Europa. La cultura del merito e' dominante. Esistono eccezioni, canali di ingresso privilegiati, ma l'idea che le competenze siano essenziali e' diffusa nel paese. Chi ha posti di responsabilita' nella maggioranza dei casi sa ricoprirli. E' stato un processo lungo per un paese per secoli afflitto dal sottosviluppo, ma ora la sintonia tra le necessita' e i talenti per soddisfarle e' piu' forte. Al merito e' collegata l'importanza dello studio. Fin da piccoli, gli studenti e le loro famiglie ambiscono alle scuole migliori, nella fondata presunzione che siano il passaporto per incarichi di prestigio e remunerati. Ma gli studi sono duri e competitivi: impongono sacrifici, impegni, rinunce, proprio nella fase della vita dove si e' piu' giovani e esuberanti. Si tratta al tempo stesso di fattori di crescita personale e di avanzamento sociale. Le persone preparate sono messe al servizio della societa', nell'amministrazione pubblica come nel settore privato. Anche sul versante industriale i traguardi sono stati impressionanti. Una millenaria civilta' contadina si e' trasformata in pochi decenni in una superpotenza manifatturiera. Sono stati prima introdotti e poi accettati metodi di lavoro sconosciuti, i ritmi della fabbrica, la novita' dei turni di lavoro, la produzione applicata ad una societa' di massa. La catena di montaggio ha sostituito il contatto con la terra. Questa operazione complessa ha richiesto adattabilita' al nuovo, padronanza dei fattori di produzione, accettazione di un diverso uso del tempo. Dopo la meccanica, l'elettronica si e' inserita nell'aspetto socio-economico. Essa ha tagliato orizzontalmente tutte le fasi di lavorazione e ha anche fornito accesso alla moderna comunicazione informatica. E' impressionante notare come il passaggio dalla telefonia fissa a quella mobile sia stato quasi inesistente: per molti cinesi i primi telefoni sono stati quelli cellulari. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza disciplina, lavoro, volonta' di riscattarsi da un passato di privazioni. L'Europa e' alfiere di altri valori e portatrice di altri successi, ma il percorso della Cina presenta aspetti utili e ammirabili da tutti.
* presidente Osservatorio Asia
Red-
Si rafforza il Made in Italy
MADE IN ITALY
AL VIA "CHINA SPECIAL PROJECT" PER EXPO MILANO 2015
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 21 gen. - Il gruppo immobiliare cinese Vanke sarà il primo corporate participant dell'Expo di Milano 2015 con un padiglione interamente dedicato al gruppo. L'accordo di partecipazione è stato firmato questa mattina a Pechino alla presenza del sottosegretario del ministero degli Esteri, Marta Dassù,
dell'ambasciatore d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, Alberto Bradanini, e dell'amministratore delegato di Expo 2015, Giuseppe Sala. Per la parte cinese erano presenti il presidente di China Vanke, Wang Shi, Wan Jifei, presidente del CCPIT, il China Council for the Promotion of International Trade, e Wang Jinzhen, rappresentante generale del governo cinese per l'Expo di Milano. Con l'accordo, le parti hanno dato ufficialmente il via al "China Special Project di Expo Milano 2015", progetto di collaborazione e sviluppo economico per rafforzare la cooperazione tra Italia e Cina.
"Il rapporto con la Cina -ha sottolineato il sottosegretario agli Esteri Dassù- è essenziale per la riuscita dell'Expo". L'obiettivo dichiarato dal sottosegretario è quello di arrivare a un milione di turisti cinesi a Milano nel periodo in cui si terrà l'Esposizione Universale. "Molto dipenderà dalla capacità di concedere i visti in maniera efficace e veloce". La Cina non è un partner come gli altri, ha affermato il sottosegretario Dassù, ma è un "interlocutore fondamentale". L'amministratore delegato di Expo Milano 2015, Giuseppe Sala ha poi ricordato i momenti positivi, fino ad oggi, nella preparazione dell'Esposizione Universale di Milano. "Finora -ha dichiarato Sala- hanno aderito 118 Paesi in tutto il mondo", dato che definisce "molto positivo soprattutto in questo periodo storico". Fino ad oggi, poi, sono stati firmati "accordi con grandi aziende che hanno portato circa 250 milioni di euro nelle casse dell'Expo".
