martedì 31 dicembre 2013

Tutto quello che non ha fatto la politica del "noi faremo" di: Milena Gabanelli
"Vorrei sapere dal premier Letta per chi sono diminuite le tasse, perché le mie sono aumentate, e anche quelle di tutte le persone che conosco o che a me si rivolgono. Opinione di Milena Gabanelli
MILANO (WSI) - A fine anno, nella vita come in tv, si replica. Il Capo dello Stato fa il suo discorso, quello del Governo ricicla le dichiarazioni di 6 mesi fa in occasione del decreto del fare, con l’enfasi di un brindisi: "faremo". Vorremmo un governo che a fine anno dica "abbiamo fatto" senza dover essere smentito.

Il Ministro Lupi fa l’elenco della spesa: 10 miliardi per i cantieri, "saranno realizzate cose come piazze, tutto ciò di cui c’è un bisogno primario". C’è un bisogno primario di piazze e di rotatorie? "Trecentoventi milioni per la Salerno-Reggio Calabria".

Ancora fondi per la Salerno Reggio-Calabria? Fondi per l’allacciamento wi-fi. Ma non erano già nel piano dell’Agenda Digitale? E poi la notizia numero uno: " le tasse sono diminuite". Vorrei sapere dal premier Letta per chi sono diminuite, perché le mie sono aumentate, e anche quelle di tutte le persone che conosco o che a me si rivolgono. È aumentata la bolletta elettrica, l’Iva, l’Irpef, la Tares. L’acconto da versare a fine anno è arrivato al 102% delle imposte pagate nel 2012, quando nel 2013 tutti hanno guadagnato meno rispetto all’anno prima.

Certo l’anno prossimo si andrà a credito, ma intanto magari chiudi o licenzi. E tu Stato, quando questi soldi li dovrai restituire dove li trovi? Farai una manovra che andrà a penalizzare qualcuno. I debiti della pubblica amministrazione con le imprese ammontano a 91 miliardi. A giugno il Governo dichiara: "stanziati 16 miliardi".

È un falso, perché quei 16 miliardi sono un prestito fatto da Cassa Depositi e Prestiti agli enti locali. E per rimborsare questo mutuo, i comuni, le province e regioni hanno aumentato le imposte. L’Assessore al Bilancio della Regione Piemonte in un’intervista a Report ha detto "Per non caricare il pagamento dei debiti sui cittadini, si doveva tagliare sul corpo centrale delle spese del Governo, e se non si raggiungeva la cifra… non so.. vendo la Rai!".

Privatizzare la Rai è un tema ricorrente. Nessun paese europeo pensa di vendersi il servizio pubblico perché è un cardine della democrazia non sacrificabile. In nessun paese europeo però ci sono 25 sedi locali: Potenza, Perugia, Catanzaro, Ancona. In Sicilia ce ne sono addirittura due, a Palermo e a Catania, ma anche in Veneto c’è una sede a Venezia e una a Verona, in Trentino Alto Adige una a Trento e una a Bolzano. La Rai di Genova sta dentro ad un grattacielo di 12 piani…ma ne occupano a malapena 3. A Cagliari invece l’edificio è fatiscente con problemi di incolumità per i dipendenti. Poi ci sono i Centri di Produzione che non producono nulla, come quelli di Palermo e Firenze.

A cosa servono 25 sedi? A produrre tre tg regionali al giorno, con prevalenza di servizi sulle sagre, assessori che inaugurano mostre, qualche fatto di cronaca. L’edizione di mezzanotte, che è una ribattuta, costa 4 milioni l’anno solo di personale. Perché non cominciare a razionalizzare? Se informazione locale deve essere, facciamola sul serio, con piccoli nuclei, utilizzando agili collaboratori sul posto in caso di eventi o calamità, e in sinergia con Rai news 24. Non si farà fatica, con tutte le scuole di giornalismo che sfornano ogni anno qualche centinaio di giornalisti! Vogliamo cominciare da lì nel 2014? O ci dobbiamo attendere presidenti di Regione che si imbavagliano davanti a Viale Mazzini per chiedere la testa del direttore di turno che ha avuto la malaugurata idea di fare il suo mestiere?

È probabile, visto che la maggior parte di quelle 25 sedi serve a garantire un microfono aperto ai politici locali. Le Regioni moltiplicano per 21 le attività che possono essere fatte da un unico organismo.

Prendiamo un esempio cruciale: il turismo. Ogni regione ha il suo ente, la sua sede, il suo organico, il suo budget, le sue consulenze, e ognuno si fa la sua campagna pubblicitaria. La Basilicata si fa il suo stand per sponsorizzare Metaponto a Shangai. Ognuno pensa a sé, alla sua clientela (non turistica, sia chiaro) da foraggiare. E alla fine l’Italia, all’estero, come offerta turistica, non esiste. Dal mio modesto osservatorio che da 16 anni verifica e approfondisce le ricadute di leggi approvate e decreti mai emanati che mettono in difficoltà cittadini e imprese, mi permetto di fare un elenco di fatti che mi auguro, a fine 2014, vengano definitivamente risolti.

Punto 1. Ridefinizione del concetto di flessibilità. Chi legifera dentro al palazzo forse non conosce il muro contro cui va a sbattere chi vorrebbe dare lavoro, e chi lo cerca. Un datore di lavoro (che sia impresa o libero professionista) se utilizza un collaboratore per più di 1 mese l’anno, lo deve assumere. Essendo troppo oneroso preferisce cambiare spesso collaboratore.

Il precario, a sua volta, se offre una prestazione che supera i 5000 euro per lo stesso datore di lavoro, non può fare la prestazione occasionale, ma deve aprire la partita Iva, che pur essendo nel regime dei minimi lo costringe comunque al versamento degli acconti; inoltre deve rivolgersi ad un commercialista per la dichiarazione dei redditi, perché la norma è di tre righe, ma per dirti come interpretare quelle tre righe, ci sono delle circolari ministeriali di 30 pagine, che cambiano continuamente.

Il principio di spingere le persone a mettersi in proprio è buono, ma poi le regole vengono rimpinzate di lacci e alla fine la partita Iva diventa poco utilizzabile. Perché non alzare il tetto della "prestazione occasionale" fino a quando il precario non ha definito il proprio percorso professionale? Il mondo del lavoro non è fatto solo da imprese che sfruttano, ma da migliaia di micropossibilità che vengono annientate da una visione che conosce solo la logica del posto fisso. Si dirà: "ma se non metti dei paletti ci troveremo un mondo di precari a cui nessuno versa i contributi".

Allora cominci lo Stato ad interrompere il blocco delle assunzioni e smetta di esternalizzare! Oggi alle scuole servono 11.000 bidelli che costerebbero 300 milioni l’anno. Lo Stato invece preferisce dare questi 300 milioni ad alcune imprese, che ricavano i loro margini abbassando gli stipendi (600 euro al mese) e di conseguenza i contributi. Che pensione avranno questi bidelli? In compenso lo Stato non ha risparmiato nulla…però obbliga un libero professionista o una piccola impresa ad assumere un collaboratore che gli serve solo qualche mese l’anno. Il risultato è un incremento della piaga che si voleva combattere: il lavoro nero.

Punto 2. Giustizia. Mentre aspettiamo di vedere l’annunciata legge che archivia i reati minori (chi falsifica il biglietto dell’autobus si prenderà una multa senza fare 3 gradi di giudizio), occorrerebbe cancellare i processi agli irreperibili. Oggi chi è beccato a vendere borse false per strada viene denunciato; però l’immigrato spesso non ha fissa dimora, e diventa impossibile notificare gli atti, ma il processo va avanti lo stesso, con l’avvocato d’ufficio, pagato dallo Stato, il quale ha tutto l’interesse a ricorrere in caso di condanna. Una macchina costosissima che riguarda circa il 30% delle sentenze dei tribunali monocratici, per condannare un soggetto che "non c’è". Se poi un giorno lo trovi, poiché la legge europea prevede il suo diritto a difendersi, si ricomincia da capo.

Perché non fare come fan tutti, ovvero sospendere il processo fino a quando non trovi l’irreperibile? Siamo anche l’unico paese al mondo ad aver introdotto il reato di clandestinità: una volta accertato che tizio è clandestino, anziché imbarcarlo subito su una nave verso il suo paese, prima gli facciamo il processo e poi lo espelliamo. Una presa in giro utile a far credere alla popolazione, che paga il conto, che "noi ce l’abbiamo duro".

Punto 3. L’autorità che vigila sui mercati e sul risparmio. Dal 15 dicembre, scaduto il mandato del commissario Pezzinga, la Consob è composta da soli due componenti. La nomina del terzo commissario compete al Presidente del Consiglio sentito il Ministro dell’Economia ed avviene con decreto del Presidente della Repubblica. Nella migliore delle ipotesi ci vorranno un paio di mesi di burocrazia una volta che si sono messi d’accordo sul nome.

Ad oggi l’iter non è ancora stato avviato e l’Autorità non assolve il suo ruolo indipendente proprio quando si deve occupare di dossier strategici per il futuro economico-finanziario del Paese come MPS, Unipol-Fonsai e Telecom. Di fatto Vegas può decidere come vigilare sui mercati finanziari e sul risparmio, direttamente da casa, magari dopo essersi consultato con Tremonti (che lo aveva a suo tempo indicato), visto che il voto del Presidente vale doppio in caso di parità, e i Commissari hanno facoltà di astensione. Perché il Governo non si è posto il problema qualche mese fa, e perché non si è ancora fatto carico di una nomina autorevole, indipendente e in grado di riportare al rispetto delle regole?

Punto 4. Ilva. È alla firma del Capo dello Stato il decreto "terra dei fuochi", dentro ci hanno messo un articolo che autorizza l’ottantenne Commissario Bondi a farsi dare i circa 2 miliardi dei Riva sequestrati dalla procura di Milano. Ottimo! Peccato che non sia specificato che quei soldi devono essere investiti nella bonifica. Inoltre Bondi è inadempiente, ma il decreto gli da una proroga di altri 3 anni, e se poi non sarà riuscito a risanare, non è prevista nessuna sanzione. Nel frattempo che ne è del diritto non prorogabile della popolazione a non respirare diossina? Ovunque, di fronte ad un disastro ambientale, si sequestra, si bonifica e i responsabili pagano. Per il nostro governo si può morire ancora un po’.

Come contribuente e come cittadina non mi interessa un governo di giovani quarantenni. Pretendo di essere governata da persone competenti e responsabili, che blaterino meno e ci tirino fuori dai guai.

Pretendo che l’età della pensione valga per tutti, che il rinnovo degli incarichi operativi non sia più uno orrendo scambio di poltrone fra la solita compagnia di giro.

Pretendo di essere governata da una classe politica che non insegna ai nostri figli che impegnarsi a dare il meglio è inutile.

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sabato 28 dicembre 2013

L'UNIONE SARDA  > Politica > 
Regionali: Pd discute sulla candidatura Soru a Tramatza, Deriu a Nuoro
Riunioni del Pd sulla questione candidature: Soru riunisce i suoi a Tramatza, Deriu convoca un incontro a Nuoro.

Nessuno mette in discussione la validità delle primarie del centrosinistra in Sardegna, ma la scelta del nome del candidato governatore agita non poco il Partito democratico, dopo che alcuni alleati - in primis Sel - hanno chiesto un passo indietro al partito e alla vincitrice delle primarie, Francesca Barracciu, coinvolta nell'inchiesta della Procura di Cagliari sui fondi dei gruppi del Consiglio regionale. E se i renziani della prima ora confermano la fiducia nella Barracciu, non così scontata pare quella delle altre anime del Pd, alcune delle quali si incontreranno domani prima della direzione regionale fissata per domenica alle 10,30 a Oristano. Una riunione alla quale, però, non dovrebbe partecipare nessun esponente della segreteria nazionale, dopo il faccia a faccia avuto a Roma proprio sul voto per le regionali nel 2014. Renato Soru, invece, riunirà i suoi fedelissimi stmattina a Tramatza, ma ha esteso l'invito anche ad altri per provare a tenere un'assemblea pubblica sulla questione candidato e sui prossimi passi da fare nel partito, vista la prima scadenza delle elezioni regionali. Nel pomeriggio, alle 16,30 nella sede di via della Resistenza a Nuoro, sarà la volta dell'area di "Sardegna, più meglio" di Roberto Deriu che ha deciso di accettare l'invito di Soru. "Dopo l'elezione di Renzi a segretario ora il partito deve fare emergere le vere anime che sono venute fuori con le primarie - spiega il presidente della Provincia di Nuoro - bene fa Soru ad aprire al dibattito pubblico e non segreto sugli argomenti di attualità all'interno del Pd sardo. Per quel che ci riguarda - conclude Deriu - ci vedremo a Nuoro per decidere quale sarà la nostra posizione che sarà pubblica da subito".

