martedì 27 novembre 2012
L'Italia protagonista alla fiera vinicola Vin China (Pechino 4-6 novembre). Seminario sulla Sicurezza Alimentare nell'ambito del Programma MAE-Regioni
La presenza prevalente delle aziende italiane alla fiera vinicola Vin China a Pechino ha affermato di fronte alle autorità e agli operatori cinesi il primato mondiale dell'Italia nella produzione vinicola del 2012 ed il ruolo centrale ricoperto nel mercato vitivinicolo mondiale.
L'inaugurazione della fiera Vin China il 4 novembre ha visto la partecipazione da parte cinese a livello di vertice del Ministero del Commercio, dell'Amministrazione dei controlli sulle importazioni AQSIQ e della Camera di Commercio Agroalimentare, che nell'occasione hanno attribuito un ruolo di primo piano all'Italia nel rappresentare i paesi che esportano vino in Cina. Sia in termini di visibilità dell'area occupata, sia in relazione alla numerosa partecipazione (60 aziende vinicole, due consorzi, del Chianti classico e del Brunello, due Regioni, Marche e Umbria, ecc.).
L'Italia nell'ambito della fiera è stata effettivamente elevata a paese di riferimento nel settore, in ragione dell'ottimale rapporto qualità-prezzo del prodotto, che ben si adatta a soddisfare il crescente consumo di vino in Cina da parte della popolazione e non soltanto ad esserne uno status symbol. Per questo l'Ambasciatore d'Italia nella Repubblica Popolare Cinese, Attilio Massimo Iannucci, nel suo intervento durante la cerimonia di apertura, ha sottolineato l'importanza che le autorità cinesi evitino di adottare norme su additivi e su altri standard produttivi che risultino discriminatorie delle importazioni e favoriscano invece la più ampia diffusione di vini di qualità, nell'interesse anzitutto dei consumatori.
In una Cina in cui il commercio con l'estero mostra segnali di rallentamento, si consolida invece il benessere delle fasce medie della popolazione e, con l'abitudine a stili di vita benestanti, si espandono le importazioni di beni di consumo che nel primo semestre di quest'anno in Cina hanno raggiunto 60,4 miliardi di dollari, con un incremento del 25,6% sullo stesso periodo del 2011. Anche il vino cresce a ritmi straordinari: nel 2011 con un incremento del 65% in termini di volume, cioè un aumento di ben 241 milioni di litri. L'Italia continua ad essere tra i maggiori esportatori in Cina, con 19 milioni di litri lo scorso anno, ed accresce la propria presenza al ritmo del 70% annuo ovvero del 90% in termini di valore con 56 milioni di euro.
Le autorità cinesi hanno particolarmente apprezzato l'Italia nell'aver voluto assecondare l'obiettivo, evidentemente anche politico, di creare a Pechino, con questa prima fiera vinicola internazionale, un polo di riferimento nella Cina continentale, che non sia secondario rispetto alla piazza di Hong Kong, che tende invece a divenire il polo di riferimento per i paesi del sud-est asiatico. L'organizzazione da parte italiana è stata curata dalla società milanese Agenzia per la Cina, senza appositi fondi pubblici, che ha previsto per diverse aziende italiane anche iniziative di "roadshow" in altre metropoli cinesi nei giorni successivi alla fiera.
Nel pomeriggio si è tenuto il forum "Salute Italia! La sicurezza alimentare del vino", organizzato nell'ambito del Programma Mae-Regioni-Cina, cui hanno preso parte il Presidente delle Marche Gian Mario Spacca, esponenti del Ministero della Salute, della Regione Umbria e della Regione Lombardia. Tra gli interventi cinesi, da registrare le proposte di collaborazione in campo vitivinicolo, presentate da rappresentanti delle Provincie dello Hebei e del Liaoning, che verranno approfondite nelle prossime settimane per le opportune valutazioni in vista di una possibile prossima missione di esperti dall'Italia verso la fine di novembre.
novembre 2012
L’EFFETTO BANDWAGON
Dal Blog di Paolo Borzatta
Milano, 29 ott. - Da Wikipedia: “L'effetto carrozzone o effetto bandwagon è la considerazione che le persone spesso fanno o credono in alcune cose solo perché la maggioranza della gente crede o fa quelle stesse cose. Ci si riferisce spesso in senso dispregiativo a questo effetto chiamandolo istinto del gregge, particolarmente riferendosi agli adolescenti. Si può dunque dire che c'è una tendenza nella gente a seguire la folla. L'effetto carrozzone è a causa del successo di quelle argomentazioni basate esclusivamente su opinioni molto diffuse (argumentum ad populum).”
E’ un fenomeno di psicologia sociale noto, studiato e “naturale”. Ma a me dà sempre fastidio. Un mare di gente adotta un comportamento senza averci pensato rinunciando, per insipienza o convenienza, a quel po’ di libero arbitrio che forse abbiamo.
Questo sta accadendo sempre più in relazione alla Cina. Sempre più tutti si scoprono sinologi, in particolare adesso in vicinanza del cambio della leadership cinese - che tutti capiscono quale impatto globale avrà - e anche in concomitanza con le elezioni presidenziali americane che hanno fatto della Cina un punto del contendere. Da famosi scrittori che fanno servizi errati in televisione sulle prigioni cinesi a moltissimi giornalisti altrettanto famosi che hanno ignorato per anni l’argomento e adesso scrivono pezzi di opinione con la ricetta sicura del “un pizzico di colore locale, una buona dose di ricordi, qualche spruzzata di citazioni di personaggi famosi su una base abbondante di banalità”.
Le banalità essendo scelte a piacere dalla seguente lista:
• La Cina non è un paese democratico.
• Se vuole crescere dovrà affrontare prima o poi il tema della democratizzazione.
• I dirigenti cinesi sono corrotti.
• I costi cinesi aumenteranno.
• La cultura confuciana aiuta, ma forse deprime la creatività.
• I cinesi sono tanti e questa è la loro forza.
• La lingua cinese è difficile.
• La loro economia è più forte della nostra, ma loro sfruttano i lavoratori.
• Ecc.
Tutte cose vere, ma note da tempo immemorabile. Il problema ovviamente è capire come la Cina progetterà la propria strategia tenendo conto di questi “vincoli”.
Anche che gli asini non volino è una verità, ma nessuno scrive pezzi sulla politica agricola italiana (l’abbiamo?) partendo da questa constatazione e nel frattempo citando la serenità del mondo agreste, qualche verso di Ovidio e che anche Einaudi aveva parlato di economicità dell’agricoltura.
Se qualche lettore mi ha seguito fin qui, lo prego di segnalare articoli o servizi di questo tipo: ne farò un elenco al prossimo post di questo mio blog.
Dal Blog di Paolo Borzatta
Milano, 29 ott. - Da Wikipedia: “L'effetto carrozzone o effetto bandwagon è la considerazione che le persone spesso fanno o credono in alcune cose solo perché la maggioranza della gente crede o fa quelle stesse cose. Ci si riferisce spesso in senso dispregiativo a questo effetto chiamandolo istinto del gregge, particolarmente riferendosi agli adolescenti. Si può dunque dire che c'è una tendenza nella gente a seguire la folla. L'effetto carrozzone è a causa del successo di quelle argomentazioni basate esclusivamente su opinioni molto diffuse (argumentum ad populum).”
E’ un fenomeno di psicologia sociale noto, studiato e “naturale”. Ma a me dà sempre fastidio. Un mare di gente adotta un comportamento senza averci pensato rinunciando, per insipienza o convenienza, a quel po’ di libero arbitrio che forse abbiamo.
Questo sta accadendo sempre più in relazione alla Cina. Sempre più tutti si scoprono sinologi, in particolare adesso in vicinanza del cambio della leadership cinese - che tutti capiscono quale impatto globale avrà - e anche in concomitanza con le elezioni presidenziali americane che hanno fatto della Cina un punto del contendere. Da famosi scrittori che fanno servizi errati in televisione sulle prigioni cinesi a moltissimi giornalisti altrettanto famosi che hanno ignorato per anni l’argomento e adesso scrivono pezzi di opinione con la ricetta sicura del “un pizzico di colore locale, una buona dose di ricordi, qualche spruzzata di citazioni di personaggi famosi su una base abbondante di banalità”.
Le banalità essendo scelte a piacere dalla seguente lista:
• La Cina non è un paese democratico.
• Se vuole crescere dovrà affrontare prima o poi il tema della democratizzazione.
• I dirigenti cinesi sono corrotti.
• I costi cinesi aumenteranno.
• La cultura confuciana aiuta, ma forse deprime la creatività.
• I cinesi sono tanti e questa è la loro forza.
• La lingua cinese è difficile.
• La loro economia è più forte della nostra, ma loro sfruttano i lavoratori.
• Ecc.
Tutte cose vere, ma note da tempo immemorabile. Il problema ovviamente è capire come la Cina progetterà la propria strategia tenendo conto di questi “vincoli”.
Anche che gli asini non volino è una verità, ma nessuno scrive pezzi sulla politica agricola italiana (l’abbiamo?) partendo da questa constatazione e nel frattempo citando la serenità del mondo agreste, qualche verso di Ovidio e che anche Einaudi aveva parlato di economicità dell’agricoltura.
Se qualche lettore mi ha seguito fin qui, lo prego di segnalare articoli o servizi di questo tipo: ne farò un elenco al prossimo post di questo mio blog.
lunedì 26 novembre 2012
POLITICA INTERNAZIONALE
PASSERA: “RENDERE LA CINA IL PRIMO PARTNER COMMERCIALE ITALIANO”
di Antonio Talia
Pechino, 26 nov.- Si è concluso lunedì il primo giorno di missione in Cina del ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, che a Pechino ha incontrato il ministro del Commercio cinese Chen Deming e i funzionari di Bank of China e di China Investment Corporation, il fondo sovrano cinese. “Ho riscontrato una conferma del grande interesse verso l’Italia - ha detto Passera in un’intervista rilasciata alla tv di Stato cinese CCTV - e uno spazio davvero enorme per la crescita degli scambi tra Cina e Italia, non solo nei campi tradizionali, come meccanica e fashion, ma anche in settori come energie e green economy. La Cina è molto interessata alle tecnologie italiane”.
Rispondendo alle domande dell’intervistatore cinese, Passera ha definito l’Unione europea “un progetto di portata storica”. “L’impiego di termini come ‘bomba del debito’ o ‘implosione’, se applicato all’Europa, è completamente fuorviante” ha proseguito Passera. “Tali termini vengono impiegati per speculare e indirizzare i mercati verso una certa direzione. L’Unione europea è un progetto forte, di portata storica, che ha ottenuto risultati enormi e che continueremo a sviluppare”.
In serata il ministro ha partecipato alla presentazione del progetto “Vini italiani in Cina”, promosso da Federvini, Unione Italiana Vini e Enoteca Italiana. “Al momento la Cina è il primo importatore mondiale di vini, ma l’Italia non è il primo esportatore. Il vino è un prodotto italiano per eccellenza, e bisogna insistere su questo punto”. Più in generale, ha detto Passera, l’obiettivo consiste nel rendere la Cina il primo partner commerciale italiano: “Fino a qualche anno fa era impensabile che la Cina sarebbe diventata il terzo partner commerciale italiano, dopo Germania e Francia, ma oggi gli scambi tra i due Paesi ammontano a 50 miliardi di dollari all’anno. Sono cifre considerevoli, ma bisogna incrementare la presenza italiana attraverso una maggiore presenza diretta e nuove partnership e joint ventures”.
In un breve scambio con la stampa italiana il ministro dello Sviluppo Economico ha rifiutato di commentare i risultati delle primarie del Partito Democratico: “Preferisco non commentare, non per cattiveria, ma perché ho deciso di non fare commenti sulla politica italiana”.
La missione di Corrado Passera proseguirà domani con un discorso alla Scuola Centrale del Partito comunista cinese e una tappa a Shanghai.
©Riproduzione riservata
domenica 25 novembre 2012
Primarie record, 2,6 milioni di voti Ressa al seggio di Matteo Renzi
17:54 25 NOV 2012
(AGI) - Roma, 25 nov. - Gia' piu' di due milioni e mezzo di persone hanno votato per le primarie del centrosinistra. "Al momento risulta che abbiano votato piu' di 2,6 milioni di persone e stimiamo un'affluenza superiore a 4 milioni di cittadini alla chiusura dei seggi" afferma Nicola Danti del comitato nazionale di Matteo Renzi.
"Purtroppo - aggiunge Danti - in alcuni realta' riscontriamo difficolta' nell esercizio del voto in ragione di un eccesso di ingiustificate lungaggini.
Auspichiamo da parte di tutti, a partire dai responsabili delle procedure, un atteggiamento di sano e responsabile buon senso che metta al centro, innanzitutto, il desiderio e la voglia di partecipare che animano questo momento di democrazia".
"Firenze e' l'unico comune in Italia in cui si stanno creando code lunghissime per la carenza organizzativa del partito. C'e' una mancanza di organizzazione che sta provocando lunghe attese, anche di oltre due ore, per votare. Chiediamo al partito che venga garantito a tutti la possibilita' di votare e che quindi vengano accelerate le pratiche di votazione, come sta gia' avvenendo in altri parti d'Italia" afferma Sara Biagiotti del comitato Matteo Renzi, che aggiunge: "I nostri tantissimi volontari, che sono oltre 400, sono ampiamente a disposizione per dare una mano e consentire cosi' a tutti di poter votare".