Tra le caratteristiche dell'Esposizione Universale che si terrà a Milano, l'ad Sala elenca la presenza forte della tecnologia e la forte impronta tematica, che sarà al centro del progetto Expo Milano 2015. Sala si è poi congratulato con il gruppo Vanke che per primo ha deciso di aderire all'Expo con un proprio padiglione. "La firma odierna di China Vanke dimostra come le aziende cinesi sappiano cogliere le opportunità di business Expo Milano 2015 e credano nel suo tema e nei suoi lavori".
Il gruppo Vanke è uno dei più grandi gruppi immobiliari cinesi, che fornisce oltre mezzo milione di unità abitative e offre servizi di gestione a oltre un milione e mezzo di persone. Nel padiglione che costruirà all'Expo di Milano illustrerà il programma "Shi Tang", progetto di spazi di ristorazione a prezzi contenuti e socializzazione. Tra gli obiettivi del "China Special Project per l'Expo di Milano 2015" ci sono, oltre all'afflusso di un milione di turisti cinesi a Milano, la cooperazione tra le province del Dragone e le regioni italiane per rafforzare scambi economici e opportunità di business, e la promozione del padiglione cinese attraverso attività di comunicazione sia in Cina che in Italia, attraverso mascotte e testimonial, con opportunità di business in co-branding e licensing.
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domenica 20 gennaio 2013
Beati loro che crescono....ma anche i nostri figli fra poco cresceranno di età in attesa di veder ultimato il porto l'aereoporto , il palazzo dei congressi e tutte le altre inconpiute che ben conosciamo e sentiamo parlare da 30 anni
Il Sole 24 ORE - Radiocor 18/01/2013 - 08:07
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
*** Cina: crescita 2012 ai minimi dal 1999, ma Pil migliora nel IV trim
Radiocor - Milano, 18 gen - Il Pil cinese rimbalza nell'ultimo trimestre del 2012, ma l'anno appena concluso e' stato il piu' debole degli ultimi 13 anni per l'economia della Cina, con un Pil cresciuto del 7,8%, a causa del fatto che la domanda interna non ha compensato il rallentamento dell'export. Nel 2010 la crescita era del 10,4% e nel 2011 del 9,3%. Dopo sette trimestri consecutivi in rallentamento, la crescita del Pil si e' indebolita fino al +7,4% dell'estate scorsa, ma nell'ultimo trimestre dell'anno ha registrato un rimbalzo, tornando a +7,9% da ottobre a dicembre. I dati sono stati resi noti oggi dal Governo cinese. Le stime erano per un +7,8% negli ultimi tre mesi.
Chi-Y-
Speriamo ne avanzi qualcuno per la Sassari Alghero
Il Sole 24 ORE - Radiocor 17/01/2013 - 09:32
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
Cina: nel 2013 investimenti nella rete ferroviaria per 79 mld euro
Radiocor - Milano, 17 gen - La Cina investira' quest'anno oltre 650 miliardi di yuan (79 miliardi di euro) nell'ammodernamento della sua rete ferroviaria. Lo ha indicato il ministro per le ferrovie, Sheng Guangzu, secondo quanto riporta l'agenzia New China. I nuovi investimenti permetteranno di realizzare 5200 chilometri di nuove linee. Alla fine del 2012 la rete ferroviaria cinese era lunga 98.000 chilometr, di cui 9.356 km dedicata all'alta velocita'.
A parte l'edilizia quali sono oggi gli investimenti che si possono fare alla riviera del corallo ?
Il Sole 24 ORE - Radiocor 16/01/2013 - 09:03
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
Cina: calano investimenti esteri in Cina, +28% quelli cinesi all'estero
Radiocor - Milano, 16 gen - Gli investimenti diretti esteri in Cina sono calati del 3,7% nel 2012 a 111,72 milioni di dollari, mentre gli investimenti cinesi all'estero sono aumentati del 28,6% a 77,22 miliardi di dollari. Lo ha reso noto il ministero del Commercio cinese. Nel 2011, gli investimenti diretti esteri erano arrivati al livello record di 116 miliardi di dollari. Gli investitori cinesi, lo scorso anno, hanno investito in 4.425 aziende in 141 Paesi e territori. Nel solo mese di dicembre, gli investimenti diretti esteri in Cina sono calati del 4,5% anno su anno a 11,7 miliardi di dollari. Gli investimenti americani in Cina sono aumentati nel 2012 del 4,5% a 3,12 miliardi di dollari, mentre quelli provenienti dal Giappone sono saliti del 16,3% a 7,38 miliardi, nonostante la disputa territoriale che ha inasprito le relazioni tra i due giganti asiatici a partire da settembre. Gli investimenti europei, penalizzati dalla crisi del debito sovrano, sono scesi del 3,8% lo scorso anno a 6,11 miliardi di dollari. La maggior parte degli investimenti, comunque, sono quelli in arrivo da dieci Paesi asiatici, tra cui il Giappone, che registrano un calo del 4,8% annuo a 95,74 miliardi di dollari.
