Le strategie web delle pubbliche amministrazioni italiane
di Emiliano Falconio e Francesca Caprioli
Dipartimento di Marketing, Università Bocconi di Milano. Una ricerca, ancora inedita in Italia, che ha analizzato nel 2012 i siti web istituzionali di 104 comuni italiani con una popolazione sopra i 60.000 abitanti. E i risultati sono “meno” smart di quanto ci si aspetta.
“Diventare una smart city richiede uno sforzo concreto per adottare soluzioni innovative che migliorino le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini e che realizzino un ambiente urbano più democratico e sostenibile”, dichiara Luca Buccoliero, docente del dipartimento di Marketing dell'Università Bocconi e della SDA Bocconi, nonchè ricercatore CERMES (Centro di Ricerca sul Marketing e i Servizi) che ha condotto la ricerca insieme ad Elena Bellio, ricercatrice CERMES e Dipartimento di Marketing.
Spiega Buccoliero: “Le tecnologie, ed in particolare l’evoluzione del web, possono favorire l’empowerment dei cittadini rendendoli parti attive dei processi decisionali. È questa infatti la nuova domanda dei cittadini che oggi desiderano poter accedere ad informazioni e servizi sempre più autorevoli e personalizzati; disporre di nuove opportunità di contatto con la pubblica amministrazione locale ed i suoi rappresentanti; esprimere la propria opinione e socializzarla”.
Sulla base di queste considerazioni, il dipartimento di Marketing dell’Università Bocconi ha avviato un osservatorio permanente sulle strategie web delle PA italiane, per comprendere quali siano gli elementi chiave di successo, in grado di accrescere l’empowerment dei cittadini attraverso due dimensioni chiave di questo concetto: la disponibilità per il cittadino di informazioni trasparenti e personalizzate e le possibilità per il cittadino di interazione con l’amministrazione e di partecipazione.
L’osservatorio si fonda su un indicatore multidimensionale denominato “Citizen Web Empowerment Index” (CWEI), che consente di attribuire un punteggio ai siti web analizzati, sulla base della loro capacità di generare empowerment per il cittadino.
Il CWEI è costituito da quattro sottoindicatori (vedi tabella) ognuno dei quali misura la presenza di diversi elementi all’interno di ciascun sito considerato.
“La tabella propone la sintesi del valore medio del CWEI e dei sottoindicatori nelle città del campione. Si noti come nessuna delle città prese in esame si sia avvicinata al valore massimo teorico di 100, il che testimonia una modesta propensione ad attuare strategie web volte all’empowerment dei cittadini. Il valore più basso è quello del sottoindicatore E-decision making process: se, da un lato, esistono sistemi che consentono ai cittadini di partecipare, dall’altro manca la componente che dimostri come i contributi dei cittadini vengano realmente presi in considerazione. Il valore più alto è quello del sottoindicatore E-information su cui in effetti si sono concentrati gli investimenti e gli sforzi prevalenti da parte delle Amministrazioni”, afferma Elena Bellio.
Le fa eco il professor Buccoliero: “A volte tutte le tecnologie cosiddette smart si dimenticano del fattore più importante, il cittadino. Che deve essere visto come cittadino-cliente. I servizi, devono essere citizen oriented. Invece quello che abbiamo visto è che nel settore pubblico spesso le tecnologie vengono usate a beneficio dei bisogni degli enti stessi più che di quelli dei cittadini. La vera città smart è quella che cerca innovazione e reale capacità di creare valore”.
Il livello più alto di CWEI è stato ottenuto dalle città di Arezzo, Udine e Venezia, che condividono il primo posto con un valore pari a 69,23; al secondo posto troviamo Forlì e Pisa con un valore pari a 61,54; al terzo posto si posizionano Cagliari, Modena e Torino con un valore pari a 59,62.
“I risultati mostrano che le strategie web delle pubbliche amministrazioni mancano, complessivamente, della reale capacità di giocare un ruolo attivo nella relazione con i cittadini. L’offerta di informazioni e servizi è infatti ancora debolmente orientata all’accrescimento dell’empowerment. Diventa invece sempre più indispensabile sviluppare strategie basate sull’offerta di servizi web modulati sui bisogni dei cittadini e non sulle necessità dell’organizzazione stessa”, concludono i ricercatori.
Articolo tratto da Smart City, lo Speciale di marzo della rivista "Diritto e pratica amministrativa"
mercoledì 27 marzo 2013
martedì 26 marzo 2013
solo noi non riusciamo a fare alcun accordo ....siamo presi dalla politica che non c'è
POLITICA INTERNA
Firmato accordo di currency
swap tra Cina e Brasile
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 26 mar. - A poche ore dal summit dei Paesi Brics a Durban in Sudafrica, Cina e Brasile hanno raggiunto un'intesa per utilizzare le rispettive monete negli scambi commerciali bilaterali. L'accordo è stato siglato dai governatori delle banche centrali dei due Paesi e vale trenta miliardi di dollari all'anno per un periodo di tre anni, e rappresenta l'ultimo capitolo della fuga dal dollaro nel commercio mondiale da parte delle potenze emergenti. La notizia arriva in contemporanea con un'altra intesa raggiunta dai cinque Paesi dell'acronimo che riunisce le economie emergenti di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica: quello per la creazione di una banca dello sviluppo per il finanziamento di progetti infrastrutturali dei cinque Paesi.
Gli accordi firmati oggi vanno nella direzione di una maggiore cooperazione tra i Paesi membri. Già durante il summit dello scorso anno, in India, i cinque avevano manifestato la volontà di rendersi un organismo sempre più indipendente, come ribadito ieri dal presidente russo Vladimir Putin prima di partire per il Sudafrica. Nonostante le differenze tra i cinque Paesi, soprattutto per il differente peso nell'economia mondiale, Brasile, Russia India, Cina e Sudafrica condividono un malessere nei confronti delle grandi istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, viste come estensioni degli Stati Uniti e dell'occidente. L'intesa raggiunta oggi per l'istituzione di una banca per lo sviluppo era nell'aria da tempo, con l'idea di creare una Brics Bank, e riflette l'intenzione dei cinque di crescere come blocco politico oltreché economico.
A rendere più complicato il cammino verso questo traguardo sono le profonde differenze a livello di ordinamento statale tra i membri del gruppo e le divergenze su questioni internazionali, con Cina e Russia che lo scorso anno avevano votato contro la risoluzione Onu che chiedeva le dimissioni del leader siriano Bashar Al-Assad, mentre Brasile, India e Sudafrica si erano espresse a favore. La bilancia commerciale tra Cina e India pende poi molto a favore del Dragone, che rimane dipendente dalle forniture energetiche russe: nella giornata di venerdì scorso, durante la visita a Mosca del presidente cinese Xi Jinping, i due Paesi hanno firmato diversi accordi che porteranno la Cina nei prossimi venti anni a raddoppiare le forniture di greggio dalla Russia. Per il Dragone, poi, le esportazioni, contano ancora in misura superiore rispetto agli altri quattro Paesi. Con il summit di Durban sono comparse anche le prime proteste nei confronti del club delle economie emergenti. Su uno striscione e Durban, gli attivisti locali hanno scritto "Brics non fate a pezzi l'Africa". Il riferimento è all'era coloniale in cui le potenze occidentali si erano spartite il continente: la paura è quella che i cinque Paesi possano fare altrettanto in futuro. Gli scambi commerciali con i Paesi Brics sono i più importanti per l'Africa e nel 2015 dovrebbero arrivare a toccare quota 500 miliardi di dollari, con la Cina che, secondo i dati di Standard Bank, dovrebbe contare per il 60% dei volumi.
I BRICS
Le economie emergenti riunite sotto lo pseudonimo di BRICS contano per il 25% del Pil globale e per il 40% della popolazione mondiale. La Cina è il Paese più popolato al mondo, con i suoi 1,34 miliardi di abitanti. Il Pil del 2012 ammontava a 6400 miliardi di euro, e secondo le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale per l'anno in corso la crescita del Paese dovrebbe attestarsi attorno all'8,2%, in crescita rispetto al 7,8% dello scorso anno. Il Brasile è la settima economia del pianeta con un Pil pari a circa 1900 miliardi di euro e ha una popolazione di 196 milioni di persone. Per il 2013 dovrebbe raggiungere una crescita pari al 3,5%. Al nono posto tra le economie del mondo figura invece la Russia che lo scorso anno ha totalizzato un Pil di poco superiore ai 1500 miliardi di euro, trainato in gran parte dalle esportazioni di gas e risorse energetiche, e nonostante un breve rallentamento lo scorso anno, la sua economia dovrebbe crescere del 3,7% nel 2013.
L'India con i suoi 1,2 miliardi di abitanti ha registrato un Pil pari a 1500 miliardi di euro lo scorso anno. La previsione di crescita per il sub-continente è del 5,9% per l'anno in corso, dopo il brusco rallentamento che ha portato il Paese tra 2011 e 2012 a vedere il proprio Pil calare dal 7.9% al 4,5%. Infine, il Sudafrica è il Paese con il tasso di crescita più basso dei Brics, con un Pil nel 2012 di poco superiore ai 300 miliardi di euro a fronte di una popolazione di cinquanta milioni di persone. La crescita per il 2013 dovrebbe attestarsi attorno al 2,8% e per il prossimo anno doverbbe salire al 4,1%.
XI JINPING E L'AFRICA
Intanto, Xi Jinping è arrivato in Sudafrica, dove a Pretoria ha incontrato il presidente sudafricano Jacob Zuma. Dopo la tappa in Tanzania di ieri, dove Xi ha parlato di una "collaborazione tra eguali" tra i due Paesi, oggi il nuovo presidente cinese si incontrerà con i suoi omologhi delle economie emergenti di Brasile, Russia, India e Sudafrica. La partnership con il Sudafrica è una delle più importanti per Pechino nel continente: lo scorso anno, gli scambi bilaterali hanno raggiunto quota 47 miliardi di euro, coprendo circa un terzo degli scambi commerciali tra Cina a Africa. In un comunicato congiunto rilasciato oggi, i due Paesi hanno rinnovato la loro partnership bilaterale e una "strategica attenzione e priorità verso le rispettive politiche estere".
Nella giornata di ieri, al Julius Nyerere Convention Center di Dar Es Sallam, Xi Jinping ha voluto dissipare i dubbi di un possibile intento neo-colonialista cinese affiorati negli scorsi giorni rinnovando l'offerta di un prestito da venti miliardi di dollari dal 2013 al 2015 per "aiutare i Paesi africani a trasformare l'abbondanza di risorse in sviluppo economico e raggiungere uno sviluppo sostenibile e indipendente". Xi ha poi voluto ribadire che "la Cina continuerà a offrire la necessaria assistenza all'Africa senza secondi fini di natura politica". Il presidente cinese ha poi auspicato per tutti i Paesi del continente un sviluppo più veloce e un migliore tenore di vita per tutti gli abitanti. Come impegno nei confronti dei Paesi africani, la Cina ha offerto a trentamila professionisti la possibilità di un tirocinio nel Dragone e ha promosso l'istituzione di diciottomila borse di studio agli studenti delle università africane per " aumentare lo scambio di tecnologie e di esperienze". Sempre nella giornata di ieri Cina e Tanzania si erano accordate per la costruzione nel Paese africano di un nuovo porto e di un complesso industriale: la Cina poi erogherà un prestito per lo sviluppo di infrastrutture per le telecomunicazioni e un ulteriore prestito a interessi zero per il governo di Dar Es Salaam
lunedì 25 marzo 2013
Abbiate fede.....I cinesi son sempre composti e chi vivrà vedrà quanto il Vaticano è disposto a cedere pur di ....
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
25/03/2013 - 15:05
### Cina: quel rapporto sofferto col Vaticano - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 25 mar - La Cina ha reagito in maniera composta all'indubbio successo diplomatico di Taiwan in occasione dell'insediamento di Papa Bergoglio. Alla messa inaugurale a Roma non era presente nessun esponente cinese perche' Pechino e la Santa Sede non hanno relazioni diplomatiche. Non si sono ancora infatti ristabiliti i rapporti interrotti dal 1951, poco dopo la conclusione della guerra civile in Cina, quando il Vaticano decise di schierarsi con i nazionalisti e dunque con Taiwan. Anche se Pechino e' ormai riconosciuta come unica rappresentante della Cina da quasi tutte la cancellerie e dalle Nazioni Unite, la Santa Sede rimane uno dei 23 paesi che ancora mantiene rapporti diplomatici con Taipei. Quando il Presidente di Taiwan Ma Ying-Jeou e' atterrato a Roma, ha avuto la possibilita' di stringere la mano a personalita' politiche con le quali i rapporti sono preclusi dal veto sostanziale di Pechino. Nella sua prima visita in Europa dalla sua elezione nel 2008 - in un territorio formalmente neutro - ha discusso con Angela Merkel e Joe Biden, mentre proprio l'assenza della Cina tra le numerose delegazioni contrastava con l'ecumenismo della cerimonia. Di fronte a questa soddisfazione taiwanese - che si aggiunge ai benevoli riflettori puntati sull'Oltretevere per l'intronizzazione -
la Cina non e' andata al di la' della protesta formale, dai toni neanche infiammati. Pechino ha inviato le sue congratulazioni al nuovo Papa, mentre un portavoce del Ministero degli Esteri affermava: 'Noi speriamo che il Vaticano prendera' misure concrete per rimuovere gradualmente gli ostacoli e creare le condizioni per il miglioramento delle relazioni sino-vaticane'. Gli ostacoli - probabilmente piu' d'immagine che sostanziali - sono le relazioni con Taiwan (che secondo Pechino devono essere recise) e la titolarita' nelle nomine ecclesiastiche. E' una disputa politico-religiosa che non trova un'apparente soluzione. Proprio in coincidenza con la cerimonia, la Chiesa Patriottica Cinese (l'unica avviata e riconosciuta dalla Cina) ha ordinato due nuovi sacerdoti. Il provvedimento - avvertito come una sfida - non e' stato riconosciuto dal Vaticano che lo considera illegale, anche se la Cina ha affermato l'innocente coincidenza tra i due eventi. La posizione cinese non va dunque oltre la ripetizione liturgica delle proprie posizioni, in una cornice di prudenza che non vuole innanzitutto raffreddare i rapporti con Taiwan che hanno recentemente raggiunto un'accelerazione inimmaginabile fino a pochi anni fa. Segnala inoltre prudenza, in attesa che Papa Bergoglio esprima le sue posizioni. Una Chiesa universale non puo' trascurare la Cina, perche' il declino delle vocazioni e dei fedeli le impone scelte innovative. Anche la scelta del nome papale lascia aperta l'interpretazione che si riferisca al gesuita Francesco Saverio, morto nel 1552 al largo delle coste cinesi in una missione di amicizia che sarebbe stata poi completata da Matteo Ricci. Tuttavia Pechino non puo' trascurare il primo Papa Latino-Americano della storia che si preannuncia carismatico e che potrebbe avere una forte influenza anche negli Stati Uniti dove il voto dei 50 milioni di immigrati latini determina la corsa alla presidenza; il presidente Obama e' stato infatti tra i primissimi a congratularsi con Papa Francesco. Sopratutto la Chiesa non puo' derogare dalle posizioni di principio che ne hanno sorretto l'azione verso la Cina in questi decenni. Dopo una timida apertura durante il Pontificato di Ratzinger, e' ritornata la contrapposizione, aiutata peraltro dalla determinazione di Pechino. L'incertezza dunque ancora prevale e i vantaggi per le due parti appaiono ugualmente importanti dei rischi da correre. Pechino sarebbe in grado di ridurre la percezione della sua eccentricita' nel contesto internazionale, ponendosi come potenza globale e non solo economica. Anche se i tempi appaiono maturi per ristabilire un reciproco riconoscimento, cio' non significa che avverra' necessariamente presto. Due civilta' millenarie sanno attendere come hanno fatto in questo interminabile dopoguerra, fino a quando le richieste della politica coincideranno con i voleri del cielo, ma questa volta e' forse Pechino ad avere piu' fretta del Vaticano.