Sabato 28 dicembre 2013 07:01
ERRORI NELLA RINUNCIA, DAL GIUDICE CONDANNA DI 2,9 MILIONI
La Regione Lazio taglia. Ma la penale costa 10 volte il canone annuo
L’aggiornamento Il contratto rescisso tre anni fa. Ma sul sito web dell’amministrazione c’è ancora l’indirizzo.
ROMA - Il regalino risale al 2002, quando la Regione Lazio era in mano a una solida maggioranza di centrodestra. Governatore, Francesco Storace. Presidente del consiglio regionale, l’attuale
senatore di Forza Italia Claudio Fazzone. Per motivi imperscrutabili si decise che lo stesso consiglio, che com’è noto ha sede a Roma, aveva l’impellente necessità di dotarsi di un ufficio di rappresentanza. Dove? Ma nel centro di Roma, a due passi dagli uffici dei deputati, ovviamente. Si poteva forse essere così crudeli da rifiutare ai consiglieri un punto d’appoggio nella Capitale al riparo delle intemperie d’inverno, e della canicola d’estate, senza costringere loro e i loro ospiti illustri ad affrontare un viaggio in taxi verso la periferia ovest della città, dov’è la sede della Pisana? Anche l’affittuario era il medesimo che aveva ceduto in locazione alla Camera con il meccanismo del global service i palazzi che ospitano gli studio degli onorevoli: la società Milano 90 dell’immobiliarista Sergio Scarpellini, titolare di uno dei più prestigiosi allevamenti di cavalli d’Italia. Contratto superblindato: nove anni più nove.

All’epoca le macchine della politica giravano a pieno ritmo, bruciando immense quantità di denaro. Le Regioni, poi, avevano letteralmente inondato la Capitale di uffici di rappresentanza e il mondo intero di piccole ambasciate. Al cospetto del mare di soldi nel quale nuotavano i partiti e della leggerezza con cui anche le istituzioni li amministravano, quei 320 mila euro l’anno che il consiglio regionale del Lazio pagava per un appartamento di 600 metri quadrati a Roma, sembravano quisquilie.

E nonostante fosse chiaramente un’assurdità senza senso da tutti i punti di vista, quella spesa era riuscita a sopravvivere a un giro di centrodestra e al successivo giro di centrosinistra. Finché, con le polemiche montanti sui costi della politica e le oggettive difficoltà di bilancio, la faccenda non era diventata indifendibile e insostenibile. Trascorsi i primi nove anni il presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese (Popolo della libertà, ora in Forza Italia) arrivò quindi alla dolorosa conclusione di dare seguito alla pratica già aperta dal suo predecessore Bruno Astorre (Partito democratico): quella di rescindere il contratto. A febbraio del 2011 lui stesso lo ribadì in una lettera al Corriere replicando a un articolo che aveva ricordato quella storia. «Per la sede di via Poli il contratto è stato rescisso. Inutile citarlo, dunque, se non per registrare un risparmio di 300 mila euro annui», scriveva Abbruzzese.

Peccato che la società Milano 90 avesse impugnato la decisione, argomentando che la rescissione era avvenuta senza rispettare i termini del contratto. E rivendicando un indennizzo pari ai nove anni di canone restanti. Il calcolo dà un risultato stupefacente: 2 milioni e 880 mila euro. Per parare il colpo, la Regione aveva dato incarico a un paio di avvocati fra cui un legale di Cassino, Massimo Di Sotto, concittadino di Abbruzzese. Ma il giudice non ha potuto fare altro che accogliere le tesi contenute nel ricorso. Consapevoli del rischio di dover pagare una tombola, del resto, al consiglio regionale si erano già preparati ad affrontare una costosa conciliazione: proposta però bocciata dalla giunta.

La vicenda è stata poi sommersa, e soffocata, dal precipitare degli eventi. Lo scandalo dei milioni versati nelle casse dei gruppi politici consiliari, lo scioglimento del consiglio e della giunta di Renata Polverini, le elezioni e il ritorno al governo del centrosinistra. Di quella storia, sulla quale ora pende il giudizio d’appello, si sono letteralmente perse le tracce. Ne resta soltanto una, ai limiti dell’inverosimile. Nel sito internet della Regione Lazio c’è una pagina di «contatti», con gli indirizzi e i numeri di telefono di tutti gli uffici. Ci credereste? Tre anni dopo la rescissione del contratto, nella casella del consiglio regionale figura ancora l’indirizzo della «sede di rappresentanza» di via Poli, 29. Ma se si compone il numero di telefono una voce metallica avverte che «il numero selezionato è inesistente». Almeno la bolletta telefonica hanno smesso di pagarla...

27 dicembre 2013
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ULTIMA OCCASIONE PER NON FALLIRE
Il contratto di governo
Alla vigilia di Natale il governo ha opportunamente ritirato il decreto cosiddetto salva Roma. Era diventato un impresentabile insaccato misto di piccoli provvedimenti. Spesa pubblica a coriandoli sostenuta da questa o quella lobby. Poche misure necessarie insieme a tante altre del tutto inutili. La pessima figura dell’esecutivo Letta rimane, però. E rischia di essere ripetuta con l’inevitabile decreto di fine anno, il cosiddetto Milleproroghe, un prodotto legislativo tipicamente italiano, indigesto per le casse dello Stato. Gli altri Paesi programmano e scelgono per tempo. Noi ci riduciamo all’ultimo. In nome dell’emergenza, unico vero motore legislativo ma foriero di due conseguenze gravi. La prima è che, anche in tempi di spending review , la spesa si conferma un irresistibile cemento del consenso, mette insieme maggioranze trasversali politicamente inconfessabili, dà sfogo agli interessi minimi e particolari, spesso in barba a ogni (finta) disciplina di partito. Il disagio del commissario Cottarelli è già palpabile. Seconda conseguenza è che i testi di legge approvati sono spesso raccogliticci, incomprensibili e a rischio di incostituzionalità, come accadrà quasi sicuramente alle norme sulle pensioni. Risultato finale: alcuni presunti risparmi si tradurranno in futuri aggravi.

Letta è un politico preparato, accorto, forse troppo prudente. È una persona per bene, di solidi principi. Ha promosso un coraggioso rinnovamento generazionale. Merita ancora fiducia nonostante qualche furbizia democristiana di troppo. È però a capo di un esecutivo indebolito da spinte contraddittorie. Da un lato l’attivismo di Renzi che preme per accelerare le riforme; dall’altro i timori del Nuovo centrodestra di Alfano che rischia di essere il vaso di coccio di un governo a forte impronta pd. I temi del lavoro li possono tenere insieme, quelli sull’immigrazione e le unioni civili definitivamente separarli.

L’occasione, l’ultima, per un colpo d’ala, è costituita dal contratto di governo che l’ex maggioranza delle larghe intese dovrà stipulare nelle prossime settimane. Qui Letta, a nostro avviso, si gioca tutto. Il contratto di governo non può contenere troppi impegni, come un Milleproroghe della politica, per non scegliere nulla in nome della stabilità. E non può nemmeno correre i rischi di un salva Roma qualsiasi che si arena in Parlamento dopo aver subito l’assalto di chiunque. Per un semplice motivo: nel prossimo anno le Camere dovranno occuparsi anche di riforme costituzionali e di legge elettorale per le quali ci vogliono serietà e competenza. E non possiamo pensare, nemmeno per un minuto, ai guasti costituzionali che produrrebbero il pressapochismo e l’incompetenza degli ultimi atti legislativi. Saremmo costretti a concludere che la tendenza al Porcellum è innata nel nostro sistema politico.

Dunque, meglio poche cose, importanti per la funzionalità del processo decisionale del Paese, per il lavoro, le famiglie e le imprese, ma con elevata possibilità di tradursi in atti concreti, efficaci, reali. In caso contrario registreremmo, come in questi giorni, un altro regalo a Grillo e ai populismi di ogni risma. E la constatazione che in Italia gli unici a comandare sono i burocrati dei ministeri, i difensori di grandi e piccoli privilegi, qualunque sia il responsabile politico. Insomma, la repubblica dei mandarini.

27 dicembre 2013
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venerdì 27 dicembre 2013

Il Sole 24 ORE - Radiocor 27/12/2013 - 14:54
Cina: Ministero concede prime licenze telefonia mobile a operatori privati
Radiocor - Milano, 27 dic - Vacilla il monopolio pubblico sulla telefonia mobile in Cina: il Ministero dell'Industria e dell'It (Miit) che regola il settore e le tre compagnie pubbliche di tlc, ha deciso di concedere undici licenze a operatori non a controllo pubblico, tra questi Alibaba (commercio online) e il suo principale concorrente, Bejing Jingdong Century Trading, come parte di un progetto pilota per attirare investitori privati nel settore e aumentare la concorrenza. Il dibattito sull'opportunita' di aprire i servizi di telefonia mobile a operatori privati era in corso da anni in Cina. La licenza permette alle undici societa' di prendere in affitto servizi di telefonia mobile da China Telecom, China Mobile e China Unicord e riconfezionarli in pacchetti per il consumo. Oltre alle due 'big' del commercio online - Alibaba attraverso la filiale HiChina, e Jingdong - hanno ricevuto una licenza anche altri due grandi gruppi di vendita al retail in Cina - Suning e Gome - specializzati sopratutto in elettronica e gadget ma che si stanno diversificando nel commercio online. Jingdong ha gia' detto di voler iniziare l'attivita' nel secondo trimestre del 2014 con l'obiettivo di diventare la numero quattro del settore dopo le 'big' pubbliche.

red-mir-
Governatore Cappellacci, perché non si mette d’accordo con se stesso?
Articolo pubblicato il 27 dicembre 2013 ADNKRONOS
Il “Detto Fatto” e la situazione reale dell’Isola. Col record della dispersione scolastica. L’ANALISI DI SILVANO TAGLIAGAMBE

Presidente Cappellacci all’inizio del 2012 erano due le cose di cui andava più orgoglioso. Quali? Leggiamo il suo comunicato stampa del 17 gennaio di quell’anno: “Il Meridione d’Italia e le Isole si propongono come risorsa per il Paese e per l’Unione Europea”. Lo ha dichiarato il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, mentre è in corso l’incontro iniziato stamane tra il Governo e le Regioni del Mezzogiorno. Proponiamo modelli innovativi che possono diventare buone pratiche da estendere ad altre realtà e che sono idonei a promuovere un nuovo modello di sviluppo che sia foriero non solo di benefici economici, ma che porti anche un miglioramento della qualità della vita dei cittadini, nel rispetto dell’ambiente, del diritto alla salute e delle nostre identità”, ha aggiunto il presidente Cappellacci, che durante l’incontro ha illustrato il progetto per la scuola digitale e il piano Sardegna CO2.0, finalizzato a promuovere l’economia verde e le energie rinnovabili.

Presidente Cappellacci, il 2 agosto dello stesso anno nel corso di una conferenza stampa congiunta con l’assessore della Pubblica Istruzione Milia, affermava testualmente, come riporta il comunicato stampa della presidenza: “Il Progetto di Scuola Digitale rappresenta uno dei punti qualificanti dell’azione di governo della Giunta regionale”. Lo ha detto il presidente della Regione, Ugo Cappellacci nel corso della presentazione delle novità adottate. “Un progetto bandiera – ha sottolineato ancora Cappellacci – della legislatura in corso e della programmazione regionale dei fondi strutturali dell’Unione europea.”

E ancora: “Il bando per la realizzazione dei contenuti per la scuola digitale della Sardegna sarà rimodulato e pubblicato a settembre per essere adeguato alle direttive del Ministero e diventare così progetto pilota nazionale. La Sardegna si candida a diventare un Data Center nazionale dedicato alla scuola italiana ad elevata affidabilità, con la definitiva digitalizzazione della didattica, anche grazie allo sviluppo del cloud computing che consentirà inoltre la fruizione on-line di molti servizi per gli studenti, i docenti, le famiglie. Tutte le scuole e le aule saranno parte di una rete globale con connessione a banda larga in una infrastruttura architetturale di tipo cloud, la quale consentirà di estendere e condividere con altre scuole anche di altri Paesi le attività di costruzione della conoscenza.  Una vera rivoluzione didattica – ha sottolineato il presidente Cappellacci – che cambierà il modo di lavorare di 20 mila docenti”.