Qui a Sant'anna ci vuole un Agreement che vada oltre Surigheddu & Mamuntanas
Il Sole 24 ORE - Radiocor 15/01/2013 - 18:52
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
Fiat: accordo con Gac, produrra' Jeep in Cina (RCO)
Solo per il mercato cinese
Radiocor - Milano, 15 gen - Fiat Group Automobiles, Chrysler Group International e Guangzhou Automobile Group Co. (Gac ) hanno sottoscritto un Framework Agreement per ampliare la loro collaborazione nella produzione e vendita di autovetture in Cina. Secondo l'intesa, si legge in una nota, il prossimo marchio di cui e' prevista la localizzazione da parte della joint venture Gac-Fiat e' il marchio Jeep di Chrysler Group (produzione in Cina per il solo mercato cinese). Attualmente la jv produce la Fiat Viaggio e distribuisce in Cina modelli come la Fiat 500, il Freemont e la Bravo.
Com-rmi
Sarà per la ripresa economica ad Alghero che ha fatto spostare tanti miliardi di dollari in altre attività diverse dalle precedenti ?
Il Sole 24 ORE - Radiocor 15/01/2013 - 12:27
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
Cina: fondo sovrano Cic medita riduzione portafoglio Treasury
Radiocor - Milano, 15 gen - Il fondo sovrano cinese Cic, che detiene asset per 480 miliardi di dollari, potrebbe ridurre la propria esposizione ai Treasury americani. E' quanto ha fatto intendere il presidente del fondo, Lou Jiwei, in un intervista allo Shanghai Securities News, nel corso della quale ha spiegato che la ripresa economica negli Stati Uniti ha reso altri strumenti di investimento piu' attraenti. Secondo le statistiche del Tesoro Usa, alla fine di ottobre la Cina deteneva Treasury per 1.160 miliardi di dollari, acquistati in gran parte dalla banca centrale di Pechino. Le riserve valutarie della Cina avevano invece toccato alla fine del 2012 la quota di 3.310 miliardi di dollari. 'Il metodo del Cic - ha detto Lou - e' di acquistare relativamente poco debito americano nella speranza di poter investire prima fondi in azioni e in altre attivita''. Non e' chiaro se queste azioni e queste altre attivita' siano denominate in valuta diversa dal dollaro. Il Cic e' stato fondato nel 2007 allo scopo di diversificare le riserve valutarie del paese. Lo scorso anno, per la prima volta, il fondo ha registrato una perdita, pari al 4,3% dei suoi attivi.
Corrado Poggi cop-Y-
Pure noi siamo a rischio con l'acqua ad Alghero pur non avendo un industria.
Il Sole 24 ORE - Radiocor 14/01/2013 - 16:04
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NOTIZIARIO ASIA
###Cina: aria e acqua a rischio per l'industrializzazione dissennata - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 14 gen - Sarebbe un errore confinare l'allarme ambientale di Pechino ad un semplice peggioramento occasionale delle condizioni. Le cronache drammatiche dalla capitale impongono invece interventi su un fenomeno non piu' soltanto atmosferico. Le autorita' hanno adottato infatti misure inedite. Il 12 gennaio il Beijing municipal environmental monitoring center non e' ricorso a tattiche dilatorie: 'La qualita' dell'aria restera' per almeno altri tre giorni su livelli molto inquinati. In questo periodo, ai residenti e' suggerito di non uscire all'esterno o di affaticarsi'. Il particolato - cioe' la componente piu' nociva - ha superato il livello di guardia, anche se l'ambasciata statunitense ha fissato la rilevazione a valori piu' alti di quelli ufficialmente comunicati. Il colore della citta' e' letteralmente grigio, anche in pieno giorno. Nei punti piu' trafficati l'aria e' irrespirabile e la visibilita' ridotta, con le punte dei grattacieli che a stento si scorgono. Le principali motivazioni correnti sono tre: le emissioni delle fabbriche che costellano Pechino, il riscaldamento a carbone per il rigido periodo invernale e il numero di automobili in circolazione. Il traffico e' ormai fuori controllo e i tempi di percorrenza imprevedibili, a seguito della veloce motorizzazione della citta'. La sicurezza dell'acqua dai rubinetti domestici e' altresi' posta in dubbio da ricercatori indipendenti. La sicurezza alimentare e' ormai un riferimento obbligato per gli