lunedì 15 settembre 2014

La Cina presenta il padiglione nazionale e il programma di eventi ad EXPO MILANO 2015
Un vero e proprio viaggio nella cultura cinese, fra tradizioni millenarie, paesaggi spettacolari e progressi compiuti nel campo della sostenibilità, seguendo il filo conduttore della ricerca di un equilibrio fra uomo e natura.

Sono stati svelati oggi il padiglione della Repubblica Popolare Cinese e il suo programma di eventi per Expo Milano 2015 alla presenza di Liao Juhua, Console Generale della Repubblica Popolare Cinese a Milano, Wang Jinzhen, Vicepresidente del China Council for the Promotion of International Trade (Ccpit) e Commissario Generale della Cina per Expo Milano 2015 e di Giuseppe Sala, Commissario Unico del Governo Italiano per Expo Milano 2015.

In occasione dell’incontro è stata firmata la lettera di intenti fra la società Expo 2015 Spa e il Comitato Organizzativo del Padiglione Cinese all’Esposizione Universale di Milano per un Road Show che, da settembre 2014, coinvolgerà 8 tra municipalità e province (Pechino, Shanghai, Guandong, Shandong, Hunan, Henan, Fujian, Chongqing) con un fitto programma di attività: dall’individuazione di un Ambassador di Expo Milano 2015 in Cina ad iniziative di promozione della tradizione culinaria italiana e cinese, da cicli di conferenze stampa ad eventi culturali e di business.

Scopo principale del road show sarà promuovere ulteriormente Expo Milano 2015 sul mercato cinese, valorizzare la presenza del Paese che, per la prima volta, partecipa ad un’Esposizione Universale con un Padiglione Self Built, attrarre turisti cinesi e supportare la campagna di ticketing che ha già avuto finora ottimi riscontri.

Sono infatti 500.000 i biglietti di Expo venduti fino ad oggi ai Tour Operator cinesi: la metà del target previsto di 1 milione, a quasi un anno dall’apertura ufficiale dell’Esposizione di Milano.
“Un risultato importante - ha commentato Giuseppe Sala, Commissario Unico del Governo Italiano per Expo Milano 2015 - che ci avvicina, ad 11 mesi dall’apertura, al nostro obiettivo di portare ad Expo 1 milione di turisti cinesi nel 2015. La partecipazione della Cina è davvero straordinaria per massa critica, ma anche e soprattutto per qualità, segnale forte dell’impegno di un grande Paese che vuole mostrare e spiegare nei dettagli la sua politica agricola, la storia e le innovazioni del futuro. Sono certo che quella cinese sarà fra le presenze di maggior successo ad Expo Milano 2015, che offrirà al Paese una strategica opportunità per far conoscere meglio la propria cultura e il proprio contributo alla grande sfida di uno sviluppo sostenibile per le prossime generazioni”.

“Expo Milano 2015 sarà una preziosa opportunità per la Cina e l'Italia per ampliare i canali di scambio, migliorare le intese, approfondire la cooperazione strategica, promuovere e consolidare le relazioni bilaterali – ha sottolineato Wang Jinzhen, Vicepresidente del China Council for the Promotion of International Trade (Ccpit) e Commissario Generale del Padiglione Cinese a Expo Milano 2015 -  Per la Cina, seconda potenza economica mondiale e importante produttore agricolo, è di grande importanza essere presente all’appuntamento dell’Esposizione Universale di Milano. La Cina sarà uno dei paesi che partecipano a Expo Milano 2015 nei modi e nei contenuti più diversi. Innanzitutto è la prima volta che la Cina è presente ad una Esposizione Universale con padiglione Self Built. In secondo luogo, per la prima volta la Cina presenta, nell’ambito di una piattaforma di confronto internazionale, la sua agricoltura, il cibo, la storia e il futuro della propria cultura alimentare e la propria idea di sviluppo sostenibile. In terzo luogo, è la prima volta che imprese cinesi partecipano ad una Expo con un padiglione Self Built e, infine, sempre per la prima volta province e imprese parteciperanno ad un’Esposizione Universale. Sono convinto che, grazie al grande supporto del Governo Italiano e della Comunità Internazionale, Expo Milano 2015 sarà un evento memorabile e di alto profilo e porterà certamente lo scambio e la cooperazione fra la Cina e l’Italia a nuovi livelli”.