VENDOLA, BISOGNA RIPRENDERSI LA POLITICA
"Il mio sentimento appena votato e' questo: la democrazia potrebbe davvero essere la proprieta' pubblica della politica.
La politica come discussione che la comunita' fa sulla qualita' della propria vita, sulla qualita' dei servizi, sui diritti delle persone. Abbiamo visto malati di Sla dover fare lo sciopero della fame per essere visibili. Bisogna riprendersi la politica. Pensare che non si e' mai cosi' in basso da non poter contestare chi sta in alto" ha detto Nichi Vendola. CAMUSSO,
HO VOTATO BERSANI, SE VINCE RENZI E' UN PROBLEMA
"Ho votato Bersani" ha detto il segretario della Cgil, Susanna camusso, secondo cui una vittoria di Renzi, "sarebbe certamente un problema. Le sue proposte sul lavoro sono molto distanti dalle nostre e sono un problema per il paese".
ALFANO, NON TIFO PER NESSUNO MA E' UNA PROVA DI DEMOCRAZIA
"Si sta votando ora e io non faccio il tifo per nessuno dei due, ma quando c'e' la partecipazione della gente e' sempre un risultato a favore della democrazia, una bella prova di democrazia" ha detto il segretario del Pdl, Angelino Alfano.
17:54 25 NOV 2012
(AGI) - Roma, 25 nov. - Gia' piu' di due milioni e mezzo di persone hanno votato per le primarie del centrosinistra. "Al momento risulta che abbiano votato piu' di 2,6 milioni di persone e stimiamo un'affluenza superiore a 4 milioni di cittadini alla chiusura dei seggi" afferma Nicola Danti del comitato nazionale di Matteo Renzi.
"Purtroppo - aggiunge Danti - in alcuni realta' riscontriamo difficolta' nell esercizio del voto in ragione di un eccesso di ingiustificate lungaggini.
Auspichiamo da parte di tutti, a partire dai responsabili delle procedure, un atteggiamento di sano e responsabile buon senso che metta al centro, innanzitutto, il desiderio e la voglia di partecipare che animano questo momento di democrazia".
"Firenze e' l'unico comune in Italia in cui si stanno creando code lunghissime per la carenza organizzativa del partito. C'e' una mancanza di organizzazione che sta provocando lunghe attese, anche di oltre due ore, per votare. Chiediamo al partito che venga garantito a tutti la possibilita' di votare e che quindi vengano accelerate le pratiche di votazione, come sta gia' avvenendo in altri parti d'Italia" afferma Sara Biagiotti del comitato Matteo Renzi, che aggiunge: "I nostri tantissimi volontari, che sono oltre 400, sono ampiamente a disposizione per dare una mano e consentire cosi' a tutti di poter votare".
VENDOLA, BISOGNA RIPRENDERSI LA POLITICA
"Il mio sentimento appena votato e' questo: la democrazia potrebbe davvero essere la proprieta' pubblica della politica.
La politica come discussione che la comunita' fa sulla qualita' della propria vita, sulla qualita' dei servizi, sui diritti delle persone. Abbiamo visto malati di Sla dover fare lo sciopero della fame per essere visibili. Bisogna riprendersi la politica. Pensare che non si e' mai cosi' in basso da non poter contestare chi sta in alto" ha detto Nichi Vendola. CAMUSSO,
HO VOTATO BERSANI, SE VINCE RENZI E' UN PROBLEMA
"Ho votato Bersani" ha detto il segretario della Cgil, Susanna camusso, secondo cui una vittoria di Renzi, "sarebbe certamente un problema. Le sue proposte sul lavoro sono molto distanti dalle nostre e sono un problema per il paese".
ALFANO, NON TIFO PER NESSUNO MA E' UNA PROVA DI DEMOCRAZIA
"Si sta votando ora e io non faccio il tifo per nessuno dei due, ma quando c'e' la partecipazione della gente e' sempre un risultato a favore della democrazia, una bella prova di democrazia" ha detto il segretario del Pdl, Angelino Alfano.
sabato 24 novembre 2012
Cina: grattacielo di 220 piani, in soli 90 giorni
Sorgerà nella città di Changsha, con i suoi 838 metri sarà il più alto al mondo
(ANSA) - SHANGHAI (ANSA), 23 NOV - Un grattacielo di 220 piani, alto 838 metri, da realizzare in soli 90 giorni. E' questo l'ambizioso progetto della società di costruzioni cinese Broad Group. Lo riferisce la stampa locale. Sky City, questo il nome del grattacielo, sorgerà nella città di Changsha, nella provincia sud orientale cinese dell'Hunan, e potrà accogliere, secondo le previsioni, 17.400 persone e ospiterà anche alberghi, ospedali, scuole e uffici. Centoquattro saranno gli ascensori ad alta velocità. Una volta completato, Sky City diventerà l'edificio più alto al mondo, superando di circa 10 metri il Burj Khalifa di Dubai, che attualmente detiene il record, ma costerà circa la metà di quest'ultimo. Il gruppo di costruttori, inoltre, ha fatto sapere che intende terminare i lavori entro un tempo massimo di tre mesi. La tecnica usata sarà quella dei blocchi prefabbricati e poi uniti insieme per risparmiare tempo. Nonostante le preoccupazioni relative alla sicurezza strutturale, la Broad Group ha assicurato che l'edificio potrà resistere a un terremoto anche fino a 9 gradi della scala Richter. Tremila saranno gli operai utilizzati per i lavori. Al momento la Broad Group è ancora in attesa di ricevere l'approvazione finale del governo ma le previsioni sono quelle di poter iniziare i lavori entro la fine di dicembre 2012 in modo che Sky City possa essere pronto per fine marzo, inizio aprile 2013. Il costo dell'operazione dovrebbe aggirarsi intorno ai 650 milioni di dollari. La Broad Group è divenuta nota alle cronache locali per aver costruito, sempre a Changsha, nel 2010 un hotel di 15 piani in soli sei giorni e l'anno dopo un edificio di 30 piani in 15 giorni. (ANSA).23 Novembre
venerdì 23 novembre 2012
Addio felicità, l'economia europea è sospesa su un filo come un acrobata. Per l'Italia un decennio perso
Tra la decrescita dell'Europa e la ripresa a metà degli Stati Uniti, l'economia globale sta cercando un difficile equilibrio, quasi come l'acrobata di un circo. L'euro ha tenuto quest'anno il cambio di 1,28 sul dollaro (mentre molti pensavano a una discesa verso quota 1,10), ma non si può ancora escludere del tutto che – nel medio termine – l'Eurozona possa sfaldarsi.
Intanto il mondo sta girando verso la Cina e gli altri paesi Brics. In sintesi è questo il messaggio del rapporto 2012 del Centro Einaudi sull'economia globale e l'Italia, presentato oggi a Milano dal curatore Mario Deaglio, in anteprima per la stampa presso la Banca popolare commercio e industria (gruppo Ubi Banca) e poi nella sede di Assolombarda.
Il
di Piero Fornara - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/4L4YQ
Tra la decrescita dell'Europa e la ripresa a metà degli Stati Uniti, l'economia globale sta cercando un difficile equilibrio, quasi come l'acrobata di un circo. L'euro ha tenuto quest'anno il cambio di 1,28 sul dollaro (mentre molti pensavano a una discesa verso quota 1,10), ma non si può ancora escludere del tutto che – nel medio termine – l'Eurozona possa sfaldarsi.
Intanto il mondo sta girando verso la Cina e gli altri paesi Brics. In sintesi è questo il messaggio del rapporto 2012 del Centro Einaudi sull'economia globale e l'Italia, presentato oggi a Milano dal curatore Mario Deaglio, in anteprima per la stampa presso la Banca popolare commercio e industria (gruppo Ubi Banca) e poi nella sede di Assolombarda.
Il
di Piero Fornara - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/4L4YQ
MADE IN ITALY
Montezemolo: 20 anni
di Ferrari in Cina
di Antonio Talia
Canton, 22 nov.- Ferrari celebra i 20 anni di presenza sul mercato cinese al Salone dell’Auto di Canton, nella Cina meridionale, con un grande stand e numerose iniziative con la partecipazione del presidente Luca Cordero di Montezemolo.
“Stiamo chiudendo un anno contraddistinto dal segno positivo, nonostante in Cina sia il mercato del lusso che il nostro segmento automobilistico abbia subito un notevole rallentamento nel 2012” ha detto Montezemolo. “Ad oggi abbiamo già 25 rivenditori sul territorio cinese, escludendo Hong Kong e Taiwan, e puntiamo ad arrivare a 30 rivenditori entro la fine dell’anno. In America sono circa una quarantina, e l’obiettivo dei prossimi 3-5 anni consiste nel rendere stabilmente il mercato Great China, cioè Cina, Hong Kong e Taiwan, il secondo a livello mondiale dopo quello statunitense. Si tratta di un obiettivo ambizioso, se si tiene conto che, a causa delle tasse, in Cina una Ferrari costa quasi il doppio rispetto ai mercati occidentali”.
Per Ferrari, in Cina, qualche nota negativa arriva dalla cronaca recente: nell’ultimo anno le vetture di Maranello sono state protagoniste di alcuni incidenti mortali che hanno coinvolto ferraristi locali, vicende a cui i media cinesi hanno fornito ampio risalto. “Questi eventi non ci hanno fatto piacere- dice Montezemolo - ma non credo che abbiano influito più di tanto sull’immagine del marchio. Se si guardano i numeri e quelli dei nostri competitor, a partire da Porsche, non si riscontra alcun problema. Stiamo comunque lanciando numerose iniziative che servono a consolidare l’immagine del cliente Ferrari in Cina, che non è un ‘gasato’ o un ‘ragazzotto figlio di papà’. In molti casi la media è sotto i 40 anni, ma si tratta di imprenditori, artisti, gente che ha lanciato attività proprie”.
Tra le iniziative in cantiere o già avviate, oltre al Museo Ferrari a Shanghai che in qualche mese ha ricevuto 300mila visitatori, ci sono corsi di guida sportiva, la Ferrari Challenge, e servizi di personalizzazione, per adattare il prodotto alle esigenze del singolo cliente. Il prossimo anno, inoltre, Ferrari presenterà in Cina il primo modello di vettura ibrida.
La delegazione Ferrari è stata accolta dal numero uno del Partito comunista di Canton, Wan Qingliang, e nel pomeriggio 130 ferraristi provenienti da tutta la Cina hanno sfilato per le strade della metropoli. Le celebrazioni per il ventennale in Cina si chiudono con una festa per 500 clienti esclusivi e con l’illuminazione della Canton Tower in rosso Ferrari. “Siamo l’unico brand italiano del lusso del settore non fashion con una presenza così massiccia in Cina. Oggi chiudiamo vent’anni di successi, domani ricominciamo a puntare verso altri traguardi” ha concluso Montezemolo.
Bilancio Ue: 27 divisi su tutto. Ecco gli schieramenti
Divisi su tutto, come sempre quando si parla di bilancio Ue. Ma la crisi ha alzato la soglia della tensione tra i 27. Punto di partenza, la proposta della Commissione europea per un budget 2014-2020 da 1.091 miliardi complessivi.
David Cameron ha scatenato la guerra dei veti incrociati, chiedendo tagli per circa 200 miliardi. Hermann Van Rompuy ha proposto un 'compromesso' a -80, scontentando tutti. Nel vertice Italia, Portogallo, Polonia, Repubblica Ceca, Belgio e Austria entrano pronti al veto per difendere gli interessi nazionali. Francois Hollande e Angela Merkel non hanno posto ultimatum, solo perché non hanno bisogno di dirlo. E seppure si troverà un improbabile accordo, il Parlamento Europeo - che per la prima volta, in virtù del Trattato di Lisbona, avrà l'ultima parola - minaccia lo stop se sarà troppo al ribasso. Partendo dalla divisione tra i 12 'contributori netti' (Germania, Francia, Italia, Regno Unito ai primi quattro posti) ed i 15 'recipienti netti', a delineare schieramenti a geometria variabili, non tanto l'ammontare finale del taglio, quanto la distribuzione delle 'poste' tra i grandi capitoli di spesa (politica agricola, fondi per la coesione, ricerca e sviluppo) e la difesa degli 'sconti'. Il 'british rebate' di cui Londra gode dal 1984 è l'unico intoccabile perché scritto nei trattati. A Germania, Olanda, Svezia, Van Rompuy ha proposto di mantenerlo, ma lo perderebbero, tra gli altri, Austria e Danimarca.
Sommariamente quattro le squadre in campo:
- FALCHI EUROSCETTICI: Gran Bretagna, col sostegno della Svezia.
- RIGORISTI: guidati dalla Germania che 'produce' il maggior numero di brevetti ed è interessata a non tagliare i fondi in ricerca e sviluppo. Con la Merkel senza tentennamenti: Olanda, Danimarca, Finlandia. Ci sarebbe anche l'Austria che però chiede 'forte' Pac ed è pronta al veto se le toccano lo sconto.
