La doppiezza di Angela Merkel
di BARBARA SPINELLI
Non è semplice definire la fisionomia di Angela Merkel divenuta cancelliera per la terza volta. In patria ha trionfato grazie alla sua sembianza tranquilla, rassicurante, digiuna d'ogni ideologia: i tedeschi la chiamano Mutti, Mamma.
Senza remore assorbe idee socialdemocratiche, come Blair assorbì Margaret Thatcher. In Europa la fisionomia è tutt'altra: perentoria, rigida, matrigna più che materna. È come se avesse accanto a sé un sosia, un signor Hyde che di notte s'aggira nelle città europee e non strangola certo fanciulle ma piega le economie dei paesi troppo indebitati, che la sua morale castigatrice non tollera. Li piega fino a spezzarli: è successo in Grecia, peccatrice per eccellenza.
È una doppiezza con cui continueremo a fare i conti, anche perché i tedeschi desiderano proprio questo: l'isola immunizzata in un felice recinto, e fuori un disordine caotico che solo l'inflessibile mano di Berlino può disciplinare, per salvare l'euro o distruggerlo purché la Germania non finanzi eccessive solidarietà.
Ulrich Beck ha dato un nome a questa strategia che esalta l'insularità nazionale, che è del tutto priva di visione europea, e ha tramutato l'Unione in disunione: l'ha chiamata modello Merkiavelli. Il Principe deve scegliere: o farsi amare o farsi temere. La vincitrice delle elezioni si sdoppia: è amata in casa, e fuori incute paura. Se in questi anni ha eretto l'esitazione a norma, se un giorno apre all'unione federale e il giorno dopo s'avventa contro il rafforzamento del bilancio europeo, la mutualizzazione dei debiti, l'unione bancaria, è per meglio acquietare i propri elettori. "L'esitazione si fa strumento machiavellico di coercizione", anche se ogni volta lo sfascio dell'Europa è evitato in extremis, e ad alto prezzo.
Beck è convinto che alla lunga la strategia non reggerà. Verrà il momento di decisioni più ardite, e la Merkel oserà l'integrazione europea che non ha davvero tentato. Non più allarmata dal voto, aspirerà a una grandezza meno provinciale: vorrà entrare nei libri di storia come vi sono entrati Brandt, Schmidt, Kohl. Non sarà disturbata oltremisura dal nuovo partito anti-europeo (Alternativa per la Germania), che farà sentire il suo peso ma non è ancora in Parlamento. Desidererà esser ricordata per la sua qualità di guida che accomuna gli europei, invece di spaventarli, soggiogarli, separarli.
Questo carisma non l'ha mai posseduto. Non c'è una sua sola frase sull'Europa che sia memorabile, se escludiamo l'interiezione (Un passo dopo l'altro - Schritt für Schritt) che costella i discorsi. Lo stesso machiavellismo dovrebbe indurla a cambiar strada, a realizzare l'Europa politica che ogni tanto invoca. La Germania è diventata troppo potente - conclude Beck - per permettersi il lusso dell'indecisione, dell'inattività. Né lei né i socialdemocratici possono continuare a sonnecchiare sull'orlo del vulcano, come la bella addormentata descritta da Jürgen Habermas.
Per svegliarsi dal sonno non basta tuttavia liberarsi del machiavellismo: che è solo un metodo, utile a simulare l'assenza di ideologie. L'ideologia c'è, invece: la logica del recinto immunizzante presuppone la certezza di possedere una scienza infusa, un'ortodossia economica non confutabile, e di quest'ortodossia si nutre il neo-nazionalismo tedesco. Non è più l'aspirazione a un impero territoriale, ed è vero che Berlino non desidera restare sola al comando, come alcuni sostengono. È il nazionalismo di ricette economiche presentate come toccasana infallibili, e che può essere riassunto così: che ognuno "faccia i suoi compiti a casa" - dietro le rispettive palizzate, costi quel che costi - e solo dopo saranno possibili la cooperazione, la solidarietà, l'Europa politica di cui ci sarebbe subito bisogno. I risultati del nazional-liberalismo tedesco (il nome scientifico è ordoliberalismo) sono stati disastrosi. In Grecia, i salvataggi accoppiati a terapie recessive hanno aumentato il peso del debito pubblico sul prodotto nazionale (130% nel 2009; 175 oggi), con effetti tragici su crescita e disoccupazione (27% sul piano nazionale, 57% fra i giovani).
La cancelliera non vuole comandare, ma soverchiatore è il dogma secondo cui l'ordine mondiale regnerà a condizione che ogni Stato faccia prima ordine economico in casa. È predominio il rifiuto opposto agli eurobond, gli ostacoli frapposti all'unione bancaria perché Berlino mantenga il controllo politico sulle proprie banche, l'ostilità a un aumento delle risorse comunitarie che consenta quei piani europei di investimento che Jacques Delors propose invano fin dal '93-'94. È predominio quando la Banca centrale tedesca chiede di contare di più negli organi della Bce, e attacca Draghi perché s'è permesso contro il parere berlinese di soccorrere i paesi in difficoltà acquistando i loro titoli. Non meno prepotente è la Corte costituzionale di Karlsruhe, che paralizza l'Unione ogni volta che verifica la conformità dei piani europei di solidarietà alla Costituzione tedesca, senza mai inglobare gli imperativi dei trattati costituzionali della Comunità. Siamo abituati ad associare nazionalismo e autoritarismo. Ma il nazionalismo può anche indossare le vesti di una democrazia nazionale osservata con puntiglio: ma nell'isolamento, indifferente a quel che pensano e vivono le altre democrazie dell'Unione.
Se la Merkel ha vinto con questa ricetta è perché il neo-nazionalismo è diffuso nel paese. Una Grande Coalizione fra democristiani e socialdemocratici non cambierebbe nella sostanza le cose: la socialdemocrazia appoggia da anni le politiche europee del governo, pur denunciandone a parole i pericoli. Ha addirittura accusato la Merkel di spendere troppo. Proporsi un'Europa diversa è compito affidato alla cancelliera come ai suoi eventuali alleati di sinistra.
Il Modello Germania fa ritorno, ma non è più l'alternativa al mercato senza briglie che Schmidt concepì nel '76. I tedeschi cercano rifugio nell'ortodossia nazional-liberista non perché felici, ma perché impauriti. Vogliono a ogni costo stabilità. E "nessun esperimento", come Adenauer promise dopo il '45. Non tutti i tedeschi in verità, perché c'è povertà anche in Germania e ben 7 milioni di precari lavorano per salari oscillanti fra 8 e 5 euro l'ora (meno dal salario minimo in Spagna). Ma i più si sentono confortati da un leader che non sembra chiedere granché ai concittadini, anche quando in realtà chiede. Bisogna che la crisi tocchi la pelle del paese, perché ci sia risveglio. La Merkel ne è stata capace, a seguito della catastrofe di Fukushima: meno di tre mesi dopo, il 6 giugno 2011, ha rinunciato all'energia atomica.
Molto potranno fare gli Stati dell'Unione, se smetteranno la subalternità che li distingue. Tra i subalterni ricordiamo l'Italia di Letta-Napolitano, che s'aspettava chissà quali miracoli dal voto tedesco; e che dopo il voto si autoincensa paragonando l'imparagonabile: Larghe Intese e Grosse Koalition, Berlusconi e Merkel, indecentemente assimilati.
Molto dipenderà infine dalle sinistre tedesche. Sulla carta esiste una maggioranza parlamentare, composta di socialdemocratici, verdi e sinistra radicale (Linke). Governare con la Linke è giudicato irresponsabile dalla Spd, ed è tabù comprensibile: il partito ingloba gli ex comunisti della Germania Est. Ma questi anni potevano essere usati per costruire un dialogo civilizzatore della Linke, e prefigurare un'alternativa alla Merkel. Per tanti tedeschi il dialogo è destabilizzante. Ma la democrazia non si esaurisce tutta nella stabilità, nella continuità. Priva come la Merkel di forti visioni, la socialdemocrazia è rimasta intrappolata nello spirito dei tempi: "Non c'è alternativa alle cose come stanno". È un altro recinto da smantellare, se con la Germania crediamo non alle cose come stanno, ma alla possibilità di un'Europa diversa.
mercoledì 25 settembre 2013
martedì 24 settembre 2013
Pechino, la città del futuro
In viaggio nella metropoli più grande del mondo
(Di Eugenia Romanelli)
Il 2014 è l’anno di Pechino, sostengono i forum di viaggio sui social network. E in effetti è vero, il momento è particolarmente favorevole, visto l’ascendente che gran parte dell’Asia, e in particolare la Cina, sta conquistando sul vecchio Occidente. Per organizzare un viaggio degno di questo nome nella capitale della Repubblica Popolare Cinese però occorre ricavarsi del tempo. Infatti le dimensioni, qui, contano: stiamo parlando della città più estesa al mondo - poco più della metà del Belgio – e più popolosa - con circa 18 milioni di abitanti.
A differenza di Shangai, maggiore centro economico della Cina, Pechino è riconosciuta come centro politico di grande importanza ormai per tutto il mondo. Ma da dove iniziare? Nonostante le schegge di futuro che qui possono facilmente essere intercettate, questa metropoli ha da offrire anche una storia millenaria di grande fascino, ricca di arte e di cultura. Perdersi nella Città Proibita, il più grande complesso di edifici imperiali del mondo, dovrebbe quindi essere il primo passo non solo per conoscere il passato, ma anche per capire il presente e immaginare gli scenari degli anni a venire.
Quest’area oltretutto è un indubbio scrigno di tesori dell’arte cinese, gran parte dei quali sono raccolti nel Museo del Palazzo. Di fronte alla Città Proibita si estende la gigantesca Piazza Tienanmen, la più grande del mondo, tristemente nota per le proteste studentesche del 1989. Nei dintorni, da non mancare, c’è poi il parco millenario di Beihai, pieno zeppo di edifici storici di importanza mondiale. Ma la città è un tripudio di testimonianze che spaziano tra storia, arte, religione, filosofia, botanica, artigianato, etc. Basti pensare al Tempio del Paradiso, al Palazzo d'Estate, al Tempio della Luna, a quello del Sole e a quello della Terra, e poi il Tempio di Confucio (in onore del filosofo del V secolo a. C.), o le Tombe dei Ming (una zona dove sono stati seppelliti 13 imperatori di questa dinastia), ma anche le Torri del Tamburo e della Campana costruite nel 1400, l’Antico Osservatorio del periodo di Kublai Khan, i giardini botanici, il mercato della seta, il Tempio delle Nuvole Azzurre, fino alla Grande Muraglia, una delle otto meraviglie del mondo.
Il Tempio della Nuvola Bianca invece, luogo di culto tuttora attivo del Taoismo Quanzhen e attuale sede centrale della Chiesa Taoista cinese, è un'istituzione religiosa che amministra qualsiasi attività legata al taoismo in tutto il paese (fu costruito una prima volta nel VIII secolo e poi, dopo l’incendio del 1202, una seconda volta nel 1224, per volere di Gengis Khan). Qui ovviamente i musei sono stracolmi, anche per via dell’amore che da sempre i cinesi versano per l’arte in tutte le sue espressioni: imperdibili il Museo Nazionale di Arte Cinese, con oltre 60 mila opere, il Museo d'Arte di Pechino, nel bellissimo Tempio della Longevità, il Museo delle Antiche Porcellane Mumingtang, il Museo dell'Opera Tradizionale, il Museo della Capitale, con 200 mila reperti, il Museo di Storia Cinese e il Museo della Rivoluzione Cinese, ma anche il Museo di Storia Militare Cinese e soprattutto il Museo del Palazzo (museo della Città Proibita), con i suoi ben 900 mila pezzi. Infine, ma non da meno, il Museo d'Arte Contemporanea, vero e proprio simulacro dei nuovi linguaggi espressivi globali, e il Museo di Storia Naturale, il più grande della Cina.