E’ la prima volta che la Cina presenta, su un palcoscenico mondiale quale Expo Milano 2015, la propria politica agricola, la storia e le innovazioni della propria cultura culinaria nonché l’impegno del Paese per uno sviluppo sostenibile e lo fa attraverso una presenza massiccia che vede, accanto al Padiglione Nazionale, altri due padiglioni: quello di Vanke, multinazionale cinese leader nel real estate e quello di China Corporate United Pavilion (CCUP), che riunirà una cordata di oltre 20 fra le principali aziende del Paese.

Il Padiglione della Repubblica Popolare Cinese

Con una superficie di 4.590 mq, il Padiglione della Repubblica Popolare Cinese (il secondo più grande dopo quello della Germania) accoglierà i visitatori con il tema “Terra di speranza, cibo per la vita” e un design ispirato ai valori tradizionali della convivenza armoniosa, “Heaven, Earth and Human”, che guidano anche la scelta dei materiali utilizzati nella costruzione, dal riso al bambù.
Il Progetto architettonico, elaborato da un consorzio formato dalla Tsinghua University e dal Beijing Qingshang Environmental & Architectural Design Institute, riproduce delle “onde di grano” dove le forme di un paesaggio naturale si fondono a quelle di uno skyline urbano, riprendendo le linee tradizionali dell’architettura cinese ed esaltandole attraverso l’uso delle moderne tecnologie. Il tetto realizzato in bambù filtra la luce naturale e permette di ridurre i consumi energetici in linea con il messaggio di sostenibilità promosso da Expo Milano 2015.

Cinque aree guideranno il visitatore nel suo viaggio alla scoperta del Padiglione, fra agricoltura, alimentazione, ambiente, natura e sviluppo sostenibile, punti focali della partecipazione della Cina a Expo Milano 2015.

Un’area di attesa accoglierà i visitatori con schermi LCD grazie ai quali potranno iniziare ad “esplorare” il padiglione e i suoi contenuti. Un’area “Paradiso” mostrerà, attraverso installazioni multimediali, i 24 periodi del calendario agricolo cinese, corrispondenti alle diverse posizioni del sole, e il loro significato nella cultura e nella produzione agricola del Paese. Il viaggio continuerà attraverso l’area “Human” dedicata alla rappresentazione di 16 elementi tipici della tradizione e dalla cultura cinese: dalle iscrizioni su ossa oracolari della provincia di Henan, la più antica forma di scrittura in Cina, agli spettacolari terrazzamenti di riso della provincia di Yunnan, dal 2013 patrimonio dell’Unesco; dalla cultura del tea della provincia di Fujian fino al riso ibrido sviluppato  dal professor Yuan Longping. L’area “Terra” immergerà il visitatore nella natura multiforme del paesaggio cinese, fra campi sterminati, fiumi e montagne che, grazie all’uso di tecnologie a fibra ottica, attraverseranno le varie stagioni dell’anno. L’ultima area, dall’evocativo titolo “Armonia”, sarà il cuore del Padiglione cinese e ne rappresenterà il messaggio principale: la ricerca di quell’equilibrio tra uomo e natura, propria della filosofia cinese e perseguita attraverso i grandi passi compiuti nell’uso razionale delle risorse e nell’impegno verso uno sviluppo sostenibile.

Gli eventi

Un fitto programma di eventi animerà il Padiglione Cinese durante i sei mesi dell’Esposizione Universale: dalle Cerimonie di Apertura e Chiusura alla grande Cerimonia di Inaugurazione del Padiglione; da performance teatrali, forum e seminari agli scambi culturali; dalle attività finalizzate a consolidare la cooperazione fra Italia e Cina sui temi dell’agricoltura, dell’alimentazione e dell’economia fino al coinvolgimento, per la prima volta, di Province e Municipalità che si alterneranno in giornate o settimane dedicate a rappresentare gli elementi più tipici delle loro tradizioni. I piatti preparati da chef provenienti da otto famose Scuole di Cucina Cinese e momenti di show-cooking arricchiranno ulteriormente l’esperienza del visitatore.