- EUROPEISTI: Francia e Italia i leader. Tagli sì, ma moderati. Per Parigi intoccabile la politica agricola. Noi rischiamo di perdere tanto 4,5 mld di fondi agricoli quanto il 20% dei fondi di coesione vitali per il sud. E paghiamo gli sconti di tutti. Nel gruppo anche Spagna (appesa però al filo degli aiuti che le devono arrivare alle banche), Lussemburgo e Belgio.
- AMICI DELLA COESIONE: tutti i 'recipienti netti', dicono no ai tagli per la 'convergenza'. Condotti dagli arrabbiatissimi Portogallo e Repubblica Ceca, coagulano Grecia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Irlanda, Cipro, Malta, Lettonia, Lituania, Estonia, Slovenia e Slovacchia. Ci sarebbe anche la Polonia, ammorbidita però dal nuovo meccanismo di distribuzione dei fondi regionali che la avvantaggerebbe anche in caso di tagli.
Ansa 22 novembre, 21:30
giovedì 22 novembre 2012
Vinitaly, non ci sono i soldi, a rischio la manifestazione di Verona
Vinitaly, la fiera del vino più famosa d’Italia, rischia il flop perché mancano i soldi par pagare gli stand. I fornitori, quest’anno, dovrebbero rinunciare al 10% del compenso pattuito a causa dell’aumento dei costi organizzativi e dei mancati introiti quantificabili in 15 milioni di euro. La crisi economica ha colpito anche ila fiera del vino e le responsabilità vanno individuate nel crac di Buonitalia, la società di promozione dell’alimentare italiano all’estero, e nel ritardo dei pagamenti per gli stand da parte di clienti, regioni e altri enti pubblici.
Buonitalia è stata messa in liquidazione lo scorso aprile con debiti e oltre 20 milioni di euro di perdite. La società di promozione alimentare su cui aveva puntato Luca Zaia quando er ministro dell’agricoltura, rischia ora il fallimento. D’altra parte Regioni tra cui Lazio, Campania, Sicilia e altri enti pubblici già in difficoltà finanziaria sono in ritardo per il pagamento degli stand e dovrebbero effettuare pagamenti al Vinitaly per 12 milioni di euro. Per correre ai ripari, la Fiera sta comprimendo le spese, coinvolgendo anche i fornitori.
La notizia è divenuta di dominio pubblico grazie a un comunicato stampa del capogruppo Udc in Regione, Stefano Valdegamberi, e i vertici della Fiera hanno confermato la situazione. Il direttore generale Giovanni Mantovani ha però minimizzato la vicenda sostenendo che la ricontrattualizzazione degli accordi con i fornitori sia una pratica comune.
Si tratterà ora di capire se i fornitori accetteranno la riduzione del pagamento oppure decideranno di disertare l’importante appuntamento di Verona.
Agenzia Xinhua
INVIATO PALESTINESE IN VISITA IN CINA
Pechino, 21 nov. - Un inviato speciale del Presidente palestinese si rechera' in Cina dal 22 al 24 novembre, ha annunciato mercoledi' il Ministero degli Esteri cinese.
Secondo le dichiarazioni del portavoce del Ministero Hua Chunying, l'inviato speciale e' Bassam al-Salhi, Segretario Generale del Partito del Popolo palestinese.
In una conferenza stampa, Hua ha dichiarato che le due parti si confronteranno sulle relazioni bilaterali, l'attuale situazione a Gaza e la richiesta della Palestina di diventare stato non membro delle Nazioni Unite.
INVIATO PALESTINESE IN VISITA IN CINA
Pechino, 21 nov. - Un inviato speciale del Presidente palestinese si rechera' in Cina dal 22 al 24 novembre, ha annunciato mercoledi' il Ministero degli Esteri cinese.
Secondo le dichiarazioni del portavoce del Ministero Hua Chunying, l'inviato speciale e' Bassam al-Salhi, Segretario Generale del Partito del Popolo palestinese.
In una conferenza stampa, Hua ha dichiarato che le due parti si confronteranno sulle relazioni bilaterali, l'attuale situazione a Gaza e la richiesta della Palestina di diventare stato non membro delle Nazioni Unite.
mercoledì 21 novembre 2012
Expo: Cina firma contratto per padiglione, sara' uno dei maggiori
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 20 nov - La Repubblica
Popolare Cinese ha firmato il contratto di partecipazione
all'Esposizione Universale che si terra' nel capoluogo
lombardo dal 1 maggio al 31 ottobre 2015. Il contratto e'
stato sottoscritto da Wang Jinzhen, Commissario Generale del
Padiglione cinese, e Giuseppe Sala, Amministratore Delegato
di Expo 2015. La Cina - afferma un comunicato di Expo -
occupera' un posto di rilievo all'interno del sito
espositivo: si e' assicurata, infatti, il secondo piu' grande
padiglione, per un'area di 4.590 metri quadri. Grazie al
supporto del Ministero degli Affari Esteri, che ha seguito
con attenzione il percorso che ha portato alla firma di
oggi, nei prossimi giorni l'AD Giuseppe Sala presentera' il
"Progetto Cina". L'obiettivo dell'iniziativa consiste
nell'attrarre un milione di visitatori cinesi all'Expo e nel
rafforzare ulteriormente la relazione commerciale gia' solida
che lega Italia e Cina.
Red-
(RADIOCOR) 20-11-12 15:51:25 (0364) 5 NNNN
martedì 20 novembre 2012
SPECIALE "CAMBIO AL VERTICE"
Medio Oriente: Usa
arretrano, Cina avanza
SPECIALE AGICHINA24 - CAMBIO AL VERTICE
a cura di Alessandra Spalletta e Antonio Talia
AgiChina24 seguirà lo svolgimento del Diciottesimo Congresso del Pcc a Pechino dall'8 al 14 novembre. L'atteso evento sancirà il passaggio di consegne dalla quarta alla quinta generazione di leader.
Lo Speciale sarà aggiornato ogni giorno e sarà ricco di notizie, approfondimenti e interviste a cura delle redazioni di Roma e di Pechino.
SPECIALE AGICHINA24 CAMBIO AL VERTICE
"Massima moderazione". E' quanto raccomanda il governo cinese alle opposte fazioni, ma soprattutto a Israele, nel conflitto in corso in Medio Oriente. "Invitiamo con fermezza le parti in causa - ha detto una portavoce del ministero degli Esteri di Pechino - in particolare Israele, a esercitare la massima moderazione". E mentre la Cina prende posizione sulla crisi, AgiChina24 propone un approfondimento sui rapporti tra il Dragone e il Medio Oriente.
di Eugenio Buzzetti
twitter@eastofnowest
Pechino, 19 nov.- Il Medio Oriente non può fare a meno della Cina. E' il dato principale delle recenti evoluzioni nei rapporti tra i Paesi dell'Asia occidentale e il Dragone. Pechino sa di essere un partner strategico per i Paesi della regione. E questo ruolo continuerà a influenzare i rapporti tra Cina e Medio Oriente ancora a lungo. Mentre gli Stati Uniti preparano il ritiro dai teatri di guerra, Pechino riempie il vuoto lasciato da Washington, e sposta gli equilibri nell'area.
Uno dei più importanti segnali della rinnovata influenza cinese nella regione è arrivato negli ultimi giorni di agosto, con la visita del presidente egiziano Mohammed Morsi a Pechino, la prima, per il nuovo capo di Stato egiziano in un Paese non medio-orientale. Il governo egiziano ha rinsaldato l'intesa politica con Pechino, esistente dal 1956, e ha chiesto, tramite il ministro agli Investimenti, un intervento maggiore nel Paese. Secondo i dati ufficiali cinesi, a fine 2011 l'interscambio commerciale Cina-Egitto era pari a 8,8 miliardi di dollari, in crescita rispetto all'anno precedente, attorno ai sette miliardi. E soprattutto maggiore dell'interscambio Usa-Egitto, che a fine 2011 aveva vissuto una leggera flessione, fermandosi a quota 8,3 miliardi di dollari. Dal viaggio di Stato era nata una nuova linea di credito da duecento milioni di dollari da China Development Bank a National Bank of Egypt. La bilancia commerciale è nettamente a favore del Dragone, che lo scorso anno ha esportato merci per 7,2 miliardi di dollari, contro gli 1,6 miliardi del Cairo. Morsi si propone come partner commerciale affidabile e come amico politico di lunga data. In cambio di maggiori investimenti, l'Egitto potrà diventare un partner strategico per Pechino.
"Il Medio Oriente sta diventando sempre più importante per la Cina -afferma ad Agi China 24 Li Guofu, direttore del Centro Studi per il Medio oriente del China Institute for International Studies- ma la Cina è una nuova arrivata nella regione e l'influenza degli Stati Uniti è ancora dominante. Pechino -continua l'analista- vuole trarre beneficio da un contesto stabile, e non intende quindi contrastare altri interessi".
Eppure, l'influenza cinese nel Medio Oriente è destinata a crescere. Secondo i dati del World Energy Outlook pubblicati dall'Agenzia Internazionale per l'Energia, la Cina è destinata a diventare un attore principale nello scacchiere energetico della regione. Dal 2030, Pechino sarà il primo importatore di petrolio iracheno. Ma, ancora di più, si sta creando un asse commerciale tra Pechino (Beijing, in cinese) e Baghdad, il "B&B link", come lo ha definito Fatih Birol, analista dell'agenzia, che potrebbe vedere la Cina in prima fila nella ricostruzione irachena, dove è già presente. La formula potrebbe essere quella della creazione di infrastrutture in cambio di risorse, già sperimentata da Pechino in diversi Paesi africani. Secondo recenti stime, a Baghdad servono 150 milioni di dollari per restaurare le infrastrutture dell'industria energetica, andate in rovina dopo lo scoppio della guerra. Difficile, però, secondo Li Guofu, fare stime a lungo termine. "Sicuramente gli interessi cinesi nella regione stanno diventando sempre più importanti -afferma il professore- ma è difficile fare previsioni anche solo per i prossimi cinque anni".
A dettare l'agenda dei rapporti di Pechino con il Medio Oriente, ma soprattutto con l'Asia Centrale, è poi la ricerca della sicurezza nelle aree più instabili. Gli ultimi mesi hanno visto un legame sempre più forte tra Pechino a Kabul. La Cina ha invitato l'Afghanistan a prendere parte al summit della Shanghai Cooperation Organization, il gruppo intergovernativo composto da Cina, Russia e quattro repubbliche ex-svoietiche, ospitato a Pechino nel giugno scorso. In quell'occasione, Hu Jintao ha firmato un accordo bilaterale di partnership strategica e cooperativa con il presidente afghano, Hamid Karzai, con l'impegno da parte cinese di fare entrare l'Afghanistan nella SCO come osservatore, e con la promessa di 150 milioni di dollari in aiuti.
A settembre, poi, c'era stata la visita a Kabul di Zhou Yongkang, la prima visita di un membro del Comitato Permanente del Politburo, organo supremo del potere cinese, dal 1966. Nel vecchio Comitato Permanente, Zhou era responsabile della sicurezza interna: al centro delle preoccupazioni cinesi c'è la possibilità che, con la progressiva uscita di scena delle truppe americane, i militanti di fazioni estremiste possano cercare di oltrepassare il confine tra i due Paesi, e penetrare nello Xinjiang, l'estremo ovest della Cina, a forte presenza musulmana. Per rafforzare la sicurezza interna all'Afghanistan, i due Paesi hanno raggiunto un accordo per l'addestramento della durata di quattro anni di trecento funzionari di polizia, che si sommano ai quasi mille già addestrati negli ultimi anni.
A sigillare i buoni rapporti tra i due Paesi, intorno alla metà di ottobre, è poi stato dato il via alle esplorazioni petrolifere nel bacino dell'Amu Darya, nel nord del Paese da parte di China National Petroleum Corporation. Il governo di Kabul ha salutato l'inizio dei lavori con grande calore. "CNPC -aveva dichiarato alla cerimonia inaugurale il ministro delle Miniere afghano Wahidullah Shahrani- estrarrà 1.950 barili al giorno, aiutando significativamente l'Afghanistan ad andare verso l'auto-sussistenza e l'indipendenza economica". Mentre il 2014 e il completo ritiro delle truppe Usa si avvicinano, Kabul guarda ora alla Cina come partner strategico per lo sviluppo.
Il 2012 ha segnato un cambiamento nei rapporti anche con l'Iran, grande alleato di Pechino nell'era di Ahmadinejad alla presidenza. L'intesa tra la Repubblica Islamica e il Dragone è migliorata negli di Ahmadinejad alla presidenza, che ha spostato verso est la bussola dei rapporti diplomatici di Teheran per contrastare la crescente tensione con i paesi occidentali e per attrarre investimenti dalle nuove potenze asiatiche. La Cina ha rappresentato per Ahmadinejad un contraltare all'influenza statunitense nella regione. Per Pechino, l'Iran è un produttore e fornitore di energia e una potenza non allineata con gli Usa nella regione. Dal 2007 la Cina è il primo partner commerciale dell'Iran. I rapporti tra i due Paesi si sono raffreddati dall'inizio del 2012, quando Teheran è stata colpita dalle sanzioni petrolifere occidentali per lo sviluppo del suo programma nucleare e Pechino ha dovuto fare i conti con il rallentamento della propria economia.