* Presidente di Osservatorio Asia
Eppur ero convinto che fosse Alghero la citta' piu' smart e invece.....
Ricerca ICity: Bologna e' la citta' piu' smart
di Emiliano Falconio e Francesca Caprioli
E’ Bologna la città italiana più smart. Ad incoronarla la classifica ICity rate realizzata dal Forum PA e presentata lo scorso ottobre nell’ambito dello Smart City Exhibition tenutosi proprio nel capoluogo felsineo. La ricerca, che ha coinvolto i 103 capoluoghi di provincia, ha così individuato quali città italiane sono più smart, più intelligenti, quindi più vicine ai bisogni dei cittadini, più inclusive, più vivibili. “Ci piace essere primi ma sappiamo che possiamo essere superati facilmente” ha commentato il sindaco di Bologna Virginio Merola secondo il quale “l'importante è competere su questo tema: la città intelligente e il futuro”.
Secondo Merola “la città intelligente si basa su tante cose, come innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale. Una città non e' una somma di investimenti, di infrastrutture e mattoni: una città e' le persone che la abitano e in questo senso siamo in buona posizione”.
Bene la vittoria, quindi, ma la guardia deve essere tenuta alta per non retrocedere e perdere tutto quanto fatto finora sul tema smart.
L’Agenda digitale di Bologna
Per mantenere alto lo standard smart a Bologna si punta innanzitutto sull’agenda digitale cittadina.
L’Agenda – come riportato dal sito del Comune – ha quattro obiettivi principali che partono dal presupposto di un coinvolgimento maggiore della cittadinanza, della società civile e del tessuto produttivo attraverso l’uso della tecnologia, collegando stili di vita e consumo, bisogni e aspirazioni di residenti, city user e turisti.
I quattro processi cardine prevedono: internet come diritto, coinvolgimento della cittadinanza, innovazione tecnologica e open data.
Sul primo punto l’obiettivo dell’amministrazione è garantire l’accesso ‘neutrale’ alla rete in condizione di parità, senza barriere economiche, sociali e culturali.
Per coinvolgere la cittadinanza la priorità invece è una maggiore diffusione dei media sociali per cambiare nelle pubbliche amministrazioni i presupposti della comunicazione con conseguenze migliorative a livello organizzativo. Per far questo occorre razionalizzare le attività del Comune “qualificando ogni azione passando da un uso informativo dei social media ad un coinvolgimento effettivo dei cittadini nelle decisioni”.
Nell’ambito dell’innovazione, la città di Bologna attraverso l’Agenda Digitale intende favorire le start up di nuove imprese e professionalità ad alta vocazione tecnologica e sostenibile, oltre che supportare il ricco tessuto produttivo esistente. Inoltre al centro del Piano Strategico metropolitano bolognese ci sarà l’obiettivo smart city, per una gestione intelligente della dimensione urbana. Università, centri di ricerca, mondo delle imprese e PA lavoreranno insieme per integrare azioni ed investimenti.
Per open data infine si intende procedere il prima possibile all’accesso libero ai dati della PA.
Sempre nell’ambito dell’Agenda digitale, l’amministrazione bolognese ha recentemente lanciato un bando da 100mila euro per premiare i progetti migliori in chiave smart.
Tornando alla classifica emerge anche come il capoluogo felsineo risulta in alto anche nelle classifiche per singoli aspetti smart. E’ prima, in particolare, nella valorizzazione del capitale sociale ed è presente in diverse top ten: terza per mobilità, quinta per la dimensione economica e per la governance, sesta per qualità della vita. Sempre dalla classifica ICity rate emerge come Bologna scommette sui cittadini. Sul tema smart people della ricerca, infatti, la città primeggia per il livello di istruzione e l’abbandono scolastico, il numero di donne che lavora e che ricopre cariche all’interno dell’amministrazione, la presenza di studenti stranieri, la partecipazione politica, il coinvolgimento in associazioni di volontariato, ma anche la lettura dei quotidiani e la partecipazione ad eventi culturali.
La nota dolente della ricerca
Infine la nota dolente della ricerca di Forum PA: le città del Sud.
Bisogna infatti arrivare al 43esimo posto per incontrare la prima città del Mezzogiorno, che è Cagliari, seguita da Lecce (54°) e Matera (58°). Fanalino di coda sono Caltanissetta, Crotone ed Enna. Anche guardando solamente alle dieci città metropolitane, questa spaccatura è evidente. Bologna, Firenze, Milano, Genova, Venezia e Torino sono tutte tra le prime 15 classificate, Roma segue al 21esimo posto, mentre segnano decisamente il passo le altre tre: Bari (69°), Napoli (77°) e Reggio Calabria, che si colloca all’87° posto.
La ricerca ICity rate in pillole (Fonte: Exhibition 2012)
Smart Economy: Pisa e Milano le città più avanzate.
Tasso di occupazione, presenza di imprese innovative, di imprese giovani e di imprese femminili, presenza e qualità di università e istituti di ricerca, dotazione infrastrutturale (strade, ferrovie, aeroporti, ma anche infrastrutture telematiche), servizi turistici. Questi alcuni dei parametri presi in considerazione.
Smart Environment: Trento e Ravenna le città più verdi.
Per la dimensione ambiente sono stati presi in esame: la qualità dell’aria, la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, la presenza di spazi verdi in città, l’efficienza e la qualità della rete idrica (dispersione di acqua e depurazione), la presenza di centri di raccolta RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche).
Smart Governance: a Torino e Padova più smart.
Non solo e-gov, ma anche attenzione all’ambiente (dotazione di auto ecologiche, utilizzo di carta riciclata e raccolta differenziata negli uffici comunali, risparmio energetico, acquisti verdi), adozione di politiche per l’assetto e lo sviluppo del territorio (approvazione e adozione del Piano regolatore, del Piano per gli insediamenti produttivi, del Piano delle attività commerciali, e così via), capacità di fare rete con altri Comuni.
Smart Living: a Siena e Trieste si vive meglio.
La qualità della vita nella ricerca di FORUM PA passa attraverso gli investimenti in cultura e welfare e attraverso l’offerta di servizi di vario tipo, dagli asili nido alle biblioteche comunali, dai consultori alle strutture per anziani, fino ai cinema. Pesano nella classifica, il numero di persone sotto la soglia di povertà, il tasso di emigrazione ospedaliera, l’inserimento sociale degli immigrati, la criminalità diffusa.
Smart Mobility: a Milano e Venezia spostarsi è più facile.
La mobilità è smart nelle città in cui esiste una rete diffusa ed efficiente di trasporto pubblico e in cui ci sono parcheggi di scambio; in cui la maggior parte delle automobili in circolazione sono poco inquinanti; in cui ci sono zone a traffico limitato, piste ciclabili, servizi di bike e car sharing.
Smart People: Bologna e Ravenna scommettono sui cittadini.
Il livello di istruzione e l’abbandono scolastico, il numero di donne che lavora e che ricopre cariche all’interno dell’amministrazione, la presenza di studenti stranieri, la partecipazione politica, il coinvolgimento in associazioni di volontariato, ma anche la lettura dei quotidiani e la partecipazione ad eventi culturali. Sono tutti aspetti che ci dicono se i cittadini di una città sono attivi e partecipi e se la città riesce a valorizzare il suo capitale sociale.
Articolo tratto da "Smart City" lo Speciale monografico di marzo della rivista "Diritto e pratica amministrativa"
©RIPRODUZIONE RISERVATA
di Emiliano Falconio e Francesca Caprioli
E’ Bologna la città italiana più smart. Ad incoronarla la classifica ICity rate realizzata dal Forum PA e presentata lo scorso ottobre nell’ambito dello Smart City Exhibition tenutosi proprio nel capoluogo felsineo. La ricerca, che ha coinvolto i 103 capoluoghi di provincia, ha così individuato quali città italiane sono più smart, più intelligenti, quindi più vicine ai bisogni dei cittadini, più inclusive, più vivibili. “Ci piace essere primi ma sappiamo che possiamo essere superati facilmente” ha commentato il sindaco di Bologna Virginio Merola secondo il quale “l'importante è competere su questo tema: la città intelligente e il futuro”.
Secondo Merola “la città intelligente si basa su tante cose, come innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale. Una città non e' una somma di investimenti, di infrastrutture e mattoni: una città e' le persone che la abitano e in questo senso siamo in buona posizione”.
Bene la vittoria, quindi, ma la guardia deve essere tenuta alta per non retrocedere e perdere tutto quanto fatto finora sul tema smart.
L’Agenda digitale di Bologna
Per mantenere alto lo standard smart a Bologna si punta innanzitutto sull’agenda digitale cittadina.
L’Agenda – come riportato dal sito del Comune – ha quattro obiettivi principali che partono dal presupposto di un coinvolgimento maggiore della cittadinanza, della società civile e del tessuto produttivo attraverso l’uso della tecnologia, collegando stili di vita e consumo, bisogni e aspirazioni di residenti, city user e turisti.
I quattro processi cardine prevedono: internet come diritto, coinvolgimento della cittadinanza, innovazione tecnologica e open data.
Sul primo punto l’obiettivo dell’amministrazione è garantire l’accesso ‘neutrale’ alla rete in condizione di parità, senza barriere economiche, sociali e culturali.
Per coinvolgere la cittadinanza la priorità invece è una maggiore diffusione dei media sociali per cambiare nelle pubbliche amministrazioni i presupposti della comunicazione con conseguenze migliorative a livello organizzativo. Per far questo occorre razionalizzare le attività del Comune “qualificando ogni azione passando da un uso informativo dei social media ad un coinvolgimento effettivo dei cittadini nelle decisioni”.
Nell’ambito dell’innovazione, la città di Bologna attraverso l’Agenda Digitale intende favorire le start up di nuove imprese e professionalità ad alta vocazione tecnologica e sostenibile, oltre che supportare il ricco tessuto produttivo esistente. Inoltre al centro del Piano Strategico metropolitano bolognese ci sarà l’obiettivo smart city, per una gestione intelligente della dimensione urbana. Università, centri di ricerca, mondo delle imprese e PA lavoreranno insieme per integrare azioni ed investimenti.
Per open data infine si intende procedere il prima possibile all’accesso libero ai dati della PA.
Sempre nell’ambito dell’Agenda digitale, l’amministrazione bolognese ha recentemente lanciato un bando da 100mila euro per premiare i progetti migliori in chiave smart.
Tornando alla classifica emerge anche come il capoluogo felsineo risulta in alto anche nelle classifiche per singoli aspetti smart. E’ prima, in particolare, nella valorizzazione del capitale sociale ed è presente in diverse top ten: terza per mobilità, quinta per la dimensione economica e per la governance, sesta per qualità della vita. Sempre dalla classifica ICity rate emerge come Bologna scommette sui cittadini. Sul tema smart people della ricerca, infatti, la città primeggia per il livello di istruzione e l’abbandono scolastico, il numero di donne che lavora e che ricopre cariche all’interno dell’amministrazione, la presenza di studenti stranieri, la partecipazione politica, il coinvolgimento in associazioni di volontariato, ma anche la lettura dei quotidiani e la partecipazione ad eventi culturali.
La nota dolente della ricerca
Infine la nota dolente della ricerca di Forum PA: le città del Sud.
Bisogna infatti arrivare al 43esimo posto per incontrare la prima città del Mezzogiorno, che è Cagliari, seguita da Lecce (54°) e Matera (58°). Fanalino di coda sono Caltanissetta, Crotone ed Enna. Anche guardando solamente alle dieci città metropolitane, questa spaccatura è evidente. Bologna, Firenze, Milano, Genova, Venezia e Torino sono tutte tra le prime 15 classificate, Roma segue al 21esimo posto, mentre segnano decisamente il passo le altre tre: Bari (69°), Napoli (77°) e Reggio Calabria, che si colloca all’87° posto.
La ricerca ICity rate in pillole (Fonte: Exhibition 2012)
Smart Economy: Pisa e Milano le città più avanzate.
Tasso di occupazione, presenza di imprese innovative, di imprese giovani e di imprese femminili, presenza e qualità di università e istituti di ricerca, dotazione infrastrutturale (strade, ferrovie, aeroporti, ma anche infrastrutture telematiche), servizi turistici. Questi alcuni dei parametri presi in considerazione.
Smart Environment: Trento e Ravenna le città più verdi.
Per la dimensione ambiente sono stati presi in esame: la qualità dell’aria, la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, la presenza di spazi verdi in città, l’efficienza e la qualità della rete idrica (dispersione di acqua e depurazione), la presenza di centri di raccolta RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche).
Smart Governance: a Torino e Padova più smart.
Non solo e-gov, ma anche attenzione all’ambiente (dotazione di auto ecologiche, utilizzo di carta riciclata e raccolta differenziata negli uffici comunali, risparmio energetico, acquisti verdi), adozione di politiche per l’assetto e lo sviluppo del territorio (approvazione e adozione del Piano regolatore, del Piano per gli insediamenti produttivi, del Piano delle attività commerciali, e così via), capacità di fare rete con altri Comuni.
Smart Living: a Siena e Trieste si vive meglio.