E infine: “E’ stato necessario, ha detto l’assessore Sergio Milia, rivedere una parte della gara perché il Governo ci ha nel mentre informato che garantirà la fornitura gratuita della piattaforma multimediale che avevamo già previsto nel bando. Questo ci ha consentito un risparmio di circa sette milioni di euro che destineremo all’acquisto dei primi Tablet che, nel primo ciclo, forniremo alle prime medie e alle prime superiori.”

Ora questo progetto rivoluzionario per la scuola che doveva fare della Sardegna la regione pilota del sistema scolastico nazionale è misteriosamente sparito dalla sua agenda e i progetti e gli interventi per l’istruzione non figurano più tra “le dieci cose di cui siamo più orgogliosi”. Perché? Lo vuole spiegare ai sardi una volta per tutte per quel “dovere di comunicazione e trasparenza” che rivendica con tanta enfasi nella sua prefazione autografata?

Questa esclusione vuol forse dire che non considera ormai importante la scuola e l’istruzione, che non è preoccupato del fatto che uno dei pochi primati autentici che la Sardegna ha raggiunto sotto la sua guida illuminata è quello per il livello di dispersione scolastica, che è ulteriormente cresciuto, al punto da indurre non lei, che evidentemente non si cura di questi dettagli e piccolezze, ma il ministro della Pubblica Istruzione, Maria Chiara Carrozza, a lanciare nel discorso pronunciato per l’apertura dell’anno scolastico in corso a Casal di Principe un autentico grido d’allarme che vale la pena di riportare testualmente: “Per quanto riguarda la dispersione scolastica, siamo lontani dai parametri europei. La Strategia Europa 2020 punta a scendere sotto il 10% di dispersione scolastica entro il 2020: il dato italiano del 2012 si attesta al 17,6%, a fronte di una media europea del 13,5%. Anche se il dato italiano appare in discesa rispetto agli ultimi anni, si riscontrano ancora picchi elevatissimi, soprattutto nelle isole (Sardegna, con il 25,8% e Sicilia, con il 25%) e al Sud”.

Presidente Cappellacci: 25,8% di dispersione, più di un quarto dell’intera popolazione scolastica! Anche questo dato va annoverato tra le cose di cui andare fieri? Dove sono i frutti della “vera rivoluzione didattica” che avete tanto pomposamente quanto impudentemente sbandierato meno di un anno e mezzo fa?

Non le sembra vergognoso che nelle 36 pagine di carta patinata propagandistica che le ha allestito una società in house della Regione non ci sia una sola parola dedicata alla scuola e al sistema dell’istruzione, se non per parlare dell’introduzione opzionale della lingua sarda nei programmi d’insegnamento? Che ne è di quanto lei stesso dichiarava al termine del confronto sui temi della ricerca e dell’innovazione tenutosi il 27 luglio dell’anno scorso a Cagliari con il ministro Profumo: “Scuola digitale, cloud computing, green economy e biotecnologie sono i campi applicativi nei quali la Sardegna già vanta importanti casi di eccellenza, che possono contribuire a creare le nuove filiere della nostra economia, idonee a portare nuovo sviluppo e occupazione nel rispetto dei nostri valori, delle nostre tradizioni e del nostro patrimonio ambientale e paesaggistico”.

Presidente Cappellacci per smontare l’impianto propagandistico del suo “Detto fatto” non c’è bisogno di rivolgersi al più accanito dei suoi oppositori. Basta e avanza lei stesso. È sufficiente mettere a confronto quel che fa scrivere qui con molta (troppa!) disinvoltura e quello che ha detto in altre occasioni e in tempi tutt’altro che lontani.
Presidente Cappellacci, se non si cura di rispondere ai sardi risponda almeno a se stesso!

Silvano Tagliagambe

Il Sole 24 ORE - Radiocor 23/12/2013 - 10:46
Adidas: entro il 2015 vuole aumentare negozi in Cina a 8.500 unita'
Intervista a 'Handelsblatt' del responsabile divisione

Radiocor - Berlino, 23 dic - Adidas (abbigliamento sportivo) punta a una rapida espansione in Cina, dove vuole contare fino a 8.500 negozi al 2015. Cosi' il responsabile delle attivita' del gruppo tedesco, Colin Currie, che in un'intervista al quotidiano 'Handelsblatt' ha dichiarato che 'attualmente siamo presenti in mille citta' cinesi, entro il 2015 saranno 1.400'. Il gruppo tedesco intende infatti impiantarsi sempre piu' nelle citta' di media dimensione in Cina. Adidas, che nei primi 9 mesi di quest'anno ha registrato un fatturato pari a 1,2 miliardi di euro in Cina, dove possiede 7.600 negozi, e' presente in tutte le maggiori citta' dell'Impero di mezzo, ma 'i due terzi della crescita provengono dalle citta' piu' piccole , di cui la maggior parte in generale conta oltre un milione di abitanti', ha spiegato Currie. Alla Borsa di Francoforte i titoli Adidas guadagnano lo 0,75%.

red-pal-

martedì 24 dicembre 2013

LA CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO
Letta: «Il 2013 anno della svolta generazionale
Grillo? Ha passato limite con Napolitano»
«Rivedremo ius soli e Bossi-Fini. Renzi fa bene a parlare con FI di legge elettorale.
Non sarò mai premier tecnico»
È la conferenza stampa di fine anno: Letta fa il punto sulle attività del suo governo, ma non solo. Il premier inizia ricordando il sacrificio del brigadiere Giangrande che, nel giorno dell’inaugurazione dell’esecutivo, ormai otto mesi fa, fermò lo sparatore davanti a Palazzo Chigi. E poi esordisce:
«Stiamo dando risposte alla fatica sociale che è il cuore della vicenda che abbiamo davanti, ma sono convinto che l’Italia ce la farà», dando uno sguardo a quel che sarà .

LA CARICA DEI 40ENNI - Quindi un passo indietro sull’anno appena trascorso: «Il 2013 sarà ricordato come l’anno della svolta generazionale: si è affermata una generazione di quarantenni senza alcun precedente nella storia repubblicana, se non nell’immediato dopoguerra. Ebbene non possiamo fallire». Si entra nello specifico e Letta promette di «tagliare le spese sul lavoro con le risorse derivanti dalla lotta all’evasione e dalla spending review »È la conferenza stampa di fine anno: Letta fa il punto sulle attività del suo governo, ma non solo. Il premier inizia ricordando il sacrificio del brigadiere Giangrande che, nel giorno dell’inaugurazione dell’esecutivo, ormai otto mesi fa, fermò lo sparatore davanti a Palazzo Chigi. E poi esordisce:
«Stiamo dando risposte alla fatica sociale che è il cuore della vicenda che abbiamo davanti, ma sono convinto che l’Italia ce la farà», dando uno sguardo a quel che sarà .

NIENTE IMU PER GLI ITALIANI NEL 2013 «Gli italiani non hanno pagato l’Imu sulla prima casa per il 2013» scandisce nitidamente il concetto il premier. E poi allarga lo scenario, sul tema delle tasse:«Ci impegneremo perché a gennaio termini l’iter della delega fiscale. Lì dentro ci sono una serie di riforme molto importanti per un fisco che sia migliore, con una serie di norme anti elusione molto importanti». E comunque Letta si dice sicuro che «nel prossimo anno» il carico fiscale sulla casa «sarà inferiore rispetto a come è stato nel 2012».

«TURBOLENZE PER LA SENTENZA BERLUSCONI» - Letta poi ammette che: «ci sono tante cose che avrei potuto fare meglio, me le tengo dentro, ma penso che la cosa principale oggi sia cercare di far sì che si riescano a cogliere per l’anno prossimo le opportunità che il 2013 ci ha lasciato». E comunque «le turbolenze vissute» in quest’anno «sono in parte dovute all’intreccio tra fattori esterni e politica, penso al tema della sentenza che ha riguardato uno dei tre leader che hanno fatto nascere questo governo».

«RENZI FA BENE A PARLARE CON FORZA ITALIA»- Gli chiedono se il neo segretario del Pd Matteo Renzi voglia in qualche modo ostacolarlo, se cerchi scorciatoie verso elezioni anticipate: «Assolutamente no» risponde «Renzi fa parte di quella svolta generazionale di cui parlavo prima: lui fa bene a parlare con Forza Italia e con altri che non fanno parte della maggioranza di riforme istituzionali. E Berlusconi le deve fare, senza terminare la sua carriera con una deriva populista e nichilista». E su eventuali rimpasti non ammette repliche: «Non sono all’ordine del giorno, sono contento della mia squadra».

AMNISTIA E INDULTO- Poi si sofferma sui provvedimenti di amnistia e indulto, che hanno fatto discutere: «Sono di competenza delle Camere. Noi abbiamo dato un segnale con il decreto dell’altro giorno, un primo passo importante nella direzione di rendere la vita nei carceri meno drammatica di quanto avviene oggi, senza che vi sia alcun pregiudizio per la sicurezza dei cittadini: un terzo dei detenuti è in attesa di giudizio ed è una situazione abnorme».

EMERGENZA MIGRANTI - Si passa all’emergenza-migranti. Prima Letta si sofferma sul lavoro di intervento: «Con Mare Nostrum, l’Italia autonomamente si è fatta carico di un’operazione che ha salvato più di duemila vite umane e ha colpito i mercanti di morte, con arresti di scafisti. È stata un’operazione molto efficace». Poi sulle azioni da intraprendere: «Rivedremo il meccanismo dei Cie e la Legge Bossi-Fini».

GIOCO D’AZZARDO E RIFORMA IUS SOLI - Promette dunque:«Cambieremo radicalmente la legge sulla cosiddetta “porcata” delle slot-machine e del gioco d’azzardo». E se prima si è parlato di migranti, ora si discute di italiani di seconda generazione: «Ho scommesso personalmente- dice Letta- sul tema con un ministro dell’Integrazione. Uno dei punti qualificanti sarà la riforma della normativa sullo ius soli».

NUOVA LEGGE PRIMA DELLE EUROPEE- Si ritorna quindi ad affrontare il tema delle riforme costituzionali: « il governo farà la sua parte. Prima delle Europee dovremo avere la nuova legge elettorale e i primi passaggi parlamentari sull’eliminazione del bicameralismo perfetto, la riduzione del numero dei parlamentari, la riforma del Titolo V, e l’eliminazione della parola Province dalla Costituzione.Faremo mancare appositamente i due terzi e chiederemo ai cittadini un parere con un referendum ».

GRILLO, CON NAPOLITANO PASSATO IL LIMITE - Per la prima volta in quest’ora e venti di conferenza stampa compare Beppe Grillo. L’occasione sono gli strali del comico contro il Presidente della Repubblica. Ed è duro l’affondo del premier: « Gli attacchi di Grillo hanno passato il limite con parole fuori luogo. C’è bisogno da parte di tutti di essere assolutamente fermi. Le istituzioni hanno bisogno di difesa e di funzionare. Napolitano ha svolto un ruolo fondamentale, ha salvato l’Italia, che stava sbandando».

COSTI DELLA POLITICA, FACILE FARE TWEET- E sui costi della politica, tema caro a Grillo, Letta dice: «Nella discussione sull’eccesso di stipendi della classe politica, tanti parlano ma pochi fanno. Il governo ha fatto secondo le sue competenze: abbiamo eliminato lo stipendio del presidente del consiglio e se qualcuno lo vorrà ripristinare dovrà preparare una legge. È facile fare dei tweet, noi abbiamo dimostrato in questi mesi di parlare con i fatti».IOCO D’AZZARDO E RIFORMA IUS SOLI - Promette dunque:«Cambieremo radicalmente la legge sulla cosiddetta “porcata” delle slot-machine e del gioco d’azzardo». E se prima si è parlato di migranti, ora si discute di italiani di seconda generazione: «Ho scommesso personalmente- dice Letta- sul tema con un ministro dell’Integrazione. Uno dei punti qualificanti sarà la riforma della normativa sullo ius soli».