Il logo e la Mascotte

E’ sempre la natura, nelle sue forme e colori, ad ispirare il logo del padiglione cinese: linee curve e piatte, che vanno dal blu del cielo al verde dei prati, l’oro dei cereali e il rosso per rappresentare la vita umana e il colore dell’inchiostro tipico della tradizione culturale cinese. La grafica suggerisce la tradizionale ideologia di armoniosa coesistenza di tutti gli elementi e di unità fra il cielo e l’uomo.

A fare da mascotte due personaggi: “He-he” e “Meng-meng”. L’ideogramma cinese “He  ( 和 )”   è composto da due pittogrammi che rappresentano, nella cultura cinese, il legame tra il grano e l’uomo, mentre “Meng (梦)” significa affrontare il futuro, un riflesso del desiderio di un domani luminoso, simbolo di aspettative e di speranza per un prospero raccolto.
Cina, tre padiglioni per Expo
Il sito espositivo del paese sarà organizzato in quattro temi e altrettante mostre.
L'investimento è di 50 milioni.
La Cina sbarca, in forze, all’Expo 2015 di Milano: saranno tre i padiglioni con cui il paese asiatico intende presentarsi all’esposizione universale, per omaggiare al meglio un evento che avrà «vaste dimensioni, lunga durata e una profonda influenza a livello internazionale», come ha spiegato Wang Jinzhen, vicepresidente del China Council for the Promotion of International Trade (Ccpit) e responsabile della partecipazione della Cina all’Expo. L’invstimento previsto è di 50 milioni di euro.

UNA PRESENZA FORTEMENTE SIMBOLICA
Presentando il Padiglione cinese in una conferenza stampa a Pechino, Jinzhen ha aggiunto: «La partecipazione cinese avrà un grande significato». Per realizzare il sito espositivo, che coprirà un’area di 4.590 metri quadri e sarà secondo solo a quello italiano, è stato scelto il progetto elaborato da un consorzio del quale fanno parte la Tsinghua University di Pechino e il Beijing Qingshang Environmental & Architectural Design Institute.

QUATTRO TEMI
Il Padiglione di Pechino sarà articolato su quattro temi e altrettante esibizioni. Nella prima, Paradiso, sarà sottolineata l’importanza del rispetto della natura; nella seconda, Terra, verrà presentata ai visitatori dell’Expo la struttura fisica e geografica della Cina; la mostra chiamata Umanità sarà dedicata alla storia della civilizzazione cinese mentre l’ultima, Armonia, sarà una riflessione sull’ importanza dell’armonia, dell’equilibrio e dello sviluppo sostenibile  riallacciandosi ai temi di fondo dell’Expo.

TRE PADIGLIONI
Wang Jinzhen ha inoltre ricordato che la Cina sarà presente a Milano anche con altri due padiglioni, uno curato dalla Vanke, una delle più grosse imprese immobiliari della Cina, e l’altro da un consorzio di imprese cinesi. L’uno e l’altro, ha affermato, che saranno parte integrante del Padiglione cinese. Il Commissario cinese all’Expo ha inoltre sottolineato l’ importanza della partecipazione alle attività del Padiglione di 13 province, che organizzeranno in modo autonomo mostre, concerti e altri eventi.

IL LEGAME CON SHANGHAI

L’Ambasciatore italiano Alberto Bradanini, intervenendo nella conferenza stampa, ha messo in evidenza il legame tra l’ Expo di Milano e quella di Shanghai del 2010: il tema di quest’ultima era infatti Migliorare le città, migliorare la vita, che ben si sposa con quello di Milano 2015. Entrambi, ha sottolineato, hanno come obiettivo quello di «fornire alla comunità internazionale nuovi mezzi per migliorare lo sviluppo sostenibile del nostro Pianeta». Per Italia e Cina, ha aggiunto Bradanini, si tratta di «un appuntamento cruciale per portare ad un nuovo livello» le loro relazioni bilaterali.


domenica 7 settembre 2014

Dalai Lama choc: "Non eleggete un successore dopo di me"

La massima autorità del buddhismo tibetano: "La mia è una figura sorpassata, il buddhismo non dipende da un solo individuo"

Il Dalai Lama non vuole che alla sua morte sia eletto un successore e afferma che la propria figura rappresenta ormai "un'istituzione superata".