abitanti e le autorita' non riescono a celare i motivi di allarme. Le acque raccolte intorno alla citta' sono inquinate indirettamente dagli scarichi industriali e dai rifiuti urbani. I trattamenti chimici che devono subire per assicurarne la potabilita' sono sempre piu' pesanti e stringenti. Esiste il pericolo concreto che i filtri e gli additivi possano a loro volta inquinare l'acqua da bere. La conseguenza economica immediata e' stata l'aumento costante dei liquidi in bottiglia. Il fenomeno non riguarda soltanto gli stranieri - da tempo sospettosi dell'acqua corrente - ma ormai una larga porzione dei cittadini. Ironia della sorte, mentre nei paesi industrializzati l'imbottigliamento in plastica registra una diminuzione delle vendite proprio per l'impatto ambientale, in Cina e' in costante aumento. Nel 2000 i ricavi aziendali hanno raggiunto un miliardo di dollari. Sono aumentati nove volte nel 2012 e si prevede raggiungano 16 miliardi di dollari nel 2017. La Nestle' l'anno scorso ha incrementato le sue entrate per l'acqua imbottigliata del 27% rispetto all'anno precedente. Dietro queste statistiche e queste paure esiste comunque un retroterra antico nel quale si sono costruite le criticita' odierne. Lo sviluppo economico di tanti decenni e' avvenuto nonostante i vincoli ambientali. La natura e' stata violentata e le risorse dissipate, in una rincorsa verso la ricchezza che non ha ammesso cedimenti. La Cina conosce storicamente pochi territori fertili e rigogliosi. Piu' di meta' paese e' arido, solo il 10% del territorio e' coltivabile. L'industrializzazione dissennata, la ricerca di valore aggiunto ad ogni costo hanno peggiorato la situazione. Ora le parti vitali dell'esistenza sociale e individuale del paese - l'aria e l'acqua - sono non soltanto scarse ma sempre meno utilizzabili.
* presidente di Osservatorio Asia
Sempre più veloci !!! All'andata da Pechino a Tianjin ci son volute 2 ore e mezzo con un Mercedes 3500 mentre al ritorno abbiamo preso il treno e in 30 minuti siamo arrivati a Pechino.
Il Sole 24 ORE - Radiocor 14/01/2013 - 11:28
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NOTIZIARIO ASIA
***Cina: verso aumento di 10 volte limite investimenti esteri in Borsa
Radiocor - Milano, 14 gen - La Cina valuta un incremento sostanziale dell'ammontare autorizzato degli investimenti da parte delle istituzioni finanziarie estere in azioni, obbligazioni e depositi bancari nella Repubblica Popolare. Lo ha annunciato Guo Shuqing, numero uno della Csrc, la Consob cinese. 'Penso che potremo aumentare di almeno dieci volte' il limite, attualmente fissato a 80 miliardi di dollari, ha sottolineato Guo. La mossa punta a stimolare i mercati finanziari della Repubblica popolare, in cui gli investimenti esteri oggi non pesano che per l'1,6% della capitalizzazione totale di Borsa. Gia' in aprile la Csrc aveva portato il tetto a 80 miliardi dai precedenti 30, portando 169 investitori a iniettare 37 miliardi di dollari sui mercati. In luglio, inoltre, era stata alzata la quota massima di possesso azionario nel capitale di una societa' quotata, al 30% dal 20%.
Red-Ppa-
Anche noi di ICFA Italy China Friendship Association grazie alla Presidente Yan Wang il 17 Gennaio a Pechino nella sala della pace abbiamo siglato accordi di collaborazione con importanti partners cinesi.Oltre a me era presente Irene Pivetti. Durante la cerimonia Yan ha comunicato agli invitati che la Presidente di ICFA è Irene Pivetti. Auguro che la Sardegna e l'Italia sin da quest'anno abbia in Cina vendite record di prodotti e servizi Made in Italy.
Il Sole 24 ORE - Radiocor 14/01/2013 - 10:36
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
General Motors: vendite record in Cina nel 2012 (+11,3%)
Radiocor - Shangai, 14 gen - General Motors ha registrato vendite record in Cina nel 2012 a 2,84 milioni di unita', in rialzo dell'11,2% verso un anno prima. Lo comunica la casa americana. I risultati registrati dal gruppo americano sono superiori al rialzo medio delle vendite di auto nel Paese, pari al 4,3% l'anno scorso secondo le cifre fornite dall'Associazione nazionale dei costruttori Caam.