«RENZI PREMIER? L’IMPORTANTE È IL GIOCO DI SQUADRA» -La conferenza si avvia verso la conclusione, uscendo dai confini di casa nostra: uno sguardo alla Germania («Sono convinto che il governo tedesco sarà alleato e non un freno alla crescita») e al Medio Oriente («ci impegneremo per la pace tra Israele e Palestina»). E si chiude di nuovo con Renzi. La domanda è forte: «Lei intende sostenere la candidatura alla premiership» del sindaco di Firenze? Letta, di fatto, non risponde: «Se continueremo a fare gioco di squadra come adesso, potrà venirne solo del bene». E chiude per davvero: «Io non sono e non sarò mai un premier tecnico, ho fatto e farò scelte politiche. Ho rischiato quando si è ventilata la crisi, mi sono assunto le mie responsabilità. E continuerò ad assumermele».

23 dicembre 2013
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lunedì 23 dicembre 2013

Più padiglioni di Shanghai e 141 Paesi
Le cifre record di Expo 2015
Prenotazioni entro le attese. Centomila si offrono per un lavoro
MILANO - Expo in overbooking. Continuano ad aggiungersi le richieste dei Paesi che vogliono partecipare all’esposizione del 2015, dedicata al tema «Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita». E, allo stesso tempo, fioccano le domande di lavoro: sul sito, alla sezione «Lavora con noi», sono già arrivate 100 mila candidature da diverse regioni italiane. Il commissario Giuseppe Sala è soddisfatto: «Siamo andati oltre ogni aspettativa. Ai 139 Paesi che avevano già firmato, si sono aggiunti nelle ultime ore Polonia e Bosnia e poi abbiamo sempre la promessa degli Stati Uniti e dell’Irlanda». E ci saranno 60 padiglioni, un record di tutti gli Expo, visto che perfino Shanghai, edizione 2010, si era fermata a 42: «Noi puntavamo ad eguagliare questa cifra, ma evidentemente c’è grande interesse sia verso l’Expo in sé, sia verso il tema che abbiamo scelto di approfondire».

L’evento sta anche disegnando una nuova geografia socio-politica del mondo. Fa notare Sala, ad esempio, che «avremo più padiglioni di Stati asiatici a Milano che non a Shanghai, segno evidente del fatto che molti di loro sono cresciuti in questi cinque anni». E ci sono anche alcune presenze africane inattese: «L’Angola, ad esempio, ci ha chiesto uno spazio proprio ed è chiaramente una nazione che sta molto correndo». Tra quelli che hanno prenotato le metrature più ampie ci sono i Paesi del Golfo, che non baderanno a spese e che vogliono mostrarsi al mondo al meglio: non a caso, gli Emirati Arabi si sono affidati per il loro progetto all’archistar Norman Foster. La consegna dei lotti è cominciata nei tempi previsti, lo scorso 16 dicembre e a febbraio arriveranno le prime squadre dei Paesi partecipanti per costruire le loro strutture: ma il boom di richieste ha messo in difficoltà i tecnici del sito, che stanno cercando di rivedere le posizioni e la disposizione degli spazi per garantire a tutti i metri quadrati richiesti.

Ovviamente, come prevede il regolamento di Expo, le assegnazioni vanno in base ai tempi di prenotazione: chi prima arriva, meglio si sistema insomma. Nei giorni scorsi, però, è stato annunciato che il padiglione Art and Food, una delle cinque aree tematiche previste all’interno del sito, andrà alla Triennale: «Sia per dare l’idea dell’esposizione diffusa - spiega ancora Sala - sia perché davvero sta diventando difficile dare spazio a tutti». Il paradosso, a questo punto, è che mentre all’estero sembrano aver colto che quella del 2015 è un’occasione per presentarsi e allacciare rapporti commerciali (gli svizzeri hanno annunciato che mettono sul piatto oltre ai 20 milioni di investimento previsti per realizzare il progetto, altri 20 di sponsor) e diplomatici, il lavoro va fatto sull’Italia. Il commissario del Padiglione italiano, Diana Bracco, ha da poco concluso una sorta di tour nelle quattro aree del Paese per presentare le possibilità offerte dal Palazzo Italia e dal cardo, uno dei due assi principali lungo i quali si snoda l’Expo (l’altro è il decumano) interamente dedicato alle nostre Regioni e ai nostri Comuni. La società Expo ha avviato un piano di comunicazione e proprio ieri è passato sulla Rai il primo spot televisivo: «Vogliamo coinvolgere e trasmettere calore», è l’auspicio di Sala. E durante la trasmissione «Quelli che il Calcio», il sindaco Giuliano Pisapia e il governatore Roberto Maroni hanno seguito e commentato con Bruno Pizzul la partita di calcio che si è svolta all’interno del carcere di Bollate: in campo «Identità golose», chef più o meno stellati, e Rai Expo , capitanata dallo stesso Sala. Il calcio d’inizio è stato dato da Pisapia: «Cominciamo Expo».

L’impegno deve ovviamente partire da Milano, la città che ospita l’evento: «Credo - sostiene Sala - che si debba lavorare soprattutto in due direzioni. Una è quella dell’offerta culturale, di eventi e di divertimento. In questo senso, Milano non può prescindere da moda e design che, sarà anche scontato, ma rappresentano un valore assoluto nell’offerta della nostra città a livello internazionale». E l’altra? «Il tema della mobilità. Molto positivo il rafforzamento della mobilità leggera e sostenibile che si sta facendo, soprattutto con il bike sharing, le auto elettriche e le piste ciclabili che realizzeremo entro il 2015. Ma anche il trasporto pubblico tradizionale sarà chiamato ad una grande prova e siamo certi che gli amministratori si dimostreranno all’altezza del compito». «La nostra prima regola - conclude il commissario - è fare di tutto per mantenere i tempi». Quindi, si corre: «Mancano meno di 500 giorni, che sono pochissimi ma anche lunghissimi. Tra l’altro noi evochiamo sempre il primo maggio 2015, data dell’inaugurazione dell’evento, ma poi arrivano i 184 giorni cruciali dell’evento». Il tempo stringe, dunque: «Abbiamo recuperato i ritardi, ma non ci sono margini. E tra pochi mesi avremo non uno ma 70-80 cantieri attivi contemporaneamente. Questo significa che dovremo ancora aumentare i controlli sull’organizzazione e la tempistica dei lavori, sulla sicurezza, sul rischio di infiltrazioni». Il mondo sta arrivando.

23 dicembre 2013
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domenica 22 dicembre 2013

Festeggiamento finito in tragedia
Lam Kok, miliardario cinese precipita con elicottero in Francia
Stava sorvolando il vigneto appena acquistato

Bordeaux - Il miliardario cinese Lam Kok, presidente del Brilliant, conosciuto nel mondo per essere uno dei pionieri degli investimenti asiatici nel settore vinicolo francese è deceduto ieri mentre con il figlio di 12 anni e un consulente finanziario stava sorvolando i 65 ettari di  vigneti che aveva appena acquistato. L'affare che aveva appena sottoscritto era stato indicato, in termini di valore economico, il più importante mai concluso da un cinese nel settore vitivinicolo della regione. James Gregoire, che aveva appena venduto i 65 ettari di Chateau de la Riviere, era ai comandi del veivolo precipitato. Dall'elicottero, caduto nel fiume Dordogna, è stato per il momento recuperato solo il corpo del figlio di 12 anni di Lam Kok.

sabato 21 dicembre 2013

GIGI RIVA, SARDO TRA I SARDI, E IL BISOGNO DI UNA MORALITÀ CHE UNISCE
Ho fatto un balzo sulla sedia, il 17 novembre, lette le ultime righe dell’intervista rilasciata da Gigi Riva al Corriere della Sera. La giornalista Elvira Serra – una brava cronista di origine sarda che si sta facendo strada sul panorama nazionale – ha semplificato col grassetto («L’ultimo sgambetto gliel’ha fatto L’Unione Sarda») un concetto che Rombo di Tuono mi ha riferito di aver pronunciato con il sorriso sulle labbra, quando si è parlato della proposta di candidatura a governatore lanciata dallo storico leader indipendentista Gavino Sale.
Affidandosi alla sintesi del quotidiano di via Solferino, si potrebbe quindi pensare che a stroncare sul nascere la carriera politica del campione sarebbe lo stesso giornale dei sardi che, poche righe più su, il grande bomber ha riferito di leggere ogni giorno («da 50 anni, caro Anthony», ha confermato ieri) e al quale appena qualche settimana fa ha fatto un grande regalo che sarà presto noto.
Si è trattato evidentemente di un equivoco, nato dalla cattiva interpretazione di una richiesta di precisazione – necessaria, visto che l’interlocutore era un indipendentista – fatta da un nostro eccellente notista politico, nel giorno in cui è venuta fuori l’idea di Riva presidente: «Il Nelson Mandela sardo? Ma se è nato a Leggiuno».
Siccome la posizione dei giornali la si evince sia dall’atteggiamento quotidiano che dalle prese di posizione del suo direttore, vi racconto ora come la pensiamo a proposito della possibile candidatura di Gigi Riva a governatore della Sardegna. Io credo che in un tempo di crollo dei valori, in cui l’illegalità diffusa e il malcostume sembrano offuscare il lavoro quotidiano portato avanti dai politici onesti e competenti, la disponibilità di un uomo come Rombo di Tuono, Sardo tra i Sardi, verrebbe accolta come una benedizione. Dio solo sa quanto ci sia bisogno di onestà, trasparenza e spirito di servizio. Caro Gigi, anche se non ti candiderai resterai sempre il nostro Presidente ideale.

venerdì 20 dicembre 2013

Strappo sulle slot machine: meno fondi dallo Stato ai Comuni virtuosi

Renzi: «Fermeremo la porcata sulle slot. È pazzesco, allucinante, è stata votata una cosa inaccettabile»
Matteo Renzi torna a sconfessare il Partito Democratico, ma anche il Nuovo Centrodestra e Scelta Civica, trovando stavolta come alleati la Lega Nord, il Movimento 5 Stelle, Sel e anche Forza Italia. Oggetto della discordia un emendamento (al decreto per fronteggiare il dissesto finanziario del Comune di Roma) che consente al governo di ridurre i trasferimenti alle Regioni e agli enti locali che emanano norme restrittive contro il gioco d’azzardo. Una norma che il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ha definito «vergognosa» e Matteo Renzi «una porcata», ma che secondo chi l’ha proposta, il Nuovo Centrodestra, e chi l’ha votata, il partito di Alfano ma anche il Pd e Scelta Civica, servirebbe solo a risolvere un pasticcio.

«Le competenze sui giochi pubblici sono riservate allo Stato, e con la legislazione attuale se Regioni e Comuni mettono in atto limitazioni a questi giochi», tra i quali le famigerate slot machines , «questo comporta come conseguenza l’obbligo per lo Stato di risarcire le aziende che hanno in gestione questi giochi del danno subito da queste limitazioni» ha detto Sergio Lo Giudice, senatore del Pd, aggiungendo che oltre alla norma che impone il taglio dei trasferimenti pubblici a chi pone vincoli a sale giochi e slot machines , c’è anche un ordine del giorno che impegna il governo e i Comuni a concordare delle politiche di contenimento del gioco d’azzardo e di salvaguardia delle fasce più deboli e sensibili della popolazione. Le spiegazioni, però, non hanno convinto Forza Italia, M5S, Lega e Sel, che in Senato hanno votato contro l’emendamento, ma neanche i renziani.
«Che vergogna! La potente e ricchissima lobby delle slot e del gioco d’azzardo ha colpito ancora. Ostacoli le slot machines nel tuo territorio? Lo Stato ti taglia i trasferimenti» ha accusato il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, su Internet, attraverso il suo profilo Facebook, appena appresa la notizia. Seguito a ruota dallo stesso Renzi, questa volta via Twitter. «Non posso spiegarlo, perché è inspiegabile. Ho chiesto al Pd di rimediare» ha scritto, replicando a un suo interlocutore che gli chiedeva sulla rete lumi sull’atteggiamento dei senatori del Pd.

Per poi aggiungere poco dopo, in un’intervista al sito internet Vita.it , che «il Pd bloccherà la porcata sulle slot », oltre «all’ingiustizia sul finanziamento dei partiti previsto dal decreto del governo» che non garantisce parità di trattamento tra i finanziamenti alle organizzazioni senza fini di lucro e quelli a favore dei partiti. Quell’emendamento sui giochi, ha proseguito Renzi, «è pazzesco, allucinante. Ho chiamato Lorenzo Guerini, coordinatore della segreteria del partito e si sta cercando una soluzione tecnica, un ordine del giorno o altro, perché è stata votata una cosa inaccettabile».
Il nuovo fronte di polemica si apre proprio mentre sta per chiudersi in modo non certo indolore quello, durato mesi, sulla legge di Stabilità. Oggi la Camera voterà la fiducia sul provvedimento, che poi passerà «blindato» all’ultimo esame del Senato, per il via libera atteso lunedì, mentre i sindaci protestano contro i tagli e chiedono l’intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nel testo, dopo le critiche di Renzi, resta una versione della «web-tax» molto più leggera, che colpisce solo la pubblicità sui siti internet, ma che comunque non piace alla Ue, secondo la quale infrange i principi di libertà e non discriminazione sanciti dai Trattati. Slitta invece a gennaio, nonostante le perplessità delle banche, l’esame in Senato del decreto sulla seconda rata Imu e la rivalutazione del capitale Bankitalia, misura sulla quale è atteso oggi il parere definitivo della Bce.