La notizia-choc arriva dal quotidiano tedesco Die Welt, in un'intervista con la massima autorità spirituale del buddhismo tibetano.

ll settantanovenne Tenzin Gyatso spiega come la religione buddhista non dipenda da una sola persona: "Così finiscono anche quasi cinque secoli di tradizione Dalai Lama e questo accade volontariamente. Le persone che pensano politicamente devono quindi rendersi conto che l’istituzione del Dalai Lama, dopo quasi 450 anni, dovrebbe aver fatto il suo tempo"

Un vero e proprio fulmine a ciel sereno per milioni di fedeli in tutto il mondo. Quella del Dalai Lama (termine che significa "Oceano di saggezza") è un'istituzione che sopravvive sin dal XV secolo ed è legata indissolubilmente all'identità nazionale del Tibet.

L'attuale Dalai Lama, però, non sembra disposto ad abdicare al proprio ruolo, e anzi guarda con fiducia agli anni a venire: "Secondo i medici arriverò a 100 anni. Stando ai miei sogni a 113. Ma 100, credo, saranno sicuri." Il premio Nobel per la Pace del 1989 inoltre ha spiegato di essere sicuro che riuscirà a tornare in Tibet prima di morire, terra da cui manca da cinquant'anni e di cui dice di avere una grande nostalgia.

Un'apertura inaspettata arriva invece verso la Cina: "Sotto il presidente Xi Jinping è iniziata una nuova era - ha spiegato conciliante il Dalai Lama - Vuole creare una società più armoniosa rispetto a quella del suo predecessore Hu Jintao. Inoltre, nella sua visita a Parigi del marzo scorso, aveva definito il buddismo come una parte importante della cultura cinese."
 Dom, 07/09/2014 
LA STORIA DEL BAMBINO CHE E’ STATO IN BRACCIO A GESU’
13 LUGLIO 2014 / IN NEWS
E’ il 2003. Il 4 luglio – festa nazionale negli Stati Uniti – una normale famiglia americana che vive nel Nebraska, a Imperial, paesino agricolo che ha appena “duemila anime e neanche un semaforo”, sta stipando di bagagli una Ford Expedition blu.

I Burpo partono verso Nord per andare a trovare lo zio Steve,

che vive con la famiglia a Sioux Falls, nel South Dakota (hanno appena avuto un bambino e vogliono farlo vedere ai parenti).

L’auto blu imbocca la Highway 61. Alla guida c’è il capofamiglia Todd Burpo, accanto a lui la moglie Sonja e nel sedile posteriore il figlio Colton, di quattro anni, con la sorellina Cassie.

Fanno rifornimento a una stazione di servizio nel paese dove nacque il celebre Buffalo Bill prima di affrontare immense distese di campi di granoturco.

E’ la prima volta, in quattro mesi, che i Burpo si concedono qualche giorno di ferie dopo lo scioccante vicenda che hanno vissuto il 3 marzo di quell’anno.

Il piccolo Colton quel giorno aveva cominciato ad avere un forte mal di pancia. Poi il vomito. Stava sempre peggio finché i medici fecero la loro diagnosi: appendice perforata.

Fu operato d’urgenza a Greeley, in Colorado. Durante l’operazione la situazione sembrò precipitare: “lo stiamo perdendo! Lo stiamo perdendo!”.

Il bambino era messo molto male e passò qualche minuto assai critico. Poi però si era ripreso. Per il babbo e la mamma era stata un’esperienza terribile. Lacrime e preghiere in gran quantità come sanno tutti coloro che son passati da questi drammi.

IN CIELO

Dunque, quattro mesi dopo, il 4 luglio, la macchina arriva a un incrocio. Il padre Todd si ricorda che girando a sinistra, a quel semaforo, si arriva al Great Plains Regional Medical Center, il luogo dove avevano vissuto la scioccante esperienza.

Come per esorcizzare un brutto ricordo passato il padre dice scherzosamente al figlio: “Ehi, Colton, se svoltiamo qui possiamo tornare all’ospedale. Che ne dici, ci facciamo un salto?”.

Il bambino fa capire che ne fa volentieri a meno. La madre sorridendo gli dice: “Te lo ricordi l’ospedale?”.

Risposta pronta di Colton: “Certo, mamma, che me lo ricordo. È dove ho sentito cantare gli angeli”.

Gli angeli? I genitori si guardano interdetti. Dopo un po’ indagano.

Il bimbo racconta con naturalezza i particolari: “Papà, Gesù ha detto agli angeli di cantare per me perché avevo tanta paura. Mi hanno fatto stare meglio”.