La qualità della vita nella ricerca di FORUM PA passa attraverso gli investimenti in cultura e welfare e attraverso l’offerta di servizi di vario tipo, dagli asili nido alle biblioteche comunali, dai consultori alle strutture per anziani, fino ai cinema. Pesano nella classifica, il numero di persone sotto la soglia di povertà, il tasso di emigrazione ospedaliera, l’inserimento sociale degli immigrati, la criminalità diffusa.
Smart Mobility: a Milano e Venezia spostarsi è più facile.
La mobilità è smart nelle città in cui esiste una rete diffusa ed efficiente di trasporto pubblico e in cui ci sono parcheggi di scambio; in cui la maggior parte delle automobili in circolazione sono poco inquinanti; in cui ci sono zone a traffico limitato, piste ciclabili, servizi di bike e car sharing.
Smart People: Bologna e Ravenna scommettono sui cittadini.
Il livello di istruzione e l’abbandono scolastico, il numero di donne che lavora e che ricopre cariche all’interno dell’amministrazione, la presenza di studenti stranieri, la partecipazione politica, il coinvolgimento in associazioni di volontariato, ma anche la lettura dei quotidiani e la partecipazione ad eventi culturali. Sono tutti aspetti che ci dicono se i cittadini di una città sono attivi e partecipi e se la città riesce a valorizzare il suo capitale sociale.
Articolo tratto da "Smart City" lo Speciale monografico di marzo della rivista "Diritto e pratica amministrativa"
©RIPRODUZIONE RISERVATA
sabato 23 marzo 2013
Peng Liyuan diventa first lady
Cina: su web pazzi per Peng Liyuan
Tanti fan per la famosa cantante, oggi first lady
23 marzo, 09:24
(ANSA) - SHANGHAI, 23 MAR - Peng Liyuan, moglie del presidente cinese Xi Jinping, sta conquistando i cuori dei cinesi, dopo aver conquistato le loro 'orecchie', essendo una delle piu' famose cantanti. Sulla rete cinese si stanno moltiplicando su di lei commenti favorevoli, soprattutto dopo l'arrivo della coppia presidenziale a Mosca, per la prima visita di stato del neo presidente cinese.Sin da quando e' apparsa sulla scaletta dell'aereo con il marito, sue foto prese dalla Tv son state ritwittate sulla rete.
Tanti fan per la famosa cantante, oggi first lady
23 marzo, 09:24
(ANSA) - SHANGHAI, 23 MAR - Peng Liyuan, moglie del presidente cinese Xi Jinping, sta conquistando i cuori dei cinesi, dopo aver conquistato le loro 'orecchie', essendo una delle piu' famose cantanti. Sulla rete cinese si stanno moltiplicando su di lei commenti favorevoli, soprattutto dopo l'arrivo della coppia presidenziale a Mosca, per la prima visita di stato del neo presidente cinese.Sin da quando e' apparsa sulla scaletta dell'aereo con il marito, sue foto prese dalla Tv son state ritwittate sulla rete.
venerdì 22 marzo 2013
e se lo dice l'OCSE molto probabilmente sarà così
Ocse: Cina prima economia
al mondo entro il 2016
di Alessandra Spalletta
Twitter@ASpalletta
Roma, 22 mar. – Cina prima economia al mondo entro il 2016. E’ la previsione dell’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Il nuovo Economic Survey of China, presentato oggi a Pechino, ha svelato in 161 pagine il futuro del gigante asiatico. Ed è un futuro roseo.
L’organizzazione parigina è ottimista sull’andamento della seconda economia mondiale: nel 2013 si prevede una crescita dell’8,3% e una ulteriore espansione nel 2014. Nei prossimi anni il Drago continuerà a svilupparsi con un tasso medio di crescita dell’8% - numero sacro in Cina – se si manterrà l’attuale tasso di investimento e la volontà ferrea manifestata dal governo di riformare il modello di sviluppo.
Gli investimenti sulle infrastrutture faranno ancora la parte del leone. Un’analisi confermata dai dati ufficiali: il nuovo governo ha nei giorni scorsi annunciato una nuova spesa pubblica di 437,6 miliardi di yuan per l'anno in corso, 35 miliardi in più del 2012. Chi auspicava una crescita economica meno influenzata dagli investimenti statali, è rimasto deluso. Il piano di investimenti si concentrerà sul settore immobiliare, sull'agricoltura, i trasporti e l'energia.
L’Ocse sottolinea che l’arretratezza delle infrastrutture ancora diffusa nel paese, una caratteristica comune alle economie considerate ancora in ‘via di sviluppo’, incentiva fruttuosi investimenti nel settore. “Il livello di investimento nel settore privato è giustificato dagli alti tassi di ritorno – ha scandito il capo del desk Cina dell’Ocse Richard Herd -, riteniamo che nelle infrastrutture ci siano ancora enormi potenzialità. I tassi di rendimento degli investimenti sono destinati a restare elevati”.
L’Europa è in crisi e la Cina ha accusato il colpo. L’Ue è il maggior partner commerciale del Drago. Le province cinesi più sviluppate – come Guangdong, Zhejiang, Fujian – dipendono fortemente dall’export, che incide per oltre il 20% sul Pil regionale. Il calo della domanda da parte dei partner occidentali, ha scalfito l’andamento dell’economia che nel 2012 ha registrato la crescita più bassa dal 1999, di appena il 7,8%. Il governo cinese ha fissato l’obiettivo di crescita per quest’anno al 7,5%. Una crescita moderata. La Cina punta a una crescita fondata più sulla qualità che sulla quantità. La transizione da un modello di sviluppo incentrato sugli investimenti a un nuovo prototipo in cui i consumi interni facciano da traino, è la priorità fissata dall’ultimo piano quinquennale, che scade nel 2015.
I cinesi vogliono rallentare la corsa per trasformare l’economia e renderla più salubre, risolvendo una serie di problemi che assillano tanto la leadership quanto la popolazione: dalla disuguaglianza tra i redditi all’inflazione, dall’indebitamento delle amministrazioni locali alla riforma del sistema bancario, dall’ambiente alle liberalizzazioni che diano maggiore spazio ai privati. Per questo motivo, tra gli economisti cinesi è diffusa la convinzione che la crescita del Pil sia destinata ad attestarsi su livelli inferiori rispetto agli ultimi 30 anni, quando la Cina ci aveva abituati a record di crescita a due cifre. Le aspettative di crescita non vanno oltre il 5% annuale.
Non la pensano così i parigini. “Le simulazioni condotte dall’Ocse suggeriscono che la Cina possa mantenersi su elevati livelli di crescita nei prossimi anni (almeno fino al 2020, ndr) con un tasso medio dell’8%”, spiega il rapporto che si spinge a prevedere per il Drago un futuro da prima economia mondiale, traguardo che dovrebbe raggiungere nel 2016.
L’ottimismo dell’Ocse appare in controtendenza rispetto alle previsioni avanzate da altre organizzazioni internazionali. Di recente, il Fondo Monetario Internazionale aveva espresso una forte preoccupazione per lo stato di salute dell’economia cinese. Nel novembre scorso, giorni dopo la chiusura del Diciottesimo Congresso del Partito che aveva sancito il ricambio ai vertici, il FMI aveva pubblicato un nuovo rapporto intitolato “Is China over-investing and does it matter?”, spiegando come l’eccessivo affidamento sugli investimenti rischiasse di destabilizzare l’economia cinese. Secondo gli analisi, anche se una crisi sembra lontana, il finanziamento d’investimenti in eccesso può ancora causare ampie distorsioni. L’unica strada percorribile, chiosava il rapporto, consiste nel ridurre progressivamente la dipendenza dagli investimenti e dall’export, puntando invece sulla crescita dei consumi interni.
Anche se la diagnosi può apparire diversa, la cura è sempre la stessa: riforma, riforma, e riforma. L'agenda del nuovo presidente Xi Jinping è irta di ostacoli. I rischi sono dietro l’angolo: controllare l’inflazione, ridurre la dipendenza dall’export, non solo: anche la rapida urbanizzazione sta ponendo nuove sfide, oltre all’inquinamento. Le riforme sono essenziali per sostenere la crescita sul lungo periodo: liberalizzare il mercato finanziario e potenziare la competitività del settore terziario, prima di tutto. Parola dell’Ocse.
Anche la nostra Alghero potrebbe essere più Smart se.....
Che cos'e' una smart city?
di Emiliano Falconio e Francesca Caprioli
Parlare di smart city in Italia dove solo un cittadino su cinque ne conosce il significato, non è cosa semplice. Nel Belpaese questo nuovo modo di vedere e pensare le città sta cominciando ad entrare nelle agende dei legislatori, tuttavia il concetto stesso è pressoché semisconosciuto. Cosa intendiamo, dunque, quando parliamo di smart city?
La traduzione letterale ci dice che l’anglosassone ‘smart’ equivale all’italiano ‘intelligente’ che per le città si traduce in un approccio moderno alla gestione urbana che aspira ad essere socialmente inclusiva al fine di migliorare la qualità di vita dei cittadini.
L’Unione europea punta forte sulle città ‘smart’, ne sono prove tangibili il Patto dei sindaci, il Piano strategico per le tecnologie, and Communities e and Communities European Innovation Partnership.
L’Italia, seppur con qualche ritardo, prova a rispondere. I provvedimenti più recenti riguardano i bandi del ministero dell’Istruzione (finanziati circa 920milioni di euro), il Piano Città (2mld di euro circa) e l’Osservatorio nazionale dell’Anci che punta a diventare capofila tra i Comuni per un’azione sistemica e coordinata. Inoltre cominciano a prendere piede giornate di studio e approfondimento come il recente Smart City Exhibition 2012 che a Bologna ha scattato, tra l’altro, la fotografia sul livello ‘smart’ dei capoluoghi di provincia italiani.
L’intento di questo speciale sulle smart city propone quindi una panoramica su ciò che accade in Italia ma non solo. Dalle città all’avanguardia nel nostro Paese (Bologna, Reggio Emilia, Modena, Bari, Venezia, Pisa, Pavia, Torino) si arriva allo scenario europeo con le eccellenze di Helsinki, Barcellona, Vienna. Uno sguardo poi a quanto che accade nel resto del mondo dove spicca la sfida di Masdar City, la città ‘nuova’ icona e modello delle moderne città sostenibili.
Si calcola che un’Italia più ‘smart’ vale fino a 10 punti di Pil in più. Per ottenere questo risultato il nostro Paese dovrà investire in maniera massiccia: da qui al 2030, 22 miliardi di euro l’anno. Un obiettivo apparentemente irraggiungibile, tuttavia qualcosa si muove. Resta da vedere se chi è deputato a prendere le decisioni strategiche riuscirà a cogliere l’enorme opportunità (di benessere della comunità e crescita economica) offerta dalle città ‘intelligenti’.
Articolo tratto da “Smart City”, lo Speciale di marzo della rivista Diritto e pratica amministrativa
©RIPRODUZIONE RISERVATA
e non è cosa da poco questa storica apertura .....
Mercato interbancario
apre a investitori stranieri
di Alessandra Spalletta
Twitter@ASpalletta
Roma, 21 mar. – E’ passata inosservata. E invece è un segnale non di poco conto della serietà con cui le autorità monetarie cinesi stanno portando avanti le riforme finanziarie: l’apertura del mercato interbancario agli investitori stranieri. Lo ha annunciato la Banca Centrale mercoledì.
In pratica, gl’istituti monetari cui la Cina ha concesso l’autorizzazione di investire nel mercato finanziario, da oggi possono farlo con un accesso diretto al mercato interbancario. Fino all’altro ieri, gli investitori muniti di licenza di Qualified Foreign Instititutional Investor (QFII), non potevano partecipare al mercato interbancario. Essi potevano solo investire in titoli azionari. La Banca centrale ha rimosso una barriera, accogliendo la bozza di norma presentata nel giugno dello scorso anno da China Securities Regulatory Commission (CSRC), l’authority finanziaria di Pechino. Ora s’attende la semplificazione di altre limitazioni, come l’obbligo per gli stranieri che possiedono un pacchetto in un’azienda quotata sui listini cinesi, di non superare il 20%. Un limite che per il momento dovrebbe restare in vigore, nonostante nove mesi fa CSRC avesse suggerito una revisione che puntasse a incrementare la partecipazione straniera dal 20% al 30%. Di quest’ultimo punto, infatti, non c’è traccia nell’annuncio della Banca centrale.
Il perché dell’importanza di questa notizia, lo spiega il Financial Times. Oltre a facilitare l’accesso degli stranieri al mercato azionario, essa segnala che la spinta verso la liberalizzazione finanziaria non si è svigorita, anzi: a pochi giorni dalla nomina del nuovo governo, il principale istituto di credito cinese ha compiuto una significativa azione, in continuità con il precedente mandato. Una mossa attesa, visto che le proposte di CSRC vengono generalmente accolte dal governo. Una manovra in linea con la volontà politica che Pechino sta manifestando sul fronte delle liberalizzazioni.
Una continuità, insomma, che non dovrebbe stupire più di tanto: ai vertici della Banca Centrale, siede ancora Zhou Xiaochuan. L’anziano governatore è stato riconfermato alla guida dell’istituto bancario durante l’Assemblea Nazionale del Popolo, l’equivalente del parlamento in Cina che ha chiuso i battenti la settimana scorsa, proclamando Xi Jinping nuovo presidente della Rpc. Zhou, fresco di (ri)nomina, non ha perso tempo: si è messo subito al lavoro, portando avanti un percorso di riforma già tracciato.
In Cina, il sistema finanziario funziona così. Mentre le autorità di vigilanza puntano sullo sviluppo del mercato azionario - agli occhi della Cina un modo per ridurre rischi del settore bancario - la vera partita si gioca nel mercato interbancario. La Banca centrale ha di recente adottato una politica più rilassata, dopo un lungo periodo di austerità, e ha permesso una maggiore erogazione di titoli azionari. Il mercato interbancario, controllato dalla People’s Bank of China, assorbe il 95% dei titoli emessi onshore - secondo Ting Lu di Bank of America. Il mercato azionario , il terzo più grande al mondo, è in fibrillazione e suscita l’ingordigia degli investitori stranieri, ancorché rappresenti appena un terzo dei titoli emessi lo scorso anno: in pratica, cresce all’ombra del mercato interbancario.
I riflettori sono puntati ora su Xiao Gang, il nuovo presidente della China Securities Regulatory Commission (CSRC). Il suo predecessore, Guo Shuqing, ha lasciato la presidenza dell’authority finanziaria di Pechino portandosi dietro la reputazione del riformista. Prima di cedere la poltrona a Xiao, ha annunciato una vasta serie di manovre per modernizzare il sistema finanziario, che vanno dalla messa in sicurezza degli asset alla previsione del rischio per i fondi. Xiao Gang accoglierà la sfida?
e subito dopo in Tanzania che è uno dei Paesi più poveri del mondo.