Anche l’architettura pechinese è molto interessante, coi suoi tre stili: la Pechino capitale imperiale è ben rappresentata da Piazza Tien’amen, lo stile austero "sino-sovietico" tipico degli anni 1950-1970 è invece tipicamente rigoroso ed austero, mentre la recente apertura economica è iconificata dal Beijing CBD (Beijing Central Business District) e vanta grattacieli di vetro futuribili e infrastrutture avvenieristiche, in gran parte realizzati per la XXIX Olimpiade del 2008. Tuttavia, il tradizionale stile architettonico di Pechino è il siheyuan: edifici a pianta quadrata con un cortile interno ricco di piante, acquari e fiori dove si affacciano le varie stanze della casa. Queste abitazioni si snodano lungo i vicoli hutong, sempre direzionati sulla direttrice est-ovest per fare in modo che le entrate delle case si rivolgano a nord e sud come vuole il Feng shui. Chi invece è più attratto dalla Pechino contemporanea, da vedere in particolare sono il nuovo Teatro dell'Opera (vedi articolo correlato), il nuovo stadio olimpico, la nuova sede della TV di stato CCTV, il Centro Acquatico Nazionale e l’aeroporto intercontinentale. Molto interessante anche il distretto artistico di Dashanzi, con una straordinaria commistione fra stili tradizionali e moderni, come pure il sobborgo di Orange County, fedele riproduzione di un tipico quartiere suburbano americano con case di lusso per la dinamica classe medio-alta.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
In viaggio nella metropoli più grande del mondo
(Di Eugenia Romanelli)
Il 2014 è l’anno di Pechino, sostengono i forum di viaggio sui social network. E in effetti è vero, il momento è particolarmente favorevole, visto l’ascendente che gran parte dell’Asia, e in particolare la Cina, sta conquistando sul vecchio Occidente. Per organizzare un viaggio degno di questo nome nella capitale della Repubblica Popolare Cinese però occorre ricavarsi del tempo. Infatti le dimensioni, qui, contano: stiamo parlando della città più estesa al mondo - poco più della metà del Belgio – e più popolosa - con circa 18 milioni di abitanti.
A differenza di Shangai, maggiore centro economico della Cina, Pechino è riconosciuta come centro politico di grande importanza ormai per tutto il mondo. Ma da dove iniziare? Nonostante le schegge di futuro che qui possono facilmente essere intercettate, questa metropoli ha da offrire anche una storia millenaria di grande fascino, ricca di arte e di cultura. Perdersi nella Città Proibita, il più grande complesso di edifici imperiali del mondo, dovrebbe quindi essere il primo passo non solo per conoscere il passato, ma anche per capire il presente e immaginare gli scenari degli anni a venire.
Quest’area oltretutto è un indubbio scrigno di tesori dell’arte cinese, gran parte dei quali sono raccolti nel Museo del Palazzo. Di fronte alla Città Proibita si estende la gigantesca Piazza Tienanmen, la più grande del mondo, tristemente nota per le proteste studentesche del 1989. Nei dintorni, da non mancare, c’è poi il parco millenario di Beihai, pieno zeppo di edifici storici di importanza mondiale. Ma la città è un tripudio di testimonianze che spaziano tra storia, arte, religione, filosofia, botanica, artigianato, etc. Basti pensare al Tempio del Paradiso, al Palazzo d'Estate, al Tempio della Luna, a quello del Sole e a quello della Terra, e poi il Tempio di Confucio (in onore del filosofo del V secolo a. C.), o le Tombe dei Ming (una zona dove sono stati seppelliti 13 imperatori di questa dinastia), ma anche le Torri del Tamburo e della Campana costruite nel 1400, l’Antico Osservatorio del periodo di Kublai Khan, i giardini botanici, il mercato della seta, il Tempio delle Nuvole Azzurre, fino alla Grande Muraglia, una delle otto meraviglie del mondo.
Il Tempio della Nuvola Bianca invece, luogo di culto tuttora attivo del Taoismo Quanzhen e attuale sede centrale della Chiesa Taoista cinese, è un'istituzione religiosa che amministra qualsiasi attività legata al taoismo in tutto il paese (fu costruito una prima volta nel VIII secolo e poi, dopo l’incendio del 1202, una seconda volta nel 1224, per volere di Gengis Khan). Qui ovviamente i musei sono stracolmi, anche per via dell’amore che da sempre i cinesi versano per l’arte in tutte le sue espressioni: imperdibili il Museo Nazionale di Arte Cinese, con oltre 60 mila opere, il Museo d'Arte di Pechino, nel bellissimo Tempio della Longevità, il Museo delle Antiche Porcellane Mumingtang, il Museo dell'Opera Tradizionale, il Museo della Capitale, con 200 mila reperti, il Museo di Storia Cinese e il Museo della Rivoluzione Cinese, ma anche il Museo di Storia Militare Cinese e soprattutto il Museo del Palazzo (museo della Città Proibita), con i suoi ben 900 mila pezzi. Infine, ma non da meno, il Museo d'Arte Contemporanea, vero e proprio simulacro dei nuovi linguaggi espressivi globali, e il Museo di Storia Naturale, il più grande della Cina.
Anche l’architettura pechinese è molto interessante, coi suoi tre stili: la Pechino capitale imperiale è ben rappresentata da Piazza Tien’amen, lo stile austero "sino-sovietico" tipico degli anni 1950-1970 è invece tipicamente rigoroso ed austero, mentre la recente apertura economica è iconificata dal Beijing CBD (Beijing Central Business District) e vanta grattacieli di vetro futuribili e infrastrutture avvenieristiche, in gran parte realizzati per la XXIX Olimpiade del 2008. Tuttavia, il tradizionale stile architettonico di Pechino è il siheyuan: edifici a pianta quadrata con un cortile interno ricco di piante, acquari e fiori dove si affacciano le varie stanze della casa. Queste abitazioni si snodano lungo i vicoli hutong, sempre direzionati sulla direttrice est-ovest per fare in modo che le entrate delle case si rivolgano a nord e sud come vuole il Feng shui. Chi invece è più attratto dalla Pechino contemporanea, da vedere in particolare sono il nuovo Teatro dell'Opera (vedi articolo correlato), il nuovo stadio olimpico, la nuova sede della TV di stato CCTV, il Centro Acquatico Nazionale e l’aeroporto intercontinentale. Molto interessante anche il distretto artistico di Dashanzi, con una straordinaria commistione fra stili tradizionali e moderni, come pure il sobborgo di Orange County, fedele riproduzione di un tipico quartiere suburbano americano con case di lusso per la dinamica classe medio-alta.
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mercoledì 18 settembre 2013
Breaking News 24 18/09/2013 - 08:46
NOTIZIARIO ASIA
Cina: prezzi nuove case agosto salgono in 66 citta' su 70
Crescita maggiore da inizio anno
Radiocor - Milano, 18 set - La media dei prezzi delle nuove case in 70 citta' cinesi e' salita in agosto, con la crescita maggiore da inizio anno. Nel dettaglio i prezzi delle nuove case sono saliti in 66 su 70 tra le piu' grandi e medie citta' su base mensile, sono scesi in due citta' e invariati nelle restanti. In luglio i prezzi erano saliti in 62 citta'. Analisti e ricercatori chiedono al governo centrale di applicare nuove misure di sostegno al settore . I prezzi sono saliti in media in agosto del 7,48% su base annua, contro il +6,7% di luglio e il +6,12% di giugno. Su base congiuntura il progresso medio e' stato dello 0,79% in agosto, in accelerazione rispetto al +0,68% di luglio e +0,78% di giugno.
red-lod
NOTIZIARIO ASIA
Cina: prezzi nuove case agosto salgono in 66 citta' su 70
Crescita maggiore da inizio anno
Radiocor - Milano, 18 set - La media dei prezzi delle nuove case in 70 citta' cinesi e' salita in agosto, con la crescita maggiore da inizio anno. Nel dettaglio i prezzi delle nuove case sono saliti in 66 su 70 tra le piu' grandi e medie citta' su base mensile, sono scesi in due citta' e invariati nelle restanti. In luglio i prezzi erano saliti in 62 citta'. Analisti e ricercatori chiedono al governo centrale di applicare nuove misure di sostegno al settore . I prezzi sono saliti in media in agosto del 7,48% su base annua, contro il +6,7% di luglio e il +6,12% di giugno. Su base congiuntura il progresso medio e' stato dello 0,79% in agosto, in accelerazione rispetto al +0,68% di luglio e +0,78% di giugno.
red-lod
Breaking News 24 del 17/9/2013 - 14:34
NOTIZIARIO ASIA
### Cina: la riforma della logistica fra le priorita' per Pechino - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 17 set - Come l'elettronica, la logistica e' un'industria indipendente e contemporaneamente un servizio per le altre. Taglia infatti orizzontalmente tutte le attivita' produttive. In Cina assolve a un compito fondamentale: rendere accessibili i prodotti della fabbrica del mondo. Per questo contribuisce all'andamento del Pil e ne viene a sua volta condizionata. Non sorprende dunque che il settore si sia affermato fortemente negli ultimi anni, goda prospettive di crescita - seppure rallentata - mostri infine al suo interno criticita' forti la cui soluzione non puo' essere dilazionata. L'intera industria e' cresciuta del 9,8% nel 2012 e del 12,3% nell'anno precedente (y-o-y). Essa rappresenta il 15,3% dell'intero terziario e il 6,8% del Pil cinese. Si tratta chiaramente di valori enormi, la cui importanza tuttavia non e' stata finora in linea con lo sviluppo di altri settori. Ad esempio i costi della logistica in relazione al valore dei prodotti sono quasi doppi rispetto alle economie industrializzate. Questa relazione e' stata sopportabile negli anni, grazie ai costi comunque bassi dei fattori di produzione. Ora invece la concorrenza di altri paesi asiatici e l'aumento dei costi in Cina rendono necessario un miglioramento strutturale. Essa soffre di due principali difetti: la frammentazione e la scarsa specializzazione. Si tratta di considerazioni generali, peraltro applicabili alla struttura industriale del paese. Un primo esempio si trova nel comparto dei trasporti, che vale piu' della meta' dell'industria (le altre due componenti - magazzinaggio e gestione - ne raggiungono insieme il 48%). Una pregevole analisi di Li&Fung di Hong Kong rileva che operano in Cina ben 790.000 trasportatori su gomma nel paese e che le prime 20 aziende non raggiungono il 2% del mercato. E' immediata la nozione che la concorrenza si svolge sui prezzi e sul breve raggio. Soltanto le grandi aziende cinesi riescono a raggiungere tutte le zone del paese. I grandi distributori piu' famosi dominano le spedizioni internazionali e hanno da pochi mesi ottenuto la licenza per operare sull'intero territorio cinese. La pressione sui concorrenti locali sara' piu' forte e li costringera' ad affrontare temi finora sacrificati: la gestione delle scorte; l'efficienza degli inventari, la puntualita' nelle consegne. Queste sfide sono comunque cogenti per almeno due novita' che stanno emergendo nel ciclo produzione-consumo. La delocalizzazione di industrie nelle zone interne e' la piu' evidente. La costa cinese e' ora affollata, spesso inquinata, con alti costi di gestione. I produttori - soprattutto di beni di consumo - si sono trasferiti vicino a citta' di seconda e terza fascia, all'interno del paese, in zone talvolta ancora rurali e comunque con accessi piu' difficili. Da li' e' necessario far arrivare in maniera efficiente i prodotti ai consumatori cinesi e soprattutto alle navi container. La seconda sfida e' rappresentata dall'esplosione dell'e-commerce, dove e' piu' diretta l'intermediazione tra produttore e consumatore. Nel 2012 sono stati gestiti 25 milioni di ordini al giorno, il 60% dei quali rappresentati dalle vendite on line. Sono evidenti le implicazioni: l'innovazione e' necessaria e centrale per mantenere le posizioni aziendali e assicurare un servizio all'intero mercato. E' l'ulteriore conferma che una fase spontanea e confusa, seppure redditizia, della logistica ha bisogno di una revisione. Sono necessarie competenze, consolidamenti, iniziative private all'interno di una politica nazionale dei trasporti. Se e' difficile immaginare una frenata brusca dell'economia cinese, e' invece ragionevole inserire la riforma del settore tra le priorita' di Pechino. E' l'ulteriore banco di prova della dirigenza, che sembra aver scoperto in ritardo che la distribuzione e' ugualmente importante della produzione.