Le sanzioni occidentali hanno avuto come effetto il crollo del Rial, la valuta iraniana, e l'aumento dell'inflazione, che anche le stime ufficiali danno oltre il 20%. A settembre, c'è stata la visita a Teheran di Wu Bangguo, capo dell'Assemblea Nazionale del Popolo cinese e membro del Comitato Permanente del Politburo sotto la precedente amministrazione, per rafforzare i legami di cooperazione tra i due Paesi. Durante la visita, Cina e Iran hanno firmato un accordo per aumentare gli scambi commerciali. L'incontro è servito a ribadire le posizioni di Pechino sul nucleare iraniano e sulle sanzioni occidentali. Wu ha spiegato ai leader iraniani che la Cina si oppone a condizioni troppo dure e spera che l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica "giochi un ruolo costruttivo per promuovere gli sforzi diplomatici verso la soluzione pacifica della questione nucleare", secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa cinese Xinhua. Nonostante i proclami ufficiali, i rapporti tra le due nazioni hanno subito un contraccolpo difficile da nascondere: Pechino si è espressa inizialmente contraria alle sanzioni petrolifere contro Teheran, ma secondo gli osservatori, è poi venuta meno alle promesse di aumentare la quota di importazione di petrolio, come Teheran sperava, per colmare il vuoto lasciato dai Paesi che hanno aderito all'embargo petrolifero, e si è ritirata da alcuni investimenti in progetti energetici di importanza strategica per l'Iran.
La visita di Wu Bangguo segue di pochi giorni la decisione di Teheran di sospendere un contratto di forniture di gas con Pechino proprio in seguito al mancato finanziamento da parte cinese per la costruzione di un impianto di gnl. A fine luglio, poi, il colosso energetico cinese, China National Petroleum Corporation (CNPC) ha abbandonato il giacimento di South Pars per ritardi nell'avvio della fase 11, un danno ,secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa iraniana Mehr, quantificabile in 11 miliardi di dollari. Da giugno scorso, la Cina ha poi ridotto del 25% le sue importazioni per ottenere un esenzione dalle sanzioni dal Dipartimento di Stato Usa. Il presidente cinese Hu Jintao a giugno aveva poi consigliato a Teheran di riprendere i colloqui con Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Germania e la stessa Cina, e con l'AIEA. Un consiglio che sembra essere stato apprezzato: la possibilità che Teheran possa aprire una linea di dialogo con Washington non appare ora più così remota.
CINA E BRICS - FUGA DAL DOLLARO
Tra le critiche che negli anni hanno accompagnato i vertici dei Paesi BRIC prima e BRICS poi, con l'aggiunta del Sudafrica, c'è stata quella di essere un blocco economico, ma non un blocco politico. Le profonde divergenze a livello di ordinamento statale dei cinque Paesi membri, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, vanno dal differente peso delle rispettive economie, alle posizioni divergenti sulle aree calde del mondo, come l'Iran, o la Siria. La bilancia commerciale tra Pechino e New Delhi, per esempio, pende a favore del Dragone per 27 miliardi di dollari, e molto forte rimane la dipendenza cinese dalle risorse energetiche russe. Per la Cina, poi, le esportazioni contano molto più che per gli altri quattro all'interno del PIL. Nel caso siriano, invece, Mosca e Pechino hanno votato contro la risoluzione dell'ONU che chiedeva le dimissioni di Bashar Al-Assad, mentre Brasile, India e Sudafrica si sono espresse a favore. Su una cosa, però, i cinque paesi sono d'accordo: nel mondo multipolare di oggi le grandi istituzioni internazionali non posso essere più solo espressione dell'Occidente. Il quarto summit dei Paesi BRICS che si è tenuto a New Delhi nel marzo scorso ha avuto come esito principale la promozione dello scambio commerciale tra i paesi membri nelle valute locali. La fuga dal dollaro è stata accompagnata dalla possibilità di aprire una BRICS Bank, che possa fungere da alternativa a istituzioni occidentali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Per il club delle cinque grandi economie emergenti i grandi istituti internazionali hanno fatto il loro tempo e servono nuovi istituti di credito a livello globale.
Alle richieste di un cambiamento nelle regole del commercio internazionale, sono poi seguiti alcuni fatti. Nel settembre scorso, il governo cinese ha annunciato di avere iniziato a usare lo yuan nell'acquisto di petrolio russo, con Mosca che si è immediatamente dichiarata favorevole all'iniziativa. L'annuncio, che secondo alcuni analisti potrebbe costituire l'inizio di un nuovo ordine mondiale non più basato sul dollaro, arriva in un periodo di rapporti diplomatici floridi tra i due Paesi. Secondo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, le relazioni sino-russe hanno raggiunto un'intesa che non registravano da diversi anni. "I rapporti tra Russia e Cina non sono mai stati così buoni" aveva dichiarato il ministro alla vigilia della visita del presidente russo Vladimir Putin a Pechino per il dodicesimo summit dei Paesi membri della SCO.
Tra i successi della cooperazione bilaterale sino-russa, Lavrov ha indicato: l'accordo sulle dispute di confine, un record di 80 miliardi di dollari negli scambi commerciali, il coordinamento negli affari internazionali, e la cooperazione strategica nel settore energetico. Le parole del ministro degli esteri di Mosca riflettono la strategia asiatica del governo russo. Da sempre europeista nei rapporti politici e commerciali, Mosca ha mandato alcuni segnali di un rinnovato interesse verso l'Asia: il più tangibile è sicuramente l'istituzione di un Ministero per lo Sviluppo dell'Estremo Oriente, che dovrebbe investire decine di miliardi di dollari entro il 2020 per lo sviluppo della Siberia. Nel sottosuolo dell'Estremo Oriente russo giace il 70% delle riserve minerarie del Paese, che potrebbero essere esportate verso la Cina per soddisfarne il fabbisogno energetico. All'ultimo vertice Apec, che si è tenuto a Vladivostok all'inizio di settembre, Hu Jintao e Vladimir Putin hanno manifestato i loro timori per l'andamento della crisi economica globale, secondo Hu Jintao, ancora lontana dalla fine. I due leader hanno poi discusso dei rapporti bilaterali per spingere lo scambio commerciale a 100 milioni di dollari nel 2015, e 200 miliardi nel 2020.
Il 2012 è stato dichiarato l'anno dell'amicizia tra india e Cina. Una scelta simbolica, nel cinquantesimo anniversario della guerra tra i due giganti asiatici. La Cina è diventata il primo partner commerciale di New Delhi, prendendo il posto che tradizionalmente era degli americani, e i due Paesi mirano a toccare i 100 miliardi di dollari di scambi commerciali entro il 2015. Al di là delle dichiarazioni di intenti, tra Cina e India persistono ancora dispute di confine, con Pechino che controlla alcune zone del Kashmir e rivendica il territorio dell'Aruchanal Pradesh, che considera parte del Tibet meridionale. Ma a frapporsi a una maggiore intesa tra Pechino e New Delhi è soprattutto la "strategia del filo di perle" che Pechino porta avanti da anni nella fascia rivierasca dell'Oceano Indiano, con investimenti da centinaia di milioni di dollari in Pakistan, Sri Lanka, Bangladesh e Myanmar. Sono i punti di appoggio di Pechino lungo la rotta commerciale che porta allo Stretto della Malacca. Con l'ingresso dei capitali cinesi e la costruzione di infrastrutture (porti, autostrade, ecc.) nei paesi della fascia costiera asiatica, Pechino si assicura forti legami politici e una maggiore sicurezza per le petroliere che attraversano lo Stretto di Malacca cariche del greggio medio-orientale di cui la Cina è sempre più affamata. Per New Delhi, il "filo di perle" cinese è visto come un tentativo di accerchiamento dell'India nelle acque di sua competenza. E come un aumento dell'influenza cinese nel sud-est asiatico.
Eppure per l'India non ci sono alternative: i rapporti bilaterali con Pechino devono migliorare, se New Delhi vuole trovare spazio in alcuni mercati emergenti che possono rappresentare un'importante chance per il futuro, come il Myanmar, che dopo decenni di guerre sta uscendo dall'isolamento. Mentre le prospettive per i prossimi anni si ridimensionano, e da una crescita prevista del 9% si è passati a una del 6%, un editoriale comparso nei giorni scorsi sull'Economic Times sprona il governo di New Delhi a cogliere l'occasione del cambio di leadership a Pechino per migliorare i rapporti bilaterali. Pechino sta seguendo con attenzione i segnali che già ci sono: la necessità di investimenti nel settore delle infrastrutture potrebbe vedere il coinvolgimento di gruppi cinesi con tecnologie adeguate per le esigenze di New Delhi. La recente apertura del settore retail ai gruppi stranieri potrebbe aiutare le esportazioni, in calo negli ultimi mesi per la crisi dell'Eurozona, principale mercato di sbocco del Dragone. Su Pechino e New Delhi grava ancora il peso della Storia recente, ma l'attualità dell'economia, con un numero di consumatori in continuo aumento grazie agli effetti della crescita economica degli ultimi dieci anni, potrebbe mettere in secondo piano i livori del passato. "L'India -commenta ad Agi China 24 Chong Ja Ian, esperto di politica internazionale della National University di Singapore- nutre ancora perplessità nei rapporti con la Cina. Per Pechino, invece, non ci sono problemi di questo tipo. Questo ha spinto alcuni osservatori indiani ad affermare che i cinesi non li rispettino a sufficienza. Detto questo -conclude Chong- Pechino e New Delhi, sembrano entrambe sperare per migliori relazioni in futuro".
Se tra Cina e India e Cina e Russia ci sono relazioni decennali, e tensioni che trovano spiegazione nella contiguità territoriale (anche nel caso russo, con la silenziosa ma inarrestabile colonizzazione della Siberia da parte di contadini e lavoratori stagionali cinesi) i rapporti tra il Dragone e gli altri due Paesi dell'acronimo BRICS non risentono di tensioni legate a confini in comune, e le relazioni bilaterali sono improntate, almeno a livello ufficiale, a un beneficio reciproco nel campo del business, sulla scia dell'adagio caro a Pechino: la ricerca della win-win situation.
Nel luglio scorso, durante il Forum per la Cooperazione tra Cina e Africa, il presidente sudafricano Jacob Zuma ha ricordato che una relazione commerciale diseguale tra i Paesi africani e il resto del mondo non è più sostenibile, e lodato il governo di Pechino per avere improntato le relazioni bilaterali con il continente in maniera più propositiva. "Siamo piacevolmente sorpresi dal fatto che nella relazione con la Cina siamo uguali -ha dichiarato Zuma- e che gli accordi che ci legano sono volti al guadagno reciproco". Ma i rapporti commerciali tra Cina e Sudafrica -il Paese africano in cui Pechino investe di più- sono ampiamente sbilanciati a favore del Dragone: nel 2010, Pretoria ha esportato merci per 10,5 miliardi di dollari, ma la metà di queste erano minerali grezzi. La Cina è estremamente sensibile alle critiche di chi ritiene che sia interessata solo alle risorse e non a un rapporto paritario: nel 2010 Pechino ha invitato la Repubblica Sudafricana a unirsi al club dei BRIC. Secondo i dati diffusi dalla banca di investimenti Renaissance Capital, gli investimenti esteri di Pechino diretti in Sudafrica, l'anno prima avevano toccato i 2,3 miliardi di dollari, costituendo il 25% degli investimenti totali nel continente, di cui Pechino è il primo partner commerciale. A suggellare il buono stato di salute nei rapporti commerciali tra i due Paesi è arrivato nel settembre 2011 un accordo tra la Development of South Africa e China Development Bank per la realizzazione di progetti infrastrutturali del valore di 2,5 miliardi di dollari. L'accordo è stato accolto con calore dalle autorità sudafricane, come l'inizio di un nuovo partenariato basato non solo sull'export di minerali e materiali grezzi da parte di Pretoria, ma sull'opportunità di creare posti di lavoro per i cittadini di entrambi i Paesi.
E' difficile dire di no alla Cina. Il Brasile lo sa. Se ad attrarre l'attenzione di economisti e osservatori sono le percentuali che testimoniano la crescita esponenziale degli investimenti diretti cinesi in Brasile (+1500% dal 2000 ad oggi), i rapporti tra i due Paesi sono segnati dall'influenza che gli Stati Uniti hanno tradizionalmente su quello che considerano il loro vicino di casa: il Sud America. Con il Brasile, Pechino attua una politica non troppo diversa da quella che usa con i Paesi medio-orientali: trarre beneficio economico dagli affari senza apparentemente influire politicamente. Ma il peso economico del gigante asiatico in un territorio tradizionalmente visto dagli Usa come il giardino di casa è forte e il primo risvolto politico sembra essere quello di relegare gli Usa a un ruolo di secondo piano. Ancora una volta sono le risorse naturali il perno su cui ruotano i rapporti commerciali. Nel novembre 2011, Sinopec, il secondo colosso petrolifero del Dragone, ha firmato un accordo di 5,2 miliardi di dollari per acquistare il 30% degli asset brasiliani del gruppo petrolchimico portoghese Galp Energia. L'anno prima, nel 2010, Sinopec aveva già operato un investimento analogo, del valore di 7,1 miliardi di dollari per l'acquisizione degli asset brasiliani del gruppo spagnolo Repsol YPF, prima che la presidente dell'Argentina Kristina Kirchner decidesse di nazionalizzare quasi per intero la quota di YPF in mano agli spagnoli di Repsol. Non solo: Sinopec ha poi firmato un accordo oil-for-loan da dieci miliardi di dollari con il Paese verdeoro e la sua consociata Sinochem detiene una partecipazione da 3,1 miliardi di dollari in un giacimento offshore brasiliano gestito dalla norvegese Statoil. Nel giugno scorso, durante una visita del presidente della Camera dei Deputati brasiliano, Marco Maia, il primo ministro Wen Jiabao aveva dichiarato che i due Paesi devono continuare lungo la strada della cooperazione nei settori manifatturiero, delle infrastrutture, finanziario e dell'alta tecnologia. Ma gli accordi più importanti sono ancora quelli che riguardano l'approvvigionamento energetico di Pechino. E non solo in Brasile: l'87% delle esportazioni latinoamericane in Cina è costituito da materie prime. Un percentuale che scende al 40% quando riferita agli Stati Uniti d'America.