Red-pal
sabato 12 gennaio 2013
Tutto per tre scogli dove non vive nessuno ma....
POLITICA INTERNAZIONALE
ABE: ECONOMIA GIAPPONESE SABOTATA DA CINA
Global Times: “scontro armato vicino” per Diaoyu
Pechino invia due caccia nell'area. Sale la tensione
di Sonia Montrella
Twitter@SoniaMontrella
e
Alessandra Spalletta
Twitter@ASpalletta
(Aggiornato alle 16:00) - Pechino ha inviato due caccia nel Mar Cinese Orientale per fronteggiare l'offensiva annunciata ieri dal Giappone contro i velivoli cinesi che nelle ultime settimane hanno sorvolato lo spazio aereo nei pressi delle Senkaku, le isole contese tra Giappone e Cina che Pechino rivendica come proprie con il nome di Diaoyu. Lo ha annunciato il ministero della Difesa cinese venerdì. Secondo quanto riferisce la Xinhua, i funzionari della Difesa hanno reso noto che due caccia J-10 hanno sorvolato l'area giovedì per sorvegliare i caccia giapponesi F-15 che avevano inseguito un velivolo Y-8 cinese.
Roma, 11 gen.- Per Tokyo, Pechino ha fatto un grave errore: sabotare gli interessi economici giapponesi sulla scia della lotta per il controllo delle Diaoyu, le isole contese nel Mar Cinese Orientale. “Ai fini politici, prendere di mira le società nipponiche e i singoli cittadini giapponesi presenti sul territorio cinese, i quali contribuiscono all’economia del Paese, rappresenta un grave errore per uno stato responsabile di fronte alla comunità internazionale”: dichiara il neo-premier Shinzo Abe in un duro commento contro il vicino. “Ciò non solo danneggerà le relazioni bilaterali – continua Abe – ma avrà anche ripercussioni negative sull’economia della Cina e sulla società”.
Le frecciata arriva nel corso della conferenza stampa di venerdì in cui il nuovo leader del governo alla guida del Partito Liberaldemocratico ha presentato il nuovo pacchetto stimoli da 224 miliardi di dollari che punta a risollevare l’economia con una crescita pari al 2% e a creare 600mila nuovi posti di lavoro. Il Sol Levante si lascia alle spalle un anno particolarmente nero con un deficit accumulato che ha raggiunto il 200% del Pil e una economia che stenta a ripartire. In questo contesto, la disputa territoriale nel Mar Cinese Orientale sembra aver dato il colpo di grazia: dopo l’acquisto (o nazionalizzazione per dirla alla giapponese) dello scorso settembre di tre delle isole dell’arcipelago, di proprietà di una famiglia nipponica e che il governo di Tokyo aveva precedentemente in affitto, la Cina è insorta con accese proteste e con il boicottaggio di prodotti Made in Japan. Sensibile il calo del’export soprattutto nel campo del’automotive: all’inizio della settimana Toyota ha fatto sapere che nel 2012 le vendite in Cina sono crollate del 4,9%, con soli 850.500 veicoli consegnati, il primo declino annuale dal 2001. Ancor peggio è andata alla Nissan che ha visto i suoi affari scendere del 5,3%.
Intanto il braccio di ferro tra le due superpotenze asiatiche per il controllo delle Diaoyu (in giapponese Senkaku) si fa sempre più serrato. Nei giorni scorsi Abe aveva annunciato l'intenzione di aumentare – per la prima volta da dieci anni - del 2% il budget della Difesa per il 2013, a quota 4.700 miliardi di yen, pari a circa 39 miliardi di euro. Obiettivo: fronteggiare l’escalation e tutelare gli interessi del Paese. Allo stesso scopo, ieri il ministero della Difesa giapponese ha fatto sapere che sta valutando la possibilità di aprire il fuoco contro i velivoli cinesi che nelle ultime settimane hanno sorvolato lo spazio aereo nei pressi delle Senkaku. La risposta di Pechino non si è fatta attendere: il ministero della Difesa cinese ha annunciato venerdì di aver inviato due caccia nel Mar Cinese Orientale per fronteggiare l'offensiva annunciata dal Giappone. Secondo quanto riferisce la Xinhua, i funzionari della Difesa hanno reso noto che due caccia J-10 hanno sorvolato l'area giovedì per sorvegliare i caccia giapponese F-15 che avevano inseguito un velivolo Y-8 cinese.