20 dicembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATAROMA - Matteo Renzi torna a sconfessare il Partito Democratico, ma anche il Nuovo Centrodestra e Scelta Civica, trovando stavolta come alleati la Lega Nord, il Movimento 5 Stelle, Sel e anche Forza Italia. Oggetto della discordia un emendamento (al decreto per fronteggiare il dissesto finanziario del Comune di Roma) che consente al governo di ridurre i trasferimenti alle Regioni e agli enti locali che emanano norme restrittive contro il gioco d’azzardo. Una norma che il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ha definito «vergognosa» e Matteo Renzi «una porcata», ma che secondo chi l’ha proposta, il Nuovo Centrodestra, e chi l’ha votata, il partito di Alfano ma anche il Pd e Scelta Civica, servirebbe solo a risolvere un pasticcio.

«Le competenze sui giochi pubblici sono riservate allo Stato, e con la legislazione attuale se Regioni e Comuni mettono in atto limitazioni a questi giochi», tra i quali le famigerate slot machines , «questo comporta come conseguenza l’obbligo per lo Stato di risarcire le aziende che hanno in gestione questi giochi del danno subito da queste limitazioni» ha detto Sergio Lo Giudice, senatore del Pd, aggiungendo che oltre alla norma che impone il taglio dei trasferimenti pubblici a chi pone vincoli a sale giochi e slot machines , c’è anche un ordine del giorno che impegna il governo e i Comuni a concordare delle politiche di contenimento del gioco d’azzardo e di salvaguardia delle fasce più deboli e sensibili della popolazione. Le spiegazioni, però, non hanno convinto Forza Italia, M5S, Lega e Sel, che in Senato hanno votato contro l’emendamento, ma neanche i renziani.
«Che vergogna! La potente e ricchissima lobby delle slot e del gioco d’azzardo ha colpito ancora. Ostacoli le slot machines nel tuo territorio? Lo Stato ti taglia i trasferimenti» ha accusato il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, su Internet, attraverso il suo profilo Facebook, appena appresa la notizia. Seguito a ruota dallo stesso Renzi, questa volta via Twitter. «Non posso spiegarlo, perché è inspiegabile. Ho chiesto al Pd di rimediare» ha scritto, replicando a un suo interlocutore che gli chiedeva sulla rete lumi sull’atteggiamento dei senatori del Pd.

Per poi aggiungere poco dopo, in un’intervista al sito internet Vita.it , che «il Pd bloccherà la porcata sulle slot », oltre «all’ingiustizia sul finanziamento dei partiti previsto dal decreto del governo» che non garantisce parità di trattamento tra i finanziamenti alle organizzazioni senza fini di lucro e quelli a favore dei partiti. Quell’emendamento sui giochi, ha proseguito Renzi, «è pazzesco, allucinante. Ho chiamato Lorenzo Guerini, coordinatore della segreteria del partito e si sta cercando una soluzione tecnica, un ordine del giorno o altro, perché è stata votata una cosa inaccettabile».
Il nuovo fronte di polemica si apre proprio mentre sta per chiudersi in modo non certo indolore quello, durato mesi, sulla legge di Stabilità. Oggi la Camera voterà la fiducia sul provvedimento, che poi passerà «blindato» all’ultimo esame del Senato, per il via libera atteso lunedì, mentre i sindaci protestano contro i tagli e chiedono l’intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nel testo, dopo le critiche di Renzi, resta una versione della «web-tax» molto più leggera, che colpisce solo la pubblicità sui siti internet, ma che comunque non piace alla Ue, secondo la quale infrange i principi di libertà e non discriminazione sanciti dai Trattati. Slitta invece a gennaio, nonostante le perplessità delle banche, l’esame in Senato del decreto sulla seconda rata Imu e la rivalutazione del capitale Bankitalia, misura sulla quale è atteso oggi il parere definitivo della Bce.

20 dicembre 2013
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lunedì 16 dicembre 2013

Tassa sugli smartphone, la Siae si scrive il decreto
L’obiettivo: raccogliere da 130 a 200 milioni di euro sugli smartphone,
si sa che la Siae è abituata da tempi non sospetti ad alternare due smoking: uno che indossa quando si presenta come ente di diritto pubblico. L’altro che tira fuori dall’armadio quando si tratta di gestire il denaro privato raccolto per autori ed editori. Ora la Siae con il primo smoking si è di fatto scritta da sola la struttura dell’emendamento che dovrebbe entrare nella legge di Stabilità per aggiornare nel prossimo triennio il famigerato equo compenso. E con il secondo smoking è già pronta alla cassa per ritirare una cifra che, grazie a rincari del 500% su smartphone e tablet e nuovi compensi che potrebbero coinvolgere anche le smart tv, potrebbe andare dai 130 ai 200 milioni (un terzo del bilancio). Il conflitto è apparentemente dichiarato nel documento del comitato consultivo permanente per il diritto d’autore presso il ministero dei Beni e delle attività culturali. Si legge infatti nello schema di revisione del decreto ministeriale 30.12.2009: «Come proceduto quattro anni or sono [...] abbiamo richiesto, in sede di consulenza tecnica, alla Siae, una documentata relazione tecnica sullo stato dei mercati, sui più recenti comportamenti dei consumatori in ordine alla realizzazione di copie private, ed una rilevazione delle tariffe medie europee».

La Siae ha eseguito i compiti con solerzia tanto da andare anche oltre a quanto richiesto: non solo ha rilevato le medie europee (che non sono vere medie vista l’esclusione dei Paesi come la Gran Bretagna dove il compenso non esiste) ma si è calcolata anche da sola gli aggiornamenti delle tariffe. Numeri assorbiti dal documento del comitato del ministero guidato da Massimo Bray, grande sponsor di questi aggiornamenti tabellari.
La Siae si è fatta due conti e ha proceduto con equilibrio: ha ridotto l’equo compenso sui prodotti che ormai non hanno più mercato, come i registratori Vhs e i vecchi telefonini, e lo ha aumentato del 500% sui prodotti amati dagli italiani come gli smartphone e i tablet (da 50 centesimi a 5,2 euro). Per i computer la proposta è di 6 euro.

L’aggiornamento ha scatenato un braccio di ferro tra le associazioni di categoria, Confindustria digitale in primis, e la stessa Siae. L’arringa della difesa Siae verte sul convincimento che queste cifre non si scaricheranno sui consumatori finali (il cavallo di battaglia è che l’iPhone 5s costa di meno in Francia e in Germania nonostante la tariffa sia più alta).
Ma la questione è se l’equo compenso abbia senso viste le nuove tecnologie che stanno modificando le abitudini d’uso: la copia privata era quella che si faceva registrando un Vhs o spostando la musica da un cd a un altro vergine. Ma oggi la musica si ascolta per lo più in streaming con Google Play, Spotify e Deezer. E le copie non sono possibili. La stessa cosa avviene per i film «on demand».
Il campione di 2 mila persone della Siae, evidentemente, si è dimenticato di comprendere l’uomo della strada.

msideri@corriere.it

15 dicembre 2013
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Renzi-Grillo, è scontro sulle riforme
Porta sul volto l'emozione del grande evento e per 6 ore non lascia mai la sala proprio come un segretario che si rispetti. Ma Matteo Renzi, nel giorno dell'incoronazione da leader, chiarisce, già dalla colonna sonora dei Negrita, che la nuova generazione, ora alla tolda di comando, resterà "ribelle" per cambiare l'Italia. Un esordio tutto all'attacco: chiede un "patto di 15 mesi" al governo, indicando scadenze per un piano del lavoro e per la legge elettorale.

E rilancia la sfida a Grillo: "Se ti impegni sulle riforme, io rinuncio a 40 milioni di rimborsi. Firma qui. Se non ci stai sei un buffone". Dopo il trionfo alle primarie, con numeri schiaccianti sia tra i mille delegati dell'Assemblea sia in direzione, il rottamatore si prende tutta la scena del Parlamentino Pd, riunita alla Fiera di Milano. La vecchia guardia, da D'Alema a Bersani, è ridotta al ruolo di comparsa, e gli ex sfidanti Gianni Cuperlo e Pippo Civati aspettano alla prova il segretario, consapevoli che gli spazi di manovra della minoranza sulla carta sono stretti. D'altra parte il rottamatore chiarisce subito su quale linea di confine metterà la storia del Pd e non c'è posto per la nostalgia: "O si volta pagina o il passato è confinato in un museo. Casa nostra è sulla frontiera non al museo delle cere''. L'unico che, anche plasticamente, ha un posto d'onore accanto al neosegretario del Pd è il premier Enrico Letta. Siede al suo fianco in prima fila e ora dovrà costruire al governo la difficile convivenza tra Renzi, che vuole dettare l'agenda, e Angelino Alfano. Perchè, mette subito in chiaro il rottamatore, le primarie "sono state da parte dei nostri elettori l'ultimo appello per cambiare l'Italia senza se e senza ma". E l'unico obiettivo di questo governo, di larghe o piccole intese che siano, non è "la pacificazione fra noi e Berlusconi ma fare la pace con gli italiani, fare la pace fra i politici e gli italiani''. Come dice un vecchio motto, anche per Renzi se vuoi la pace prepara la guerra. Non sarà una guerra ma certo una scossa quella che subito il sindaco vuole imprimere al governo "perchè se balbetta alle europee la responsabilità sarà tutta del Pd".

Da gennaio il neoleader chiede "un patto alla tedesca" per i prossimi 15 mesi. Che abbia al primo punto il lavoro: "entro un mese presenteremo un grande progetto di legge" per semplificare le regole sul lavoro, il cosiddetto job act, perchè il governo deve mettere in campo un "gigantesco piano per il lavoro". Nel patto di coalizione il leader del Pd chiede l'eliminazione della Bossi-Fini e anche, "che piaccia a Giovanardi o no" le unioni civili. Tempi stringenti anche per il capitolo delle riforme: entro gennaio il primo via libera della Camera alla riforma elettorale "altrimenti perdiamo la faccia" e entro la legislatura il superamento del Senato "come carica elettiva" con la riduzione dei parlamentari. L'ultimo capitolo del patto di governo è una nuova rotta per l'Europa: "tutto il Pd aiuterà Enrico nel semestre Ue", promette, a condizione che a Bruxelles si capisca che "l'Europa non è il nostro salvatore e senza l'Italia non si va da nessuna parte". Letta dalla platea annuisce: prendendo la parola subito prima di Renzi si era detto certo che "ora il Pd è il baricentro della democrazia Italia" dopo che neanche sei mesi fa aveva rischiato "la fine" nella mancata elezione del presidente della Repubblica. Il premier lascerà l'assemblea soddisfatto subito dopo l'intervento del neoleader: "Bene la sfida a Grillo, molto bene la spinta per le riforme, benissimo sull'Europa. Uniti siamo imbattibili". Il rottamatore non propone, invece, nessun patto a Grillo.