Cina:presidente Xi,prima missione estera
A Mosca, poi in Tanzania e Sudafrica
22 marzo, 03:54
PECHINO - Il presidente cinese Xi Jinping e' partito oggi da Pechino per Mosca, prima tappa di un viaggio che, dopo la Russia, lo portera' in Tanzania, Sudafrica e Repubblica del Congo. Il 26 e 27 marzo Xi prendera' parte al vertice dei Paesi emergenti - Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa o Brics, che si terra' a Durban, in Sudafrica.
martedì 19 marzo 2013
Continuano ad investire
Il Sole 24 ORE - Radiocor 19/03/2013 - 08:22
Cina: boom degli investimenti all'estero in gennaio-febbraio (+147,3%)
Balzo del 6,5% per gli investimenti diretti esteri nel Paese
Radiocor - Roma, 19 mar - Gli investimenti cinesi all'estero sono saliti del 147,3% su base annua nel corso dei primi due mesi dell'anno a 18,39 miliardi di dollari. Sono stati piu' di 17,48 miliardi di dollari, invece, gli investimenti esteri in Cina. Lo ha riferito oggi il Ministero del Commercio. Nel solo mese di febbraio, gli investimenti diretti esteri (Ide) in Cina sono saliti 6,32% registrando il loro primo aumento mensile dopo otto mesi consecutivi di flessione. Gli investimenti dei paesi dell'Unione europea (Ue) sono in veloce crescita con il 34% di aumento nel corso dei primi due mesi dell'anno, a 1,2 miliardi, ha aggiunto il ministero in un comunicato. Gli investimenti diretti esteri in Cina nei settori non finanziari sono aumentati del 28,6% a 77,22 miliardi l'anno scorso, rispetto al calo del 3,7% a 111,72 miliardi del complesso degli investimenti realizzati dall'estero nel Paese. I maggiori investimenti cinesi all'estero all'inizio di quest'anno sono stati effettuati in Australia (+281,8%), Hong Kong (+156%), Stati Uniti (+145,7%) ma anche Unione europea (+81,9%).
domenica 17 marzo 2013
Altro che la nostra peste suina wozza
Cina: 12mila maiali recuperati in fiume
Piu' controlli nei mercati per impedire vendita carne infetta
17 marzo, 14:21
(ANSA) - SHANGHAI, 17 MAR - Sta assumendo i caratteri della catastrofe la faccenda dei maiali morti recuperati nel fiume HangPu di Shanghai, che hanno superato le 12.000 carcasse'. Dal fiume sono stati recuperate circa 9000 resti di maiali a Shanghai e 3600 nellacitta' di Jiaxing, che dovrebbe essere la citta' origine dell'epidemia di circovirus suino che ha provocato la morte dei suini. Le autorita' hanno intensificato i controlli nei mercati per scongiurare la vendita di carne suina proveniente da animali malati.
Piu' controlli nei mercati per impedire vendita carne infetta
17 marzo, 14:21
(ANSA) - SHANGHAI, 17 MAR - Sta assumendo i caratteri della catastrofe la faccenda dei maiali morti recuperati nel fiume HangPu di Shanghai, che hanno superato le 12.000 carcasse'. Dal fiume sono stati recuperate circa 9000 resti di maiali a Shanghai e 3600 nellacitta' di Jiaxing, che dovrebbe essere la citta' origine dell'epidemia di circovirus suino che ha provocato la morte dei suini. Le autorita' hanno intensificato i controlli nei mercati per scongiurare la vendita di carne suina proveniente da animali malati.
sabato 16 marzo 2013
Nuove regole nel rispetto dell'ambiente
Agenzia Xinhua
POLSO DURO PER UNA "BELLA CINA"
Pechino, 13 mar.- La campagna "Beautiful China" della nuova leadership del Paese ha bisogno di polso per assicurare che venga messa in pratica dalle amministrazioni locali. Il proposito di costruire una Cina Bella, in termini di ambiente e purezza delle acque dei fiumi, di cui si e' tornato a parlare in sede ANP, resteranno inconclusi se non si adottano misure concrete per rendere obbligatorio un indice che valuti le prestazioni dei funzionari locali.
Dopo tre decenni circa di continua crescita economica, per lo piu' raggiunta grazie ad una produzione intensiva, i problemi ambientali accumulati sono scoppiati negli ultimi anni, e con essi le critiche ai funzionari pubblici. L'ultimo terrificante caso arriva dalla metropoli di Shanghai, dove a partire da martedi' le autorita' hanno recuperato oltre 6mila maiali morti dal fiume Huangpu, la principale fonte di acqua potabile per la citta' di oltre 20 milioni di abitanti.
Solo due mesi fa invece una fitta cappa di smog aveva ricoperto Pechino e gran parte del Paese costringendo i residenti a indossare maschere o persino a rimanere in casa per evitare l'infezione delle vie respiratorie. Senza dubbio, alcune aziende e persone dovrebbero essere incolpate per la mancanza di responsabilita' sociale, dal momento che non sono riusciti a rispettare le norme ambientali, ma la colpa e' ancor di piu' delle amministrazioni ai vari livelli per le loro politiche spesso deboli e la supervisione insufficiente.
Se alcune amministrazioni a livello locale non avessero perseguito il tasso di crescita del PIL quasi come l'unico obiettivo di lavoro, gli stabilimenti che non rispettano le norme sullo smaltimento dei rifiuti industriali non si sarebbero diffusi in tutto il paese.
Inoltre, se i governi avessero esercitato una vigilanza piu' rigorosa e capito appieno e prontamente le denunce pubbliche, i rischi ambientali non avrebbero indugiato in alcune zone tanto da spingere i residenti a protestare per le strade.
E' ora imprescindibile far capire alle amministrazioni locali e ai funzionari che la crescita economica non deve essere raggiunta a costo della salute ambientale.
Soltanto rendendo la tutela ambientale piu' importante delle semplici cifre di crescita del PIL nel valutare le prestazioni dei funzionari si puo' avere motivo di chiudere stabilimenti fortemente inquinanti ma per lo piu' redditizi e contribuenti.
E' qui che la legislatura superiore puo' svolgere un ruolo importante, rendendo legge la trasformazione e garantendo una valutazione oggettiva del lavoro delle amministrazioni locali, in cui sia la supervisione ufficiale che quella pubblica sono di vitale importanza.
Solo quando i funzionari verranno a conoscenza del peso della vigilanza e del costo politico della loro negligenza ambientale, saranno veramente consapevoli dell'importanza di uno sviluppo verde al di sopra della crescita del PIL.
POLSO DURO PER UNA "BELLA CINA"
Pechino, 13 mar.- La campagna "Beautiful China" della nuova leadership del Paese ha bisogno di polso per assicurare che venga messa in pratica dalle amministrazioni locali. Il proposito di costruire una Cina Bella, in termini di ambiente e purezza delle acque dei fiumi, di cui si e' tornato a parlare in sede ANP, resteranno inconclusi se non si adottano misure concrete per rendere obbligatorio un indice che valuti le prestazioni dei funzionari locali.
Dopo tre decenni circa di continua crescita economica, per lo piu' raggiunta grazie ad una produzione intensiva, i problemi ambientali accumulati sono scoppiati negli ultimi anni, e con essi le critiche ai funzionari pubblici. L'ultimo terrificante caso arriva dalla metropoli di Shanghai, dove a partire da martedi' le autorita' hanno recuperato oltre 6mila maiali morti dal fiume Huangpu, la principale fonte di acqua potabile per la citta' di oltre 20 milioni di abitanti.
Solo due mesi fa invece una fitta cappa di smog aveva ricoperto Pechino e gran parte del Paese costringendo i residenti a indossare maschere o persino a rimanere in casa per evitare l'infezione delle vie respiratorie. Senza dubbio, alcune aziende e persone dovrebbero essere incolpate per la mancanza di responsabilita' sociale, dal momento che non sono riusciti a rispettare le norme ambientali, ma la colpa e' ancor di piu' delle amministrazioni ai vari livelli per le loro politiche spesso deboli e la supervisione insufficiente.
Se alcune amministrazioni a livello locale non avessero perseguito il tasso di crescita del PIL quasi come l'unico obiettivo di lavoro, gli stabilimenti che non rispettano le norme sullo smaltimento dei rifiuti industriali non si sarebbero diffusi in tutto il paese.
Inoltre, se i governi avessero esercitato una vigilanza piu' rigorosa e capito appieno e prontamente le denunce pubbliche, i rischi ambientali non avrebbero indugiato in alcune zone tanto da spingere i residenti a protestare per le strade.
E' ora imprescindibile far capire alle amministrazioni locali e ai funzionari che la crescita economica non deve essere raggiunta a costo della salute ambientale.
Soltanto rendendo la tutela ambientale piu' importante delle semplici cifre di crescita del PIL nel valutare le prestazioni dei funzionari si puo' avere motivo di chiudere stabilimenti fortemente inquinanti ma per lo piu' redditizi e contribuenti.
E' qui che la legislatura superiore puo' svolgere un ruolo importante, rendendo legge la trasformazione e garantendo una valutazione oggettiva del lavoro delle amministrazioni locali, in cui sia la supervisione ufficiale che quella pubblica sono di vitale importanza.
Solo quando i funzionari verranno a conoscenza del peso della vigilanza e del costo politico della loro negligenza ambientale, saranno veramente consapevoli dell'importanza di uno sviluppo verde al di sopra della crescita del PIL.
venerdì 15 marzo 2013
In questo caso la Cina ha pienamente ragione. Buon appetito
Cina:Papa sia flessibile e
rompa con Taiwan
di Sonia Montrella
Twitter@SoniaMontrella
Roma, 14 mar.- Flessibilità. E’ quello che il governo cinese chiede al neo-eletto papa Francesco I, nel suo primo commento ufficiale dalla nomina. “Auspichiamo che sotto il nuovo pontefice il Vaticano adotti un atteggiamento più concreto e flessibile e che riesca a creare le condizioni per migliorare le relazioni tra la Cina e Roma” ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying.
La Santa Sede “deve riconoscere il governo cinese come tale e Taiwan parte inalienabile del territorio cinese” ha poi ribadito Hua precisando che il Vaticano è l’unico Paese europeo a riconoscere l’isola come Stato a sé. Il Vaticano non ha alcun diritto “di interferire negli affari interni della Cina con pretesti religiosi”.
Da parte sua, Antonio Liu Bainian, presidente onorario e portavoce della Chiesa Patriottica cinese - la quale è subordinata al regime comunista e non riconosce l’autorità diretta del papa, pur ammettendone l’influenza a livello mondiale - ha manifestato la sua soddisfazione per la nomina di Bergoglio. “Preghiamo per il nuovo Papa. Che Dio benedica la sua intelligenza e la sua saggezza, e che la sua virtù possa prosperare sempre di più” ha dichiarato Liu all’agenzia spagnola EFE. “Nel XXI secolo, la vera sfida della Chiesa è in Asia e soprattutto in Cina” ha proseguito il presidente della Chiesa Patriottica che ha poi manifestato la speranza che il nuovo papa possa “seguire il cammino di San Pietro e perpetrare lo spirito di San Paolo”. In ogni caso – ha precisato – papa Francesco deve “rispettare l’autorità del governo di Pechino e della Chiesa cinese” con l’obiettivo di “migliorare il più possibile le relazioni tra la Cina e il Vaticano e adempiere così al compito santo di pregare, predicare il vangelo e creare pace e fraternità”.
Nel frattempo da Hong Kong sono arrivate anche le congratulazioni del vicario generale della diocesi cattolica dell’isola, Michael Yeung. L’auspicio è quello che possa guidare milioni di fedeli in questi tempi difficili. “Ci auguriamo che tutti i cattolici preghino per lui”. Quanto ai rapporti tra Roma e il Vaticano, Yeoung è fiducioso: la scelta dl gesuita di “chiamarsi Francesco è un chiaro segnale della volontà di tendere la mano dell’amicizia”. La diocesi di Hong Kong è attualmente l’unico posto sul suolo cinese in cui è consentito praticare liberamente la religione cattolica.
Alghero è già bella sin dalla nascita e non bastano le parole e le associazioni per renderla migliore. Ci vogliono fatti concreti perchè di parole siamo nauseati
George Bernard Shaw
“Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.
A dimostrazione di quanta importanza un paese deve avere per svolgere il proprio ruolo a livello internazionale
Cina, Li Keqiang e' il nuovo premier
Vicino a Hu Jintao, e' stato eletto dall'Assemblea del popolo
15 marzo, 06:34
(ANSA) - PECHINO, 15 MAR - Li Keqiang è stato eletto premier del governo cinese dall' Assemblea Nazionale del Popolo. Li Keqiang, 58 anni, è considerato un tecnocrate e un riformista prudente. La sua carriera politica è stata sostenuta dall' ex-presidente Hu Jintao. Avrà, fra l'altro, il ruolo di "superministro" dell' economia e quello di mantenere i contatti con gli interlocutori della Cina a livello internazionale.
Qualcosa stà cambiando in Cina e non è un caso se appare la first lady
First Lady rompe con tradizione,
accompagnerà Xi in Sudafrica
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 13 mar. - La nuova first lady cinese, Peng Liyuan,rompe con le tradizioni che vedono la moglie del capo di Stato del Dragone in posizione defilata rispetto al marito, e durante la visita in Sudafrica al fianco di Xi Jinping, il nuovo presidente cinese, pronuncerà un discorso. Si tratta di un deciso cambio di linea rispetto alla donna che l'aveva preceduta nella carica di first lady, la moglie di Hu Jintao, presidente uscente, che molto poco è comparsa di fronte alle telecamere.
La mossa di dare maggiore importanza alla propria compagnia da parte di Xi Jinping viene vista come l'ultimo dei tentativi del nuovo presidente cinese di smarcarsi dal suo predecessore e di svecchiare al contempo l'immagine della leadership. La notizia ha subito generato paragoni tra la futura first lady cinese e le altre mogli di capi di Stato. Il Financial Times, che dà la notizia, paragona la coppia Xi-Li a quella più nota, Sarkozy-Bruni, evidenziando alcuni punti in comune tra le due donne al fianco dei presidenti (o ex nel caso di Sarkozy): entrambe vengono dal mondo dello spettacolo e sono note al pubblico al di là del ruolo coperto dal marito.