* Presidente di Osservatorio Asia
NOTIZIARIO ASIA
### Cina: la riforma della logistica fra le priorita' per Pechino - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 17 set - Come l'elettronica, la logistica e' un'industria indipendente e contemporaneamente un servizio per le altre. Taglia infatti orizzontalmente tutte le attivita' produttive. In Cina assolve a un compito fondamentale: rendere accessibili i prodotti della fabbrica del mondo. Per questo contribuisce all'andamento del Pil e ne viene a sua volta condizionata. Non sorprende dunque che il settore si sia affermato fortemente negli ultimi anni, goda prospettive di crescita - seppure rallentata - mostri infine al suo interno criticita' forti la cui soluzione non puo' essere dilazionata. L'intera industria e' cresciuta del 9,8% nel 2012 e del 12,3% nell'anno precedente (y-o-y). Essa rappresenta il 15,3% dell'intero terziario e il 6,8% del Pil cinese. Si tratta chiaramente di valori enormi, la cui importanza tuttavia non e' stata finora in linea con lo sviluppo di altri settori. Ad esempio i costi della logistica in relazione al valore dei prodotti sono quasi doppi rispetto alle economie industrializzate. Questa relazione e' stata sopportabile negli anni, grazie ai costi comunque bassi dei fattori di produzione. Ora invece la concorrenza di altri paesi asiatici e l'aumento dei costi in Cina rendono necessario un miglioramento strutturale. Essa soffre di due principali difetti: la frammentazione e la scarsa specializzazione. Si tratta di considerazioni generali, peraltro applicabili alla struttura industriale del paese. Un primo esempio si trova nel comparto dei trasporti, che vale piu' della meta' dell'industria (le altre due componenti - magazzinaggio e gestione - ne raggiungono insieme il 48%). Una pregevole analisi di Li&Fung di Hong Kong rileva che operano in Cina ben 790.000 trasportatori su gomma nel paese e che le prime 20 aziende non raggiungono il 2% del mercato. E' immediata la nozione che la concorrenza si svolge sui prezzi e sul breve raggio. Soltanto le grandi aziende cinesi riescono a raggiungere tutte le zone del paese. I grandi distributori piu' famosi dominano le spedizioni internazionali e hanno da pochi mesi ottenuto la licenza per operare sull'intero territorio cinese. La pressione sui concorrenti locali sara' piu' forte e li costringera' ad affrontare temi finora sacrificati: la gestione delle scorte; l'efficienza degli inventari, la puntualita' nelle consegne. Queste sfide sono comunque cogenti per almeno due novita' che stanno emergendo nel ciclo produzione-consumo. La delocalizzazione di industrie nelle zone interne e' la piu' evidente. La costa cinese e' ora affollata, spesso inquinata, con alti costi di gestione. I produttori - soprattutto di beni di consumo - si sono trasferiti vicino a citta' di seconda e terza fascia, all'interno del paese, in zone talvolta ancora rurali e comunque con accessi piu' difficili. Da li' e' necessario far arrivare in maniera efficiente i prodotti ai consumatori cinesi e soprattutto alle navi container. La seconda sfida e' rappresentata dall'esplosione dell'e-commerce, dove e' piu' diretta l'intermediazione tra produttore e consumatore. Nel 2012 sono stati gestiti 25 milioni di ordini al giorno, il 60% dei quali rappresentati dalle vendite on line. Sono evidenti le implicazioni: l'innovazione e' necessaria e centrale per mantenere le posizioni aziendali e assicurare un servizio all'intero mercato. E' l'ulteriore conferma che una fase spontanea e confusa, seppure redditizia, della logistica ha bisogno di una revisione. Sono necessarie competenze, consolidamenti, iniziative private all'interno di una politica nazionale dei trasporti. Se e' difficile immaginare una frenata brusca dell'economia cinese, e' invece ragionevole inserire la riforma del settore tra le priorita' di Pechino. E' l'ulteriore banco di prova della dirigenza, che sembra aver scoperto in ritardo che la distribuzione e' ugualmente importante della produzione.
* Presidente di Osservatorio Asia
TUTTOGREEN
01/08/2013
Ambiente: CIna investirà 330 mld in rinnovabili entro 2015
AFP
ROMA
Roma, 1 ago. (TMNews) - La Cina, il maggiore produttore mondiale di emissioni di CO2, investirà nei prossimi due anni fino a 1,8 trilioni di yuan, pari a 294 miliardi di dollari, per combattere i cambiamenti climatici e favorire lo sviluppo delle fonti pulite. L'annuncio è stato dato da Xie Zhenhua, vice presidente della National Development and Reform Commission che, nel corso di una conferenza sul piano degli investimenti del Paese dei prossimi due anni, ha ribadito la volontà del Governo cinese di allacciare alla rete elettrica nazionale, entro quella data, circa 100 GW eolici e circa 35 GW fotovoltaici
Il governo del primo Paese produttore mondiale di emissioni di CO2, sarebbe in procinto di stanziare altri 2,3 trilioni di yuan per incentivare il risparmio energetico e tagliare, entro il 2020, il 45% delle emissioni rispetto al 2005.
Innfine, il governo cinese ha recentemente chiesto a sette città ad alto rischio di inquinamento ambientale, di varare programmi regionali di riduzione delle emissioni e di negoziazione dei diritti di emissioni, ponendo le basi per estendere gradualmente a tutte le regioni il sistema di scambio delle emissioni a partire proprio dal 2015.
La Stampa
TMNews
giovedì 12 settembre 2013
NOTIZIARIO ASIA 10/09/2013 - 15:14
### Cina: dovra' rivedere idea di politica internazionale - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 10 set - Se l'Europa e' malata di rinascente nazionalismo, la Cina ne sorride. Non si lamenta, ne trae vantaggio, rafforza le sue convinzioni sul bilateralismo. Pechino non crede alle visioni ideali della politica estera, che ritiene debba essere asservita totalmente agli interessi materiali del paese. Non fa parte di alcuna istituzione che ne limiti la sovranita'; per questo non si duole se l'Ue sembra uno strumento pervaso da impotenza e da retorica. Lo stato nazionale secondo la tradizione cinese non puo' cedere potere, se non a rischio della propria sopravvivenza. Per questo, la stasi dell'integrazione europea e' vista senza sorpresa. La crisi economica ha fatto sorgere il dubbio sulla validita' dell'esperimento di Bruxelles. L'Europa da molti suoi cittadini e' vista come un fardello, un'intrusione nella politica interna, un vincolo esterno duro e difficile da digerire. Pechino non soffre di questi problemi e in ogni caso preferisce dialogare con i singoli stati piuttosto che con la burocrazia comunitaria. E' noto che Berlino, non Bruxelles, sia la capitale piu' blandita. Tuttavia l'Unione Europea rimane un partner indispensabile per la Cina. Non se ne dimenticano le dimensioni (il Pil piu' grande al mondo), le immense capacita' produttive, i consumi elevati di merci cinesi. Inoltre, piu' recentemente ma non per questo in maniera meno importante, ne studia le dinamiche interne. Le conclusioni sono al tempo stesso ironiche e promettenti. Proprio nella fase storica di affermazione dell'economia di mercato, e dunque della divisione in due blocchi europei, la politica dominante sembra avviata verso le divisioni piuttosto che all'unione di intenti. Inoltre, gli Stati Uniti - che di quell'affermazione erano stati gli alfieri - rilevano una pluralita' di posizioni che sarebbe stata considerata un cedimento negli anni della Guerra Fredda. Come se ci fosse stato un riallineamento dopo la vittoria ideologica, il fronte europeo mostra delle novita' inattese. L'ultimo G20 di San Pietroburgo ha messo in evidenza divisioni forti sul caso siriano. Solo la Francia si e' schierata apertamente con gli Stati Uniti, mentre gli altri partner europei - soprattutto il Regno Unito - hanno mostrato un ventaglio di diversita'. Un altro dei vecchi capisaldi di Washington, vale a dire tenere a bada la Germania, sembra smentito dalla forza economica di Berlino. Se la politica latita, e' l'economica a dominare e cio' favorisce la Germania che riacquista, per vie diverse, un ruolo centrale. L'ultimo paradosso e' il potere di condizionamento della Russia. Se prima Mosca era temuta politicamente e militarmente, ora la sua apertura condizionata le offre un ruolo decisivo negli equilibri energetici e territoriali. Il fallimento del summit G20 ne e' l'ultima conferma. In questo quadro la Cina non si trova disorientata. E' una potenza continentale, non ha ambito a conquiste ma soltanto a sicurezze, ricava oggettivamente forza da una globalizzazione dove prevalgono la frammentazione e la divisione. Puo' far valere in questi casi la sua forza e il suo successo. E' pero' una posizione che inevitabilmente dovra' essere riconsiderata. Limitarsi a considerare la politica internazionale come una somma di mercati e di approvvigionamenti (destinazione delle merci e acquisto di materie prime) e' una posizione che non potra' essere mantenuta indefinitamente. E' vero che lo scenario per Pechino e' confuso e disorientante, ma la miopia non potra' essere una soluzione per una grande potenza come la Cina.
*Presidente di Osservatorio Asia
### Cina: dovra' rivedere idea di politica internazionale - TACCUINO DA SHANGHAI
di Alberto Forchielli*
Radiocor - Milano, 10 set - Se l'Europa e' malata di rinascente nazionalismo, la Cina ne sorride. Non si lamenta, ne trae vantaggio, rafforza le sue convinzioni sul bilateralismo. Pechino non crede alle visioni ideali della politica estera, che ritiene debba essere asservita totalmente agli interessi materiali del paese. Non fa parte di alcuna istituzione che ne limiti la sovranita'; per questo non si duole se l'Ue sembra uno strumento pervaso da impotenza e da retorica. Lo stato nazionale secondo la tradizione cinese non puo' cedere potere, se non a rischio della propria sopravvivenza. Per questo, la stasi dell'integrazione europea e' vista senza sorpresa. La crisi economica ha fatto sorgere il dubbio sulla validita' dell'esperimento di Bruxelles. L'Europa da molti suoi cittadini e' vista come un fardello, un'intrusione nella politica interna, un vincolo esterno duro e difficile da digerire. Pechino non soffre di questi problemi e in ogni caso preferisce dialogare con i singoli stati piuttosto che con la burocrazia comunitaria. E' noto che Berlino, non Bruxelles, sia la capitale piu' blandita. Tuttavia l'Unione Europea rimane un partner indispensabile per la Cina. Non se ne dimenticano le dimensioni (il Pil piu' grande al mondo), le immense capacita' produttive, i consumi elevati di merci cinesi. Inoltre, piu' recentemente ma non per questo in maniera meno importante, ne studia le dinamiche interne. Le conclusioni sono al tempo stesso ironiche e promettenti. Proprio nella fase storica di affermazione dell'economia di mercato, e dunque della divisione in due blocchi europei, la politica dominante sembra avviata verso le divisioni piuttosto che all'unione di intenti. Inoltre, gli Stati Uniti - che di quell'affermazione erano stati gli alfieri - rilevano una pluralita' di posizioni che sarebbe stata considerata un cedimento negli anni della Guerra Fredda. Come se ci fosse stato un riallineamento dopo la vittoria ideologica, il fronte europeo mostra delle novita' inattese. L'ultimo G20 di San Pietroburgo ha messo in evidenza divisioni forti sul caso siriano. Solo la Francia si e' schierata apertamente con gli Stati Uniti, mentre gli altri partner europei - soprattutto il Regno Unito - hanno mostrato un ventaglio di diversita'. Un altro dei vecchi capisaldi di Washington, vale a dire tenere a bada la Germania, sembra smentito dalla forza economica di Berlino. Se la politica latita, e' l'economica a dominare e cio' favorisce la Germania che riacquista, per vie diverse, un ruolo centrale. L'ultimo paradosso e' il potere di condizionamento della Russia. Se prima Mosca era temuta politicamente e militarmente, ora la sua apertura condizionata le offre un ruolo decisivo negli equilibri energetici e territoriali. Il fallimento del summit G20 ne e' l'ultima conferma. In questo quadro la Cina non si trova disorientata. E' una potenza continentale, non ha ambito a conquiste ma soltanto a sicurezze, ricava oggettivamente forza da una globalizzazione dove prevalgono la frammentazione e la divisione. Puo' far valere in questi casi la sua forza e il suo successo. E' pero' una posizione che inevitabilmente dovra' essere riconsiderata. Limitarsi a considerare la politica internazionale come una somma di mercati e di approvvigionamenti (destinazione delle merci e acquisto di materie prime) e' una posizione che non potra' essere mantenuta indefinitamente. E' vero che lo scenario per Pechino e' confuso e disorientante, ma la miopia non potra' essere una soluzione per una grande potenza come la Cina.