GLOBAL TIMES CHIAMA ALLE ARMI
E se Tokyo attacca, Pechino risponde e fa sapere che continuerà a proteggere i propri interessi con pattugliamenti marittimi e aerei – ieri ha inviato 10 caccia a perlustrare la zona - nelle acque attorno alle Diaoyu. Intanto sulla stampa cinese la temperatura si fa rovente. Durissimo l’editoriale del Global Times – quotidiano statale costola del People’s Daily – secondo cui “lo scontro armato è vicino”. “Non dobbiamo avere l’illusione che il Giappone farà un passo indietro. Dobbiamo prepararci al peggio” si legge nell’articolo che sta mettendo in allerta osservatori e analisti internazionali. Uno di questi è Steve Tsang, direttore del China Policy Institute, University of Nottingham, che ad AgiChina24 ha dichiarato: "Non so se le due potenze hanno intenzione di arrivare ad un conflitto, ma sta di fatto che si stanno dirigendo verso un escalation e il rischio di un contrasto armato si fa sempre più concreto".
“Grazie all’arroganza del Giappone - continua il Global Times - la disputa sulle Diaoyu è arrivata a questo punto. La colpa è dei politici giapponesi, inclusi il governatore di Tokyo Shintaro Ishihara e l’ex primo ministro Naoto Kan”. Per il quotidiano il risentimento reciproco delle potenze ha raggiunto i livelli della seconda Guerra Mondiale, quando decine di milioni di cinesi morirono per le atrocità commesse dai giapponesi durante la guerra sino-giapponese. “Un anno fa i politici nipponici non avrebbero mai pensato che la Cina potesse rispondere con dei caccia. Alcuni giapponesi ritengono che la Cina deve contenersi a qualsiasi costo per assicurare un clima pacifico che favorisca le opportunità di business, ma i caccia inviati ieri provano il contrario”. L’invio dei jet – continua il giornale – riflette la posizione dell’opinione pubblica. “Il Paese deve avere il coraggio di rispondere militarmente a chiunque metta in atto delle provocazioni”.
La crisi delle Diaoyu – chiosa il Global Times - è un test per la Cina dell’era di Internet. La nostra forza risiede nell’adottare contromisure nei confronti del Giappone e affrontare qualsiasi incertezza. E per far ciò è necessario che la società resti unita”.
Non è la prima volta che la stampa cinese lancia la sua chiamata alle armi; qualche mese fa, subito dopo la nazionalizzazione delle isole, era stato il People’s Daily, solo nella sua versione in cinese, ad alzare i toni: “Sulla questione delle isole Diaoyu, speriamo in una guerra lampo improvvisa, ma siamo pronti a combattere a lungo. Qualsiasi forma prenderà la guerra, il Giappone non potrà contare su nessun vantaggio e non la scamperà”. La firma al commento era delle più autorevoli: Zhong Sheng “Voce della Cina”, pseudonimo con cui il Quotidiano del Popolo sigla gli articoli che esprimono l’opinione del governo.
CRISI INTERNA, NEMICO ESTERNO
Internet nemica della stabilità interna, Giappone di quella esterna. Mentre la forbice tra ricchi e poveri si allarga, le proteste contro i danni ambientali aumentano e i casi di corruzione di funzionari del partito invadono il web, Pechino sembra indirizzare il malcontento della popolazione verso l’avversario nipponico cavalcando l’orgoglio patriottico e il sentimento anti-giapponese ancora vivo nell’animo del popolo.
Sul piano geopolitico per la Cina la conquista delle Diaoyu (e delle altre catene di scogli disseminate nel Mar Cinese Meridionale e rivendicate anche da Vietnam, Filippine, Brunei, Taiwan, Malesia) ha un’importanza cruciale. Questione di supremazia: dominando i due mari, Pechino non solo avrebbe il controllo sui suoi vicini, ma si ritroverebbe nella posizione di minacciare le rotte commerciali del Giappone e di negare a Washington, che punta ad accrescere la sua presenza nell’area, il transito tra il Pacifico e l’Oceano Indiano.
Ma non solo. La nuova leadership guidata da Xi Jinping ha di fronte a sé un’eredità pesante: un Paese in cui l’economia viaggia a ritmi più lenti, la classe media è in crisi, l’acquisto di una casa è diventato un sogno, gli espropri dei terreni sono all’ordine del giorno e la carta stampata è insorta dopo che la Propaganda ha, in un certo modo, superato i limiti della censura. Parallelamente il PCC esce da un anno di scandali – Bo Xilai in primis – che hanno messo a rischio la credibilità del Partito. I cinesi osservano e giudicano, e lo fanno soprattutto su internet, forse l’unica piazza in grado di far tremare il regime. Dirottare la rabbia dei cittadini oltre i confini nazionali appare dunque una questione di vitale importanza. Tanto più che il popolo ha più volte criticato la leadership Hu-Wen per essersi mostrata troppo debole con il vicino nel difendere gli interessi nazionali.