SPECIALE AGICHINA24 "CAMBIO AL VERTICE"
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FINANZA
Saccomanni: più imprese
italiane in Cina
di Sonia Montrella e Giandomenico Serrao
Roma, 20 nov. - Le imprese italiane devono cercare un modo per rafforzare la loro presenza in Cina attraverso sforzi coordinati e aiutati dalle banche. Lo sostiene il direttore generale della Banca d'Italia Fabrizio Saccomanni, intervenuto alla tavola rotonda organizzata oggi a Roma dalla Fondazione Italia-Cina dal tema "Prospects for Financial Reforms and opining up of the Chinese Financial Sector: scenarios and opportunities".
"Le banche giocano un ruolo significativo nelle attività' estere delle aziende, mentre la rete di sussidiari degli istituti di credito rappresenta un grosso asset in questa prospettiva. Ciò è particolarmente importante per l'Italia data la significativa presenza di piccole aziende, sopratutto manifatturiere, tra gli esportatori" sostiene Saccomanni.
Se per le imprese Italiane, il discorso estero non può più essere rimandato, la Cina appare sempre di più come la terra promessa.
"Al momento la Cina investe il 50% del suo prodotto nazionale mentre il consumo domestico si attesta appena al 35%. Il 12esimo piano quinquennale punta allo slittamento da un'economia trainata dall'export a quella in cui il consumo interno la fa da padrone. Ma sopratutto a essere cosciente della necessità di una virata e' la nuova leadership, nominata la scorsa settimana e destinata a prendere il posto dell'amministrazione Hu-Wen a marzo prossimo". La Cina, osserva Saccomanni, ha saputo fornire una risposta pronta alla crisi finanziaria immettendo liquidità, una mossa che le ha permesso di reagire.
Tuttavia si ritrova ora di fronte a ben altri problemi. Il rapido sviluppo ha favorito ed evidenziato grossi divari tra ricchi e poveri, la politica del figlio unico sta causando un eccessivo invecchiamento della popolazione, che a sua volta riduce la percentuale di forza lavoro. "La nuova leadership ha inserito il ribilanciamento dell'economia tra le priorità del Paese" ha dichiarato il direttore di Banca Italia. "L'azione politica non fissa target a breve tempo, ma punta a contenere il rischio per l'economia cinese di cadere nella trappola del reddito medio, nonché a rafforzare la fiducia degli investitori". E in questa prospettiva, un ruolo chiave potrebbe essere ricoperto proprio dalla "riforma del sistema finanziario che potrebbe favorire la crescita della produttività attraverso una migliore gestione delle risorse".
"Il sistema finanziario cinese - continua Saccomanni - e' cresciuto in grandezza e complessità. Così come quello italiano, anche il sistema cinese e' dominato in gran parte dal settore bancario. In termini di capitalizzazione, quattro banche cinesi sono tra i top 20 intermediari finanziari mondiali. Di nuovo, come il sistema italiano passato, il settore bancario di Pechino e' regolato da poche banche nazionali".
Alcuni passi avanti sono già evidenti, sottolinea ancora il direttore della Banca d'Italia: il numero degli istituti di credito e' aumentato e con esso la presenza di banche cinesi all'estero. La via imboccata e' quella di un sistema più aperto e orientato al mercato.
"Il processo di riforma promosso dal governo e' un fattore chiave per l'internazionalizzazione del settore bancario e per quel ruolo attivo che si richiede a Pechino".
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DAL SOLE 24 ORE DI OGGI 20 NOVEMBRE
Incredibile! No code e massima efficienza condita da cortesia...
di Erika Leonardi
Una nota amara: compiacersi perché un servizio al cittadino funziona bene! Ci piacerebbe che eventi come quello che sto per raccontare passassero inosservati in quanto normali!
Quando un servizio rivolto alla collettività funziona, non può essere un caso. È testimonianza del fatto che diversi elementi sono ben definiti e in buona relazione fra loro, ovvero che c’è una regìa. Concetto che tradotto in linguaggio di service management diventa: il servizio è stato progettato curando la comunicazione interna ed esterna.
IL VISSUTO
Decido di rinnovare il passaporto. Inserite le parole chiave in Google, ho l'indicazione di andare nel sito della Polizia di Stato. Leggo. È un piacere: linguaggio semplice e completo, periodi brevi con un concetto per frase. Da qui vado alla Agenda On line. Mi impegno a "lavorare" bene: trovo il commissariato in zona, imputo i miei dati e prenoto per… il giorno dopo. Ricevo subito conferma via email dell’appuntamento, con indicazione della documentazione da predisporre. Ho un “soltanto” mezza giornata per preparami, ovvero per fare "i compiti".
L'indomani vado all'appuntamento. Vengo ricevuta subito, con 3 minuti di ritardo rispetto all'orario fissato! L'iter procede: con la documentazione in regola, compilo e firmo altre carte e lascio la mia impronta (nel senso letterale del termine!). Il tutto con una persona gentile, attenta che, pur non staccando gli occhi dal PC, mi sorride e svolge il suo compito con attenzione e calma.
Meritava un saluto con una stretta di mano, un sorriso sincero e un augurio di buona giornata.
IL SEGRETO
Magia? Metodo?
Analizziamo l’evento alla luce del service management. L'organizzazione a monte ha ben definito il processo in tutti i suoi elementi e rispettive relazioni. Lo strumento informatico assume un ruolo importante, ma attenzione: è utile quando la sequenza di attività, i compiti e le relazioni fra i soggetti coinvolti sono chiari e ben definiti, altrimenti i danni sono enormi. È dimostrato che inserire un processo "sgangherato" in un iter informatico, ha lo stesso effetto di un sassolino che nel suo percorso diventa una valanga!
La base per un buon servizio quindi c’era. In ogni caso il successo era affidato anche ad altri due elementi cruciali: le persone, ovvero l’addetto e il cliente. Facciamo una piccola analisi dei rispettivi compiti:
Quando un servizio rivolto alla collettività funziona, non può essere un caso. È testimonianza del fatto che diversi elementi sono ben definiti e in buona relazione fra loro, ovvero che c’è una regìa. Concetto che tradotto in linguaggio di service management diventa: il servizio è stato progettato curando la comunicazione interna ed esterna.
IL VISSUTO
Decido di rinnovare il passaporto. Inserite le parole chiave in Google, ho l'indicazione di andare nel sito della Polizia di Stato. Leggo. È un piacere: linguaggio semplice e completo, periodi brevi con un concetto per frase. Da qui vado alla Agenda On line. Mi impegno a "lavorare" bene: trovo il commissariato in zona, imputo i miei dati e prenoto per… il giorno dopo. Ricevo subito conferma via email dell’appuntamento, con indicazione della documentazione da predisporre. Ho un “soltanto” mezza giornata per preparami, ovvero per fare "i compiti".
L'indomani vado all'appuntamento. Vengo ricevuta subito, con 3 minuti di ritardo rispetto all'orario fissato! L'iter procede: con la documentazione in regola, compilo e firmo altre carte e lascio la mia impronta (nel senso letterale del termine!). Il tutto con una persona gentile, attenta che, pur non staccando gli occhi dal PC, mi sorride e svolge il suo compito con attenzione e calma.
Meritava un saluto con una stretta di mano, un sorriso sincero e un augurio di buona giornata.
IL SEGRETO
Magia? Metodo?
Analizziamo l’evento alla luce del service management. L'organizzazione a monte ha ben definito il processo in tutti i suoi elementi e rispettive relazioni. Lo strumento informatico assume un ruolo importante, ma attenzione: è utile quando la sequenza di attività, i compiti e le relazioni fra i soggetti coinvolti sono chiari e ben definiti, altrimenti i danni sono enormi. È dimostrato che inserire un processo "sgangherato" in un iter informatico, ha lo stesso effetto di un sassolino che nel suo percorso diventa una valanga!
La base per un buon servizio quindi c’era. In ogni caso il successo era affidato anche ad altri due elementi cruciali: le persone, ovvero l’addetto e il cliente. Facciamo una piccola analisi dei rispettivi compiti:
- Prima del servizio, il cliente ha ricevuto indicazioni chiare su come "prepararsi", ovvero sulla documentazione e i pagamenti da predisporre e se ne è fatto carico.
- Prima del servizio, il cliente è stato attento e ligio nel rispettare le istruzioni.
- Durante il servizio, l'addetto, sapeva bene cosa fare.
- Durante il servizio, l'addetto ha curato la relazione con il cliente, non considerandolo un caso ma una persona.
LA RICETTA
Gli ingredienti sono stati:
- struttura organizzativa
- informatizzazione
- formazione al personale: tecnica e relazionale
- comunicazione al cliente prima e durante il servizio.
È chiedere tanto? È banalmente quanto è necessario per far funzionare un servizio al meglio, rispettando i tempi previsti, riducendo gli sprechi di risorse e le ripetizioni di attività.
CONCLUSIONI
L'organizzazione interna si è dimostrata valida e il personale era preparato. Ma non sarebbe stato sufficiente se il cliente non avesse dato il suo contribuito. E se è stato un bravo "cliente" è merito della comunicazione a lui dedicata: semplice, chiara e completa, al punto da motivarlo ad essere partecipativo. In altri termini: una comunicazione assente o inutilmente burocratica avrebbe vanificato gli investimenti in organizzazione interna, informatizzazione, formazione al personale.
- Prima del servizio, il cliente è stato attento e ligio nel rispettare le istruzioni.
- Durante il servizio, l'addetto, sapeva bene cosa fare.
- Durante il servizio, l'addetto ha curato la relazione con il cliente, non considerandolo un caso ma una persona.
LA RICETTA
Gli ingredienti sono stati:
- struttura organizzativa
- informatizzazione
- formazione al personale: tecnica e relazionale
- comunicazione al cliente prima e durante il servizio.
È chiedere tanto? È banalmente quanto è necessario per far funzionare un servizio al meglio, rispettando i tempi previsti, riducendo gli sprechi di risorse e le ripetizioni di attività.
CONCLUSIONI
L'organizzazione interna si è dimostrata valida e il personale era preparato. Ma non sarebbe stato sufficiente se il cliente non avesse dato il suo contribuito. E se è stato un bravo "cliente" è merito della comunicazione a lui dedicata: semplice, chiara e completa, al punto da motivarlo ad essere partecipativo. In altri termini: una comunicazione assente o inutilmente burocratica avrebbe vanificato gli investimenti in organizzazione interna, informatizzazione, formazione al personale.
domenica 18 novembre 2012
Conservare o riformare
Dal Sole 24 Ore
un delicato equilibrio tra conservatori e riformisti
di Francesco Sisci
Ieri la seconda superpotenza del mondo ha presentato al Paese e al mondo i leader che ha scelto per contribuire al governo globale. Il cuore di questa presentazione non è tanto nel segretario del partito Xi Jinping, che si confronterà con il presidente americano Barack Obama, ma nel significato politico complessivo di questa transizione.
Il 18° Congresso del Partito si è chiuso marcando un netto passaggio di potere alla nuova generazione. Diversamente da quanto accaduto 10 anni fa, quando il segretario uscente Jiang Zemin era rimasto presidente della potente Commissione militare centrale, stavolta Hu Jintao, il presidente uscente, si è dimesso da tutti gli incarichi. Xi dovrebbe quindi poter governare da solo, senza l'ombra della vecchia generazione di leader alle spalle.
Questa ombra è stata negli ultimi dieci anni un elemento importante che ha spesso reso troppo macchinose le decisioni di lungo termine o il varo delle riforme. Tale nuova agilità e potenziamento della capacità decisionale è confermata dal restringimento del vertice del potere, il Comitato permanente del Politburo, passato da nove a sette membri.
Questo passaggio è avvenuto con un prezzo. I cinque nuovi membri del vertice sono tutti veterani del Politburo allargato e più vecchi di Xi e del suo vice, Li Keqiang. Questo sarà un freno oggettivo a Xi. Inoltre, secondo le voci incontrollate di Pechino, molti dei cinque sarebbero leali a Jiang mentre i rinnovatori sarebbero fedeli a Hu.
A guardare poi il Politburo allargato si vedono molte facce nuove. Vi approdano Sun Zhengcai e Hu Chunhua, classe 1963, probabili capi della dirigenza cinese a partire dal 2022. L'onda del rinnovamento diventa quasi uno tsunami se si guarda il Comitato centrale, dove l'80% dei 205 membri è nato dopo il 1950, nove sono nati dopo il 1960.