*Presidente di Osservatorio Asia
NOTIZIARIO ASIA 09/09/2013 - 12:38
***Cina: +17,6% a record 87,8 mld $ investimenti diretti all'estero nel 2012
Il Paese e' tra i tre principali investitori al mondo
Radiocor - Pechino, 09 set - La Cina nel 2012 e' entrata nel novero dei primi tre Paesi al mondo per quanto riguarda gli investimenti effettuati all'estero. Lo ha reso noto il Governo, precisando che lo scorso anno quelli diretti sono cresciuti del 17,6% annuo a 87,8 miliardi di dollari: si tratta di un record assoluto, hanno precisato il ministero del Commercio, l'Ufficio nazionale di Statistica e l'Agenzia di controllo della gestione delle riserve in valuta. Rispetto al 2011, quando gli investimenti diretti erano cresciuti dell'8,5%, c'e' stata anche una sensibile accelerazione del trend. Tutto questo, precisano le stessi fonti, mentre gli investimenti diretti transnazionali a livello mondiale sono calati nel 2012 del 17%, di riflesso alla crisi economica. Il Governo ha fissato un obiettivo del 17% per la crescita degli investimenti all'estero da qui al 2015, per un ammontare superiore ai 150 miliardi di dollari l'anno.
***Cina: +17,6% a record 87,8 mld $ investimenti diretti all'estero nel 2012
Il Paese e' tra i tre principali investitori al mondo
Radiocor - Pechino, 09 set - La Cina nel 2012 e' entrata nel novero dei primi tre Paesi al mondo per quanto riguarda gli investimenti effettuati all'estero. Lo ha reso noto il Governo, precisando che lo scorso anno quelli diretti sono cresciuti del 17,6% annuo a 87,8 miliardi di dollari: si tratta di un record assoluto, hanno precisato il ministero del Commercio, l'Ufficio nazionale di Statistica e l'Agenzia di controllo della gestione delle riserve in valuta. Rispetto al 2011, quando gli investimenti diretti erano cresciuti dell'8,5%, c'e' stata anche una sensibile accelerazione del trend. Tutto questo, precisano le stessi fonti, mentre gli investimenti diretti transnazionali a livello mondiale sono calati nel 2012 del 17%, di riflesso alla crisi economica. Il Governo ha fissato un obiettivo del 17% per la crescita degli investimenti all'estero da qui al 2015, per un ammontare superiore ai 150 miliardi di dollari l'anno.
Così Pd e Pdl si dividevano le nomine di Monte Paschi
I pm aprono un fascicolo sui rapporti tra banca e politica
ROMA - Una spartizione tra Pd e Pdl dove la sinistra ha sempre prevalso e poi è scesa a patti. Accordi su nomine e affari che venivano discussi a livello locale e avallati dai vertici nazionali del partiti, passando per la presidenza del Consiglio. Nell’inchiesta sulla gestione del Monte dei Paschi di Siena, si apre il capitolo di indagine più delicato. È quello che porta direttamente nelle stanze della politica romana. Sono le deposizioni degli amministratori locali, di coloro che per statuto devono indicare i nomi da sottoporre alla scelta per la composizione dei consigli di amministrazione, a delineare quanto è accaduto negli ultimi anni. Svelando come alla fine ci fosse sempre la necessità di trovare un’intesa che potesse garantire le varie parti. Spesso ignorando quali fossero le reali esigenze finanziarie e soprattutto le garanzie per gli azionisti. La maggior parte dei verbali sono stati depositati all’inizio di agosto scorso, quando i pubblici ministeri Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso hanno chiuso la prima istruttoria sull’acquisizione della banca Antonveneta avvenuta alla fine del 2007 per 9,3 miliardi di euro, con una plusvalenza calcolata in almeno tre miliardi di euro rispetto a quanto era stata pagata tre mesi prima dalla banca Santander.
«Le anime dei Ds»
Era stato il presidente della Fondazione Gabriello Mancini il più incisivo nel delineare i meccanismi di designazione in un interrogatorio del 31 gennaio 2013: «Era il presidente Giuseppe Mussari che decideva le nomine e mi informava. Il suo riferimento era Franco Ceccuzzi, di area dalemiana. Posso dire che aveva un cordiale rapporto anche con Walter Veltroni quando divenne segretario del Pd. Il punto di riferimento nel Pdl era l'onorevole Denis Verdini. Altra persona con cui aveva rapporti era Gianni Letta. Ricordo che Letta affermava che Mussari era il suo riferimento in banca, mentre io ero il suo riferimento in Fondazione».
Altri importanti dettagli li ha forniti ai magistrati Maurizio Cenni, sindaco di Siena dal 2001 al 2011. Viene ascoltato come testimone il 4 ottobre 2012 e dichiara: «Devo dire che le diverse anime dei Ds erano fortemente interessate alla gestione di Banca Mps. È sufficiente leggere i giornali dell'epoca per ricordare ciò che l'onorevole Vincenzo Visco o l'onorevole Massimo D'Alema, ad esempio, pensavano della banca. Affermavano che era antistorico che una realtà di soli 60 mila abitanti potesse gestire, attraverso gli enti locali, un gruppo bancario importante comne Mps. Affermavano che la banca doveva crescere, doveva acquisire altri gruppi bancari, essere più presente sul mercato italiano e internazionale. L'acquisizione di Antonveneta avviene anche in ragione della pressione psicologica che vi era sulla banca».
I cinque componenti
In uno stralcio di verbale reso noto qualche settimana fa, Fabio Ceccherini il presidente della Provincia di Siena dal 1999 al 2009, chiarisce che nel 2006, per le nomine di Mancini a presidente della Fondazione e Mussari a presidente della banca, di averne parlato «con Cenni, Ceccuzzi e con Franco Bassanini che era stato eletto nella circoscrizione di Siena e assieme all'onorevole Giuliano Amato erano quelli maggiormente attenti al territorio e alla banca. Ebbi colloqui anche con D'Alema che esprimeva perplessità sulla governance ».
Altri dettagli sono stati aggiunti dal politico nel corso di quell'interrogatorio del 4 ottobre 2012. In particolare Ceccherini specifica che «il presidente nomina cinque componenti della deputazione» e sostiene di aver cercato sempre «di privilegiare il territorio per la nomina degli stessi». Secondo lui «c'era interesse, ma non ingerenza da parte dei responsabili nazionali dei Ds in ordine alle scelte riguardanti la banca». Ma specifica come proprio D'Alema «riteneva il sistema di nomine medievale perché troppo legato agli enti locali e auspicava un'apertura, un suo maggior radicamento sul territorio nazionale e una politica industriale che fosse più attenta alle esigenze del mercato».
L'accordo con il Pdl
Agli atti dell'inchiesta c'è la bozza di un patto siglato tra Ceccuzzi e Verdini predisposto il 12 novembre 2008 per la spartizione delle nomine. In calce ci sono i nomi, ma non le firme ed entrambi hanno dichiarato che «si tratta di una bufala». In realtà le «regole» fissate in quel documento sono le stesse poi ripetute a verbale da numerosi protagonisti come il senatore del centrodestra Paolo Amato che ai magistrati, parlando della nomina di Alberto Pisaneschi nel Cda di Mps in quota Pdl, aveva dichiarato: «Pisaneschi non è stato nominato da Verdini, ma è stato il frutto del "groviglio armonioso" senese. Poi Verdini lo ha gestito».
Una linea confermata da Mancini secondo il quale «per questa scelta è stato necessario l'avallo di Gianni Letta e il via libera finale di Silvio Berlusconi». Non solo. Chiarisce Mancini: «Dopo l'acquisizione, la presidenza di Antonveneta venne affidata a Pisaneschi su indicazione di Mussari. Egli motivava questa sua indicazione con opportunità politica poiché Antonveneta aveva i suoi maggiori interessi in Veneto, regione a forte connotazione politica di centrodestra e dunque era opportuno che il presidente fosse della medesima area politica. Mussari mi disse di aver informato il presidente della Regione Giancarlo Galan dell'acquisizione di Antonveneta».
12 settembre 2013 | 8:10
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I pm aprono un fascicolo sui rapporti tra banca e politica
ROMA - Una spartizione tra Pd e Pdl dove la sinistra ha sempre prevalso e poi è scesa a patti. Accordi su nomine e affari che venivano discussi a livello locale e avallati dai vertici nazionali del partiti, passando per la presidenza del Consiglio. Nell’inchiesta sulla gestione del Monte dei Paschi di Siena, si apre il capitolo di indagine più delicato. È quello che porta direttamente nelle stanze della politica romana. Sono le deposizioni degli amministratori locali, di coloro che per statuto devono indicare i nomi da sottoporre alla scelta per la composizione dei consigli di amministrazione, a delineare quanto è accaduto negli ultimi anni. Svelando come alla fine ci fosse sempre la necessità di trovare un’intesa che potesse garantire le varie parti. Spesso ignorando quali fossero le reali esigenze finanziarie e soprattutto le garanzie per gli azionisti. La maggior parte dei verbali sono stati depositati all’inizio di agosto scorso, quando i pubblici ministeri Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso hanno chiuso la prima istruttoria sull’acquisizione della banca Antonveneta avvenuta alla fine del 2007 per 9,3 miliardi di euro, con una plusvalenza calcolata in almeno tre miliardi di euro rispetto a quanto era stata pagata tre mesi prima dalla banca Santander.
«Le anime dei Ds»
Era stato il presidente della Fondazione Gabriello Mancini il più incisivo nel delineare i meccanismi di designazione in un interrogatorio del 31 gennaio 2013: «Era il presidente Giuseppe Mussari che decideva le nomine e mi informava. Il suo riferimento era Franco Ceccuzzi, di area dalemiana. Posso dire che aveva un cordiale rapporto anche con Walter Veltroni quando divenne segretario del Pd. Il punto di riferimento nel Pdl era l'onorevole Denis Verdini. Altra persona con cui aveva rapporti era Gianni Letta. Ricordo che Letta affermava che Mussari era il suo riferimento in banca, mentre io ero il suo riferimento in Fondazione».
Altri importanti dettagli li ha forniti ai magistrati Maurizio Cenni, sindaco di Siena dal 2001 al 2011. Viene ascoltato come testimone il 4 ottobre 2012 e dichiara: «Devo dire che le diverse anime dei Ds erano fortemente interessate alla gestione di Banca Mps. È sufficiente leggere i giornali dell'epoca per ricordare ciò che l'onorevole Vincenzo Visco o l'onorevole Massimo D'Alema, ad esempio, pensavano della banca. Affermavano che era antistorico che una realtà di soli 60 mila abitanti potesse gestire, attraverso gli enti locali, un gruppo bancario importante comne Mps. Affermavano che la banca doveva crescere, doveva acquisire altri gruppi bancari, essere più presente sul mercato italiano e internazionale. L'acquisizione di Antonveneta avviene anche in ragione della pressione psicologica che vi era sulla banca».
I cinque componenti
In uno stralcio di verbale reso noto qualche settimana fa, Fabio Ceccherini il presidente della Provincia di Siena dal 1999 al 2009, chiarisce che nel 2006, per le nomine di Mancini a presidente della Fondazione e Mussari a presidente della banca, di averne parlato «con Cenni, Ceccuzzi e con Franco Bassanini che era stato eletto nella circoscrizione di Siena e assieme all'onorevole Giuliano Amato erano quelli maggiormente attenti al territorio e alla banca. Ebbi colloqui anche con D'Alema che esprimeva perplessità sulla governance ».