Non se la passano bene nemmeno i giapponesi che sotto la guida di Noda hanno visto le tasse aumentare fino al 15% e l’economia perdere terreno sotto i colpi della crisi mondiale. Ma soprattutto, hanno assistito a una pessima gestione dell’incidente di Fukushima. Fallimenti, questi, che hanno spinto il popolo, quella parte che si è recata alle urne - l’affluenza è stata del 59% -, a votare per Abe, già primo ministro poco apprezzato nel 2006-07. Tornato al potere, nella sua prima uscita da premier in pectore, il leader del Partito liberaldemocratico, ha voluto dare un assaggio di quella che sarà l’impostazione del suo governo, soprattutto per quanto riguarda la controversia con il vicino cinese: "La Cina sta sfidando la realtà, ovvero che quelle isole appartengono al territorio del Giappone", ha detto. Il messaggio è chiaro: con la nuova leadership il Paese passerà ai fatti. Il nemico, anche per il Sol Levante sembra essere al di là dei confini nazionali, e va accerchiato. Come? Stringendo accordi con gli alleati statunitensi, con Taiwan, la Corea del Sud e con le Filippine. Proprio oggi il ministro degli Esteri nipponico Fumio Kishida e il Segretario degli Affari Esteri filippino Albert Del Rosario hanno siglato un accordo che prevede la fornitura da parte di Tokyo di 10 motovedette a Manila nell’ambito della partnership strategica in atto tra i due Paesi per il contenimento della Cina nel Mar Cinese Meridionale.
TOKYO PREPARA OFFENSIVA CONTRO AEREI CINESI
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnoeast
Pechino, 10 gen. - Il ministero della Difesa giapponese sta valutando la possibilità di aprire il fuoco contro i velivoli cinesi che nelle ultime settimane hanno sorvolato lo spazio aereo nei pressi delle Senkaku, le isole contese tra Giappone e Cina che Pechino rivendica come proprie con il nome di Diaoyu. Immediata la replica di Pechino che tramite l'ufficio dell'Amministrazione degli Oceani ha dichiarato che continuerà i pattugliamenti aerei e marittimi dell'area attorno alle isole che ritiene parte integrante del territorio nazionale. "Per fronteggiare una situazione sempre più complessa -ha dichiarato nella giornata di oggi Liu Caigui, direttore dell'Amministrazione degli Oceani- ci assumeremo maggiori responsabilità per difendere saldamente i diritti e gli interessi marittimi nazionali". La Cina, ha poi spiegato il funzionario, riparerà i danni subiti da alcuni punti di approdo e procederà a demarcare l'area compresa all'interno delle duecento miglia nautiche attorno all'arcipelago.
Nelle scorse settimane la tensione tra i due Paesi attorno alle Senkaku/Diaoyu era aumentata dopo che alcuni aerei cinesi erano passati vicino alle isole contese. Per due volte Tokyo aveva fatto alzare i suoi caccia in risposta all'iniziativa cinese. L'ultimo caso risale al 5 gennaio scorso, quando un aereo a turboelica cinese era passato a 120 chilometri dalle Senkaku, senza violarne lo spazio aereo. L'8 gennaio scorso il primo ministro giapponese Shinzo Abe aveva disposto un aumento della sorveglianza attorno alle isole contese con la Cina. Abe, rieletto primo ministro il 16 dicembre scorso, è considerato vicino all'ala dei falchi del Partito Liberaldemocratico tornato al potere in Giappone dopo le scorse elezioni e ha promesso un atteggiamento deciso nei confronti della Cina sulle isole contese. Per fare fronte all'escalation con Pechino, il governo giapponese aveva annunciato nei giorni scorsi l'intenzione di aumentare del 2% il budget della Difesa per il 2013, a quota 4700 miliardi di yen, pari a circa 40,7 miliardi di euro.
