mercoledì 7 novembre 2012
RISULTATO SPECIALE
Il Sole 24 ORE - Radiocor 07/11/2012 - 18:23
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NOTIZIARIO ASIA
### Usa-Cina: Prodi, la conferma di Obama assicura la continuita' - INTERVISTA
di Romeo Orlandi*
Radiocor - Milano, 07 nov - La globalizzazione incide sulle elezioni americane e sul congresso del Pcc cinese? 'Nessun Paese riesce a controllare da solo i problemi planetari'. L'integrazione politica europea? 'E' ancora lontana, ma credo che il peggio sia alle spalle'. La sovranita' nazionale dei singoli Stati? 'E' sempre piu' esposta alle intemperie dei mercati'. Per lo stato dei rapporti Usa-Cina la conferma di Obama alla presidenza e' stato un bene? 'Certo. Romney era convinto che la Cina sia ostile agli interessi statunitensi e che quindi andasse piegata'. Romano Prodi e' un profondo sostenitore della massima del presidente americano Barack Obama, 'il mondo e' una cosa complicata'. E da essa - in questa intervista esclusiva alla newsletter Radiocor redatta in occasione del Convegno annuale Osservatorio Asia, che si terra' domani a Milano - fa discendere una serie di considerazioni sulla geopolitica mondiale.
D. Professor Prodi, i due eventi politici piu' importanti dell'anno sono le elezioni statunitensi, che hanno visto la conferma di Obama, e il Congresso del Pcc. Mai come quest'anno gli esiti saranno determinati da fattori esterni ai due Paesi. Come e perche' siamo arrivati a questa situazione? R. Perche' esiste la globalizzazione. Il mondo e' interconnesso e nessun Paese, per quanto grande e importante, riesce da solo a risolvere o a controllare i problemi planetari. Aveva ragione Obama quando, appena eletto, aveva affermato: 'Il mondo e` una cosa complicata'. Aveva compreso bene che la superpotenza statunitense doveva fare i conti con altre realta', vecchie e nuove. Tra queste, la Cina rappresenta la novita' piu' forte. Se smettesse di finanziare il debito statunitense cosa succederebbe? La novita' alla quale dobbiamo abituarci e' che, se per ipotesi la Cina prendesse questa decisione estrema, le conseguenze sarebbero imprevedibili e probabilmente negative per la Cina stessa. Ricordiamo tuttavia che queste turbolenze sono fenomeni che sempre accompagnano i grandi cambiamenti nei rapporti di potere. E' vero anche che quello a cui stiamo assistendo e' uno dei cambiamenti piu' grandi e piu' rapidi che la storia ricordi.
D. E' corretto immaginare una posizione piu' dura nei confronti della Cina se avesse vinto il candidato conservatore Mitt Romney? R. Probabilmente e' cosi'. Ma la questione non e' soltanto la durezza dell'approccio verso Pechino, quanto la disponibilita' negoziale. Obama alzava i toni contro la Cina per esigenze elettorali, ma sa che la trattativa e' l'unica arma possibile. E' consapevole che la concorrenza cinese - in tutti i sensi, non solo nella produzione di manufatti - e' ormai consolidata e che una confrontation sarebbe impossibile. Percio' usa l'arma dalla negoziazione, per quanto dura possa dimostrarsi. Romney invece era convinto che la Cina sia ostile agli interessi statunitensi e che quindi vada piegata. Si tratta ovviamente di una strada piu' tortuosa e pericolosa.
D. Il nuovo leader cinese, verosimilmente Xi Jinping, ha ampi margini di manovra per far si' che la Cina riesca a trainare l'economia internazionale? Oppure e' probabile privilegi la Cina nazionalista, intenta a costruire una sua forza per rendersi inattaccabile? R. Xi Jinping ha credenziali di innovatore, ma occorre tempo per vedere se sara' in grado di essere anche un riformista. Il potere del leader e' enorme, ma si e' ridotto negli anni. Il segretario del Pcc e' oggi una sintesi che il partito esprime per conciliare i diversi interessi del Paese: stabilita', progresso, sicurezza e blocchi sociali talvolta antagonisti. Cio' che Xi riuscira' a fare dipendera' non solo da lui ma dal contesto. Dovra' cercare il consenso, ma sara' obbligato anche a scelte radicali. Su questi due binari trovera' la sua sfida. Se vogliamo giocare alle previsioni e' probabile che non cambi direzione rispetto ai suoi predecessori ma cerchi di procedere (se possibile) con maggiore velocita'.
D. Il G2 e' nei fatti, oppure e' una scorciatoia giornalistica? Nella globalizzazione la potenza politica deve fare i conti, piu' che nel passato, con l'affermazione economica? R. Il G2 forse e' nei fatti ma sia Stati Uniti sia Cina hanno in fondo paura che il G2 porti ad attriti che non si riescono ad ammorbidire. Quindi il G2 ci sara' e non ci sara'. Esso non avra' comunque il controllo del mondo come ai tempi della Guerra Fredda. La Cina non ha sostituito l'Unione Sovietica. Esistono altri attori che cercano la loro autonomia e sostengono alleanze senza guardare l'appartenenza ideologica o attendere ordini da Washington e da Pechino. In questo l'economia ha guadagnato importanza rispetto alla politica: sta sempre di piu' integrando attori che rimangono fra di loro ostili nel campo politico. Difficile sapere come andra' a finire.
D. L'Europa appare ai margini delle grandi decisioni, rivolta a mantenere un ordine interno e una moneta sotto attacco. Quale puo' essere il suo contributo alla soluzione della crisi? R. Se l'Europa fosse unita si potrebbe parlare di G3, ma sta prevalendo una logica che rallenta l'integrazione politica. L'Europa potrebbe fare moltissimo, per se' e per risolvere la crisi. Dovrebbe dimenticare le divisioni, trovare leader di visione e slanci ideali e concreti. Non e' vero che una maggiore integrazione delle politiche trascini l'economia al ribasso, abbiamo visto che i costi della 'non Europa' sono fortissimi. Oggi li paghiamo sia in termini contabili, sia in perdita di credibilita' e autorevolezza. Occorre uno scatto di orgoglio che faccia recuperare i valori europei piu' genuini. Scatto che e' ancora lontano, ma penso che il punto piu' basso della crisi europea sia passato, forse perche' tutti, a cominciare dai tedeschi, hanno una paura terribile della dissoluzione dell'euro. Tuttavia solo dopo le elezioni tedesche del prossimo anno si potra' pensare a una vera costruzione di nuove e piu' forti istituzioni europee. Infine: gli Stati nazionali hanno indiscutibilmente perso sovranita', soprattutto in Europa.
D. Ci sono soluzioni per affrontare questa situazione nuova? R. Questa e' la madre di tutte le questioni. Gli Stati nazionali sono impotenti - o meno potenti del passato - nello sciogliere i propri nodi. Se questa incoerenza non e' avvertita in Cina e negli Stati Uniti, che hanno una grande forza autonoma, e' invece drammatica per i singoli Paesi europei, esposti con poche difese alle intemperie dei mercati. Il debito pubblico globale della zona Euro e' minore di quello statunitense, eppure sta triturando l'Europa perche' non c'e' una banca centrale e una politica comune. In questo quadro, ogni rinvio delle riforme istituzionali europee e' un danno. Sfortunatamente stanno risorgendo fenomeni antieuropei che troppo spesso dimenticano i decenni di pace e prosperita' - oltre che di autorevolezza internazionale - che l'integrazione nel Vecchio Continente ha creato.
* Presidente Comitato Scientifico Osservatorio Asia
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