Un altro termine di paragone è quello con Michelle Obama, che nei suoi viaggi all'estero a fianco del marito si sofferma spesso sull'importanza del diritto all'educazione per le donne nel mondo. Peng Liyuan è una cantante nota in Cina e la sua futura esposizione mediatica viene salutata da alcuni esperti come un gesto che potrebbe portare a maggiore trasparenza nella politica del Dragone. Ancora non si sa se la nuova first lady continuerà la sua carriera come cantante e attrice, e neppure ci sono indizi sui contenuti del discorso che terrà in Sudafrica, anche se è noto il suo impegno a favore dei malati di Aids, di cui aveva parlato anche durante un'intervista rilasciata all'emittente di Stato cinese CCTV.
© Riproduzione riservata
martedì 12 marzo 2013
Ottima decisione
Cina: basta bacchette di legno a tavola
Appello di un membro parlamento: salviamo alberi, usate posate
11 marzo, 20:54
(ANSA) - PECHINO, 11 MAR - Ogni anno in Cina vengono prodotte circa 80 mld di coppie di bacchette in legno per mangiare usa e getta. Lo riferisce un membro del parlamento cinese, Bo Guangxin, che si e' appellato alla popolazione invitandola a cambiare le proprie abitudini al fine di salvare gli alberi e ad usare quindi le posate. La quantita' di bacchette usa e getta prodotto in Cina, secondo Guangxin equivale a tagliare ogni anno 20 mln di alberi e sarebbe sufficiente a coprire 360 volte piazza Tiananmen a Pechino.
sabato 9 marzo 2013
Questa deve essere l'Italia che ci onora e non quella che certi politici per i loro malfatti ci stanno umiliando.
RAGAZZA 'DI VETRO' IN ITALIA PER OPERAZIONE
di Marzia De Giuli Milano, 7 mar. - "Ho cosi' tanti sentimenti positivi e storie di gentilezza nel mio cuore", cosi' ha detto Wei Ruihong all'agenzia Xinhua mentre riposava a letto, circondata da una piccola folla di amici, all'ospedale civile di Legnano, vicino a Milano. Alta solo 1.10 metri, Wei non puo' camminare. "Sono stata trasferita dall'aeroporto e ho trovato qui ad aspettarmi un gruppo di persone gentilissime," ha detto mentre completava l'ultima serie di controlli prima di sottoporsi alla delicata operazione che fermera' la progressione della sua rara malattia.
Wei e' nata 33 anni fa ad Handan, nella provincia dello Hebei, affetta da osteogenesi imperfetta, malattia genetica delle ossa piu' comunemente conosciuta come "malattia delle ossa fragili", che porta le ossa a rompersi molto facilmente a causa della bassa produzione di collagene.
I dottori avevano stimato che non sarebbe vissuta per piu' di 10 anni, ma Wei li ha sorpresi. Sebbene la malattia le causi molta sofferenza e l'abbia portata a fratturarsi le ossa 31 volte, Wei ha finito le scuole medie e superiori prima di cominciare a studiare da autodidatta il programma di Psicologia dell'Universita' di Pechino.
Nel 1999 ha creato la Linea Ruihong per offrire consulenza psicologica gratuita a chi aveva bisogno d'aiuto. In seguito e' stata assunta come maestra di salute mentale e si e' unita ad una associazione con base a Pechino che tutela i diritti dei circa 100.000 pazienti cinesi affetti dalla sua stessa malattia.
Wei, soprannominata la "ragazza di vetro" dalle migliaia di persone che le si sono affezionate, ha superato l'esame di stato ed ha ottenuto la certificazione (di secondo grado) di Psicologa Qualificata nel 2009. La sua vita costellata di buone azioni l'ha ricompensata quando ha deciso di sottoporsi all'operazione nell'ospedale civile di Legnano, rinomato per le tecnologie all'avanguardia nel campo e nel quale era stato operato un Cinese anche lo scorso anno.
Wei ha ricevuto 100 yuan (circa 15 eurp) da ognuno delle migliaia di netizen con la promessa di ricevere un'ora di supporto psicologico quando stara' meglio.
La catena di solidarieta' lanciata su Internet l'ha finalmente portata in Italia. "Il mondo ha baciato la mia anima con il suo dolore, chiedendo che lo restituissi sotto forma di canzoni"; cosi' ha descritto i suoi sentimenti nella sua autobiografia, "La ragazza di vetro con un cuore di cristallo", ultimata lo scorso anno.
Marco Teli, chirurgo spinale e consulente ortopedico, nonche' membro della Commissione Europea di Ortopedia e Traumatologia, ha avuto un fitto scambio di e-mail con la sua paziente cinese prima di incontrarla in quella che definisce una "straordinaria esperienza culturale". Il dottore ha detto all'agenzia Xinhua di essere onorato dalla fiducia di Wei.
L'Italia, insieme alla Francia, ha una lunga tradizione nel trattamento della osteogenesi imperfetta e ospita figure di spicco nel campo della ricerca, cura e riabilitazione dalla malattia.
Teli ha affermato che una solida cultura incentrata sulle gravi deformita' corporee ha permesso nelle due nazioni europee, dagli anni '80 in poi, l'individuazione di una gran varieta' di soluzioni anche per i casi piu' gravi.
Sono 90 i Miliardari che fanno parte del Parlamento cinese e trentuno di loro fanno parte dell'Assemblea Nazionale del Popolo
ANP, 83 SUPER RICCHI IN PARLAMENTO
di EugenioBuzzetti
Twitter@Eastofnowest
ha collaborato Lara Bruno
Pechino, 8 mar. - In questi giorni siedono nell'aula della Grande Sala del Popolo dove si tiene l'Assemblea Nazionale del Popolo. Durante il resto dell'anno preferiscono accomodarsi sulle sedie delle sale ovattate dei loro consigli d'amministrazione. Sono gli ultra-ricchi del Dragone che fanno parte del Parlamento cinese, e che nel 2013 sono aumentati del 20% rispetto allo scorso anno, raggiungendo quota 90, contro i 75 del 2012. I loro nomi compaiono nella lista dei mille uomini più ricchi del Paese pubblicata dallo Hurun Report, che comprende tutti coloro che hanno un patrimonio personale di almeno 1,8 miliardi di yuan, cifra pari a 220,5 milioni di euro.
Trentuno di loro fanno parte dell'Assemblea Nazionale del Popolo, specifica lo Hurun Report, mentre gli altri appartengono alla Conferenza Consultiva Politica, l'organo consultivo. Su base provinciale è la provincia costiera del Jiangsu a guidare la classifica, con sei paperoni presenti alle riunioni di questi giorni. Il giro d'affari dei miliardari cinesi di ANP e CPPCC raggiunge quota 637 miliardi di yuan, pari a 78 miliardi di euro. Tra questi, il più noto è Zong Qinghou, patron di Wahaha, colosso cinese delle bibite, che nella recente lista degli uomini più ricchi del mondo pubblicata nei giorni scorsi da Forbes si è aggiudicato il primo posto tra i cinesi, con un patrimonio di 11,6 miliardi di dollari, in 86esima posizione a livello mondiale. Assieme a lui, ci sono anche Pony Ma, co-fondatore del social network TenCent, con una fortuna stimata dall'agenzia Bloomberg in 7,2 miliardi di dollari, e Liu Yonghao, presidente di New Hope Liuhe, catena di pollame, con asset non inferiori al valore di 3,7 miliardi di dollari.
Tra i più maligni sorgono già i primi dubbi sulle reali intenzioni dei paperoni cinesi verso il massimo organo legislativo del Dragone: Con tutti questi soldi, perché mai dovrebbero essere interessati a politiche di carattere sociale? E come si conciliano i continui richiami di Xi Jinping alla sobrietà per evitare l'impressione di una distanza incolmabile con la maggioranza dei cittadini? Le domande potrebbero non essere oziose se comparate con un dato, il coefficiente di Gini, che misura il divario sociale all'interno di un Paese e che l'Ufficio Nazionale di Statistica ha reso pubblico nello scorso mese di gennaio. La scala di riferimento del coefficiente di Gini va da un livello 0, in cui c'è perfetta uguaglianza, o un livello 1, dove il gap tra ricchi e poveri raggiunge il livello massimo e comporta altissime probabilità di rivolte sociali. Il valore del coefficiente di Gini per la Cina è di 0,474, al di sopra della soglia di guardia fissata dall'ONU in 0,4, oltrepassata la quale il rischio di instabilità in un paese si fa più grave.
Il timore di rivolte interne - fino a diventare incontrollabili - è una delle ossessioni di Xi Jinping, che nei primi mesi da segretario generale ha cercato di ricostruire un'immagine del PCC più vicino alle istanze sociali e inflessibile con i funzionari che si macchiano di corruzione. Un'Assemblea Nazionale del Popolo con una minoranza sempre più nutrita di miliardari non sembra andare in questa direzione. Specialmente nel caso di Zong Qinghou, noto per un'intervista del 2010 in cui si era dichiarato contrario all'introduzione di una tassa patrimoniale che avrebbe portato maggiori entrate alle casse delle amministrazioni locali alle prese con il debito da 10700 miliardi di yuan registrato proprio in quell'anno a causa di operazioni che hanno finanziato l'edilizia e le infrastrutture. Per quest'anno, il fondatore di Wahaha sembra cambiare rotta: accanto a una proposta di agevolazioni fiscali per le imprese private, ha avanzato anche la proposta di un taglio delle tasse per la classe media e una per l'abbassamento del prezzo delle case popolari per renderle più accessibili alla classe media, strangolata dal surriscaldamento del settore immobiliare.
INDISCREZIONI SULLE NOMINE
La riunione dell'Assemblea Nazionale del Popolo è anche occasione di promozioni, soprattutto in questa occasione, in cui si completa il ricambio generazionale al vertice del potere. Tra gli esponenti politici candidati a un avanzamento c'è Yang Jing, alleato del prossimo primo ministro Li Keqiang. Per lui è pronta la poltrona di segretario generale del Consiglio di Stato, il governo cinese, che gli permetterebbe di lavorare a stretto contatto con il suo mentore politico. Yang, di origini mongole, ricopre attualmente la carica di capo della Commissione per gli Affari Etnici ed è membro del potente Segretariato del Comitato Centrale del partito. L'indiscrezione sulla sua nomina è arrivata dal presidente della Conferenza Consultiva Politica del Popolo della Mongolia Interna, Ren Yaping, che dà per certo il suo avanzamento la prossima settimana. Il nuovo Consiglio di Stato cinese verrà reso noto il 16 marzo prossimo al termine dei lavori dell'Assemblea Nazionale del Popolo.
Altra promozione in vista anche per Guo Shuqing, che dal 2011 è presidente della China Securities Regulatory Commission, l'authority che regola i listini del Dragone. Per lui è prevista la poltrona di capo del China Investment Corporation (CIC) il fondo sovrano cinese, al posto di Lou Jiwei. Entrambi i nomi, quello di Guo e quello di Lou, erano circolati nelle scorse settimane come probabili sostituti di Zhou Xiaochuan alla guida della Banca Centrale cinese, prima che alcune indiscrezioni degli ambienti dell'alta finanza escludessero questa possibilità. La promozione di Guo Shuqing alla guida del CIC va parzialmente contro le previsioni delle ultime settimane formulate dal Financial Times, secondo il quale Guo sarebbe rimasto al suo posto per il lavoro molto apprezzato di modernizzazione del mercato obbligazionario cinese. A guidare il ministero del Commercio dopo Chen Deming, invece, dovrebbe essere, secondo fonti interpellate dalla Reuters, Gao Hucheng che attualmente ricopre la carica di vice ministro con delega per il commercio estero.
venerdì 8 marzo 2013
Se Dio vuole anche noi avremo con Pechino uno scambio diretto in Yuan ma dopo lus focs de Sant Joan .
IN CRESCITA INVESTIMENTI IN YUAN
di Eugenio Buzzetti
Twitter@eastofnwest
Pechino, 7 mar. - Gli investimenti in yuan hanno registrato un boom nello scorso mese di gennaio, secondo i dati pubblicati dalla Banca centrale nella giornata di martedì scorso. La cifra record è di 684 miliardi di scambi sul mercato forex, la più alta mai registrata in un solo mese. Il picco della domanda di asset in renminbi coincide con il completamento nel passaggio di consegne al vertice, che si compirà ufficialmente tra pochi giorni, al termine delle sessioni del parlamento cinese, e con la ripresa economica del Dragone, che da alcuni mesi vede i principali indicatori economici in rialzo e che secondo gli analisti dovrebbe durare fino almeno a metà 2013. Due fattori che hanno fatto riacquistare fiducia agli investitori nell'economia cinese.
Eppure all'orizzonte si scorgono già i primi segnali di una possibile inversione di tendenza. A febbraio l'indice Composite di Shanghai, il maggiore mercato azionario del Dragone ha subito una brusca frenata, accompagnata da un altrettanto brusco calo del settore manifatturiero calcolato da HSBC, di poco sopra quota 50, dopo l'exploit del 52,3 a gennaio scorso. Il governo ha poi varato nuove misure per raffreddare il settore immobiliare, ampiamente surriscaldato. Nel suo discorso di apertura dei lavori dell'Assemblea Nazionale del Popolo, l'ultimo da primo ministro, Wen Jiabao ha decretato in un +7,5% la crescita cinese nel 2013, in linea con le stime del 2012, poi di poco superate con un dato finale di 7,8%, aggiungendo che sarà comunque difficile raggiungere questo obiettivo entro fine anno, nonostante i segnali di ripresa dell'economia dopo sette trimestri di forte rallentamento tra 2011 e 2012.
Ma il record di gennaio di investimenti in yuan non è solo un picco dovuto alle contingenze del momento. Negli ultimi tre mesi del 2012, gli scambi denominati nella valuta cinese hanno sfiorato i 900 miliardi di yuan, pari a 111,1 miliardi di euro, una cifra che rappresenta il 14% degli scambi commerciali cinesi: solo a metà del 2009, la percentuale di discanti denominati in yuan era pari a zero. L'ultimo dato trimestrale si presenta in controtendenza rispetto all'andamento del 2012, che secondo i dati della State Administration of Foreign Exchange cinese, una branchia della Banca Centrale del Dragone, ha visto per la prima volta dal 1998 deficit nel capital account di 117 miliardi di dollari. Il processo di internazionalizzazione dello yuan sembra dunque inarrestabile, e destinato, secondo quanto scrive l'Economist, a cambiare il modo di fare business a livello mondiale. La valuta cinese è accettata e scambiata non solo a Hong Kong, ma anche a Singapore e a Londra, che detiene oltre 14 miliardi di yuan nelle sue banche. Anche le banche di Taiwan, dal mese scorso, ha iniziato a emettere conti correnti denominati in yuan.