Ma una sfida in piena regola che poche ore dopo il comico genovese respingerà al mittente: "In modo provocatorio - spiega Renzi - mi chiedi di rinunciare ai rimborsi elettorali. Ma lo dico io: 'Beppe, firma qui'. Se ti impegni nel prossimo anno a superare il Senato, a cancellare le province e sulla legge elettorale io rinuncio ai 40 milioni di rimborsi elettorali". Parlamentari e dipendenti Pd tirano un sospiro di sollievo, certi che il leader M5S non accetterà mai un confronto e Renzi non restituirà le quote del finanziamento pubblico. Ma in molti, al di là dell'atmosfera informale e degli apprezzamenti di rito del neosegretario, sanno che una nuova era è cominciata al Pd. Lo si capisce da un segnale piccolo ma inequivocabile: Renzi replica, dopo il consueto dibattito, solo due minuti, archiviando l'era di repliche prolisse: nomina tesoriere il fedelissimo Francesco Bonifazi e mette in direzione, come sua quota, 20 sindaci e non vip lontani dalla politica. Due minuti in cui, però, invita tutti a stare sulla palla perché "c'è un sacco di lavoro da fare, avremo un anno divertente e leggermente scoppiettante''.




domenica 15 dicembre 2013

Il Sole 24 ORE - Radiocor 09/12/2013 - 15:44
Pieralisi: commessa da 6 milioni di euro in Cina
Radiocor - Roma, 09 dic - Il gruppo Pieralisi, attivo nella produzione di macchine per l'estrazione dell'olio, ha annunciato l'acquisizione in Cina di una commessa per oltre 6 milioni di euro nel mercato delle biotecnologie alimentari, in particolare per l'estrazione delle proteine della soia. Lo comunica la societa' in una nota. Il nuovo stabilimento, che utilizzera' solo centrifughe Pieralisi, iniziera' ad operare a luglio 2014 ed entrera' in fase di piena produzione ad ottobre. Il gruppo Pieralisi, originario delle Marche e attivo in oltre 80 Paesi, continua cosi' il suo progetto di espansione a livello internazionale. Il gruppo ha concluso - informa inoltre il comunicato - un negoziato con le principali banche italiane che, insieme agli azionisti, hanno messo a disposizione nuova finanza per oltre 22 milioni di euro. 'E' stato - ha dichiarato Gennaro Pieralisi, numero uno del gruppo - grazie alla nostra tenacia, alla qualita' dei nostri prodotti e del nostro capitale umano che abbiamo potuto vincere questa commessa sulla quale i nostri concorrenti hanno fino all'ultimo istante usato tutti i mezzi per prevalere'. com-mma
Crisi, il grido di dolore di Gigi Riva: “Sardi fregati e disperati, non c’è via d’uscita”
L'ex calciatore, isolano d'adozione: "E' una marea che monta: le fabbriche e i negozi che chiudono, è troppo tardi... La gente qui è disperata e decisa. Poi non vengano a dire che sono un popolo di banditi perché sono stati presi per il culo mentre si regalavano i miliari agli imprenditori"
di Marco Palombi | 1 settembre 2012
Gigi Riva è sardo per scelta, per indole, per natura insulare e per storia. Non è importante che sia nato nel Varesotto. É sardo e basta: è arrivato nell’isola nell’aprile del ’62 vivendo la cosa come una punizione e non se n’è più andato. “Ho capito che sarei rimasto – ha detto una volta – quando andavamo in trasferta a Milano e ci chiamavano pecorai. O banditi”.

Gigi Riva è sardo perché è il santo laico dell’isola, l’immaginetta che la gente appende accanto alla Madonna, perché il suo Cagliari, alla Sardegna, ha regalato nome e orgoglio quando ancora non l’aveva. È sardo e parla da sardo di questa estate in cui i nodi del falso sviluppo stanno venendo al pettine: dalle fabbriche alle miniere fino alla campagna. Quando lo chiamiamo, dice subito: “Non voglio fare interviste”. Poi capisce quale sarà l’argomento e parte da solo perché anche con 67 primavere addosso è ancora “Rombo di Tuono”, il soprannome che gli diede il simpatetico Gianni Brera: “Sono in Sardegna da cinquant’anni e una situazione di questo genere non l’ho mai vissuta. Basta farsi un giro per strada a Cagliari per capire: vedi i negozi che non lavorano e nelle vetrine solo i cartelli affittasi. Qui vivono anche i miei due figli e tre nipoti e le dico che la situazione non ha vie d’uscita”.

Non le sembra di essere troppo pessimista?
Questa situazione non ha una via d’uscita: troppe famiglie sono senza lavoro, senza mangiare. Oggi se ne accorgono anche in regione e dicono di voler intervenire, ma la verità è che non hanno i mezzi. È una marea che monta: le fabbriche e i negozi che chiudono, è troppo tardi…

Non ha nessuna speranza nel futuro?
Ma mica è solo il Sulcis che è in crisi… E l’Alcoa e la Vinyls a Porto Torres e i pastori e il commercio? É spaventoso. Chiudono e basta e questa gente non ha più niente nonostante che, per anni e anni, pur di avere un posto e uno stipendio se n’è andata a lavorare dentro queste fabbriche pericolose, velenose. Ecco cosa hanno fatto i sardi per poter lavorare.

Ma di chi è la colpa di questa situazione?
É una cosa che nasce da lontano, da quando c’era la cosiddetta ‘Rinascita della Sardegna’ (il Piano di rinascita è del 1962, ndr) e hanno regalato soldi a questo e quell’altro: gente che veniva qui portandosi dietro macchinari usati e facendoseli pagare per nuovi. E adesso si vedono i risultati.

Quindi che succederà in Sardegna?
Lo ripeto: è una situazione delicata e pericolosa perché c’è troppa disperazione e i sardi li vedo decisi. Poi non vengano a dire che sono un popolo di banditi, perché questa gente, ai tempi della rinascita, è stata presa per il culo mentre si regalavano miliardi a imprenditori del continente e stranieri.

Potrebbe intervenire il governo, magari, fare investimenti nell’isola.
Ma che devono fare? Se almeno nel Paese ci fossero risorse… e invece c’è la crisi. Lo vede? Anche questo governo è già incasinato: i politici non possono nemmeno aspettare di vedere che risultati porta che già vogliono tornare al potere. Sono abituati a mangiar bene e non possono rinunciare nemmeno al dolce.

Anche la regione ha presentato dei progetti per il rilancio delle industrie.
Cappellacci, il presidente, è una brava persona, io lo conosco, posso dire che è un mio amico, ma è stato messo lì. Come tutti i politici sardi, d’altronde, che sono solo impiegati di quelli del continente. Sono convinto che se potesse fare qualcosa, lo farebbe, ma non può, è troppo tardi.

E allora?
Nelle scuole bisognerà ricominciare a dire ai bambini che la Sardegna è collegata con tutta Europa e bisogna andare a prendere il lavoro dove c’è, in Portogallo, in Germania o in Lussemburgo. Succederà come quando, molti anni fa, andai con un mio amico a Seui, un paesino, e c’erano solo vecchi perché i giovani lavoravano fuori.

E la stampa? Come si occupa della Sardegna?
I giornali benestanti mettono la notizia, dicono che c’è la crisi, ma non la spiegano, non la trattano. Non ne hanno bisogno.

lunedì 9 dicembre 2013

Il Sole 24 ORE - Radiocor 09/12/2013 - 09:20
Cina: surplus bilancia commerciale novembre sale a 33,8 mld dollari
Radiocor - Roma, 09 dic - La bilancia commerciale cinese ha segnato, a novembre, un surplus di 33,8 miliardi di dollari (31,1 a ottobre), secondo i dati diffusi nel weekend. I risultati sono stati ben al di sopra delle previsioni. In 11 mesi, la bilancia commerciale cinese ha aggiunto 3,8 trilioni di dollari, in rialzo del 7,7% su anno. Il governo ha fissato un target per il 2013 dell'8% di aumento.

sabato 7 dicembre 2013

L'Italia del Censis: "Infelice e passiva"
Il rapporto annuale sulla società italiana: boom di italiani in fuga all'estero, domina l'antipolitica, crescono le imprese di immigrati e donne.
Un Paese che sopravvive alla crisi, triste e incerto. L'Italia fotografata nel rapporto annuale del Censis viene definita "sciapa" e "infelice". Gli italiani - si legge nell'indagine presentata nella sede del Cnel - hanno perso vigore e fervore, sono dominati da una passiva accettazione della comunicazione di massa, sono disinteressati alla politica e al governo. E senza fervore - avverte il Censis - non si diventa solo sciapi, si diventa anche malcontenti, quasi infelici".

Non solo, in Italia "si vedono circolare troppa accidia, furbizia generalizzata, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale". Duro l'affondo anche sulla classe dirigente: "Resta sempre inadeguata", sentenzia il Censis. "Tende a ricercare la sua legittimazione nell'impegno a dare stabilità al sistema, magari partendo da annunci drammatici". "Ma non si costruisce nessuna classe dirigente con annunci di catastrofe emessi a ritmo continuo - prosegue il centro guidato da Giuseppe De Rita - con continue chiamate all'affanno e affannose proposte di rigore. Con questi atteggiamenti è impossibile pensare a un cambiamento. Ma la classe dirigente non può e non vuole uscire dall'implicita e ambigua scelta di drammatizzare la crisi per gestirla". Il Censis parla poi di "vuoto di politica, di società civile e di leadership collettiva". Qualche nota positiva c'è, il crollo atteso in Italia non c'è stato, ma sarebbe un errore adagiarsi ora.
Orosei: dopo l'alluvione le cartelle di Equitalia
Imprenditore suicida, l'Isola piange ancora
Pasqualino Contu, proprietario della 3C, si è tolto la vita ieri mattina. Lascia la moglie e i figli.

Aveva sconfitto la furia della natura due volte, rimettendo in moto le macchine della sua azienda danneggiata dall'esondazione del Cedrino, un fiume che scorre nella parte centro orientale della Sardegna. Si era rialzato, investendo anche tanto, proprio per proteggere la ditta che aveva aperto con il padre nel 1980, dalla violenza dell'acqua, ma il 18 novembre scorso l'ondata di maltempo che ha seminato morte e distruzione in 60 comuni dell'Isola, ha spazzato via anche le sue speranze, la sua voglia di ricominciare e di vivere.

L'imprenditore Pasqualino Contu, 49 anni, di Orosei, un Comune in provincia di Nuoro, titolare della Tre C, ditta specializzata nella costruzione di prefabbricati di cemento armato devastata dall'alluvione, si è suicidato, impiccandosi a un albero nel giardino di casa. E la diciottesima vittima del disastro. Un gesto inspiegabile per chi lo conosceva, un gesto spinto dalla disperazione per aver perso tutto per la terza volta in un momento in cui faceva già i conti con la crisi e con alcune cartelle di Equitalia di cui si apprestava a chiedere la rateaizzazione.

"Era come un fratello per me, lo conoscevo bene - racconta il sindaco di Orosei, Franco Mula, - è un gesto incomprensibile, abbiamo cercato di rassicurarlo, garantendogli che sarebbero ripartiti. E' un imprenditore che mancherà, era un esempio per questa comunità". Pochi giorni dopo l'alluvione lo stesso Pasqualino Contu aveva parlato ai microfoni della tv locale Videolina. "Questa volta la distruzione è evidente - aveva detto - sono stati sommersi tutti gli impianti e i macchinari, non abbiamo parole. Non è bastato sollevare i macchinari di un metro e cinquanta per prevenire questi problemi, non è stato sufficiente, l'azienda è completamente distrutta. E qui abbiamo 15 dipendenti".

Una dichiarazione confermata da una prima stima dei danni consegnata al Comune: quasi 1 milione e 200mila euro. Era stata la più colpita delle aziende della Valle del Cedrino, altre quattro avevano subito danni più lievi, nella zona strade danneggiate e allagamenti, con la Marina di Orosei piena di detriti. Rialzarsi e ricominciare ancora una volta, per Pasqualino Contu è stato impossibile, la speranza che le tre figlie e la moglie - che lavoravano con lui e che anche questa mattina erano andate in azienda - cercavano di trasmettergli ha lasciato il posto allo sconforto che lo ha spinto al suicidio.

"Sono attonito e scosso", ha detto il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci appena appresa la notizia della scomparsa dell'imprenditore. Sconvolto e amareggiato anche il presidente della Confindustria Sardegna Centrale Roberto Bornioli che in questi giorni aveva parlato con l'imprenditore. "L'abbiamo incontrato in associazione insieme alla moglie Lisa - ha ricordato il presidente - nel corso di un'iniziativa voluta per dare un supporto tangibile alle imprese devastate dall'alluvione".

Sabato 07 dicembre 2013 06:56

venerdì 6 dicembre 2013

Il leone della libertà
Mandela non è uomo da fugaci lacrime del giorno dopo.
Lui resta lì, in alto, tra gli eroi che hanno pagato in proprio.