Il muro contro muro tra i due Paesi riguarda anche le acque territoriali che circondano l'arcipelago. Abe aveva chiesto nelle scorse ore un risposta forte ai continui pattugliamenti cinesi delle acque territoriali attorno alle isole contese, e Pechino aveva risposto tramite il capo dei corpi di sorveglianza marittima, Sun Shunxian, che il Giappone "continua a ignorare il fatto che le loro navi e i loro aerei hanno infranto la nostra sovranità". Sun ha poi dichiarato che l'atteggiamento giapponese potrebbe portare a "un'ulteriore escalation" nell'area.
La tensione tra Cina e Giappone per la sovranità sull'arcipelago delle Senkaku/Diaoyu si era impennata a settembre scorso quando il governo di Tokyo aveva annunciato l'intenzione di acquistare tre delle cinque isole dalla famiglia giapponese che ne detiene i diritti di sfruttamento. La notizia aveva provocato nei giorni seguenti manifestazioni anti-giapponesi in 72 città della Cina, culminate nelle proteste di fronte all'ambasciata giapponese di Pechino, bersaglio di insulti e lanci di oggetti da parte dei manifestanti per diversi giorni.
DIAOYU O SENKAKU?
Le Diaoyu-Senkaku sono formate da tre isole maggiori e da numerosi scogli, per una superficie di appena 7 chilometri quadrati che celano nel sottosuolo ingenti riserve sottomarine di gas naturale, e probabilmente anche petrolio, che secondo proiezioni di Pechino potrebbero arrivare a coprire fino al 20% delle riserve del Dragone. A ciò si aggiunge un fondale ricchissimo di pesce e un patrimonio faunistico introvabile negli arcipelaghi vicini, caratteristiche che spiegano il perché di una così accesa disputa territoriale su degli scogli inabitabili attualmente amministrati dal governo nipponico.
Ma perché tanta confusione sulla sovranità? La ragione risale a più di un secolo fa, quando le isole Diaoyu/Senkaku facevano parte - insieme a Taiwan, da cui distano appena 100 miglia nautiche - dei territori ceduti dalla Cina al Giappone con il Trattato di Shimonoseki, in seguito alla sconfitta del 1895 del primo conflitto sino-giapponese. Il gruppo di scogli aveva adottato il nome di Senkaku appena cinque anni prima quando il Giappone incorporò le isole all’amministrazione di Okinawa sostenendo di aver effettuato studi da cui sarebbe emerso che l’arcipelago non solo era terra nullius, ma non esistevano indizi che facessero pensare che era sotto il controllo della dinastia cinese dei Qing.
Nel 1943 la Dichiarazione del Cairo, secondo cui “tutti i territori strappati alla Cina dal Giappone avrebbero dovuto essere restituiti alla Cina”, menzionò solo l’isola di Formosa (Taiwan) e le Pescadores.
Nel 1944 un tribunale giapponese sancì che le isole erano parte integrante di Taiwan, al tempo sotto l’influenza nipponica, ma l’anno successivo la fine del secondo conflitto mondiale stabilì che Okinawa e i territori circostanti debbano passare agli Stati Uniti che li restituirà a Tokyo nel 1972. Ad oggi per i giapponesi le isole Senkaku fanno parte del territorio nazionale in virtù del Trattato di Shimonoseki, mentre per i cinesi il trattato è nullo come tutti gli altri trattati ineguali firmati nell’800 sotto la minaccia delle armi delle potenze straniere.
venerdì 11 gennaio 2013
Sarà Modamania ? +98%
Il Sole 24 ORE - Radiocor 11/01/2013 - 17:14
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
Moda: Pambianco, +98% indice asiatico Borsa nel 2012, spicca Prada
La maison italiana ha vantato un rialzo del 112%
Radiocor - Milano, 11 gen - L'indice asiatico della Borsa del settore della moda ha archiviato il 2012 con la performance migliore, mettendo a segno un rialzo del +98,6%, contro il progresso dell'11,2% dell'indice Hang Seng. Questa la foto scattata da Pambianco, che ha inoltre messo in evidenza che 'il secondo indice per crescita sia stato il Pambianco Fashion Europe, nonostante la crisi perdurante in Europa, con un +13,1% (+11,2% indice Eurostoxx 50)'. Nel corso dell'anno appena chiuso e' stata Prada a vantare la performance migliore, con un +112,7%, seguita da Michael Kors (+88%), Movado (+72,9%) e a ruota Brunello Cucinelli (+72,4%). Quest'ultimo e' stato il miglior titolo in Europa. nel Vecchio Continente si sono messe in evidenza Inditex (+66,9%) e Salvatore Ferragamo con un +60,5%, mentre hanno accusato la performance peggiore Mulberry, con un -20,2%, e Antichi Pellettieri (-14,3%).
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