Non è ancora il momento, avvertono gli economisti, di considerare il renminbi un rivale del dollaro sui circuiti internazionali, ma il processo sembra ormai iniziato, e confermato anche dalle recenti notizie: l'area economica speciale di Qianhai, vicino ad Hong Kong, che rappresenta un esperimento chiave nel processo di internazionalizzazione dello yuan, sarebbe vicina a dirsi completata. L'internazionalizzazione della valuta cinese un processo di breve durata: nelle transazioni finanziarie internazionali, secondo i dati Swift, lo yuan è solo al quattordicesimo posto, dietro il rublo russo e anche dietro il baht thailandese. Il dollaro conta ancora per il 60% delle riserve di valuta a livello mondiale, e prima dello yuan vengono euro, yen e sterlina. La strada, insomma, è ancora lunga, soprattuto perché il governo cinese tiene ancora salde le redini sul settore bancario e può permettersi di manipolare il tasso di cambio e i tassi di interesse. In molti si aspettano da Pechino quelle liberalizzazioni del settore finanziario che il governo prevede di attuare da tempo, ma in attesa di nuove misure, lo yuan sta già cambiando il commercio internazionale.
Sempre più importatori ed esportatori cinesi preferiscono trattare direttamente in yuan i loro scambi, nota l'Economist, anziché usare il dollaro: per risparmiare sul tasso di cambio i primi, e per evitare i controlli delle autorità che regolano il mercato forex, i secondi. Usare lo yuan comporta anche altri vantaggi: nei bilanci, le voci di spesa e i rincari delle merci sono più trasparenti, e i fornitori non aggiungono un extra nel caso lo yuan si dovesse apprezzare. Le previsioni vedono i più ottimisti ritenere che la Cina registrerà un piccolo surplus di capitali in ingresso nel Paese entro la fine dell'anno, e grazie al tanto atteso ricambio al vertice, il Paese non dovrebbe soffrire di forti quantità di capitali in uscita, come è successo lo scorso anno per timore di instabilità politica del Dragone.
Cina dall'Interscambio 2012 con l'Europa sono 50 Miliardi in più rispetto agli USA
Ue primo partner commerciale.
E l'export cresce a febbraio
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 8 mar. - L'Unione Europea rimane il primo partner commerciale della Cina nel 2012. Lo ha dichiarato il ministro del Commercio di Pechino, Chen Deming, a margine dell'Assemblea Nazionale del Popolo, il massimo organo legislativo cinese, che si riunisce in questi giorni. Gli scambi tra Cina e Ue, ha affermato Chen Deming, hanno registrato comunque una diminuzione su base annua dei volumi pari al 3,7%: l'interscambio Cina-Ue è stato nel 2012 di 417 miliardi di euro, mentre quello tra Cina e Usa si è fermato a quota 370,2 miliardi di euro.
La riconferma dell'Unione Europea come primo partner commerciale di Pechino arriva dopo che a novembre scorso l'Amministrazione delle Dogane cinesi aveva registrato il sorpasso degli Usa sulla Ue come primo partner commerciale del Dragone nel periodo gennaio-ottobre 2012. Tra Cina e Unione Europea pesano alcune frizioni in ambito commerciale, come quella sui pannelli solari cinesi che dallo scorso primo marzo devono essere tracciati e registrati prima di essere immessi sul mercato dei 27 Paesi membri. La misura è stata approvata questa settimana dalla Commissione Europea dopo un'indagine in funzione anti-dumping nei confronti dei produttori cinesi, accusati da un consorzio dell'Unione di ricevere sussidi impropri dal governo cinese, che avrebbe permesso agli esportatori di vendere sottocosto sul mercato europeo i moduli prodotti in Cina. La disputa tra i due blocchi è stata definita "gestibile" da Chen Deming, che ha invitato entrambe le parti a "guardare alla questione adeguatamente per evitare maggiori perdite" in futuro.
Export sorprendentemente forte a febbraio
Intanto, le esportazioni crescono in modo sorprendentemente forte a febbraio in Cina e rafforzano le speranze di una accelerazione della crescita. L’export a febbraio ha infatti registrato un aumento del 21,8% su base annua, a 139,4 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono scese del 15,2% a 124,1 miliardi di dollari, secondo gli ultimi dati dell'Amministrazione delle Dogane, al livello più basso degli ultimi tredici mesi. Il surplus commerciale registrato dal Dragone a febbraio è stato di 15,3 miliardi di dollari, in calo rispetto al dato di gennaio scorso, a quota 29,2 miliardi. Le esportazioni con gli Usa hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi dodici mesi, mentre quelle dirette all'eurozona hanno toccato il picco degli ultimi 18 mesi. Il dato aggregato delle esportazioni dei primi due mesi del 2013 mostra una crescita del 23,6% su base annua, mentre le importazioni hanno registrato una più modesta crescita del 5%. Le previsioni per i primi sessanta giorni dell'anno stimavano un aumento delle esportazioni pari al 17,6% e delle importazioni del 10%.
I dati, che confermano la tenuta della ripresa cinese secondo i primi commenti, vanno oltre le previsioni degli analisti che per il mese scorso davano le esportazioni in calo, a causa delle festività per il capodanno lunare, caduto quest'anno il 10 febbraio. Alcuni hanno anche avanzato il sospetto che gli esportatori possano avere gonfiato il loro giro d'affari per introdurre di nascosto capitali nel Paese ed evitare una stretta da parte delle autorità, tesi sostenuta dai dati che lo scorso gennaio segnavano un boom degli scambi in valuta cinese sul mercato forex, per un totale di 684 miliardi di yuan. Il ministro del Commercio, Chen Deming si è poi detto "ottimista" sulla possibilità che "la crescita degli scambi commerciali possa superare il 6,2% dello scorso anno", anche se non ha voluto fare una previsione più accurata. Nella giornata di domani è prevista la pubblicazione dei dati completi dell'economia del Dragone. Secondo gli esperti, la produzione industriale dei primi due mesi dell'anno in corso dovrebbe mostrare una crescita del 10,5% su base annua, in lieve aumento rispetto al 10,3% di dicembre scorso. In linea con i dati dello scorso anno, dovrebbe essere il dato sulle vendite al dettaglio, che secondo gli analisti dovrebbe registrare una crescita su base annua del 15% per i mesi di gennaio e febbraio. Previsto, invece, un aumento del dato dell'inflazione a febbraio, con il Consumer Price Index al 3% rispetto al 2% di gennaio scorso, a causa di aumenti nei prezzi dei generi alimentari in concomitanza con le festività del capodanno lunare.
mercoledì 6 marzo 2013
Cina: impennata divorzi per evitare tassa su plusvalenze immobiliari
Il Sole 24 ORE - Radiocor 06/03/2013 - 15:16
Breaking News 24
NOTIZIARIO ASIA
Cina: impennata divorzi per evitare tassa su plusvalenze immobiliari
Radiocor - Milano, 06 mar - Impennata divorzi nella Repubblica Popolare: nell'ultima settimana e' stato registrato un brusco rialzo del numero delle separazioni, ma per fini fiscali visto che numerose coppie hanno realizzato che separandosi momentaneamente evitano di pagare una tassa sulle plusvalenze immobiliari. Il governo centrale venerdi' scorso ha introdotto una norma che prevede una tassa del 20% sulle plusvalenze sulla vendita di case di proprieta'. La norma, che e' finalizzata a contenere il rialzo dei prezzi degli immobili, presuppone pero' che se una coppia si separa puo' vendere una delle due quote degli immobili senza pagare l'imposta.
Giovani non possono mancare" Le difficili alchimie di tempi e politica tra Pechino e Vaticano"
La «politica estera» vaticana. La messa di inaugurazione per il nuovo Pontefice primo test per le relazioni bilaterali
La sfida dei rapporti con la nuova Cina
DIPLOMAZIA PLANETARIA
Il Sole-24 Ore - 2013-03-05 - Pag. 14
Pechino fra la tentazione di mantenere le distanze e la consapevolezza dell'importanza della Chiesa per la sua integrazione
Francesco Sisci
Per la prima volta nella loro rispettiva storia millenaria il paese più popoloso, la Cina, e la religione più popolare, il cattolicesimo, sceglieranno i loro leader a pochi giorni se non a poche ore l'uno dall'altro. Il 14 marzo la chiusura della conferenza plenaria del parlamento cinese, il Congresso nazionale del popolo, annuncerà il nuovo governo, dal presidente Xi Jinping al premier Li Keqiang passando poi per la lista di tutti i ministri, che dovrebbe avviare il paese verso la democrazia e a diventare la prima economia del mondo. Negli stessi giorni, se non nelle stesse ore, si terrà il conclave che dovrà scegliere il nuovo Papa.
Affrontare la vecchia agenda, superare le divisioni interne e consolidarsi nelle aree di penetrazione tradizionale, Europa, America e Africa; e aprire la nuova agenda, entrare seriamente in Asia, patria del 60% della popolazione globale, ma con appena il 4-5% di cattolici. Qui la Cina è la sfida più importante, paese leader della regione e forse presto (in termini di Santa sede) anche uno dei paesi leader del mondo, con però appena meno del l'1% di cattolici.
Per entrambi il primissimo test delle relazioni bilaterali sarà la messa di inaugurazione del nuovo Papa a Roma. Arriverà o meno una delegazione cinese per l'occasione in cui leader politici e religiosi di tutto il mondo faranno a gara per essere presenti? L'assenza o meno di una delegazione di Pechino sarà la notizia più importante dopo la scelta del nuovo papa. Qui però c'è un enorme punto interrogativo. La vicinanza delle “elezioni” cinesi alle elezioni papali costituiscono una oggettiva difficoltà per la partecipazione della repubblica popolare. Quando mor' Wojtyla ci furono trattative molto attente condotte con gran riservatezza tra la segreteria di stato e il ministero degli esteri cinese. Il punto era la partecipazione di una delegazione cinese ai funerali del papa e la presenza alla cerimonia del presidente di Taiwan, Chen Shuibian. Chen allora era portavoce di una forza che voleva la dichiarazione di indipendenza formale e unilaterale per l'isola, ufficialmente parte di una sola Cina, di fatto indipendente. La preoccupazione cinese allora era limitare che ci fossero troppi riflettori internazionali su Chen, cosa che avrebbe aiutato la sua causa indipendentista. La Santa Sede tese una mano sperando che un atteggiamento conciliante su Chen avrebbe portato a una accelerazione delle pratiche di normalizzazione dei rapporti. Ciò non avvenne, né avvenne l'auspicato arrivo di una delegazione cinese ai funerali, anche se un gruppo del ministero degli esteri porse omaggio alla salma del papa defunto.
Pure nella confusione di quei giorni, allora c'erano elementi molto solidi su cui operare. Il Papa era morto, ma l'apparato era saldamente nelle mani del cardinale Sodano, uomo di grande esperienza ed enorme polso, che poteva decidere in un senso o in un altro. Inoltre l'atmosfera internazionale era focalizzata intorno alla guerra in Iraq o in Afghanistan, la questione Cina era lontana dagli schermi radar dei più. Le due condizioni portavano oggettivamente a spingere per un atteggiamento propositivo della Santa Sede verso Pechino.
Oggi entrambi gli elementi mancano. Il mondo, America in testa ma non solo, è preoccupato per lo sviluppo cinese. Inoltre stavolta la cerimonia importante non è il funerale ma l'insediamento, su cui deciderà non Bertone ma il nuovo Papa, che non si conosce e tanto meno si sa quello che intende fare. Ma soprattutto a Pechino c'è una preoccupazione diversa. Allora si trattava di impedire un alto profilo per Chen. Oggi però a Taiwan è presidente Ma Ying-jiu, con cui Pechino ha buoni rapporti, con cui si sono avviati primi colloqui informali. Cioè Pechino si è impegnata a non strappare occasioni politiche internazionali a Taiwan. Il Vaticano è la più importante relazione diplomatica di Taiwan e uno smacco di Ma all'insediamento del Papa potrebbe indebolirlo.
Quindi ancora una volta il problema Vaticano-Cina va letto attraverso il diverso peso che la questione ha nelle due cancellerie. È importantissima a Roma, è vaga a Pechino, dove va riconciliata con la questione di Taiwan e la quieta presenza del modesto 1% di cattolici. In un clima internazionale sempre più teso intorno alla Cina, potrebbe essere molto pesante l'assenza per scelta di Pechino in un momento in cui tutti i potenti del mondo sono riuniti. Ma una presenza cinese potrebbe passare probabilmente per qualche forma di accordo con Taiwan. Questo gioco a incastri arriva poi a ridosso di uno dei momenti più delicati del paese, quando Pechino sta chiudendo le primissime fasi del nuovo governo guidato da Xi. La Cina ha quindi pochissimo tempo e ancora meno energie per pensare a Roma, dove invece Pechino è in cima ai pensieri.Questo ultimo elemento potrebbe essere alla fine grave per la Cina. Con oltre 1,3 miliardi di fedeli, “diretti” e influenza su mezzo miliardo di cristiani e un impatto su un miliardo e passa di musulmani, il cattolicesimo è la superpotenza dello spirito, come gli Usa sono la superpotenza politica ed economica. Solo che a differenza degli Usa la Chiesa, pur in crisi, non da segni di declino sostanziali, anzi. La Cina, conscia che i comunisti presero il potere di fatto solo in forza del loro fascino intellettuale e spirituali, e allarmata dell'impatto globale del soft power, non può trascurare il nuovo Papa. Una Chiesa attentissima alla Cina di fronte a una Cina distratta sulla Chiesa, potrebbe creare una miscela rischiosa per Pechino. Oggi la Cina deve essere più integrata nel mondo, dove la Chiesa è parte importante. Senza l'aiuto della Chiesa questa integrazione potrebbe essere più difficile, in un'atmosfera in cui tutti sono sempre più allarmati per la crescita rapida e nervosa del nuovo gigante globale.