Si vede quindi uno spirito di "avanti ma con prudenza", che poi è anche lo spirito del discorso inaugurale di Xi. Lui ha ringraziato i giornalisti, ha spiegato quanto in futuro sia importante per la Cina capire il mondo e per il mondo capire la Cina, e ha sottolineato come l'ambizione dei cinesi sia quella di avere una vita migliore, ergo non fare la guerra o ficcarsi in confronti internazionali.
Parole tutte rassicuranti, ma senza un accenno al tema più atteso di questo Congresso: quello della riforma politica. Questo il punto scottante per una minoranza in Cina, e per una maggioranza fuori dalla Cina.
Il processo politico rimane infatti ancora molto opaco. Non si sa come viene scelta la dirigenza e - al di là del voto cerimoniale del Congresso - se invece ci sono grandi elettori che votano o fanno votare da propri seguaci. Non si sa come si vota, chi vota e per chi o cosa.
Le voci di Pechino hanno raccontato della grande influenza di Jiang Zemin e degli uomini della sua generazione, la televisione ha mostrato il vetusto Song Ping, 95 anni, unico al congresso con la giacca di Mao, ma il futuro non è chiaro. Dopo il pensionamento di Hu, Jiang e gli altri avranno ancora influenza? Quanta nel caso? Il sistema di selezione dei leader cambierà e come?
Queste sono tutte domande, senza risposte, che vanno direttamente sul tavolo dei grandi strateghi americani. Obama potrebbe ridefinire la sua politica verso la Cina accelerando o rallentando il riorientamento politico militare verso l'Asia già in corso, e un elemento importante di valutazione è la trasparenza del sistema politico cinese.
Il suo sistema imperial-leninista di segreti coltivati con cura quanto potrà resistere alla spettacolarizzazione globale della politica? L'attenta catena dei compromessi interni, da una generazione all'altra, l'equilibrio tra correnti di riformatori e conservatori potrebbe spezzarsi o strangolare la crescita cinese. È questa la più grande sfida di Xi.
Il 18° Congresso del Partito si è chiuso marcando un netto passaggio di potere alla nuova generazione. Diversamente da quanto accaduto 10 anni fa, quando il segretario uscente Jiang Zemin era rimasto presidente della potente Commissione militare centrale, stavolta Hu Jintao, il presidente uscente, si è dimesso da tutti gli incarichi. Xi dovrebbe quindi poter governare da solo, senza l'ombra della vecchia generazione di leader alle spalle.
Questa ombra è stata negli ultimi dieci anni un elemento importante che ha spesso reso troppo macchinose le decisioni di lungo termine o il varo delle riforme. Tale nuova agilità e potenziamento della capacità decisionale è confermata dal restringimento del vertice del potere, il Comitato permanente del Politburo, passato da nove a sette membri.
Questo passaggio è avvenuto con un prezzo. I cinque nuovi membri del vertice sono tutti veterani del Politburo allargato e più vecchi di Xi e del suo vice, Li Keqiang. Questo sarà un freno oggettivo a Xi. Inoltre, secondo le voci incontrollate di Pechino, molti dei cinque sarebbero leali a Jiang mentre i rinnovatori sarebbero fedeli a Hu.
A guardare poi il Politburo allargato si vedono molte facce nuove. Vi approdano Sun Zhengcai e Hu Chunhua, classe 1963, probabili capi della dirigenza cinese a partire dal 2022. L'onda del rinnovamento diventa quasi uno tsunami se si guarda il Comitato centrale, dove l'80% dei 205 membri è nato dopo il 1950, nove sono nati dopo il 1960.
Si vede quindi uno spirito di "avanti ma con prudenza", che poi è anche lo spirito del discorso inaugurale di Xi. Lui ha ringraziato i giornalisti, ha spiegato quanto in futuro sia importante per la Cina capire il mondo e per il mondo capire la Cina, e ha sottolineato come l'ambizione dei cinesi sia quella di avere una vita migliore, ergo non fare la guerra o ficcarsi in confronti internazionali.
Parole tutte rassicuranti, ma senza un accenno al tema più atteso di questo Congresso: quello della riforma politica. Questo il punto scottante per una minoranza in Cina, e per una maggioranza fuori dalla Cina.
Il processo politico rimane infatti ancora molto opaco. Non si sa come viene scelta la dirigenza e - al di là del voto cerimoniale del Congresso - se invece ci sono grandi elettori che votano o fanno votare da propri seguaci. Non si sa come si vota, chi vota e per chi o cosa.
Le voci di Pechino hanno raccontato della grande influenza di Jiang Zemin e degli uomini della sua generazione, la televisione ha mostrato il vetusto Song Ping, 95 anni, unico al congresso con la giacca di Mao, ma il futuro non è chiaro. Dopo il pensionamento di Hu, Jiang e gli altri avranno ancora influenza? Quanta nel caso? Il sistema di selezione dei leader cambierà e come?
Queste sono tutte domande, senza risposte, che vanno direttamente sul tavolo dei grandi strateghi americani. Obama potrebbe ridefinire la sua politica verso la Cina accelerando o rallentando il riorientamento politico militare verso l'Asia già in corso, e un elemento importante di valutazione è la trasparenza del sistema politico cinese.
Il suo sistema imperial-leninista di segreti coltivati con cura quanto potrà resistere alla spettacolarizzazione globale della politica? L'attenta catena dei compromessi interni, da una generazione all'altra, l'equilibrio tra correnti di riformatori e conservatori potrebbe spezzarsi o strangolare la crescita cinese. È questa la più grande sfida di Xi.
giovedì 15 novembre 2012
- Sabato dalle ore 18.30 fino a 20.00
Sede de "Il Respiro dell'Arte" località S.Antonio-Osilo (SS)
Il Respiro dell'Arte presenta: "Il Tè con l'Artista" Un luogo ideale dove entrare e dedicare un momento a se stessi…
il silenzio della vallata …le sfumature del tramonto….
Un luogo dove apprezzare aromi, osservare colori, concedersi il lusso di perdersi un po’ in chiacchiere. E, chiacchierando, si viaggia tra i tè, si annusa l’odore forte dei neri indiani e cinesi, si colgono le note fresche e dolci dei verdi e degli infusi, si parla di paesi lontani e delle loro tradizioni… In un posto così ci si lascia tentare dalle golosità che ci fanno tornare un po’ bambini e con un pizzico di curiosità si può scoprire il gusto insolito di una spezia, ma anche il gusto insolito dell’ Arte… Dal 17 novembre 2012 al 3 febbraio 2013 tante preziose occasioni, in un'atmosfera di intima ed informale condivisione, per un rapporto più diretto tra il pubblico e gli artisti, chiamati a raccontare, a sorprendere e a giocare con gli spettatori. Sabato 17 novembre alle ore 18,30 Raffaele Sari Bozzolo con la preziosa collaborazione di Franca Masu, racconterà la sua nuova raccolta poetica dedicata al tema universale dell’amore. Il libro "Il prato ripido", che vanta l'illustre prefazione dello scrittore catalano Carles Duarte, ha avuto fino ad oggi, a pochi mesi dalla sua uscita, un lusinghiero successo di vendite (considerando l'attuale mercato dell'editoria locale e ancor più della poesia divenuta ormai un genere assolutamente di nicchia). I primi ad apprezzare il nuovo lavoro di Sari Bozzolo sono stati gli ambienti culturali della Catalogna, anche grazie alle traduzioni di molte poesie in algherese curate da Claudia Soggiu. Inoltre, il libro si è proposto sin da subito con successo anche fuori da Alghero con eventi che l'hanno visto protagonista ad Alessandria ed a Savona. Un antico borgo montano ligure, Ellera, ha dedicato recentemente l'annuale manifestazione "Un borgo diverso in versi" all'autore Raffaele Sari Bozzolo ed a questa sua ultima raccolta, testimoniandone certamente un successo che va oltre il pubblico algherese. Raffaele Sari Bozzolo è nato a Finale Ligure nel 1968 da padre sardo e madre ligure; all’età di vent’anni si è trasferito ad Alghero, dove si è sposato e lavora come insegnante di lettere. La sua bibliografia si divide tra narrativa, saggistica e poesia. Nel 1995 e nel 1998 pubblica alcuni suoi racconti tradotti in catalano nei volumi I e II dell’antologia “Contes i rondelles”. Nel 1996 pubblica “Il teatro di Pino Piras”, saggio che rilancia la figura e la memoria del noto cantautore algherese nelle meno conosciute vesti di commediografo. Nel 2001 un suo saggio su Alghero nel XX secolo viene compreso all’interno della prestigiosa opera enciclopedica “Luoghi e tradizioni d’Italia”. Nel febbraio del 2005 firma un altro apprezzato saggio su una figura di spicco della cultura sarda , “Antonio Simon Mossa ad Alghero, tracce d’una vita appassionata”; l’anno seguente ritorna alla narrativa con una piccola raccolta di racconti per ragazzi, “Senza fare troppe storie”. Nel 2007 completa idealmente il suo lavoro di recupero dell’opera di Pino Piras curandone la pubblicazione critica di tutti i testi e le poesie, edite ed inedite, nel volume “Il Canzoniere di Pino Piras”. Sul finire dello stesso anno, Sari pubblica la sua prima raccolta di poesie, “La nervatura delle foglie”. Nel 2008, con lo scrittore e poeta Massimiliano Fois, cura il recupero e la pubblicazione di un melodramma del 1892, “La bella d’Alghero”di Antonio Boschini e Giovanni Fara Musio. A dicembre del 2008, Sari e Fois pubblicano il saggio”Un’altra Alghero” , per il quale ottengono oltre all'attenzione di alcune testate giornalistiche nazionali, un servizio nella trasmissione "Linea Blu" su RAI Uno e il premio alla cultura dell'edizione 2009 del Premi Pino Piras. Nel maggio 2010, per le edizioni del Sole Sari ha pubblicato la sua seconda raccolta di poesie “La carezza dell’oleandro” con prefazione dello scrittore e poeta Manlio Massole. Nel 2012, con lo stesso editore, Sari ha pubblicato la sua terza raccolta poetica "Il prato ripido" con l'illustre prefazione del poeta e scrittore Carles Duarte. In questi anni Sari ha scritto alcuni testi per opere teatrali, ha partecipato a numerose conferenza su temi di storia e letteratura sarda e algherese, ha firmato le prefazioni di alcune raccolte poetiche, ha scritto numerosi articoli su testate giornalistiche sarde e nazionali, ha organizzato eventi culturali come rassegne letterarie, cinematografiche e musicali. Nella serata del 17 novembre potremo apprezzare le opere di Sergio Silanos. SERGIO SILANOS, artigiano, nato ad Alghero nel 1968, appartiene ad una famiglia che da tre generazioni si dedica al taglio dei capelli; la sua esperienza professionale l'ha visto imparare il mestiere tanto a bottega quanto affiancando e studiando da vicino la creatività e le tecniche di grandi maestri dell'hair styling; da anni dipinge da autodidatta, cimentandosi con passione in diverse modalità d'espressione artistica figurativa, sperimentando modalità e materiali e seguendo un'ispirazione che si caratterizza soprattutto per la grande varietà, spontaneità e libertà d'espressione e in un uso gioioso ed intenso del colore. Ha partecipato ad alcune manifestazioni e mostre collettive e ha da poco esposto ad Alghero la sua prima personale dal titolo "Impressioni di carta"; una sua opera è stata di recente selezionata dalla Biennale di Palermo. Contributo spese organizzative: euro 15,00 |
domenica 11 novembre 2012
Un bicchiere di vino rosso fa buon sangue
Percorso:ANSA > Terra e Gusto > Vino rosso fa bene, scoperte molecole 'proteggi organismo'
Vino rosso fa bene, scoperte molecole 'proteggi organismo'
La conferma dalle ricerche dell'Iresmo
09 novembre, 11:28
(di Clemente Angotti)
"Adesso in laboratorio - sottolinea il prof. Nicola Uccella, ordinario di chimica all'Università della Calabria e presidente dell'Iresmo Foundation - sono state sperimentate alcune colture cellulari per identificare l'ingrediente del vino rosso con un vero effetto sulla salute e sul benessere del moderno consumatore, informato, esperto ed esigente. Mistero svelato". Sono stati scoperti così sostanze attive presenti nella buccia e nei semi dell'uva nera (flavonoidi glucosidi e procianidoici); sostanze che sciolgono il sangue e vasodilatatori.
Insomma, è merito delle due molecole 'proteggi organismo', la benefica influenza del vino rosso, consumato con moderazione, sulla circolazione del sangue a livello di vasi cardiaci e cerebrali. "Certo, il buon vino rosso - sostiene ancora Uccella - deve essere fatto per bene. Da uvaggio d'eccellenza, con la giusta rimonta, con la migliore fermentazione alcolica e biologica. Non può essere il sano vino rosso del contadino, il vinello da trangugiare in quantità, vera e propria risorsa energetica". L'Iresmo, nei suoi studi, ha individuato nei fitobioattivi dell'uva rossa, i flavonoidi glucosidi e i procianidoici, quelli che sono i garanti contro gli attacchi di cuore e l'ictus, circostanze spesso, troppo spesso, foriere di decessi.