Altri dettagli sono stati aggiunti dal politico nel corso di quell'interrogatorio del 4 ottobre 2012. In particolare Ceccherini specifica che «il presidente nomina cinque componenti della deputazione» e sostiene di aver cercato sempre «di privilegiare il territorio per la nomina degli stessi». Secondo lui «c'era interesse, ma non ingerenza da parte dei responsabili nazionali dei Ds in ordine alle scelte riguardanti la banca». Ma specifica come proprio D'Alema «riteneva il sistema di nomine medievale perché troppo legato agli enti locali e auspicava un'apertura, un suo maggior radicamento sul territorio nazionale e una politica industriale che fosse più attenta alle esigenze del mercato».
L'accordo con il Pdl
Agli atti dell'inchiesta c'è la bozza di un patto siglato tra Ceccuzzi e Verdini predisposto il 12 novembre 2008 per la spartizione delle nomine. In calce ci sono i nomi, ma non le firme ed entrambi hanno dichiarato che «si tratta di una bufala». In realtà le «regole» fissate in quel documento sono le stesse poi ripetute a verbale da numerosi protagonisti come il senatore del centrodestra Paolo Amato che ai magistrati, parlando della nomina di Alberto Pisaneschi nel Cda di Mps in quota Pdl, aveva dichiarato: «Pisaneschi non è stato nominato da Verdini, ma è stato il frutto del "groviglio armonioso" senese. Poi Verdini lo ha gestito».
Una linea confermata da Mancini secondo il quale «per questa scelta è stato necessario l'avallo di Gianni Letta e il via libera finale di Silvio Berlusconi». Non solo. Chiarisce Mancini: «Dopo l'acquisizione, la presidenza di Antonveneta venne affidata a Pisaneschi su indicazione di Mussari. Egli motivava questa sua indicazione con opportunità politica poiché Antonveneta aveva i suoi maggiori interessi in Veneto, regione a forte connotazione politica di centrodestra e dunque era opportuno che il presidente fosse della medesima area politica. Mussari mi disse di aver informato il presidente della Regione Giancarlo Galan dell'acquisizione di Antonveneta».
12 settembre 2013 | 8:10
© RIPRODUZIONE RISERVATA
sabato 7 settembre 2013
Carrozza: "Così cambierò la scuola"
Stage pre-maturità, stop a bonus
Il nuovo piano del ministro dell'Istruzione. L'Italia non dovrà mai più sfornare un laureato che non ha mai lavorato: dal 2014 i tirocini formativi da 400 euro in azienda. I precari saranno stabilizzati. Abbassare i costi per gli studenti
di CORRADO ZUNINO
GENOVA - Maria Chiara Carrozza, ministro dell'Istruzione, scende dal palco della Festa nazionale del Pd e dice: "Con il prossimo Consiglio dei ministri aboliremo il bonus maturità, i dieci punti che l'esame di Stato regala a ogni studente promosso bene. Si sa, servono per la valutazione di un test d'accesso universitario che ne vale cento".
"L'abbiamo guardato da tutte le parti, ho insediato una commissione tecnica apposta, abbiamo capito che è difficile introdurre un premio che garantisca giustizia. Sono giunta alla conclusione che sia impossibile. Abbiamo provato a cambiare il bonus a giugno, a renderlo più equo, adesso è l'ora di fermarci. Per i test del 2014 il bonus maturità non ci sarà. La commissione ministeriale, in un secondo momento, ci dirà qual è il modo migliore per premiare gli studenti più efficaci delle scuole superiori".
Ministro, il bonus maturità è solo una parte dei sempre più contestati test d'accesso alle facoltà a numero chiuso. Quando affronterà la questione?
"Ho chiesto spiegazioni sulle segnalazioni. Sui test d'ingresso ci vuole una valutazione seria e ponderata. Oggi registro che una selezione esiste in molti paesi europei, dovremo parlarne".
Lunedì ci sarà il primo Consiglio dei ministri del governo Letta dedicato interamente alla scuola, all'università, alla ricerca. Che novità registreremo?
"Sono sempre dell'idea che i risultati prima si portano a casa e poi si annunciano. Siamo in una fase politica delicata. Diciamo che i tre temi sono: abbassare il costo dell'istruzione per gli studenti...".
Il prezzo dei libri è salito ancora del sei per cento, prevedete un nuovo calmiere?
"Ci stiamo lavorando, come stiamo lavorando a un pacchetto trasporti, bus e treni, per gli studenti. Iniziamo a introdurre un welfare scolastico".
Il secondo punto, immaginiamo, sono gli insegnanti. La Cgil ha detto che non accetterà scambi tra un aumento salariale e un innalzamento delle ore lavorate. Vuol dire che un po' di soldi per gli insegnanti ci sono?
"Questo lo vedremo alla fine. Dico solo che il nostro ministero è l'unico che non ha subito tagli legati alla compensazione per togliere l'Imu, e questo dice dell'attenzione del governo per scuola e università. Dico anche che vogliamo introdurre un numero consistente di insegnanti di sostegno, visto l'aumento del numero degli studenti disabili o comunque bisognosi di un'attenzione speciale".
Le prime bozze del futuro decreto parlavano di 27 mila insegnanti di sostegno da assumere e 44 mila in totale.
"In generale stabilizzeremo i precari cercando di avvicinare l'organico di diritto della scuola all'organico di fatto. Chi ha insegnato a lungo deve poter essere assunto".
Questo ragionamento ribalta l'impostazione del suo predecessore Profumo, che voleva un ingresso di insegnanti giovani. Che ne sarà del concorsone pubblico?
"Non bandirò più un concorso pubblico per assumere docenti in queste condizioni. In Toscana e Lazio le commissioni non hanno concluso il lavoro, altrove mancavano classi di concorso, mancavano discipline. Prima di pensare a nuovi concorsi dobbiamo ridare certezza a chi già nella scuola lavora".
È vero che vuole cambiare l'esame di maturità?
"Vorrei cambiare l'approccio all'esame di maturità, la filosofia degli ultimi due anni di studi superiori. Introdurremo l'orientamento universitario già dal quarto anno di superiori, alla fine del quarto anno uno studente dovrà essere già entrato in un ateneo e aver fatto stage in aziende, società, enti pubblici. Priorità per gli studenti di istituti tecnici e professionali. Oggi un diciannovenne arriva all'estate della maturità e non sa nulla del suo futuro, delle sue reali attitudini. Anche per questo ho confermato ad aprile, prima della maturità, il test di ammissione alle facoltà universitarie".
Vuole un'alleanza scuola-lavoro già ai 17 anni. E per l'università?
"L'Italia non dovrà mai più sfornare un laureato che a 25 anni non ha mai fatto un lavoro, neppure il cameriere. Le multinazionali oggi assumono laureati su tre criteri: primo, chi ha chiuso l'università in tempo. Secondo, chi ha fatto l'Erasmus. Terzo, chi ha fatto stage o lavori. Con il decreto del Fare abbiamo già introdotto i tirocini formativi da 400 euro al mese in azienda. Metà li paga lo Stato, metà il privato. Inizieremo nel 2014".
Il terzo punto in Consiglio dei ministri sarà la programmazione. Che oggi vuol dire avere scuole sicure e moderne.
"L'edilizia scolastica è un argomento che sta a cuore al presidente Napolitano, l'ho appena incontrato. Abbiamo messo a bilancio, insieme all'Inail, 450 milioni, e tutte le regioni hanno preparato i loro piani. In Sicilia gli enti locali lasceranno gli edifici in cui pagano un affitto per spostare le attività in strutture completamente nuove".
In questa nuova attenzione al rapporto scuola-lavoro, prevede novità per gli istituti professionali?
"Voglio reintrodurre la geografia, tagliata per motivi di bilancio. In particolare la geografia economica".
In questa estate ha detto solo cose di sinistra, ministro: le bocciature devono essere pochissime, i compiti per l'estate non servono granché. Non è che vuole rimettere sulla targa del ministero dell'Istruzione la parola "pubblica"?
"Pubblica è un aggettivo bellissimo, che sento molto mio. Io sono il ministro della Pubblica istruzione"
Stage pre-maturità, stop a bonus
Il nuovo piano del ministro dell'Istruzione. L'Italia non dovrà mai più sfornare un laureato che non ha mai lavorato: dal 2014 i tirocini formativi da 400 euro in azienda. I precari saranno stabilizzati. Abbassare i costi per gli studenti
di CORRADO ZUNINO
GENOVA - Maria Chiara Carrozza, ministro dell'Istruzione, scende dal palco della Festa nazionale del Pd e dice: "Con il prossimo Consiglio dei ministri aboliremo il bonus maturità, i dieci punti che l'esame di Stato regala a ogni studente promosso bene. Si sa, servono per la valutazione di un test d'accesso universitario che ne vale cento".
"L'abbiamo guardato da tutte le parti, ho insediato una commissione tecnica apposta, abbiamo capito che è difficile introdurre un premio che garantisca giustizia. Sono giunta alla conclusione che sia impossibile. Abbiamo provato a cambiare il bonus a giugno, a renderlo più equo, adesso è l'ora di fermarci. Per i test del 2014 il bonus maturità non ci sarà. La commissione ministeriale, in un secondo momento, ci dirà qual è il modo migliore per premiare gli studenti più efficaci delle scuole superiori".
Ministro, il bonus maturità è solo una parte dei sempre più contestati test d'accesso alle facoltà a numero chiuso. Quando affronterà la questione?
"Ho chiesto spiegazioni sulle segnalazioni. Sui test d'ingresso ci vuole una valutazione seria e ponderata. Oggi registro che una selezione esiste in molti paesi europei, dovremo parlarne".
Lunedì ci sarà il primo Consiglio dei ministri del governo Letta dedicato interamente alla scuola, all'università, alla ricerca. Che novità registreremo?
"Sono sempre dell'idea che i risultati prima si portano a casa e poi si annunciano. Siamo in una fase politica delicata. Diciamo che i tre temi sono: abbassare il costo dell'istruzione per gli studenti...".
Il prezzo dei libri è salito ancora del sei per cento, prevedete un nuovo calmiere?
"Ci stiamo lavorando, come stiamo lavorando a un pacchetto trasporti, bus e treni, per gli studenti. Iniziamo a introdurre un welfare scolastico".
Il secondo punto, immaginiamo, sono gli insegnanti. La Cgil ha detto che non accetterà scambi tra un aumento salariale e un innalzamento delle ore lavorate. Vuol dire che un po' di soldi per gli insegnanti ci sono?
"Questo lo vedremo alla fine. Dico solo che il nostro ministero è l'unico che non ha subito tagli legati alla compensazione per togliere l'Imu, e questo dice dell'attenzione del governo per scuola e università. Dico anche che vogliamo introdurre un numero consistente di insegnanti di sostegno, visto l'aumento del numero degli studenti disabili o comunque bisognosi di un'attenzione speciale".
Le prime bozze del futuro decreto parlavano di 27 mila insegnanti di sostegno da assumere e 44 mila in totale.
"In generale stabilizzeremo i precari cercando di avvicinare l'organico di diritto della scuola all'organico di fatto. Chi ha insegnato a lungo deve poter essere assunto".
Questo ragionamento ribalta l'impostazione del suo predecessore Profumo, che voleva un ingresso di insegnanti giovani. Che ne sarà del concorsone pubblico?
"Non bandirò più un concorso pubblico per assumere docenti in queste condizioni. In Toscana e Lazio le commissioni non hanno concluso il lavoro, altrove mancavano classi di concorso, mancavano discipline. Prima di pensare a nuovi concorsi dobbiamo ridare certezza a chi già nella scuola lavora".
È vero che vuole cambiare l'esame di maturità?