Alla fine il vecchio leone ha dovuto arrendersi, per la prima e ultima volta. Ma anche dopo morto Nelson Mandela resterà con noi e con la Storia, perché il più grande eroe della riconciliazione espresso da un Novecento carico di sangue non può che appartenere a quell’Olimpo fatto di uomini che non passano, che non si dimenticano, che non escono più dai cuori e dalle coscienze che li hanno accolti. Le ultime immagini pubbliche di Madiba, come lo chiamava chi gli voleva bene, sono ancora quelle dei mondiali di calcio del 2010 in Sudafrica. Contro il parere dei medici, che gli avevano messo in testa un colbacco di perfetta foggia russa, il padre della patria volle chiudere i giochi con un giro di campo a bordo di un kart da golf. Non poteva non sapere, Nelson Mandela, che quello era un abbraccio d’addio al suo Paese e al mondo, non un semplice saluto al pubblico calcistico che lo acclamava come avrebbe fatto per la più straordinaria delle vittorie. Madiba usciva di scena, e da allora ogni mese, quasi ogni settimana, e negli ultimi tempi ogni ora, il mondo ha atteso che la luce si spegnesse. Perché di luce pura è stato portatore Mandela, e sbaglierebbe chi pensasse ai soliti trionfali omaggi post-mortem. Nelson Mandela ha lottato per la libertà, quella dei neri ma non soltanto dei neri, quando il Sudafrica applicava una feroce segregazione razziale. Nelson Mandela, proprio perché non si è mai arreso, ha scontato 27 anni di carcere duro invece di accettare i compromessi che sul finire della sua prigionia gli venivano offerti. E quando la libertà è arrivata, quando nel 1994 in Sudafrica si sono tenute le prime elezioni democratiche e multirazziali, cosa ha fatto il presidente Madiba? Ha affidato ad apposite commissioni il compito, anzi il dovere, di promuovere la riconciliazione attraverso la giustizia, di punire sì chi andava punito ma senza vendette e sostituendo una nuova fratellanza nazionale alle lacerazioni di un recentissimo passato. Con quale metro si può misurare tanta grandezza? Come potremmo mai dimenticarla o non considerarla un esempio, e metterla in archivio per poter ricominciare litigi infinitamente trascurabili davanti alla Storia? Madiba, prima di quel suo struggente addio tutt’intorno a un campo di calcio, aveva avuto una grande soddisfazione: quella di vedere che un uomo di colore era stato eletto presidente degli Stati Uniti. Ma in questi ultimi anni e mesi, alla sua residua lucidità sono stati inferti soltanto colpi dolorosi. Il Nobel del ’93 è lontano, il Sudafrica è tormentato da nuove divisioni di segno diverso, la crisi economica risparmia soltanto i nuovi privilegiati, la criminalità è tra le più diffuse del mondo. Persino dentro il movimento che Mandela guidò, l’Anc, si muovono lesti i coltelli della politica. E la famiglia è a pezzi, ricorre ai tribunali senza ricordare quell’altro metodo insegnato dal patriarca, quello della conciliazione giusta. Ora anche l’ingrato Sudafrica dovrà fermarsi, ricordare e piangere. Come si fermerà, ricorderà e piangerà il grande popolo del mondo. Ma attenzione, perché Nelson Mandela non è uomo da fugaci lacrime del giorno dopo. Lui resta lì, in alto, tra gli eroi che hanno pagato in proprio. E ci vorrebbe molto cinismo per continuare a tradire il suo retaggio.
Franco Venturini

06 dicembre 2013
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PREVENZIONE CORRUZIONE
Piani anticorruzione: dalla teoria alla pratica entro il 31 gennaio 2014
di Vincenzo Testa
All'interno dei Piani triennali di prevenzione della corruzione dovranno essere individuate le aree a rischio e per ciascuna di essa gli interventi per ridurre i rischi, programmate le iniziative di formazione, individuati i referenti e i soggetti tenuti a relazionare al Responsabile della prevenzione.

Per ciascuna delle misure previste nel Piano, dovrà essere individuato il responsabile e il termine per l'attuazione, prevedendo le modalità e i tempi di attuazione delle altre misure di carattere generale contenute nella legge n. 190/2012 e introdotto un sistema disciplinare che includa le sanzioni per i casi di illecito.

Dovranno, inoltre, essere definite misure per l'aggiornamento ed il monitoraggio del Piano, adeguando i sistemi informativi per gestire i corrispondenti flussi di informazioni.
In aggiunta, le amministrazioni e gli enti destinatari della normativa - anche in considerazione dei provvedimenti che hanno successivamente completato la disciplina complessiva sulla prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, i decreti legislativi n. 33/2013 e n. 39/2013 e il Dpr n. 62/2013 in particolare - dovranno prevedere ed attuare all'interno del Piano:

-gli adempimenti e gli obblighi previsti per la trasparenza e la pubblicità, i codici di comportamento, la rotazione del personale e gli obblighi di astensione in caso di conflitto di interesse;
-una disciplina specifica in materia di svolgimento di incarichi d'ufficio ed incarichi extra-istituzionali;
-una disciplina specifica in materia di conferimento di incarichi dirigenziali in caso di particolari attività o incarichi precedenti;
-la gestione di incompatibilità specifiche per le posizioni dirigenziali;
-una disciplina specifica in materia di formazione di commissioni, assegnazioni agli uffici, conferimento di incarichi dirigenziali in caso di condanna penale per delitti contro la pubblica amministrazione;
-una disciplina specifica in materia di attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro;
-una disciplina specifica in materia di tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito;
-un programma di formazione in materia di etica, integrità e altre tematiche attinenti alla prevenzione della corruzione.

Di particolare rilievo è la circostanza che il Piano nazionale anticorruzione (Pna) estende anche agli enti pubblici economici e agli altri enti di diritto privato in controllo pubblico, l'obbligo di nominare il responsabile anticorruzione, con significative conseguenze sul piano organizzativo e sanzionatorio.

Anche sulla base dell'art. 6 del Dlgs n. 231/2001, tali enti sono chiamati ad adottare appositi Modelli di prevenzione della corruzione, contenenti l'individuazione delle attività a rischio, la programmazione della formazione mirata per le aree a maggior rischio, la previsione delle procedure gestionali finalizzate alla prevenzione dei reati, l'individuazione di idonee modalità di gestione delle risorse umane e finanziarie, la regolazione di procedure per l'aggiornamento del modello e la previsione di obblighi di informazione nei confronti dell'organismo vigilante.
Essi dovranno, poi, introdurre un Codice di comportamento per i dipendenti che includa la regolazione dei casi di conflitto d'interesse.

Gli enti di diritto privato in controllo pubblico che svolgono funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore di PA o gestiscono servizi pubblici, dovranno, inoltre, adeguarsi alla disciplina sui conferimenti degli incarichi, come prevista dal Dlgs n. 39/2013.
La disciplina e gli obblighi di trasparenza e pubblicità previsti dal Dlgs n. 33/2013 si estendono anche alle società partecipate dagli enti locali, e dagli stessi controllate, in relazione alle attività di pubblico interesse dalle stesse svolte.

Dalla teoria alla pratica
Sulla scorta degli obiettivi strategici individuati dagli organismi internazionali per costruire un sistema normativo idoneo alla prevenzione e alla repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, il dipartimento della Funzione pubblica ha recentemente adottato il Piano nazionale anticorruzione (Pna), che contiene le linee guida a cui dovranno attenersi anche le amministrazioni locali nella predisposizione dei piani triennali.

È stato dato in tal modo il definitivo avvio all'attuazione della normativa sull'anticorruzione.
Nelle linee guida, tra le altre, vanno segnalate le direttive operative da porre in essere per effettuare gli adeguamenti amministrativi ed organizzativi necessari per un'efficace adozione dei Piani di prevenzione.

Si tratta, secondo l'indicazione del dipartimento, di misure a decorrenza immediata, da riprodurre nell'ambito dello stesso Piano.

In primo luogo, le amministrazioni pubbliche, di cui all'art. 1, comma 2, del Dlgs n. 165/2001 devono adottare un Codice di comportamento che integri e specifichi il Codice adottato dal Governo con il Dpr n. 62 del 2013 cui, in ogni caso, sarà sempre opportuno un relativo richiamo.
Ne conseguirà la necessità di adeguare gli atti di incarico ed i contratti e di aggiornare le competenze dell'Ufficio per i procedimenti disciplinari (Upd) alle previsioni del nuovo Codice.
Sarà opportuna la previsione di un'adeguata attività formativa ed informativa per la corretta conoscenza e applicazione del Codice, di un monitoraggio annuale sulla sua attuazione ed una verifica del relativo stato di applicazione, sempre annuale, attraverso l'Upd.

Le amministrazioni, inoltre, dovranno adottare direttive interne per assicurare la rotazione del personale dirigenziale e del personale con funzioni di responsabilità operante nelle aree a rischio corruzione, individuando specificamente le modalità di attuazione della rotazione.

A tale riguardo, sarà necessario prevedere il criterio di rotazione nell'atto di indirizzo relativo ai criteri per il conferimento degli incarichi ed il caso di revoca o assegnazione ad altro incarico in seguito all'avvio di un procedimento penale o disciplinare.
In relazione, poi, all'obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse sarà necessario prevedere adeguate iniziative di formazione/informazione.

Con riferimento al conferimento ed all'autorizzazione allo svolgimento di incarichi ed attività, sia istituzionali che extra istituzionali, andrà adottato un atto, secondo i rispettivi ordinamenti, contenente i criteri per il conferimento e l'autorizzazione di incarichi ed andranno predisposte direttive interne al fine di adeguare gli atti di interpello relativi al conferimento di incarichi ed affinché gli interessati rendano la dichiarazione sostitutiva all'atto del conferimento dell'incarico. Direttive appropriate dovranno essere adottate per effettuare i controlli sui precedenti penali nel caso di attività successive alla cessazione dal servizio e per adottare le conseguenti eventuali determinazioni.

Adeguata attenzione dovrà poi essere prestata all'attuazione della disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità introdotta dal Dlgs n. 39/2013, prevedendo per i casi di particolari attività o incarichi precedenti, una disciplina specifica in materia di inconferibilità per incarichi dirigenziali.

Dovranno essere predisposte, inoltre, direttive interne per effettuare controlli su situazioni di incompatibilità e sulle conseguenti determinazioni in caso di esito positivo del controllo ovvero per adeguare gli atti d'interpello relativi al conferimento di incarichi.

In particolare, con riferimento alla formazione di commissioni, all'assegnazione agli uffici, al conferimento di incarichi in caso di condanna per delitti contro la PA andranno previsti la revisione degli atti normativi o degli altri atti individuati dai relativi ordinamenti recanti i regolamenti sulle commissioni, l'emanazione di direttive interne per effettuare controlli sui precedenti penali e per le conseguenti determinazioni in caso di esito positivo del controllo ovvero per l'adeguamento degli atti d'interpello per il conferimento di incarichi.

Riguardo la tutela del dipendente pubblico che segnala gli illeciti, oltre all'introduzione degli obblighi di riservatezza previsti dalla legge nel PTPC, viene indicata la proposta di sperimentazione di un sistema informatico differenziato e riservato di ricezione delle segnalazioni.

In materia di etica, integrità ed altre tematiche attinenti alla prevenzione della corruzione, un punto molto qualificante della legge n. 190/2012 è costituito dall'obbligo di attuazione di un adeguato corrispondente programma di formazione.

In tale senso, dovranno essere definite le procedure per formare i dipendenti, anche in collaborazione con la Scuola nazionale dell'amministrazione (Sna), pubblicizzati i criteri di selezione del personale da formare, realizzati percorsi formativi differenziati per destinatari, previste forme di "tutoraggio" per l'avvio al lavoro in occasione dell'inserimento in nuovi settori lavorativi, organizzati focus group sui temi dell'etica e della legalità.

Le misure di prevenzione diverse da quelle obbligatorie per legge
Un ulteriore punto qualificante del Pna è rappresentato dalla formulazione, sempre in un'ottica strumentale alla riduzione del rischio di corruzione, di una serie di misure di prevenzione diverse da quelle obbligatorie per legge e la cui elencazione, viene precisato, ha carattere meramente esemplificativo.

Un primo gruppo di misure potrebbe riguardare il potenziamento dei controlli, intensificando quelli a campione sulle dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto notorio rese dai dipendenti e dagli utenti, anche mediante l'intervento dell'eventuale servizio ispettivo dell'amministrazione.

Al riguardo, un'efficace modalità di intervento potrebbe essere rappresentata dalla promozione di convenzioni tra amministrazioni per l'accesso alle banche dati istituzionali contenenti informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti previsti dagli artt. 46 e 47 del Dpr n. 445 del 2000, disciplinando le modalità di accesso ai dati da parte delle amministrazioni procedenti senza oneri a loro carico (art. 58, comma 2, del Dlgs n. 82 del 2005).