Ad aver portato alla luce l'efficacia delle sostanze attive sono state ricerche complesse, condotte con la partecipazione di esperti a livello mondiale. Quella che veniva considerata alla stregua di una semplice credenza popolare (il vino che fa buon sangue), sospesa tra il mito e la leggenda, si è rivelata - secondo gli studi dell'Iresmo - una verità, corroborata dai risultati delle prove scientifico-molecolari, fondamentale per preservare la salute del consumatore e conferire piacevole benessere alla mensa più autenticamente mediterranea. Prosit.(ANSA).
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mercoledì 7 novembre 2012
La Cina è vicina
Alessandra Giudici e Gianfranco Ganau, prendono congiuntamente posizione rispetto a quanto sta accadendo nella centrale E.On di Fiumesanto
«Eon, atteggiamento prepotente»
SASSARI - Nuovo comunicato con cui il presidente della Provincia e il sindaco di Sassari, Alessandra Giudici e Gianfranco Ganau, prendono congiuntamente posizione rispetto a quanto sta accadendo nella centrale E.On di Fiumesanto. Di seguito il testo integrale.
L’ennesima, muscolare prova di forza compiuta da E.On nei confronti di questo territorio è la dimostrazione più chiara del preciso disegno che la multinazionale dell’energia porta avanti da anni, approfittando del connivente silenzio e della colpevole inattività di chi ci governa, sia a livello regionale che a livello nazionale. È ormai chiaro a tutti, infatti, che E.On pensa di poter trattare questo territorio come una terra di conquista, dove si può prendere senza dare niente in cambio. A distanza di pochi mesi, a Fiumesanto si ripropongono gli stessi problemi che questo territorio – mostrando quella straordinaria compattezza e identità di vedute che ha spesso permesso agli attori istituzionali, sociali ed economici di spuntarla anche senza l’aiuto di Cagliari e di Roma – era riuscito a far rientrare la scorsa primavera. Come se niente fosse, E.On insiste nella direzione di un piano di ridimensionamento e di razionalizzazione dell’attività della centrale che si trova nel nostro territorio, senza che esista una sola ragione per perseguire questo obiettivo.
Si tratta solo dell’ultimo colpo sferrato a un territorio che, dopo aver accolto nel migliore dei modi il colosso tedesco e dopo aver incassato impegni formali ben precisi rispetto all’intenzione di proseguire nella strategia di investimenti concordata dal suo predecessore, da diversi anni attende che almeno uno di quegli impegni venga rispettato. Tra stratagemmi tecnici e proroghe, tra rinvii e giustificazioni di ogni genere, E.On non ha mai pronunciato formalmente la parola fine rispetto ai progetti originariamente previsti per Fiumesanto, impedendo agli enti locali di avviare formali procedure di contestazione per esigere il rispetto di accordi che, al momento, restano lettera morta.
Ebbene, non siamo per nulla intenzionati a discutere – per quanto ci compete – di esuberi e di licenziamenti. Questo territorio non intende sopportare la perdita di un solo posto di lavoro a Fiumesanto. D’altronde, non ci spaventa affatto l’idea che E.On possa decidere di cedere l’impianto, consentendo che a Fiumesanto si insedi un interlocutore più ragionevole di quanto si è dimostrata l’azienda energivora tedesca. L’unica cosa che spaventa e preoccupa – congiuntamente al silenzio di chi ci governa – è l’atteggiamento di arroganza e di prepotenza, che sta mettendo in difficoltà l’intero sistema dell’indotto e di fronte al quale neanche noi ci allontaniamo di un centimetro dalla nostra posizione. È vero che E.On lamenta da mesi una situazione di difficoltà e di esuberi nel personale impiegato a Fiume Santo, ma ribadiamo di non essere disposti a discutere di eventuali ridimensionamenti dei livelli occupazionali, anche perché a tutt’oggi non manca alcuna condizione per la realizzazione di quegli impegni che provocherebbero una nuova condizione di produttività dell’impianto. La sensazione è che dopo aver tentato di ridimensionare la centrale e di spiegare che gli investimenti concordati sarebbero ormai fuori tempo massimo, E.On ha capito che l’unica possibilità di non stare agli accordi è quella di andarsene. Tutto questo è francamente inaccettabile.
A questo punto ci appelliamo ancora una volta e con forza alla Regione e al Governo, chiedendo un intervento risolutivo e immediato, al fine di esigere da E.On una risposta chiara e netta sulle seguenti questioni:
1. resta prioritario per il territorio che E.On mantenga gli impegni assunti attraverso gli accordi che ha siglato nel corso degli anni;
2. in particolare, si ribadisce la necessità assoluta di procedere alla realizzazione del nuovo impianto (gruppo 7) a ciclo superipercritico da 450 megawatt alimentato a carbone;
3. la suddetta costruzione è resa ulteriormente urgente dall’impegno aziendale di dismettere i gruppi 1 e 2 alimentati a olio combustibile il cui utilizzo è reso possibile da ormai diverso tempo da un regime di deroga non più sostenibile. Ogni ritardo nella costruzione del nuovo gruppo procura pertanto un danno non solo economico ma anche ambientale per il territorio;
4. si richiede che, come conseguenza del rispetto di tali prioritari impegni, si proceda alla prevista restituzione delle aree che attualmente ospitano i gruppi 1 e 2 e di quelle prospicienti;
5. in conclusione si ritiene inaccettabile il persistere della situazione attuale che, oltre a costituire il palese mancato rispetto degli accordi che E.On ha assunto con il territorio, garantisce un evidente vantaggio economico per la stessa società, ma per contro costituisce un grave danno ambientale per l’area interessata.
RISULTATO SPECIALE
Il Sole 24 ORE - Radiocor 07/11/2012 - 18:23
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
### Usa-Cina: Prodi, la conferma di Obama assicura la continuita' - INTERVISTA
di Romeo Orlandi*
Radiocor - Milano, 07 nov - La globalizzazione incide sulle elezioni americane e sul congresso del Pcc cinese? 'Nessun Paese riesce a controllare da solo i problemi planetari'. L'integrazione politica europea? 'E' ancora lontana, ma credo che il peggio sia alle spalle'. La sovranita' nazionale dei singoli Stati? 'E' sempre piu' esposta alle intemperie dei mercati'. Per lo stato dei rapporti Usa-Cina la conferma di Obama alla presidenza e' stato un bene? 'Certo. Romney era convinto che la Cina sia ostile agli interessi statunitensi e che quindi andasse piegata'. Romano Prodi e' un profondo sostenitore della massima del presidente americano Barack Obama, 'il mondo e' una cosa complicata'. E da essa - in questa intervista esclusiva alla newsletter Radiocor redatta in occasione del Convegno annuale Osservatorio Asia, che si terra' domani a Milano - fa discendere una serie di considerazioni sulla geopolitica mondiale.
D. Professor Prodi, i due eventi politici piu' importanti dell'anno sono le elezioni statunitensi, che hanno visto la conferma di Obama, e il Congresso del Pcc. Mai come quest'anno gli esiti saranno determinati da fattori esterni ai due Paesi. Come e perche' siamo arrivati a questa situazione? R. Perche' esiste la globalizzazione. Il mondo e' interconnesso e nessun Paese, per quanto grande e importante, riesce da solo a risolvere o a controllare i problemi planetari. Aveva ragione Obama quando, appena eletto, aveva affermato: 'Il mondo e` una cosa complicata'. Aveva compreso bene che la superpotenza statunitense doveva fare i conti con altre realta', vecchie e nuove. Tra queste, la Cina rappresenta la novita' piu' forte. Se smettesse di finanziare il debito statunitense cosa succederebbe? La novita' alla quale dobbiamo abituarci e' che, se per ipotesi la Cina prendesse questa decisione estrema, le conseguenze sarebbero imprevedibili e probabilmente negative per la Cina stessa. Ricordiamo tuttavia che queste turbolenze sono fenomeni che sempre accompagnano i grandi cambiamenti nei rapporti di potere. E' vero anche che quello a cui stiamo assistendo e' uno dei cambiamenti piu' grandi e piu' rapidi che la storia ricordi.
D. E' corretto immaginare una posizione piu' dura nei confronti della Cina se avesse vinto il candidato conservatore Mitt Romney? R. Probabilmente e' cosi'. Ma la questione non e' soltanto la durezza dell'approccio verso Pechino, quanto la disponibilita' negoziale. Obama alzava i toni contro la Cina per esigenze elettorali, ma sa che la trattativa e' l'unica arma possibile. E' consapevole che la concorrenza cinese - in tutti i sensi, non solo nella produzione di manufatti - e' ormai consolidata e che una confrontation sarebbe impossibile. Percio' usa l'arma dalla negoziazione, per quanto dura possa dimostrarsi. Romney invece era convinto che la Cina sia ostile agli interessi statunitensi e che quindi vada piegata. Si tratta ovviamente di una strada piu' tortuosa e pericolosa.
D. Il nuovo leader cinese, verosimilmente Xi Jinping, ha ampi margini di manovra per far si' che la Cina riesca a trainare l'economia internazionale? Oppure e' probabile privilegi la Cina nazionalista, intenta a costruire una sua forza per rendersi inattaccabile? R. Xi Jinping ha credenziali di innovatore, ma occorre tempo per vedere se sara' in grado di essere anche un riformista. Il potere del leader e' enorme, ma si e' ridotto negli anni. Il segretario del Pcc e' oggi una sintesi che il partito esprime per conciliare i diversi interessi del Paese: stabilita', progresso, sicurezza e blocchi sociali talvolta antagonisti. Cio' che Xi riuscira' a fare dipendera' non solo da lui ma dal contesto. Dovra' cercare il consenso, ma sara' obbligato anche a scelte radicali. Su questi due binari trovera' la sua sfida. Se vogliamo giocare alle previsioni e' probabile che non cambi direzione rispetto ai suoi predecessori ma cerchi di procedere (se possibile) con maggiore velocita'.
D. Il G2 e' nei fatti, oppure e' una scorciatoia giornalistica? Nella globalizzazione la potenza politica deve fare i conti, piu' che nel passato, con l'affermazione economica? R. Il G2 forse e' nei fatti ma sia Stati Uniti sia Cina hanno in fondo paura che il G2 porti ad attriti che non si riescono ad ammorbidire. Quindi il G2 ci sara' e non ci sara'. Esso non avra' comunque il controllo del mondo come ai tempi della Guerra Fredda. La Cina non ha sostituito l'Unione Sovietica. Esistono altri attori che cercano la loro autonomia e sostengono alleanze senza guardare l'appartenenza ideologica o attendere ordini da Washington e da Pechino. In questo l'economia ha guadagnato importanza rispetto alla politica: sta sempre di piu' integrando attori che rimangono fra di loro ostili nel campo politico. Difficile sapere come andra' a finire.
D. L'Europa appare ai margini delle grandi decisioni, rivolta a mantenere un ordine interno e una moneta sotto attacco. Quale puo' essere il suo contributo alla soluzione della crisi? R. Se l'Europa fosse unita si potrebbe parlare di G3, ma sta prevalendo una logica che rallenta l'integrazione politica. L'Europa potrebbe fare moltissimo, per se' e per risolvere la crisi. Dovrebbe dimenticare le divisioni, trovare leader di visione e slanci ideali e concreti. Non e' vero che una maggiore integrazione delle politiche trascini l'economia al ribasso, abbiamo visto che i costi della 'non Europa' sono fortissimi. Oggi li paghiamo sia in termini contabili, sia in perdita di credibilita' e autorevolezza. Occorre uno scatto di orgoglio che faccia recuperare i valori europei piu' genuini. Scatto che e' ancora lontano, ma penso che il punto piu' basso della crisi europea sia passato, forse perche' tutti, a cominciare dai tedeschi, hanno una paura terribile della dissoluzione dell'euro. Tuttavia solo dopo le elezioni tedesche del prossimo anno si potra' pensare a una vera costruzione di nuove e piu' forti istituzioni europee. Infine: gli Stati nazionali hanno indiscutibilmente perso sovranita', soprattutto in Europa.
D. Ci sono soluzioni per affrontare questa situazione nuova? R. Questa e' la madre di tutte le questioni. Gli Stati nazionali sono impotenti - o meno potenti del passato - nello sciogliere i propri nodi. Se questa incoerenza non e' avvertita in Cina e negli Stati Uniti, che hanno una grande forza autonoma, e' invece drammatica per i singoli Paesi europei, esposti con poche difese alle intemperie dei mercati. Il debito pubblico globale della zona Euro e' minore di quello statunitense, eppure sta triturando l'Europa perche' non c'e' una banca centrale e una politica comune. In questo quadro, ogni rinvio delle riforme istituzionali europee e' un danno. Sfortunatamente stanno risorgendo fenomeni antieuropei che troppo spesso dimenticano i decenni di pace e prosperita' - oltre che di autorevolezza internazionale - che l'integrazione nel Vecchio Continente ha creato.
* Presidente Comitato Scientifico Osservatorio Asia
For Obama President
Michael Moore ·
10 ore fa ·
Congratulations everyone!! This country has truly changed, and I believe there will be no going back. Hate lost today. That is amazing in and of itself. And all the women who were elected tonight! A total rebuke of neanderthal attitudes.
