lunedì 12 agosto 2013

Breaking News 24 12/08/2013 - 11:00
NOTIZIARIO ASIA
Cina: in crisi il matrimonio con le multinazionali estere - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*

Radiocor - Milano, 12 ago - Come tutti i matrimoni d'interesse, anche quello tra Cina e le multinazionali non poteva durare in eterno. Le convenienze reciproche permangono, ma l'equilibrio si sposta. La bilancia non e' piu' in equilibrio. Su un piatto la Cina offriva basso costo dei fattori di produzione, stabilita', infrastrutture, promessa di un mercato sterminato. Sull'altro le multinazionali compensavano con iniezioni di tecnologia, capitali, risorse umane. I vantaggi reciproci sono stati eccellenti e redditizi. Ora le contraddizioni tra le due forze emergono con episodi che non possono essere frutto di coincidenze. In una corrispondenza da Pechino il Financial Times racconta fatti che stanno inquinando l'intero clima degli affari in Cina. Molte multinazionali di settori strategici come l'informatica, l'automotive, l'alimentare, il farmaceutico sono nel mirino delle autorita' cinesi con procedure amministrative, divieti, campagne stampa, proteste dei consumatori. Alla Bmw non e' stata concessa l'autorizzazione per costruire un nuovo impianto e 140.000 sue vetture sono state richiamate per difetti meccanici e la stessa sorte riservata a 380.000 Volkswagen lo scorso marzo. La Apple e' stata sottoposta a gogna mediatica per aver praticato alti prezzi e offerto un servizio scadente ai clienti cinesi. La GlaxoSmithKline e' stata denunciata per aver corrotto medici e funzionari pubblici. La neozelandese Fonterra e' stata costretta ritirare dal mercato alcuni suoi prodotti sospettati di causare il botulismo. Analogo provvedimento era stato preso contro la Danone. L'elenco potrebbe continuare, ma gia' i grandi nomi coinvolti segnalano che e' in atto un'offensiva che non e' casuale. Gli attacchi sono sistematici, sulla stampa di regime, sul web, nelle aule dei tribunali. Non si hanno prove che il disegno prenda forma da un ordine superiore o addirittura da un complotto, ma quanto in atto sembra voler riprendere alcune peculiarita' tipiche della Cina, che emergono in coincidenza di convenienze politiche. Sembra che tutto converga, piu' o meno involontariamente, verso la linea del partito che pone l'accento sul 'China dream', utile strumento per scaricare all'esterno le contraddizioni che lo sviluppo cinese ha generato. Al di la' delle interpretazioni unilaterali, almeno tre motivi possono essere esposti per spiegare l'atteggiamento cinese. Il primo e' la tradizione di regolare i rapporti con la forza. Le multinazionali sono utili quando bisogna industrializzare il paese. In quel frangente si puo' chiudere un occhio sulle violazioni di legge, sugli standard da lavoro, su quelli ambientali, sul trattamento fiscale. Quando il loro compito sembra esaurito, oppure la loro tecnologia non e' assorbibile, o quando la loro sofisticazione e' un pericolo per l'industria locale, allora scattano i meccanismi di autodifesa. Al momento il paese si sente sufficientemente forte da poter alzare la posta. Non vuole piu' essere 'la fabbrica del mondo', il paradiso delle multinazionali, ma utilizzarle per costruire un polo mondiale di eccellenza nella creazione del valore. Per questo le aziende straniere sono utili ma devono perdere la superiorita' tecnologica e finanziaria. Il retroterra ideologico delle scelte e' sempre il nazionalismo cinese. La politica estera cinese da sempre e' indirizzata all'interesse della Cina. L'ambizione e' riscattarsi dal sottosviluppo, causato da fattori esterni. Tutte le multinazionali hanno accettato le decisioni cinesi, prendendo atto, promettendo rispetto, chiedendo scusa al paese e ai suoi cittadini. Questo lascerebbe pensare ad una vittoriosa strategia di Pechino, anche se, ed e' la terza spiegazione, le decisioni potrebbero nascondere una debolezza di fondo. La Cina non e' ancora riuscita a vincere la battaglia della qualita'. Voleva smettere di primeggiare soltanto nei numeri, ma non e' riuscita a creare prestigio. Ambiva a creare campioni nazionali, ma - salvo alcune eccezioni come Huawei, Haier e Lenovo - stenta a conquistare i consumatori occidentali. Soprattutto, sono i suoi cittadini a riconoscere la superiorita' straniera, un evento inedito. Il latte condensato e' solo d'importazione, le scuole all'estero sono frequentate da Cinesi, i viaggi per lo shopping sono affollati, chi vuole impressionare gli amici guida un'auto straniera, chi puo' compra immobili a New York o sulla Costa Azzurra. Il nazionalismo, almeno sul versante del lusso e della qualita', sta perdendo la presa sulla societa' cinese. E' probabilmente questo il vero pericolo avvertito dalla dirigenza, nella cornice piu' ampia di un modello che non riesce a progredire ed imporsi all'ammirazione internazionale.

* Presidente di Osservatorio Asia

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