"Vorrei cambiare l'approccio all'esame di maturità, la filosofia degli ultimi due anni di studi superiori. Introdurremo l'orientamento universitario già dal quarto anno di superiori, alla fine del quarto anno uno studente dovrà essere già entrato in un ateneo e aver fatto stage in aziende, società, enti pubblici. Priorità per gli studenti di istituti tecnici e professionali. Oggi un diciannovenne arriva all'estate della maturità e non sa nulla del suo futuro, delle sue reali attitudini. Anche per questo ho confermato ad aprile, prima della maturità, il test di ammissione alle facoltà universitarie".
Vuole un'alleanza scuola-lavoro già ai 17 anni. E per l'università?
"L'Italia non dovrà mai più sfornare un laureato che a 25 anni non ha mai fatto un lavoro, neppure il cameriere. Le multinazionali oggi assumono laureati su tre criteri: primo, chi ha chiuso l'università in tempo. Secondo, chi ha fatto l'Erasmus. Terzo, chi ha fatto stage o lavori. Con il decreto del Fare abbiamo già introdotto i tirocini formativi da 400 euro al mese in azienda. Metà li paga lo Stato, metà il privato. Inizieremo nel 2014".
Il terzo punto in Consiglio dei ministri sarà la programmazione. Che oggi vuol dire avere scuole sicure e moderne.
"L'edilizia scolastica è un argomento che sta a cuore al presidente Napolitano, l'ho appena incontrato. Abbiamo messo a bilancio, insieme all'Inail, 450 milioni, e tutte le regioni hanno preparato i loro piani. In Sicilia gli enti locali lasceranno gli edifici in cui pagano un affitto per spostare le attività in strutture completamente nuove".
In questa nuova attenzione al rapporto scuola-lavoro, prevede novità per gli istituti professionali?
"Voglio reintrodurre la geografia, tagliata per motivi di bilancio. In particolare la geografia economica".
In questa estate ha detto solo cose di sinistra, ministro: le bocciature devono essere pochissime, i compiti per l'estate non servono granché. Non è che vuole rimettere sulla targa del ministero dell'Istruzione la parola "pubblica"?
"Pubblica è un aggettivo bellissimo, che sento molto mio. Io sono il ministro della Pubblica istruzione"
martedì 3 settembre 2013
Breaking News 24 02/09/2013 - 16:15
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di Alberto Forchielli* Radiocor - Milano, 02 set - Le prossime elezioni legislative in Australia - previste il 7 Settembre - vedono la Cina come uno dei principali argomenti di contesa tra il governo uscente e l'opposizione. Secondo i sondaggi, i conservatori probabilmente sostituiranno i laburisti, percepiti divisi, inefficaci e incerti. Esistono indubbiamente distinzioni ideologiche tra i due partiti, cosi' come differenze di programma. Il Labour e' piu' incline a considerare l'immigrazione una risorsa da gestire. Il Liberal Party e' invece piu' sensibile all'identita' anglosassone del paese e sostiene un'immigrazione, anche dalla Cina, piu' ridotta e selettiva. Critica inoltre la carbon tax applicata dal governo uscente perche' penalizza indiscriminatamente l'attivita' industriale. Non a caso il Primo ministro Kevin Rudd ha alleggerito la severita' della legge anti-emissione di monossido di carbonio varata dalla collega di partito che l'ha preceduto, Julia Gillard. E' tuttavia la Cina a svolgere un ruolo centrale, in piena sintonia con l'importanza che ha assunto nell'economia australiana. Per una specie di ironico dualismo: Pechino crea soddisfazione e consenso, allontana i problemi correnti, avvicina le preoccupazioni future. La crisi innescata nel 2008 e' stata pressoche' sconosciuta in Australia. La recessione e' stata evitata perche' nell'emisfero settentrionale del Pacifico, la Cina - altra potenza economica che ha continuato a progredire - ha gettato una ciambella di salvataggio all'Australia. L'aiuto, ben pagato, ha assunto la forma di gigantesche navi container che trasportavano in Cina quantita' inesauribili di ferro, carbone, gas naturale. I minerali sono la linfa necessaria per le fabbriche cinesi, alimento insostituibile per la crescita ossessiva del Pil, componenti di un apparato produttivo che garantisce una disponibilita' di beni sempre migliori a prezzi decrescenti. Per uno 'stato minerario' come l'Australia la domanda cinese dunque e' stata la soluzione alla crisi. I prezzi delle materie prime sono stati in crescita e l'intervento di Pechino ha creato reddito e occupazione. La bilancia commerciale di Canberra e' addirittura in nero con Pechino, a conferma della necessita' dei suoi minerali. L'altra faccia della riconoscenza e' pero' la dipendenza. La Cina non e' soltanto il maggior partner commerciale, ma anche il paese dove si dirige ben il 36% dell'export (il Giappone al secondo posto registra una percentuale del 18%). Da 63 anni, dalle grandi quantita' di lana destinate al Regno Unito, nessun paese e' stato cosi' centrale nelle relazioni con l'Australia. Le esportazioni verso la Cina sono pari al 5,7% del Pil. Pechino non si limita ad acquistare le materie prime. Intende impadronirsi delle aziende minerarie ed anche ottenere maggiori permessi di immigrazione per i suoi operai e studenti. Per questo le opinioni e le scelte si spostano sul piano piu' prettamente politico. Inoltre il rallentamento di Pechino pone interrogativi ed inquietudini sul futuro economico del paese. Cosa succedera' se, come probabile, l'economia cinese rallentera'? Quale sara' la congiuntura se prevarra' a Pechino l'idea di una diversa composizione del Pil, con piu' consumi e piu' servizi? Le esportazioni sicuramente diminuirebbero, mentre il prezzo declinante delle materie prime raddoppierebbe le perdite. Una spia di questo scenario, gia' acclarato, e' negli ordini di macchine per miniere, i cui produttori lamentano preoccupanti contrazioni. Infine, una riduzione della crescita cinese potrebbe favorire il trasferimento di capitali anche in Australia, rendendo inevitabile un indesiderato aumento dei tassi d'interesse. Si spiega dunque perche' la Cina sia entrata cosi' fortemente nella campagna elettorale, per il mondo degli affari, l'opinione pubblica, gli addetti dell'industria. Per il momento sembra che prevalga la preoccupazione per il futuro rispetto alla soddisfazione per il presente, come se l'aiuto di Pechino sia temuto come un abbraccio mortale piuttosto che un'ancora di salvezza. * presidente di Osservatorio Asia |
Breaking News 24 02/09/2013 - 08:00
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Il Pmi ufficiale diffuso ieri ai massimi da 16 mesi Radiocor - Roma, 02 set - L'economia cinese torna ad espandersi ad agosto. L'indicazione emerge dall'indice dei responsabili degli acquisti calcolato da Hsbc che, il mese scorso, e' salito a 50,1 dal 47,7 segnato a luglio, tornando di nuovo sopra la soglia dei 50 punti (che separa l'espansione dalla contrazione). Il dato fa il paio con i dati diffusi ieri dall'istituto nazionale di statistica cinese secondo cui, sempre ad agosto l'indice dei direttori acquisti (Pmi) del settore manifatturiero, ha accelerato a 51 dal 50,3 del mese precedente. Il dato diffuso ieri rappresenta il piu' alto da 16 mesi. |
Enti Locali e PA
PUBBLICO IMPIEGO
Il Governo vara la nuova disciplina per il reclutamento dei vertici della PA
di Paola Cosmai
Premessa
Sono entrate in vigore il 9 luglio 2013 le nuove regole per il reclutamento e la formazione dei dirigenti e dei funzionari delle pubbliche amministrazioni fissate dal Dpr n. 70 del 16 aprile 2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 24 giugno 2013, n. 146) a norma dell'art. 11, del Dl n. 95 del 6 luglio 2012, convertito, con modificazioni, con L. n. 135 del 7 agosto 2012.
Per entrambe le finalità si è creato un Sistema unico, strumentale al perseguimento degli obiettivi di economicità ed imparzialità canonizzati dall'art. 97 della Costituzione e già ripresi dall'ultima riforma del pubblico impiego approvata con Dlgs n. 150 del 27 ottobre 2009, (cd. riforma Brunetta), incentrato su sei plessi: la Scuola nazionale dell'amministrazione (nuova denominazione impressa alla Scuola superiore della pubblica amministrazione), l'Istituto diplomatico «Mario Toscano», la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (SSAI), il Centro di formazione della difesa e la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche.
Ai predetti istituti, cui è preposto un Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e composto dai vertici di ciascuna Scuola, con funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento, è fatto obbligo di rivolgersi per le nuove assunzioni e l'aggiornamento del personale a tutte le Amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, ed agli enti pubblici non economici, con l'eccezione dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili, degli avvocati e procuratori dello Stato, del personale militare, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco.
Programmazione del reclutamento
Il regolamento demanda al dipartimento della Funzione pubblica il compito di definire, entro il 30 aprile di ciascun anno, il "Piano triennale previsionale di reclutamento di dirigenti e funzionari nelle amministrazioni dello Stato anche a ordinamento autonomo e negli enti pubblici non economici", secondo il fabbisogno quali-quantitativo stimato in relazione agli obiettivi strategici e di dimensionamento degli organici prefissati per ciascuna articolazione.
Approvato il Piano dal Consiglio dei ministri entro il successivo 30 giugno, alla sua stregua entro il 31 ottobre di ciascun anno con decreto del suo Presidente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti il numero dei posti e i profili professionali da destinare al reclutamento di dirigenti e funzionari, anche destinati alla carriera prefettizia ed a quella dei segretari comunali.
Modalità di reclutamento dei funzionari
L'assunzione dei funzionari, per un'aliquota non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, avviene tramite corso-concorso selettivo bandito da una delle Scuole
del Sistema Unico, su delibera conforme del Comitato.
Elementi minimi del bando di concorso:
a) il titolo di studio richiesto, consistente, per gli esterni, nella laurea specialistica, magistrale o del vecchio ordinamento, nonché per i dipendenti almeno nella laurea triennale con esperienza professionale non inferiore a tre anni;
b) il numero degli allievi, pari al numero dei posti da ricoprire, maggiorato del venti per cento;
c) le diverse classi di concorso, determinate in funzione dei profili professionali;
d) i criteri relativi alle prove concorsuali consistenti in due prove scritte, eventualmente precedute da una prova preselettiva, e una prova orale, vertente, tra l'altro, sulla conoscenza di una lingua straniera, comunitaria.
Le Commissioni di esame, così come le graduatorie degli ammessi sono approvate direttamente dall'Istituto preposto, che, per quanto non previsto dal regolamento in disamina, dovrà attenersi alle disposizioni recate dal Dpr n. 487 del 9 maggio 1994.
Svolgimento del corso-concorso, obblighi e diritti degli allievi funzionari
Il corso – concorso, di durata semestrale, vede coinvolte tutte le Scuole del Sistema Unico, sulle quali viene ripartita le responsabilità e l'obbligo di formazione dei discenti, in relazione agli specifici moduli loro demandati in base alla specializzazione di ciascuna.
Gli allievi ammessi hanno l'obbligo di presentarsi entro 8 giorni dall'inizio delle attività, pena l'esclusione in difetto di giustificato motivo, che, se documentato, può tuttavia fondare la richiesta di inserimento nel corso-concorso successivo.
I funzionari in pectore, all'esito del periodo formativo, se hanno maturato almeno l'ottanta per cento delle presenze e della votazione media, hanno diritto ad accedere all'esame finale, all'esito del quale sarà stilata la graduatoria dei vincitori, assegnati nelle diverse Amministrazioni in relazione al numero dei posti vacanti e tenendo conto delle preferenze espresse da ciascuno secondo la graduatoria di merito, presso cui svolgeranno un ulteriore periodo trimestrale di formazione specialistica, al termine della quale saranno chiamati a sostenere un esame finale, consistente in una prova scritta di carattere pratico e in una prova orale, attinente alle competenze dell'Ente di destinazione, che potrà considerarsi superato qualora sia conseguito un punteggio di ottanta su cento.
All'esito dell'approvazione delle graduatorie finali per ciascuna Amministrazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, e pubblicate per estratto sulla Gazzetta Ufficiale e integralmente sui siti istituzionali delle Scuole del Sistema Unico, i vincitori saranno assegnati ai diversi Enti dal dipartimento della Funzione pubblica.