Potrebbe, in aggiunta o in alternativa, essere previsto l'affidamento delle ispezioni, dei controlli e degli atti di vigilanza di competenza dell'amministrazione ad almeno due dipendenti abbinati secondo rotazione casuale.

Analogo criterio potrebbe essere adottato in occasione dello svolgimento di procedure o procedimenti "sensibili", dove, ferma la responsabilità del procedimento o del processo affidata ad un unico funzionario, potrebbe essere prevista la presenza di più funzionari.
Un secondo aspetto evidenziato nel Pna è costituito dalla regolazione dell'esercizio della discrezionalità nei procedimenti amministrativi e nei processi di attività, mediante circolari o direttive interne, in modo che lo scostamento dalle indicazioni generali debba essere motivato, con contestuale creazione di flussi informativi sulle deroghe e sugli scostamenti.

Potrebbero, inoltre, essere inserite nei Codici di comportamento settoriali apposite disposizioni per fronteggiare situazioni di rischio specifico (ad esempio, per particolari tipologie professionali, per condotte standard da seguire in particolari situazioni, come nel caso di accessi presso l'utenza); potrebbero essere introdotte procedure che prevedano che i verbali relativi ai servizi svolti presso l'utenza debbano essere sempre sottoscritti dall'utente destinatario; in caso di delega di potere, potrebbe essere prevista un'apposita programmazione di controlli a campione sulle modalità di esercizio della delega.

Un terzo aspetto da approfondire nelle attività di prevenzione riguarda l'adozione di una serie di misure finalizzate all'accrescimento della cultura della legalità.
Potrebbero essere al riguardo formalizzate modalità di comunicazione dirette, ad esempio, da parte di funzionari dell'Upd al fine di ascoltare ed indirizzare i dipendenti dell'amministrazione su situazioni o comportamenti, al fine di prevenire la commissione di fatti corruttivi e di illeciti disciplinari ovvero indiretti, mediante la pubblicazione sul sito internet dell'amministrazione di casi esemplificativi anonimi, tratti dall'esperienza concreta dell'amministrazione, in cui si prospettano comportamenti non adeguati, che realizzano illecito disciplinare, messi eventualmente a confronto con i comportamenti che invece sarebbero stati adeguati.

Con riferimento, poi, alla creazione di canali di ascolto, potrebbero essere realizzate nell'ambito delle strutture esistenti apposite funzioni o attività per curare il rapporto con le associazioni e le categorie di utenti esterni, in modo da raccogliere suggerimenti, proposte sulla prevenzione della corruzione e segnalazioni di illecito, e veicolare le informazioni agli uffici competenti. Ciò potrebbe avvenire utilizzando tutti i canali di comunicazione possibili, dal tradizionale numero verde, alle segnalazioni via web ai social media.

Con riguardo, infine, al ruolo assunto dalla gestione del personale e dall'organizzazione nei meccanismi di prevenzione, viene suggerita la creazione di meccanismi di raccordo tra i servizi competenti a gestire il personale (mediante consultazione obbligatoria e richiesta di avviso dell'Upd, ad esempio) al fine di consentire la valutazione complessiva dei dipendenti anche dal punto di vista comportamentale, in particolare stabilendo un raccordo tra l'ufficio di appartenenza del dipendente, il servizio del personale competente al rilascio di autorizzazioni allo svolgimento di incarichi extraistituzionali e l'Upd ovvero lo svolgimento di incontri e riunioni periodiche tra dirigenti competenti in settori diversi per finalità di aggiornamento sull'attività dell'amministrazione, circolazione delle informazioni e confronto sulle soluzioni gestionali.
Da non sottovalutare, infine, il ruolo dell'informatica per la realizzazione di adeguati raccordi informativi tra i vari settori dell'amministrazione, potendosi prevedere, nell'ambito delle risorse disponibili, l'informatizzazione del servizio di gestione del personale e/o creazione di meccanismi di raccordo tra le banche dati istituzionali dell'amministrazione.

Si ricorda che i Piani, sulla base delle indicazioni del dipartimento della Funzione pubblica, non vanno inviati neanche mediante modalità informatiche.
Deve, al contrario, essere comunicato all'apposito indirizzo mail predisposto dallo stesso Dipartimento (piani.prevenzionecorruzione@funzionepubblica.it) il link all'indirizzo sul proprio sito istituzionale ove risulta pubblicato, indicando nell'oggetto della mail la dicitura "comunicazione del P.T.P.C.".

L'articolo è tratto da Guida al Pubblico impiego n. 11/12 del 2013

Vincenzo Testa, funzionario del dipartimento della Funzione pubblica

sabato 30 novembre 2013

Il modello italiano di assistenza e il ruolo strategico del Terzo Settore. Italia e Cina a confronto.
Chinese People’s Association for Friendship with Foreign Countries (CPAFFC) e Italy China Friendship Association (ICFA), presieduta da Irene Pivetti, presentano il primo Seminario italo-cinese per la cura e assistenza di donne e bambini: una grande opportunità di confronto e collaborazione per le imprese del Terzo Settore di Italia e Cina. L’evento è promosso in collaborazione con Only Italia, rete nazionale che promuove le imprese italiane nel mondo, e Banca Prossima, banca del Gruppo Intesa San Paolo dedicata al mondo Non-profit laico e religioso, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Camerino. Al Seminario sarà presente una Delegazione cinese (composta da venti rappresentanti della Politica, delle Istituzioni e delle Associazioni) che si confronterà nel corso della giornata di convegno con rappresentanti del Terzo Settore italiano e di realtà di eccellenza come l’Ospedale Fatebenefratelli di Roma. Si parlerà inoltre di casi di successo del nostro non-profit, come l’esperienza della rete degli asili nido e dell’assistenza familiare in caso di handicap.

Programma:

PROGRAMMA Seminario, 29 novembre 2013

giovedì 28 novembre 2013

Il Sole 24 ORE - Radiocor 25/11/2013 - 12:56
Breaking News 24 NOTIZIARIO ASIA
Cina: gruppi immobiliari hanno 460 miliardi di arretrati con il fisco
Radiocor - Roma, 25 nov - I principali gruppi immobiliari cinesi hanno arretrati fiscali per un totale di oltre 3.800 miliardi di yuan (460 miliardi di euro). Lo ha riferito la televisione di Stato cinese durante una trasmissione dedicata ai diritti dei consumatori che ha innescato un vivace dibattito. Queste imprese dovrebbero pagare piu' di 4.600 miliardi di yuan di tasse arretrate tra il 2005 e il 2012, ma le autorita', secondo quanto riportato, avrebbero gia' raccolto 800 miliardi. La tv non ha fornito dettagli sulle imprese accusate di non aver pagato tutte le tasse, ma ha detto che l'elenco comprende 45 societa' immobiliari quotate in Cina e all'estero.

Red-Ale
Studentessa indigente con la Ferrari di papà
Le Fiamme Gialle: falso il 63% delle autocertificazioni di tre università romane. Zingaretti: «Benefici tolti a chi ne ha diritto»
Dichiarava un reddito annuo familiare di 19mila euro: peccato che suo padre fosse proprietario di una Ferrari e di diverse case di valore. La storia della studentessa universitaria «pizzicata» dalle Fiamme Gialle per aver presentato un’autocertificazione dei redditi fasulla è solo uno degli esempi dei risultati dei controlli effettuati in sinergia tra Regione Lazio, università romane e Guardia di finanza. Che hanno siglato oggi un patto anti-furbetti per mettere a setaccio le posizioni contributive degli studenti. I primi risultati dei controlli sono impressionanti: se nel 2012, a fronte di 848 verifiche, 521 casi sono risultati irregolari, nel 2013 la percentuale degli studenti che ha dichiarato il falso è schizzata al 63%. Falsi indigenti, che camuffandosi da poveri hanno scavalcato in graduatoria chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese, usufruendo di sconti e agevolazioni. Come la studentessa «smemorata» di Tor Vergata che ha dichiarato redditi per 14.313, dimenticando di possedere un patrimonio di oltre 600mila euro. Oppure quella di Roma Tre che ha «tralasciato» redditi per 70mila euro.
L’ISEE- Quasi tutti gli studenti presentano la dichiarazione per indicare la situazione economica familiare, in base alla quale possono richiedere borse di studio, posti letto o contributi integrativi: l’83,7% dei 196mila universitari iscritti nei tre principali atenei romani, La Sapienza, Roma Tre e Tor Vergata, ha presentato l’Isee. Ma il dato che ha colpito la Guardia di finanza è che ben il 16% risulta nelle prime tre fasce di reddito all’università La Sapienza, quelle meno benestanti, e solo il 27% appartiene invece a famiglie economicamente stabili, che quindi sono inserite nelle prime tre fasce di reddito, dell’università Roma Tre e Tor Vergata. Tra gli studenti stranieri, circa 7000, il 90% ha presentato l’Isee e il 15% ha autocertificato redditi inferiori a 1000 euro: in questo caso sono scattati i controlli anche nei Paesi d’origine.

EQUITA’ SOCIALE- Cosa succede agli studenti pizzicati a dichiarare il falso? «Con i dati a nostra disposizione Laziodisu (l’ente per il diritto allo studio nel Lazio, ndr) provvederà alla revoca delle borse di studio e degli altri benefici», spiega Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio. In realtà, ove ce ne saranno i presupposti, scatterà anche la denuncia all’autorità giudiziaria oppure una multa, se lo statuto lo prevede: è quello che è capitato a centinaia di studenti della Sapienza, costretti a pagare fino a 4000 euro di sanzioni per sanare la propria posizione dopo aver certificato il falso. Una situazione, quella del più grande ateneo romano, che si trascina da un anno e mezzo, con decine di studenti che protestano contro le sanzioni e il rettorato che cerca di mantenere la propria posizione per non far passare l’idea che si possa dichiarare il falso senza conseguenze. Qual è lo scopo di tanta severità? «Gli effetti benefici di legalità sono doppi- sottolinea il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti - . Spesso persone che non ne hanno diritto rubano diritti a chi ne avrebbe titolo». La Regione ha infatti ridotto negli anni le spese per il diritto allo studio per serie difficoltà nel saldare i conti: a fine giugno non erano ancora state saldate le rate per le borse di studio del 2009. «Ora però stiamo saldando tutto- assicura Zingaretti – e nel 2014 saremo regolari». Anche grazie alle risorse recuperate attraverso le operazioni di smascheramento: l’obiettivo è quello di «evitare la dispersione delle risorse pubbliche -conclude Ivano Maccani, comandante provinciale della Guardia di finanza – garantendo maggiore equità sociale».

28 novembre 2013
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lunedì 25 novembre 2013

Wall Street Journal: stabilità di Letta come quella di un cimitero
Impietosa l'analisi del foglio finanziario americano

Raffaello Binelli - Lun, 25/11/2013 - 12:04

E pone un interrogativo a dir poco imbarazzante: l’Italia rischia di arrivare ad una stabilità simile a quella di un cimitero? Il nostro Paese - si legge sul quotidiano economico - "ha fatto più progressi di ogni altro nel ripianare il proprio bilancio", ma ha bisogno di riforme e il governo non riesce a portarle avanti perché "appare paralizzato".

Siamo l'unico Paese del Sud Europa - sottolinea impietoso il Wsj - che non ha incrementato la propria competitività dall’inizio della crisi: "Ed è difficile comprendere come, con una crescita dell’1% scarso, possa centrare i target europei per il debito". Il governo punta molto sul lavoro del commissario Cottarelli, "ma nessuno è convinto, anche Monti ci aveva provato, ma non ha ottenuto nulla".

Il foglio finanziario traccia tre scenari: il primo è quello di un governo "senza catene" in grado di lanciare le riforme; il secondo è che il successo di Matteo Renzi alle primarie del Pd costringa il governo Letta "ad accettare nuove elezioni per arrivare ad
un governo di maggioranza" che possa agire con maggiore autonomia; il terzo è che Renzi non riesca a "soppiantare" Letta, che ha "il sostegno parlamentare del proprio partito e del capo dello Stato Giorgio Napolitano", e che i due vengano trascinati "nella loro amara rivalità", portando a un nuovo stallo politico che ostacoli le riforme.

In questo quadro, osserva infine il Wsj, "non sorprende che molti italiani temano che la stabilità che offre Letta si scopra essere quella di un cimitero". Dove effettivamente la situazione è stabile ma a prevalere è la morte, non la vita.