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Chiesa-Cina, lo scacchiere diplomatico
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Coincidenza di portata storica
La Cina, paese più popoloso del pianeta, e il cattolicesimo, religione più popolare, si ritrovano a scegliere i rispettivi leader nello spazio di pochi giorni l'uno dall'altro. Il 14 marzo è fissata la chiusura della conferenza plenaria del parlamento cinese, il Congresso nazionale del popolo, annuncerà il nuovo governo, dal presidente Xi Jinping al premier Li Keqiang. Negli stessi giorni, forse nelle stesse ore, si terrà il Conclave per scegliere il successore di Benedetto XVI
2
Test per le relazioni bilaterali
Il primissimo test per la verifica delle relazioni bilaterali sarà rappresentato dalla messa di inaugurazione del nuovo pontificato a Roma. Non è chiaro se arriverà o meno una delegazione cinese, per essere presente a uno degli appuntamenti nei quali si registra la massima concentrazione di leader politici e religiosi provenienti da tutto il mondo. La decisione che verrà dalla Cina sarà la notizia più importante dopo la scelta del nuovo titolare sulla cattedra di Pietro
3
La questione Taiwan
Già in occasione dei funerali di Papa Giovanni Paolo II si tentò un contatto tra Chiesa e Cina, soprattutto per la possibile presenza di una delegazione di Pechino alla cerimonia. Ma la presenza alle esequie dell'allora presidente di Taiwan, Chen Shuibian, che chiedeva la dichiarazione di indipendenza formale e unilaterale per l'isola, rese molto difficile la partecipazione della delegazione cinese che, infatti, non si verificò
4
Integrazione, interesse coincidente
La necessità di un'integrazione tra la Chiesa e la Cina e i mutati scenari politici, compreso quello di Taiwan (con cui Pechino oggi ha buoni rapporti) potrebbero far convergere le due superpotenze, l'una spirituale, l'altra economica, su un fronte comune di reciproco riconoscimento. Saranno i prossimi giorni a offrire il segnale esplicito sulla possibilità di un avvicinamento più o meno concreto
Giovani bisogna leggere e sentire l'altra campana per fare la differenza
CHEN GUANGCHENG : NON CREDO A PAROLE DI XI JINPING
Roma, 4 mar.- Legge, diritto, leadership e futuro. E' un Chen Guangcheng a tutto tondo quello che si concede ai microfoni del Global Viewpoint Network. E parla della Cina da New York dove sta studiando. L'avvocato cieco che si batte per i diritti civili proveniente della Cina rurale, era infatti scappato dagli arresti domiciliari ad aprile dello scorso anno e fuggito all’ambasciata americana di Pechino. Un’impasse che si sbloccò quando l’allora segretario di stato, Hillary Rodham Clinton, negoziò il suo temporaneo soggiorno in America per studiare legge all’università di New York.
Per il trentesimo anniversario della costituzione cinese lo scorso 7 dicembre, il nuovo leader Xi Jinping ha dichiarato: “Dobbiamo far sì che le masse abbiano piena fiducia nella legge … nessun individuo né organizzazione hanno il privilegio di oltrepassare la costituzione e le leggi, e ogni violazione di queste dovrà essere sottoposta a indagine. Abbiamo il dovere di stabilire un meccanismo di controllo e di potere ristretto. Il potere deve essere gestito responsabilmente e supervisionato”
Lei crede che la nuova leadership cinese si stia muovendo verso una campagna sul reale “ ruolo della legge” come conseguenza degli avvenimenti di Bo Xilai e dei recenti scandali di corruzione?
Ritengo che l’idea che Xi Jingping cambierà, come conseguenza dello scandalo Bo Xilai, è completamente infondata. La cosa veramente importante è guardare alle sue azioni. Abbiamo sentito buone parole a sufficienza, la chiave ora sarà guardare cosa fa. Se ci saranno azioni reali allora potremmo credere alle parole.
Cosa dovrebbe succedere specificatamente affinché lei creda che questo sforzo della nuova leadership sia reale e rappresenti un segno di progresso?
Per esempio, dovrebbero eliminare le barriere politiche che non permettono la formazione di altre correnti e che non consentono la libertà di stampa. Dovrebbero separare il potere del partito da quello del governo, che ora domina su tutti i livelli dell’amministrazione, dalle autorità centrali a quelle locali. Rendere la magistratura indipendente. Lasciare che il partito si occupi dei suoi compiti e che il governo si preoccupi delle sue mansioni in accordo con la legge. Se riescono a fare ciò, allora possiamo credergli.
Perciò, finora non hanno introdotto nessuna nuova misura che possa sottolineare un percorso verso il cambiamento?
No. Se tireranno fuori una linea del tempo, allora pot. Sfortunatamente, al momento, sotto l’attuale sistema, il partito comunista è seduto sfacciatamente sopra la costituzione e sulla legge, non dimostrando nessuno sforzo per riformarla.
Può esistere una rule of law sotto un sistema a partito unico? O secondo lei è possibile solo in un sistema elettorale multipartitico?
La legge è uno strumento, e le persone dovrebbero essere trattate con equità. Per far questo è sicuramente necessario un sistema supervisore, che dovrebbe avere il potere di controbilanciare il meccanismo del partito che controlla la magistratura, e che dovrebbe oltretutto avere anche la possibilità di pretendere dei miglioramenti. Questo è ciò che serve per un sistema multipartitico e pluralista. Altrimenti non importa quanto forti possano essere le tue leggi, perché non conterà nella pratica.
La posizione del partito è preordinata nella costituzione. Questo significa che la costituzione debba cambiare ai suoi occhi per permettere al sistema legale di divenire reale?
Secondo me, le leggi che ci sono in questa costituzione sono fondamentalmente corrette. Ad ogni modo in Cina abbiamo leggi ed un codice legale ma non possediamo la regola della legge, e nemmeno un corpo di supervisione che garantisca la attuazione della legge. Ora, quando il partito comunista viola la legge, si proibirà da solo di continuare a farlo? Il problema è che nella realtà il partito comunista cinese è sopra la costituzione e sopra le leggi.
La costituzione contiene cose che dovrebbero essere cambiate, come lo stesso preambolo, che dona al PCC il potere assoluto e l’autorità sopra ogni cosa. Questo è parte del cosiddetto principio base del pensiero: mantenere la leadership del partito, mantenere il pensiero Marxista-Leninista e Maoista; mantenere la dittatura del proletariato. È assurdo! Guardando al proletariato di oggi : quale alto quadro del partito comunista non è un completo consumista. Come possono loro essere il proletariato? È assurdo! Nessuno crede in questo.
In ogni caso, che il Partito comunista voglia o no cambiare questo è fuori tema, perché il processo è inevitabile. Favorevole o no, e qualunque sia la forma che il cambiamento assumerà, l’equilibrio di potere tra la burocrazia ed il popolo sta mutando.
Il Partito sceglie il presidente ed il capo del pubblico ministero . Per dare un segnale di indipendenza giudiziaria, lo studioso di legge He Weifang, dell’Università di Pechino sottolinea che questa scelta dovrebbe essere operata attraverso un processo di nomina che richieda l’approvazione del Congresso Nazionale del Popolo. Cosa pensa di questa proposta?
Perché solamente il presidente ed il capo del pubblico ministero? Un sistema democratico dipende da molto più che un pubblico ministero. L’elezione diretta dovrebbe essere lo strumento con cui individuare tutti i livelli degli ufficiali amministrativi. Questo è ciò che molte persone intendono per “riforma”. Ma quello di cui ora ha bisogno la Cina è una trasformazione.
Giovani leggete quanto è emerso dall 'Assemblea nazionale del Popolo
ANP: CRESCITA NEL 2013 AL 7,5%, FOCUS SU OCCUPAZIONE
di Eugenio Buzzetti
Twitter@Eastofnowest
Pechino, 5 mar. - Non si può crescere per sempre. E' arrivato il momento di pensare a uno sviluppo diverso. E' questo, in sintesi, il messaggio tra le righe di Wen Jiabao ai tremila delegati presenti all'apertura dei lavori del Congresso nazionale del Popolo, questa mattina. La grande cerimonia di apertura che sancisce anche il completamento del processo di transizione tra la quarta e la quinta generazione di leader ha sancito la fine del processo di crescita a tutti i costi che sembrava essere un mantra per Pechino. Il discorso di quasi due ore di Wen Jiabao ha stabilito i nuovi obiettivi per il Paese nel corso del 2013 e tracciato le linee guida per il futuro, condivise dalla nuova classe dirigente e già preannunciate negli scorsi mesi. La previsione di crescita per il 2013 sarà del 7,5%, in linea con la stima dello scorso anno (il Pil nel 2012 è stato del 7,8%), mentre l'inflazione dovrà essere contenuta al 3,5%, in diminuzione rispetto alle stime del 2012, che la davano al 4% per il 2012, e al di sopra del dato finale, a quota 2,6%. Il deficit, infine, non dovrebbe poi superare il 2% del Pil, a quota 1200 miliardi di yuan, equivalente a circa 147,6 miliardi di euro, 400 miliardi di yuan in più della previsione dello scorso anno quando si era fermato a 850 miliardi di yuan, cifra pari all'1,6% del Pil.
LO SVILUPPO CORRE SU STRADA (FERRATA)
Il governo punta poi a rendere operativi 5200 chilometri di nuove linee ferroviarie, secondo quanto si afferma in un documento della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, il potentissimo organo di pianificazione economica cinese, che sono il frutto dei fondi destinati alle infrastrutture provenienti dal pacchetto di stimoli da mille miliardi di yuan dello scorso anno. Il Ministero delle Finanze ha poi aumentato la quota di bond che le amministrazioni locali potranno emettere: la soglia per il 2013 è fissata in 350 miliardi di yuan, pari a poco più di 43 miliardi di euro. Lo scorso anno era di 250 miliardi di yuan. Le amministrazioni locali cinesi hanno un debito di 10700 miliardi di yuan, secondo quanto fissato nel 2011, e recentemente il default di alcune amministrazioni sarebbe stato evitato solo grazie a una proroga nella restituzione dei prestiti che dovevano maturare a fine 2012, una cifra, secondo i calcoli del Financial Times pari a 355,5 miliardi di euro (tremila miliardi di yuan). "Troverremo l'equilibrio -ha affermato Wen- tra la crescita economica, la stabilizzazione dei prezzi e le prevenzione di rischi finanziari".
9 MILIONI DI POSTI DI LAVORO NEL 2013
La crescita a tutti i costi, insomma, non è più possibile, come già affermato alcuni mesi fa da Li Keqiang, che assumerà il ruolo di primo ministro cinese al termine dei lavori del Congresso. Il progetto del governo è quello di un'estensione del benessere pur mantenendo un tasso di crescita più basso del passato. Entro fine anno, il governo cinese punta a contenere la disoccupazione urbana al di sotto del 4,6%, con l'obiettivo di creare nove milioni di posti di lavoro nel 2013. "Dobbiamo fare del benessere della popolazione sia il punto di partenza che di arrivo del lavoro del governo -ha dichiarato il primo ministro uscente nel discorso di apertura dei lavori del Congresso Nazionale del Popolo- dare a questo obiettivo priorità assoluta, e rafforzare lo sviluppo sociale". Di fronte ai tremila delegati presenti alla Great Hall of People, Wen ha espresso le proprie preoccupazioni sulle condizioni di vita di una fetta della popolazione ancora estranea ai benefici del progresso degli ultimi trenta anni. Il modello di sviluppo che la Cina dovrà seguire dovrà essere fondato su priorità diverse rispetto al passato: al centro dell'attenzione ci sono la riduzione degli sprechi, il miglioramento del settore dei servizi che fungerà da volano all'occupazione, e altri programmi sociali, tra cui la possibilità di acquistare case a prezzo calmierato per quella classe media che negli ultimi anni ha visto erodersi progressivamente le possibilità di diventare proprietaria di immobili, a causa del surriscaldamento dei prezzi. Il budget di spesa crescerà del 10% rispetto al dato dello scorso anno, a 13800 miliardi di yuan, circa 1700 miliardi di euro. Tra le altre misure, entro fine anno è previsto un aumento del 10% delle pensioni minime per chi ha lavorato per imprese private e un aumento nelle spese per l'assistenza sociale ancora non quantificato a favore dei gruppi più a rischio di povertà.
EMERGENZA AMBIENTE
Ma il discorso di Wen si sofferma anche su dati non visibili nel Pil, come le condizioni ambientali, con l'inquinamento che ha sconvolto l'aria, la terra e i corsi d'acqua del Dragone, e reso la vita più difficile per i suoi cittadini. "Per rispondere alle aspettative della gente di vivere in un buon ambiente -afferma ancora Wen- dobbiamo concentrarci sul miglioramento ecologico e sulla protezione ambientale, fattori che influiscono sul livello di benessere e sul futuro della nostra nazione". A gennaio scorso, l'inquinamento atmosferico in molte aree della Cina centrale e nord-orientale, tra cui la capitale, aveva raggiunto i livelli più alti di concentrazione di polveri sottili da quando sono attive le misurazioni. Per settimane, il cielo sopra Pechino si era presentato ammantato di una corte di nebbia e miasmi che aveva prodotto danni alla salute dei più deboli. L'inquinamento delle falde acquifere e del suolo è stato testimoniato da alcuni dati del Wwf del dicembre scorso, secondo i quali, la Cina avrebbe un consumo pari a circa due volte e mezzo la propria biocapacità -cioè l'abilità di rigenerare risorse naturali e assorbire le emissioni di carbonio- in ben 25 delle sue province, lasciando escluse solo le aree interne, più arretrate. Alcuni dati spiegano più di mille parole il fenomeno: dal 1980 al 2006, i delfini sullo Yangtze sarebbero diminuiti del 99,4%, mentre i coccodrilli dal 1955 al 2010 sarebbero scesi del 97%, a causa delle massicce deforestazioni e della cementificazione selvaggia.
LOTTA ALLA CORRUZIONE E "GOVERNO PULITO"
L'ultimo messaggio riguarda, invece, la lotta alla corruzione, abbracciata da Xi Jinping sin dai primi giorni come segretario generale del partito. "Dobbiamo -conclude Wen- combattere la corruzione con risolutezza, rafforzare l'integrità della politica e stabilire istituzioni che pongano fine a un'eccessiva concentrazione di poteri, per assicurare che i funzionari siano onesti, che il governo sia pulito e che gli affari pubblici siano trattati con integrità". Più facile a dirsi che a farsi, questo ultimo passaggio. Il nuovo governo cinese dovrebbe vedere una diminuzione dei ministeri da 28 a 18, ma una crescita di "super-ministeri", e anche le authority bancarie potrebbero essere ridotte a un unico ente che abbia in carico il regolare svolgimento delle operazioni di banche e assicurazioni. Lotta alla corruzione, protezione ambientale, e sicurezza alimentare sembrano i temi tra cui si concentrerà il Congresso Nazionale del Popolo: tutte riforme che piacciono alla classe media e che potrebbero fare slittare altre riforme più urgenti, come quella dell'hukou, il sistema di registrazione familiare, che migliorerebbe le condizioni di vita dei lavoratori migranti spesso esclusi dalle statistiche ufficiali. Al termine dei lavori dell'Assemblea, si conosceranno i nomi dei dieci nuovi ministri che comporranno il Consiglio di Stato, l'organo di governo cinese. Le previsioni sulle possibili direzioni che il nuovo esecutivo possa prendere sono, intanto, già partite, equamente divise tra le teorie dei più possibilisti e quelle degli scettici. C'è chi ritiene che Xi Jinping dovrà consolidare ancora il proprio potere al vertice, e chi vede nella maggioranza di membri del Comitato Permanente uomini vicini a Jiang Zemin, un fattore che potrebbe aiutare il nuovo presidente cinese a partire già con riforme coraggiose, ora che i primi cento giorni di governo si sono esauriti e i nuovi leader dovranno fare sul serio per guadagnare (o riguadagnare) la fiducia dei cittadini.