Agli allievi che non siano già dipendenti pubblici, durante il corso, compete una borsa di studio di €. 1000,00 mensili, netti, rivalutati, da rimborsarsi dall'Amministrazione reclutante, mentre per i discenti interni, collocati a disposizione per tutto il periodo formativo, è corrisposto, in via anticipata dall'Ente di appartenenza, il trattamento economico in godimento, con rimborso a carico dell'Amministrazione di destinazione.
Per entrambe le categorie di discenti, in ogni caso, la durata del corso è riconosciuta ai fini dell'anzianità di servizio.
Il reclutamento dei dirigenti
Il sistema del corso-concorso, viceversa, già contemplato dal Dlgs n. 165 del 30 marzo 2001, art. 28 (di qui in poi anche Tupi), per il reclutamento dei dirigenti statali, è solo in parte stato modificato dal decreto in epigrafe, che ne prevede il ricorso per la copertura dell'aliquota minima del cinquanta per cento dei posti vacanti (diversamente da quanto prescritto per i funzionari, per l'assunzione dei quali è rimessa a siffatta procedura l'aliquota massima, e non già minima, della metà dei posti messi a concorso).
Ad esso possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea (delle tipologie già indicate per l'accesso al corso-concorso per funzionari), che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio ovvero quattro se reclutati tramite corso-concorso, o, ancora, tre se in possesso di titoli di specializzazione, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del dottorato di ricerca o del diploma di laurea.
Del pari vi sono ammessi: i dirigenti in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione del Tupi, ove muniti del diploma di laurea e con almeno due anni di servizio; i titolari di incarichi dirigenziali o equiparati, da almeno un lustro, in amministrazioni pubbliche, purchè muniti di diploma di laurea; nonché i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea.
Il corso-concorso, la cui frequenza dà diritto alla percezione di una borsa di studio dall'importo non definito, ha la durata di dodici mesi comprensivi di un periodo di applicazione presso amministrazioni pubbliche, uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale, secondo modalità già previste dal Tupi.
Diverse, infine, le modifiche apportate al Dpr n. 272 del 24 settembre 2004, recante il "Regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente, ai sensi dell'art. 28, comma 5, del Dlgs 30 marzo 2001, n. 165", tra cui, oltre le addende dirette, conseguenti alle nuove prescrizioni contenute dal medesimo Dpr n. 70/2013, quella di prescrivere che l'accesso alla qualifica di dirigente in ambito pubblico possa avvenire per concorso, per titoli ed esami, per la percentuale residua, massima, del cinquanta per cento dei posti da ricoprire, e che il valore complessivo dei titoli non può superare il quaranta per cento della votazione finale del candidato.
Programmazione della formazione dei dirigenti e dei funzionari
In evidente distonia con i tagli alla spesa pubblica a tanto finalizzata, particolare attenzione è dedicata dal decreto alla formazione continua e specialistica dei vertici burocratici, demandata ad un Piano triennale da adottarsi da ciascuna amministrazione entro il 30 giugno di ogni anno e da confluire nell'ambito del Piano generale predisposto entro il successivo 31 ottobre dal dipartimento della Funzione pubblica, e cui anche gli enti territoriali possono aderire a proprie spese, comunicando entro il 30 giugno al Comitato di indirizzo del Sistema Unico le proprie esigenze.
Il documento triennale, in estrema sintesi, descrive le singole necessità di aggiornamento professionale, i costi e le modalità di riparto tra i plessi interessati, oltre che l'apporto professionale ed organizzativo richiesto a ciascun Istituto del Sistema Unico, le cui strutture, peraltro, possono essere messe a disposizione di altre Scuole pubbliche e di altri Enti per lo svolgimento di attività formative.
Formazione in convenzione a favore di enti territoriali e soggetti privati
Come già anticipato, il Dpr n. 70/2013 pur non direttamente applicabile alle Regioni ed agli enti locali, nel rispetto della relativa autonomia, nondimeno prevede anche un sistema di convenzioni tra la Scuola nazionale dell'amministrazione e le altre Scuole del Sistema unico, allo scopo di favorire accordi e altre forme di collaborazione per lo svolgimento, a richiesta, di attività formative e per il reclutamento di dirigenti e funzionari degli enti medesimi.
Dette convenzioni, da inserire nell'ambito del Programma triennale e con oneri a carico delle singole amministrazioni interessate, tra l'altro, oltre all'organizzazione di specifiche attività formative, possono avere ad oggetto anche l'adesione dell'ente richiedente ad attività di reclutamento e formazione già organizzate dalle Scuole del Sistema unico nell'ambito della programmazione triennale sopra tratteggiata.
Ricorso da parte delle amministrazioni a soggetti esterni al Sistema unico
Sebbene il ricorso agli Istituti del Sistema Unico risulti quello ordinario, per le ragioni di contenimento della spesa pubblica e di uniformità e controllo della disciplina per l'accesso ai vertici amministrativi e per il loro sviluppo professionale, nondimeno il decreto ammette che le esigenze de quibus possano essere diversamente soddisfatte ricorrendo a scuole di altri circuiti.
Alternativa che, tuttavia, stante il carattere eccezionale e derogatorio, sia pure economicamente sostenuta dalla medesima amministrazione proponente, deve necessariamente essere autorizzata col previo nulla osta del Comitato, quante volte l'esigenza formativa specifica non possa essere soddisfatta nell'ambito della formazione gratuita inserita nel Programma triennale e l'offerta del soggetto esterno, da scegliersi secondo i canoni della trasparenza e della competenza professionale, risulti più conveniente e vantaggiosa delle attività di formazione ivi previste, da inserirsi pure sempre nel medesimo Piano.
Collaborazione con le università e altri istituti di formazione
In merito, poi, all'offerta formativa, il recente regolamento facultizza le sei Scuole del Sistema Unico a definire forme di collaborazione con le Università italiane e straniere e con altri Istituti di formazione, mediante la stipula di accordi o convenzioni conformi alle linee di indirizzo fornite dal Comitato, e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La scelta delle Università e degli Istituti di formazione avviene, così come previsto per tutti i soggetti formatori estranei al circuito statale delineato dal decreto n. 70/2013, nel rispetto della legislazione vigente in materia, secondo principi di trasparenza e competenza specialistica.
Corpo docente. Cenni
Quanto al reclutamento del corpo docente, fermi gli incarichi in corso al momento dell'entrata in vigore del nuovo regolamento, le Scuole del Sistema Unico è previsto possano conferirne in tre diverse tipologie:
1) incarico di docente a tempo pieno, di durata non superiore a tre anni rinnovabili, per lo svolgimento di attività di docenza, ricerca e coordinamento della didattica;
2) incarico di docente a tempo parziale, di durata non superiore ad un anno, per lo svolgimento di progetti formativi di particolare rilevanza;
3) incarico di docente di breve durata per lo svolgimento di attività didattica in specifici moduli formativi.
Mentre nulla è ulteriormente specificato per la terza categoria, per il trattamento economico degli incarichi di docenza a tempo pieno ed a tempo parziale, il Dpr n. 70/2013 ne demanda la determinazione alle singole Scuole in base alle procedure previste dai rispettivi ordinamenti, a seguito di valutazione delle professionalità meglio rispondenti alle caratteristiche degli insegnamenti da coprire e nel rispetto del principio di trasparenza, sia pure, sempre, nel rispetto delle linee di indirizzo stabilite dal Comitato di coordinamento delle scuole pubbliche di formazione.
Gli incarichi sono conferiti utilizzando le risorse iscritte a legislazione vigente nei pertinenti capitoli di spesa delle scuole di formazione.
Allo scopo evidente di contenere e razionalizzare l'impiego delle risorse, economiche ed umane, il regolamento in disamina prevede, altresì, che con il provvedimento di conferimento degli incarichi di docenza possa stabilirsi che il professionista presti la propria attività anche presso ed a favore delle altre Scuole pubbliche di formazione, diverse da quella che ha conferito l'incarico, secondo gli indirizzi stabiliti dal Comitato di coordinamento del Sistema Unico.
Disposizioni riguardanti la Scuola nazionale dell'amministrazione
Da ultimo, il menzionato Dpr n. 70 dedica talune disposizioni alla Scuola nazionale dell'amministrazione, prevedendo, per un verso, che la nomina dei responsabili di cui all'art. 9, comma 4, del Dlgs n. 178 del 1 dicembre 2009, recante la "Riorganizzazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione", sia effettuata dal Presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione con proprio provvedimento e, per l'altro, taluni criteri di individuazione del corpo docente.
Quest'ultimo, infatti, a mente del nuovo regolamento, dovrà essere scelto tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, professori o docenti universitari, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, nonchè tra esperti di comprovata professionalità, anche stranieri.
Il decreto presidenziale n. 70/2013, allo scopo di assicurare la qualità didattica e scientifica nelle materie di rispettiva competenza, contempla la possibilità che il Presidente possa conferire a non più di cinque docenti interni l'incarico di coordinatori di area didattico-scientifica, per un periodo ed un compenso dal medesimo stabilito, con delibera di cui all'art. 15, del Dlgs n. 178/2009, mentre prevede che a ciascuna sede distaccata della Scuola sia preposto un responsabile, scelto tra i funzionari apicali in servizio presso la medesima, il cui incarico è conferito dal dirigente amministrativo sentito il Presidente, affinché coordini ed assicuri il funzionamento dell'articolazione, garantendo il regolare andamento dell'attività gestionale e didattico formativa, in attuazione delle direttive del Presidente e per quanto riguarda le materie di sua competenza, del dirigente amministrativo.
PUBBLICO IMPIEGO
Il Governo vara la nuova disciplina per il reclutamento dei vertici della PA
di Paola Cosmai
Premessa
Sono entrate in vigore il 9 luglio 2013 le nuove regole per il reclutamento e la formazione dei dirigenti e dei funzionari delle pubbliche amministrazioni fissate dal Dpr n. 70 del 16 aprile 2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 24 giugno 2013, n. 146) a norma dell'art. 11, del Dl n. 95 del 6 luglio 2012, convertito, con modificazioni, con L. n. 135 del 7 agosto 2012.
Per entrambe le finalità si è creato un Sistema unico, strumentale al perseguimento degli obiettivi di economicità ed imparzialità canonizzati dall'art. 97 della Costituzione e già ripresi dall'ultima riforma del pubblico impiego approvata con Dlgs n. 150 del 27 ottobre 2009, (cd. riforma Brunetta), incentrato su sei plessi: la Scuola nazionale dell'amministrazione (nuova denominazione impressa alla Scuola superiore della pubblica amministrazione), l'Istituto diplomatico «Mario Toscano», la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (SSAI), il Centro di formazione della difesa e la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche.
Ai predetti istituti, cui è preposto un Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e composto dai vertici di ciascuna Scuola, con funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento, è fatto obbligo di rivolgersi per le nuove assunzioni e l'aggiornamento del personale a tutte le Amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, ed agli enti pubblici non economici, con l'eccezione dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili, degli avvocati e procuratori dello Stato, del personale militare, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco.
Programmazione del reclutamento
Il regolamento demanda al dipartimento della Funzione pubblica il compito di definire, entro il 30 aprile di ciascun anno, il "Piano triennale previsionale di reclutamento di dirigenti e funzionari nelle amministrazioni dello Stato anche a ordinamento autonomo e negli enti pubblici non economici", secondo il fabbisogno quali-quantitativo stimato in relazione agli obiettivi strategici e di dimensionamento degli organici prefissati per ciascuna articolazione.
Approvato il Piano dal Consiglio dei ministri entro il successivo 30 giugno, alla sua stregua entro il 31 ottobre di ciascun anno con decreto del suo Presidente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti il numero dei posti e i profili professionali da destinare al reclutamento di dirigenti e funzionari, anche destinati alla carriera prefettizia ed a quella dei segretari comunali.
Modalità di reclutamento dei funzionari
L'assunzione dei funzionari, per un'aliquota non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, avviene tramite corso-concorso selettivo bandito da una delle Scuole
del Sistema Unico, su delibera conforme del Comitato.