Now the real work begins. Millions of us must come together to insist that President Obama and the Democrats stand up and fight and, if the House doesn't want to play ball, do a massive end run around them. Likewise, we have to have Obama's back. As he is blocked and attacked by the Right, we need to be there with him. We are the majority. Let's act like it.
And please Mr. President, make the banks and Wall Street pay. You're the boss, not them. Lead the fight to get money out of politics - the spending on this election is shameful and dangerous. Don't wait til 2014 to bring the troops home - bring 'em home now. Stop the drone strikes on civilians. End the senseless war on drugs. Act like a mother***** when it comes to climate change - ignore the nuts and fix this now. Take the profit motive out of things that any civilized country would say, "this is for the common good." Make higher educational affordable for everyone and don't send 22-year olds out into the world already in debt. Order a moratorium on home foreclosures and evictions. There are ways to create good-paying jobs - I have some ideas, if you've got a minute. Make your second term historical!
Finally thanks to the Occupy movement who, a year ago, set the tone of this election heart with "the 1% vs. everybody else" - and inspired Obama and his campaign to realize that there was huge popular sentiment against what the wealthy have done. And that led to Romney's "47%" remarks which was the beginning of the end of his campaign. Thank you Mother Jones for releasing that secret tape and thank you to the minimum wage worker who did the secret taping. Thank you Sandra Fluke for enduing the insults hurled at you and becoming an important grass-roots leader. Thank you Todd Aikin for... well, for just being you. Thank you CEOs of Chrysler and GM for coming out forcefully against a Republican candidate, saying he lived in "an alternate universe" when he lied about Jeep. Thank you for Governor Cristie for being the final nail in the coffin.
And thank you Mother Nature, in all your horrific damage you caused last week, you became, ironically, the undoing of a Party that didn't believe in you or your climate changing powers.
Perhaps they'll believe now.
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Pure noi di Sardegna Cina facciamo i nostri auguri a Obama
Il Sole 24 ORE - Radiocor 07/11/2012 - 09:05
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
Usa: la Cina si congratula con Obama per la rielezione
Radiocor - Pechino, 07 nov - La Cina si e' congratulata con il presidente americano Barak Obama per la sua rielezione. Lo comunica un portavoce della diplomazia cinese secondo cui il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao hanno indirizzato un messaggio comune di felicitazioni. Il vicepresidente Xi Jinping, chiamato a prendere la leadership del Partito comunista cinese e dunque del Paese nei prossimi giorni, ha indirizzato un messaggio simile al suo omologo americano Joe Biden, ha aggiunto il portavoce.
martedì 6 novembre 2012
E pensare che la nostra lana di pecora potrebbe essere l'uovo di Colombo ma ad oggi non c'è nessuno che l'ha capito
Il Sole 24 ORE - Radiocor 06/11/2012 - 18:44
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
### La pelle made in Italy va a nozze con le scarpe cinesi - LUSSO A SHANGHAI
di Lelio Gavazza e Beatrice Spagnoli *
Radiocor - Milano, 06 nov - Questione di feeling? La qualita' italiana appare fondamentale per il futuro del business della 'moda pelle' in Asia. Non solo: tra Italia e Cina, la sinergia sulla produzione in pelle appare piu' che consolidata e con un futuro promettente. Non a caso, c'e' grande attesa per la decima edizione di Lineapelle Asia, che si aprira' giovedi' 8 novembre 2012, al centro fieristico di Guangzhou. Da un lato, la cosiddetta 'Greater China' (Cina + Hong Kong) e' da quasi vent'anni il primo mercato di destinazione dell'export di pelli conciate in Italia, per un giro d'affari che nel 2011 ha toccato il nuovo record storico di 745 milioni di euro, pari al 20% dell'export e al 13% del fatturato nazionale di settore. Inizialmente, ad avviare le nostre esportazioni fu la delocalizzazione, soprattutto nel Guangdong, delle multinazionali della scarpa e della pelletteria europea e nordamericana. La flessione dei consumi occidentali, unita al forte incremento dei costi di produzione nelle zone costiere cinesi, sono alla base dell'inversione di tendenza registrata quest'anno. I dati sull'export di pelli italiane in Cina nei primi sette mesi 2012 indicano un -11% in valore. Nello stesso periodo, l'export di scarpe in pelle cinesi nel mondo ha ceduto il 12%. Ora pero' si aprono pero' nuove possibilita' per concerie, produttori di accessori, componenti. Infatti, la produzione cinese di scarpe continua ad aumentare, +8% nel primo semestre 2012, per la crescita dei consumi interni. La realta' e' che i produttori asiatici stanno elevando la qualita' dei manufatti e, per farlo, hanno piu' che mai bisogno di materiali di pregio e innovazione stilistica, nei quali le aziende italiane sono leader. Insomma, la moda cinese ora inizia a realizzare marchi propri di eccellenza. Ma lo fa grazie all'impiego di prodotti italiani. La Cina e' un produttore ormai affermato e un consumatore sempre piu' importante per i beni di lusso. E questa e' una buona notizia non soltanto per le griffe occidentali e per chi le rifornisce, ma anche per chi sta investendo sui piccoli o grandi produttori locali, destinati al consumo interno cinese. Da loro dipendera' la tenuta dell'export diretto di conciato italiano in quello che, da poco meno di vent'anni, e' la sua prima destinazione mondiale, con un giro d'affari che nel 2011 ha fatto segnare il nuovo record. Va ricordato peraltro che Italia e Cina hanno alle spalle un lungo legame: nel 2010 i due Paesi hanno festeggiato 40 anni di relazioni diplomatiche e nel 2011 l'interscambio economico italo-cinese ha raggiunto 51,3 miliardi di dollari, con l'obiettivo di arrivare a 80 miliardi nel 2015. In questo contesto, la qualita' del 'made in Italy' trova ora degno spazio nel mondo delle calzature del Paese del Dragone.
* Osservatorio Asia
Oggi è una giornata importante non solo per la prevista Vittoria di Obama e per le elezioni in Cina..............
Il Sole 24 ORE - Radiocor 05/11/2012 - 15:59
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
### Crisi: Prodi, rapporti Usa-Cina in pericolo se vince Romney
di Romeo Orlandi*
Radiocor - Milano, 05 nov - La globalizzazione incide sulle elezioni americane e sul congresso del Pcc cinese? 'Nessun Paese riesce a controllare da solo i problemi planetari'. L'integrazione politica europea? 'E' ancora lontana, ma credo che il peggio sia alle spalle'. La sovranita' nazionale dei singoli Stati? 'E' sempre piu' esposta alle intemperie dei mercati'. Meglio Obama o Romney alla presidenza per lo stato dei rapporti Usa-Cina? 'Meglio Obama. Romney invece e' convinto che la Cina sia ostile agli interessi statunitensi e che quindi vada piegata'. Romano Prodi e' un profondo sostenitore della massima del presidente americano Barack Obama, 'il mondo e' una cosa complicata'. E da essa - in questa intervista esclusiva alla newsletter Radiocor redatta in occasione del Convegno annuale Osservatorio Asia, che si terra' giovedi' a Milano - fa discendere una serie di considerazioni sulla geopolitica mondiale.
D. Professor Prodi, i due eventi politici piu' importanti dell'anno sono le elezioni statunitensi e il Congresso del Pcc. Mai come quest'anno gli esiti saranno determinati da fattori esterni ai due Paesi. Come e perche' siamo arrivati a questa situazione? R. Perche' esiste la globalizzazione. Il mondo e' interconnesso e nessun Paese, per quanto grande e importante, riesce da solo a risolvere o a controllare i problemi planetari. Aveva ragione Obama quando, appena eletto, aveva affermato: 'Il mondo e` una cosa complicata'. Aveva compreso bene che la superpotenza statunitense doveva fare i conti con altre realta', vecchie e nuove. Tra queste, la Cina rappresenta la novita' piu' forte. Se smettesse di finanziare il debito statunitense cosa succederebbe? La novita' alla quale dobbiamo abituarci e' che, se per ipotesi la Cina prendesse questa decisione estrema, le conseguenze sarebbero imprevedibili e probabilmente negative per la Cina stessa. Ricordiamo tuttavia che queste turbolenze sono fenomeni che sempre accompagnano i grandi cambiamenti nei rapporti di potere. E' vero anche che quello a cui stiamo assistendo e' uno dei cambiamenti piu' grandi e piu' rapidi che la storia ricordi.
D. E' corretto immaginare una posizione piu' dura nei confronti della Cina se vince il candidato conservatore Mitt Romney e piu' conciliante se vince Obama? R. Probabilmente e' cosi'. Ma la que-stione non e' soltanto la durezza dell'approccio verso Pechino, quanto la disponibilita' negoziale. Obama alza i toni contro la Cina per esigenze elettorali, ma sa che la trattativa e' l'unica arma possibile. E' consapevole che la concorrenza cinese - in tutti i sensi, non solo nella produzione di manufatti - e' ormai consolidata e che una confrontation sarebbe impossibile. Percio' usa l'arma dalla negoziazione, per quanto dura possa dimostrarsi. Romney invece e' convinto che la Cina sia ostile agli interessi statunitensi e che quindi vada piegata. Si tratta ovviamente di una strada piu' tortuosa e pericolosa.
D. Il nuovo leader cinese, verosimilmente Xi Jinping, ha ampi margini di manovra per far si' che la Cina riesca a trainare l'economia internazionale? Oppure e' probabile privilegi la Cina nazionalista, intenta a costruire una sua forza per rendersi inattaccabile? R. Xi Jinping ha credenziali di innovatore, ma occorre tempo per vedere se sara' in grado di essere anche un riformista. Il potere del leader e' enorme, ma si e' ridotto negli anni. Il segretario del Pcc e' oggi una sintesi che il partito esprime per conciliare i diversi interessi del Paese: stabilita', progresso, sicurezza e blocchi sociali talvolta antagonisti. Cio' che Xi riuscira' a fare dipendera' non solo da lui ma dal contesto. Dovra' cercare il consenso, ma sara' obbligato anche a scelte radicali. Su questi due binari trovera' la sua sfida. Se vogliamo giocare alle previsioni e' probabile che non cambi direzione rispetto ai suoi predecessori ma cerchi di procedere (se possibile) con maggiore velocita'.
D. Il G2 e' nei fatti, oppure e' una scorciatoia giornalistica? Nella globalizzazione la potenza politica deve fare i conti, piu' che nel passato, con l'affermazione economica? R. Il G2 forse e' nei fatti ma sia Stati Uniti sia Cina hanno in fondo paura che il G2 porti ad attriti che non si riescono ad ammorbidire. Quindi il G2 ci sara' e non ci sara'. Esso non avra' comunque il controllo del mondo come ai tempi della Guerra Fredda. La Cina non ha sostituito l'Unione Sovietica. Esistono altri attori che cercano la loro autonomia e sostengono alleanze senza guardare l'appartenenza ideologica o attendere ordini da Washington e da Pechino. In questo l'economia ha guadagnato importanza rispetto alla politica: sta sempre di piu' integrando attori che rimangono fra di loro ostili nel campo politico. Difficile sapere come andra' a finire.
D. L'Europa appare ai margini delle grandi decisioni, rivolta a mantenere un ordine interno e una moneta sotto attacco. Quale puo' essere il suo contributo alla soluzione della crisi? R. Se l'Europa fosse unita si potrebbe parlare di G3, ma sta prevalendo una logica che rallenta l'integrazione politica. L'Europa potrebbe fare moltissimo, per se' e per risolvere la crisi. Dovrebbe dimenticare le divisioni, trovare leader di visione e slanci ideali e concreti. Non e' vero che una maggiore integrazione delle politiche trascini l'economia al ribasso, abbiamo visto che i costi della 'non Europa' sono fortissimi. Oggi li paghiamo sia in termini contabili, sia in perdita di credibilita' e autorevolezza. Occorre uno scatto di orgoglio che faccia recuperare i valori europei piu' genuini. Scatto che e' ancora lontano, ma penso che il punto piu' basso della crisi europea sia passato, forse perche' tutti, a cominciare dai tedeschi, hanno una paura terribile della dissoluzione dell'euro. Tuttavia solo dopo le elezioni tedesche del prossimo anno si potra' pensare a una vera costruzione di nuove e piu' forti istituzioni europee. Infine: gli Stati nazionali hanno indiscutibilmente perso sovranita', soprattutto in Europa.
D. Ci sono soluzioni per affrontare questa situazione nuova? R. Questa e' la madre di tutte le questioni. Gli Stati nazionali sono impotenti - o meno potenti del passato - nello sciogliere i propri nodi. Se questa incoerenza non e' avvertita in Cina e negli Stati Uniti, che hanno una grande forza autonoma, e' invece drammatica per i singoli Paesi europei, esposti con poche difese alle intemperie dei mercati. Il debito pubblico globale della zona Euro e' minore di quello statunitense, eppure sta triturando l'Europa perche' non c'e' una banca centrale e una politica comune. In questo quadro, ogni rinvio delle riforme istituzionali europee e' un danno. Sfortunatamente stanno risorgendo fenomeni antieuropei che troppo spesso dimenticano i decenni di pace e prosperita' - oltre che di autorevolezza internazionale - che l'integrazione nel Vecchio Continente ha creato.
* Presidente Comitato Scientifico Osservatorio Asia
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