I SUCCESSI DELL’ERA HU-WEN
Il governo ha poi ricordato anche i progressi raggiunti negli ultimi cinque anni. Al momento del definitivo passaggio di consegne tra la quarta e la quinta generazione di leader, la classe politica uscente ha voluto dedicare uno spazio anche agli obiettivi che il Paese ha raggiunto nella seconda fase dell'era Hu-Wen. La progressione del Pil è passata da 26600 miliardi di yuan a 51900 lo scorso anno, portando la Cina a diventare la seconda economia del pianeta, mentre il reddito pro-capite nelle aree urbane è salito dell'8,8%, e quello dei residenti nelle aree rurali del 9,9%. Il governo ha speso per l'educazione circa 7800 miliardi di yuan, a un tasso di crescita del 21,58% all'anno fino a raggiungere un totale del 4% del Pil nel 2012. Il sistema assicurativo per il pensionamento ha coperto sia i cittadini delle aree urbane che di quelli delle aree rurali, con un totale di 790 milioni di persone che si avvantaggiano di diversi piani assicurativi. Il sistema sanitario, poi, secondo i dati del governo, copre l'intera popolazione, che oggi ha un'aspettativa di vita di 75 anni. Il consumo di energia elettrica è infine diminuito del 17,2% per unità di Pil e le emissioni di diossido di zolfo sono diminuite del 17,5%.
Dal Congresso nazionale del Popolo, questa mattina.
PECHINO - Nel suo ultimo rapporto all' Assemblea Nazionale del Popolo (Npc nella sigla inglese) il premier cinese uscente Wen Jiabao ha indicato oggi che nel 2013 il tasso di crescita 'ideale' dell' economia è del 7,5%, e ha annunciato un aumento delle spese militari del 10,7 per cento. Wen, 71 anni, lascerà la sua carica al termine di questa sessione dell' Npc. Il premier ha ricordato che l' economia cinese "é sotto pressione per la crescita del costo della terra e del lavoro", che la situazione internazionale è tutt'altro che rosea e che raggiungere l' obiettivo del 7,5% sarà "difficile". Sul piano delle riforme ha sottolineato la necessità di "accelerare" quella del sistema dei permessi di residenza, o "hukoù.
Si tratta di un problema chiave della crescita cinese, dato che milioni di immigrati dalle campagne nelle città hanno ancora un "hukou" che li indica come residenti di una zona rurale, cosa che impedisce loro di usufruire dei servizi sociali dei centri urbani. Wen ha inoltre affrontato il problema dell'ambiente, emerso con drammaticità dall'inizio dell'anno, sottolineando che l'inquinamento di "aria, acqua e suolo" costituisce un "colpo" agli "interessi vitali del popolo". L'Npc nominerà Xi Jinping (60 anni) presidente della Repubblica e Li Keqiang (58) primo ministro, completando il processo di successione ai vertici. In novembre, Xi Jinping ha assunto le cariche di segretario del Partito Comunista e presidente della potente Commissione militare centrale. Sia Xi che Li Keqiang sono membri del Comitato Permanente dell' Ufficio Politico comunista, il ristretto gruppo di sette persone considerato il vero governo della Cina.
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martedì 5 marzo 2013
E noi l'energia la stiamo per perdere vedi E-On Porto Torres
Cina sorpassa Usa
come importatore di petrolio
di Eugenio Buzzetti
Twitter@eastofnowest
Pechino, 5 mar. - Il sorpasso tanto annunciato è avvenuto. La Cina ha superato gli Stati Uniti nella classifica dei Paesi importatori netti di petrolio. Incrociando i dati della US Energy Information Administration con quelli delle dogane cinesi, a dicembre scorso gli Usa avevano importato 5,98 milioni di barili al giorno -il dato più basso da febbraio 1992- mentre il Dragone era salito a quota 6,12 milioni di barili al giorno. Si tratta di stime provvisorie, che però mostrano un andamento già annunciato dall'Agenzia Internazionale per l'Energia, ente di controllo a livello globale del mercato petrolifero. Il gigante asiatico secondo le ultime stime importerà il 60% del proprio fabbisogno energetico per il 2013. Una cifra che, sommata al consumo degli altri Paesi Bric (Brasile, India e Russia, oltre alla Cina) ha visto nel 2011 le quattro nazioni emergenti consumare 880 milioni di tonnellate di greggio, equivalenti a un quinto del consumo globale. Nello stesso periodo, la Cina ha contato per l'11,4% del consumo energetico globale.
Mentre quindi, gli Stati Uniti si avviano verso l'indipendenza energetica, grazie anche al boom della shale revolution -cioè le esplorazioni di scisti petrolifere e di gas presenti nelle formazioni rocciose attraverso l'utilizzo di nuove attrezzature per lo sfruttamento di queste risorse non convenzionali- la Cina è destinata a prendere il ruolo che finora è toccato agli Usa come primo importatore netto di petrolio a livello globale. Un trend che si affermerà nei prossimi anni: entro il 2030, secondo le stime dell'Agenzia Internazionale per l'Energia, la Cina sarà il primo importatore di greggio iracheno. Il Dragone dovrà essere sempre più responsabile per la sicurezza dei Paesi in cui si compiono le trivellazioni, come in parte è già successo in Sudan, in Iraq e anche in Afghanistan, con il primo pozzo petrolifero nel bacino dell'Amu Darya operativo da ottobre scorso.
Il dato delle importazioni trova conferma anche nelle tendenze statunitensi: entro la fine di quest'anno gli Usa diminuiranno il numero delle portaerei presenti nel golfo di Hormuz che connette i Paesi produttori ai grandi mercati internazionali, mentre i giganti energetici americani come Exxon e Phillips 66 esporteranno sempre maggiore quantità di petrolio e prodotti petrolchimici nei mercati del Sud America e dell'Africa. La produzione Usa di petrolio è stata di 800mila barili al giorno lo scorso anno, e ha comportato una ridotta dipendenza energetica dai Paesi Opec, un dato che non ha avuto lo stesso riflesso in tutti i Paesi, con gli emirati del Golfo molto meno colpiti di Paesi come Angola e Nigeria dalla mossa statunitense. E che avrà conseguenze ancora più importanti in futuro: secondo la previsione del World Energy Outlook, pubblicazione annuale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia, gli Stati Uniti diventeranno entro il 2030, un esportatore netto di petrolio.
Il cambiamento nei consumi petroliferi cinesi non è però l'unico dato che emerge. Il secondo trimestre di quest'anno vedrà anche un altro passaggio di consegne: i Paesi non membri Ocse conteranno più dei Paesi Ocse nel consumo petrolifero. Secondo le stime dell'AIE, infatti, i primi consumeranno 44,9 milioni di barili di greggio al giorno, contro i 44,7 dei secondi. Anche se gli Usa rimangono ancora, su base annua, il maggiore importatore di greggio al mondo, il margine nei confronti della Cina si è assottigliato negli ultimi cinque anni. Nel 2012, gli acquisti di greggio e prodotti raffinati sui mercati esteri è stato il più basso degli ultimi venti anni, a una media di 7,14 milioni di barili al giorno, mentre le importazioni nette di greggio cinesi hanno raggiunto una media di 5,72 milioni di barili al giorno.
Da oggi la Cina ha un nuovo presidente Xi Jinping al posto di Hu Jintao
Da Pechino un maxi-piano per urbanizzare il Paese
Francesco Sisci
PECHINO
Come in tutte le grandi cerimonie che segnano eventi epocali, oggi il Parlamento cinese chiude dieci complicatissimi anni di transizione e ne apre altri dieci che potrebbero portare Pechino in cima alla lista delle capitali globali. In attesa del bilancio del premier uscente Wen Jiabao, che terrà un discorso in diretta tv questa mattina, già circolano i piani di sviluppo e crescita complessiva cinese per il prossimo decennio.
Si tratta di programmi senza precedenti, sia per quantità di risorse materiali che per numero di persone coinvolte. In gioco quindi non c'è solo il destino di questo Paese ma di gran parte del mondo, che nel bene o nel male sarà coinvolto nel fallimento o nel successo di questi piani.
La Cina sta per annunciare un mastodontico piano di urbanizzazione, con investimenti per 40 trilioni di yuan, circa 5 trilioni di euro, da finanziare con mega emissioni di obbligazioni dello Stato nei prossimi dieci anni. Obiettivo è trainare lo sviluppo del Paese portando in città in maniera stabile circa 400 milioni di persone. Questa è una rivoluzione per la crescita industriale del Paese, ma anche per il suo sviluppo finanziario, che finora era rimasto soffocato da un'organizzazione della finanza pubblica piuttosto primitiva.
Soprattutto c'è l'aspetto umano e sociale. Già oggi ci sono circa 200 milioni di "emigranti stagionali", persone che vivono per lo più in città senza un permesso di residenza che dia loro accesso alla scuola per i figli o alla sanità. Si tratta più di una questione meramente economica, ma di un complesso progetto di trasformazione strutturale della Cina che sarà discusso nell'attuale sessione plenaria del Parlamento. Il padrino politico del piano è Li Keqiang che alla fine della sessione, il 14 marzo, sarà nominato premier e quindi guiderà l'economia e l'amministrazione nazionale per i prossimi dieci anni, a scanso di sorprese.
Il piano sarà finanziato con una serie di emissioni obbligazionarie e dovrebbe riguardare anche una ristrutturazione dei debiti che le amministrazioni locali hanno contratto a partire del 2009. Allora il Governo lanciò un grande piano di stimolo economico per circa 4 trilioni di yuan che fece uscire immediatamente la Cina dalla crisi finanziaria, iniziata negli Stati uniti.
Province e città poi allargarono a loro volta i cordoni delle borse con una piano di stimolo non coordinato che portò sul mercato ancora 4 trilioni di yuan, che oggi pesano nei bilanci locali e sono la causa della bolla immobiliare che affligge il Paese.
Questi nuovi titoli obbligazionari potrebbero, almeno in parte, essere collocati all'estero. Il Governo, infatti, sta anche preparando misure radicali che vanno nella direzione di una maggiore liberalizzazione del cambio dello yuan, renminbi. La Cina possiede circa 1 trilione di yuan, valuta cinese, in conti all'estero. Saranno la base per fornire servizi finanziari a stranieri che vogliono comprare e tenere yuan. Questo processo dovrebbe poi aiutare Pechino ad arrivare a una piena liberalizzazione del cambio della sua moneta, oggi sottoposto a una serie di controlli, entro il 2015 o il 2020, quando il piano di urbanizzazione dovrebbe essere prossimo al completamento. Entro i primi anni del prossimo decennio il pil cinese potrebbe superare quello americano.
Il piano di urbanizzazione però non dovrebbe concentrarsi nell'espansione delle megalopoli come Pechino, Shanghai o Chongqing. Il Governo vorrebbe invece far crescere città medie e piccole, quelle sotto uno o due milioni di abitanti. Nel complesso quindi si tratta di un enorme progetto che dovrebbe trasformare molto profondamente il Paese. Questa grande urbanizzazione, che potrebbe portare circa il 70% della popolazione in città, dovrebbe poi stimolare fortemente la crescita dei consumi interni. Questo a sua volta dovrebbe risolvere il problema del grande surplus commerciale cinese e creare un enorme mercato di importazioni dall'estero.
La grande urbanizzazione quindi servirebbe a stimolare la crescita complessiva in Cina e potrebbe anche portare il Paese alla fine del decennio a essere il singolo maggiore contributore alla crescita globale, la locomotiva economica del mondo. Al di là dei piani faraonici, le difficoltà maggiori saranno nei dettagli. Si tratta di spendere questa montagna di denaro in maniera efficiente, creando un vero mercato, e non semplicemente inondando la Cina di strutture e infrastrutture di difficile gestione e con una scarsissima resa economica.
Una gestione efficiente di questo piano creerebbe le basi per una crescita veloce, anche se forse non a doppia cifra come in passato, anche nel decennio seguente. Viceversa errori nella gestione del progetto potrebbero fare deragliare il Paese. Uno dei grandi problemi sarà quello di una maggiore equità nella distribuzione del reddito.
Un altro problema a cuore alla dirigenza cinese è quello del controllo sociale e della gestione delle proteste. Anche grandi manifestazioni diffuse in piccoli centri sono meno destabilizzanti di piccole manifestazioni concentrate in grandi città. Diventa quindi importante dare uno sfogo e un'espressione politica alle contraddizioni sociali che inevitabilmente andranno a crescere in città dove potrebbe esserci un grande proletariato urbano. Qui il problema economico e sociale diventa poi di riforma del sistema, e si incastra con le riforme politiche e amministrative già annunciate dal Governo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Il Pil in Cina, variazione % annua
Il Congresso nazionale del popolo
I 3.000 deputati del Parlamento cinese sono riuniti da oggi a Pechino per celebrare la nuova leadership che terrà in mano la seconda economia globale per i prossimi 10 anni
LE NOMINE
Xi Jinping
Ha già preso il posto di Hu Jintao come capo del Partito comunista e comandante dell'esercito
Ora sarà anche presidente
Li Keqiang
Sarà il numero 2 della gerarchia cinese, primo ministro al posto di Wen Jiabao
LE DECISIONI
Il Congresso del popolo, che di fatto conferma decisioni già prese, dovrebbe approvare la fusione di alcuni ministeri, un obiettivo di crescita del 7,5% per il 2013, l'espansione del budget per la difesa e la nomina di una serie di alte cariche
I nuovi leader, tuttavia, hanno offerto pochi dettagli sulla loro agenda per rilanciare l'economia e affrontare le questioni più urgenti per il Paese: inquinamento e corruzione
Crescita dei prezzi degli appartamenti a Shanghai in gennaio
+35%
L'aumento dei prezzi delle case è una delle preoccupazioni centrali delle autorità
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