Elementi minimi del bando di concorso:
a) il titolo di studio richiesto, consistente, per gli esterni, nella laurea specialistica, magistrale o del vecchio ordinamento, nonché per i dipendenti almeno nella laurea triennale con esperienza professionale non inferiore a tre anni;
b) il numero degli allievi, pari al numero dei posti da ricoprire, maggiorato del venti per cento;
c) le diverse classi di concorso, determinate in funzione dei profili professionali;
d) i criteri relativi alle prove concorsuali consistenti in due prove scritte, eventualmente precedute da una prova preselettiva, e una prova orale, vertente, tra l'altro, sulla conoscenza di una lingua straniera, comunitaria.
Le Commissioni di esame, così come le graduatorie degli ammessi sono approvate direttamente dall'Istituto preposto, che, per quanto non previsto dal regolamento in disamina, dovrà attenersi alle disposizioni recate dal Dpr n. 487 del 9 maggio 1994.
Svolgimento del corso-concorso, obblighi e diritti degli allievi funzionari
Il corso – concorso, di durata semestrale, vede coinvolte tutte le Scuole del Sistema Unico, sulle quali viene ripartita le responsabilità e l'obbligo di formazione dei discenti, in relazione agli specifici moduli loro demandati in base alla specializzazione di ciascuna.
Gli allievi ammessi hanno l'obbligo di presentarsi entro 8 giorni dall'inizio delle attività, pena l'esclusione in difetto di giustificato motivo, che, se documentato, può tuttavia fondare la richiesta di inserimento nel corso-concorso successivo.
I funzionari in pectore, all'esito del periodo formativo, se hanno maturato almeno l'ottanta per cento delle presenze e della votazione media, hanno diritto ad accedere all'esame finale, all'esito del quale sarà stilata la graduatoria dei vincitori, assegnati nelle diverse Amministrazioni in relazione al numero dei posti vacanti e tenendo conto delle preferenze espresse da ciascuno secondo la graduatoria di merito, presso cui svolgeranno un ulteriore periodo trimestrale di formazione specialistica, al termine della quale saranno chiamati a sostenere un esame finale, consistente in una prova scritta di carattere pratico e in una prova orale, attinente alle competenze dell'Ente di destinazione, che potrà considerarsi superato qualora sia conseguito un punteggio di ottanta su cento.
All'esito dell'approvazione delle graduatorie finali per ciascuna Amministrazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, e pubblicate per estratto sulla Gazzetta Ufficiale e integralmente sui siti istituzionali delle Scuole del Sistema Unico, i vincitori saranno assegnati ai diversi Enti dal dipartimento della Funzione pubblica.
Agli allievi che non siano già dipendenti pubblici, durante il corso, compete una borsa di studio di €. 1000,00 mensili, netti, rivalutati, da rimborsarsi dall'Amministrazione reclutante, mentre per i discenti interni, collocati a disposizione per tutto il periodo formativo, è corrisposto, in via anticipata dall'Ente di appartenenza, il trattamento economico in godimento, con rimborso a carico dell'Amministrazione di destinazione.
Per entrambe le categorie di discenti, in ogni caso, la durata del corso è riconosciuta ai fini dell'anzianità di servizio.
Il reclutamento dei dirigenti
Il sistema del corso-concorso, viceversa, già contemplato dal Dlgs n. 165 del 30 marzo 2001, art. 28 (di qui in poi anche Tupi), per il reclutamento dei dirigenti statali, è solo in parte stato modificato dal decreto in epigrafe, che ne prevede il ricorso per la copertura dell'aliquota minima del cinquanta per cento dei posti vacanti (diversamente da quanto prescritto per i funzionari, per l'assunzione dei quali è rimessa a siffatta procedura l'aliquota massima, e non già minima, della metà dei posti messi a concorso).
Ad esso possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea (delle tipologie già indicate per l'accesso al corso-concorso per funzionari), che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio ovvero quattro se reclutati tramite corso-concorso, o, ancora, tre se in possesso di titoli di specializzazione, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del dottorato di ricerca o del diploma di laurea.
Del pari vi sono ammessi: i dirigenti in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione del Tupi, ove muniti del diploma di laurea e con almeno due anni di servizio; i titolari di incarichi dirigenziali o equiparati, da almeno un lustro, in amministrazioni pubbliche, purchè muniti di diploma di laurea; nonché i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea.
Il corso-concorso, la cui frequenza dà diritto alla percezione di una borsa di studio dall'importo non definito, ha la durata di dodici mesi comprensivi di un periodo di applicazione presso amministrazioni pubbliche, uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale, secondo modalità già previste dal Tupi.
Diverse, infine, le modifiche apportate al Dpr n. 272 del 24 settembre 2004, recante il "Regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente, ai sensi dell'art. 28, comma 5, del Dlgs 30 marzo 2001, n. 165", tra cui, oltre le addende dirette, conseguenti alle nuove prescrizioni contenute dal medesimo Dpr n. 70/2013, quella di prescrivere che l'accesso alla qualifica di dirigente in ambito pubblico possa avvenire per concorso, per titoli ed esami, per la percentuale residua, massima, del cinquanta per cento dei posti da ricoprire, e che il valore complessivo dei titoli non può superare il quaranta per cento della votazione finale del candidato.
Programmazione della formazione dei dirigenti e dei funzionari
In evidente distonia con i tagli alla spesa pubblica a tanto finalizzata, particolare attenzione è dedicata dal decreto alla formazione continua e specialistica dei vertici burocratici, demandata ad un Piano triennale da adottarsi da ciascuna amministrazione entro il 30 giugno di ogni anno e da confluire nell'ambito del Piano generale predisposto entro il successivo 31 ottobre dal dipartimento della Funzione pubblica, e cui anche gli enti territoriali possono aderire a proprie spese, comunicando entro il 30 giugno al Comitato di indirizzo del Sistema Unico le proprie esigenze.
Il documento triennale, in estrema sintesi, descrive le singole necessità di aggiornamento professionale, i costi e le modalità di riparto tra i plessi interessati, oltre che l'apporto professionale ed organizzativo richiesto a ciascun Istituto del Sistema Unico, le cui strutture, peraltro, possono essere messe a disposizione di altre Scuole pubbliche e di altri Enti per lo svolgimento di attività formative.
Formazione in convenzione a favore di enti territoriali e soggetti privati
Come già anticipato, il Dpr n. 70/2013 pur non direttamente applicabile alle Regioni ed agli enti locali, nel rispetto della relativa autonomia, nondimeno prevede anche un sistema di convenzioni tra la Scuola nazionale dell'amministrazione e le altre Scuole del Sistema unico, allo scopo di favorire accordi e altre forme di collaborazione per lo svolgimento, a richiesta, di attività formative e per il reclutamento di dirigenti e funzionari degli enti medesimi.
Dette convenzioni, da inserire nell'ambito del Programma triennale e con oneri a carico delle singole amministrazioni interessate, tra l'altro, oltre all'organizzazione di specifiche attività formative, possono avere ad oggetto anche l'adesione dell'ente richiedente ad attività di reclutamento e formazione già organizzate dalle Scuole del Sistema unico nell'ambito della programmazione triennale sopra tratteggiata.
Ricorso da parte delle amministrazioni a soggetti esterni al Sistema unico
Sebbene il ricorso agli Istituti del Sistema Unico risulti quello ordinario, per le ragioni di contenimento della spesa pubblica e di uniformità e controllo della disciplina per l'accesso ai vertici amministrativi e per il loro sviluppo professionale, nondimeno il decreto ammette che le esigenze de quibus possano essere diversamente soddisfatte ricorrendo a scuole di altri circuiti.
Alternativa che, tuttavia, stante il carattere eccezionale e derogatorio, sia pure economicamente sostenuta dalla medesima amministrazione proponente, deve necessariamente essere autorizzata col previo nulla osta del Comitato, quante volte l'esigenza formativa specifica non possa essere soddisfatta nell'ambito della formazione gratuita inserita nel Programma triennale e l'offerta del soggetto esterno, da scegliersi secondo i canoni della trasparenza e della competenza professionale, risulti più conveniente e vantaggiosa delle attività di formazione ivi previste, da inserirsi pure sempre nel medesimo Piano.
Collaborazione con le università e altri istituti di formazione
In merito, poi, all'offerta formativa, il recente regolamento facultizza le sei Scuole del Sistema Unico a definire forme di collaborazione con le Università italiane e straniere e con altri Istituti di formazione, mediante la stipula di accordi o convenzioni conformi alle linee di indirizzo fornite dal Comitato, e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La scelta delle Università e degli Istituti di formazione avviene, così come previsto per tutti i soggetti formatori estranei al circuito statale delineato dal decreto n. 70/2013, nel rispetto della legislazione vigente in materia, secondo principi di trasparenza e competenza specialistica.
Corpo docente. Cenni
Quanto al reclutamento del corpo docente, fermi gli incarichi in corso al momento dell'entrata in vigore del nuovo regolamento, le Scuole del Sistema Unico è previsto possano conferirne in tre diverse tipologie:
1) incarico di docente a tempo pieno, di durata non superiore a tre anni rinnovabili, per lo svolgimento di attività di docenza, ricerca e coordinamento della didattica;
2) incarico di docente a tempo parziale, di durata non superiore ad un anno, per lo svolgimento di progetti formativi di particolare rilevanza;
3) incarico di docente di breve durata per lo svolgimento di attività didattica in specifici moduli formativi.
Mentre nulla è ulteriormente specificato per la terza categoria, per il trattamento economico degli incarichi di docenza a tempo pieno ed a tempo parziale, il Dpr n. 70/2013 ne demanda la determinazione alle singole Scuole in base alle procedure previste dai rispettivi ordinamenti, a seguito di valutazione delle professionalità meglio rispondenti alle caratteristiche degli insegnamenti da coprire e nel rispetto del principio di trasparenza, sia pure, sempre, nel rispetto delle linee di indirizzo stabilite dal Comitato di coordinamento delle scuole pubbliche di formazione.
Gli incarichi sono conferiti utilizzando le risorse iscritte a legislazione vigente nei pertinenti capitoli di spesa delle scuole di formazione.
Allo scopo evidente di contenere e razionalizzare l'impiego delle risorse, economiche ed umane, il regolamento in disamina prevede, altresì, che con il provvedimento di conferimento degli incarichi di docenza possa stabilirsi che il professionista presti la propria attività anche presso ed a favore delle altre Scuole pubbliche di formazione, diverse da quella che ha conferito l'incarico, secondo gli indirizzi stabiliti dal Comitato di coordinamento del Sistema Unico.
Disposizioni riguardanti la Scuola nazionale dell'amministrazione
Da ultimo, il menzionato Dpr n. 70 dedica talune disposizioni alla Scuola nazionale dell'amministrazione, prevedendo, per un verso, che la nomina dei responsabili di cui all'art. 9, comma 4, del Dlgs n. 178 del 1 dicembre 2009, recante la "Riorganizzazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione", sia effettuata dal Presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione con proprio provvedimento e, per l'altro, taluni criteri di individuazione del corpo docente.
Quest'ultimo, infatti, a mente del nuovo regolamento, dovrà essere scelto tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, professori o docenti universitari, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, nonchè tra esperti di comprovata professionalità, anche stranieri.
Il decreto presidenziale n. 70/2013, allo scopo di assicurare la qualità didattica e scientifica nelle materie di rispettiva competenza, contempla la possibilità che il Presidente possa conferire a non più di cinque docenti interni l'incarico di coordinatori di area didattico-scientifica, per un periodo ed un compenso dal medesimo stabilito, con delibera di cui all'art. 15, del Dlgs n. 178/2009, mentre prevede che a ciascuna sede distaccata della Scuola sia preposto un responsabile, scelto tra i funzionari apicali in servizio presso la medesima, il cui incarico è conferito dal dirigente amministrativo sentito il Presidente, affinché coordini ed assicuri il funzionamento dell'articolazione, garantendo il regolare andamento dell'attività gestionale e didattico formativa, in attuazione delle direttive del Presidente e per quanto riguarda le materie di sua competenza, del dirigente amministrativo.
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