“Quindi”, domanda il padre all’uscita del fast food, “c’era anche Gesù?”. Il bimbo fece di sì con la testa “come se stesse confermando la cosa più banale del mondo, tipo una coccinella in cortile. ‘Sì, c’era Gesù’ ”.

“E dov’era di preciso?”, domandò ancora il signor Burpo. Il figlio lo guardò dritto negli occhi e rispose: “Mi teneva in braccio”.

I due genitori allibiti pensano che abbia fatto un sogno nel periodo di incoscienza. Ma poi vacillano quando Colton aggiunge: “Sì. Quando ero con Gesù tu stavi pregando e la mamma era al telefono”.

Alla richiesta di capire come fa lui, che in quei minuti era in sala operatoria in stato di incoscienza, a sapere cosa stavano facendo i genitori, il bambino risponde tranquillamente: “Perché vi vedevo. Sono salito su in alto, fuori dal mio corpo, poi ho guardato giù e ho visto il dottore che mi stava aggiustando. E ho visto te e la mamma. Tu stavi in una stanzetta da solo e pregavi; la mamma era da un’altra parte, stava pregando e parlava al telefono”.

Era tutto vero. Così come era vero che la mamma di Colton aveva perduto una figlia durante una gravidanza precedente.

Colton, che era nato dopo, non l’aveva mai saputo, ma quella sorellina lui l’aveva incontrata in cielo e lei gli aveva spiegato tutto. Sconvolgendo i genitori: “Non preoccuparti, mamma. La sorellina sta bene. L’ha adottata Dio”. Di lei il ragazzo dice: “non la finiva più di abbracciarmi”.

STUPORE E CLAMORE

Comincia così, con la tipica semplicità dei bambini che raccontano cose eccezionali come fossero normali, una storia formidabile che poi il padre ha raccontato in un libro scritto con Lynn Vincent, “Heaven is for Real” (tradotto dalla Rizzoli col titolo “Il Paradiso per davvero”).

E’ da questo libro – che negli Stati Uniti è stato un best-seller – che vengono queste notizie. All’uscita, nel 2010, conquistò la prima posizione nella top ten del “New York Times” e subito dopo dalla storia di Colton è stato tratto un film che è appena arrivato in Italia (dal 10 luglio), sempre col titolo “Il Paradiso per davvero”.

Il film, col marchio Tristar, è diretto da Randall Wallace (lo sceneggiatore di Braveheart) e negli Stati Uniti ha avuto un grande successo.

Può anche essere che da noi sia un flop perché gli americani hanno una sensibilità religiosa molto più profonda di quella europea (il caso americano smentisce il paradigma della sociologia moderna secondo cui la religiosità declinerebbe quanto più aumenta la modernizzazione).

La storia (vera) del piccolo Colton peraltro è una tipica esperienza di pre-morte, cioè un fenomeno che l’editoria e la cinematografia americana in questi anni hanno scoperto e raccontato molto. Anche perché i maggiori istituti di sondaggio Usa hanno scoperto che si tratta di un’esperienza estremamente diffusa.

UN FENOMENO ENORME

Ne ho parlato nel mio ultimo libro, “Tornati dall’Aldilà”, perché negli ultimi quindici anni la stessa medicina ha studiato approfonditamente questi fenomeni scoprendo che non sono affatto da considerarsi allucinazioni, ma sono esperienze reali, vissute da persone in stato di morte clinica.

Gli studiosi (io ho citato specialmente i risultati di un’équipe olandese) si sono trovati a dover constatare che la coscienza (anzi una coscienza allargata, più capace di capire) continua a vivere fuori dal corpo anche dopo che le funzioni vitali del corpo e del cervello sono cessate.

E’ quella che – con linguaggio giornalistico – ho chiamato “la prova scientifica dell’esistenza dell’anima”. Questi stessi studiosi, con le loro analisi scientifiche, concludono che non si possono spiegare queste esperienze se non ricorrendo alla trascendenza.

Mi sono imbattuto personalmente in questo mistero con la vicenda di mia figlia e mi sono reso conto, dopo aver pubblicato il mio libro, che tanto grande è l’interesse popolare, della gente comune, quanto impossibile è in Italia una discussione sui giornali (o in altre sedi) fra intellettuali e studiosi, su questi fenomeni.

C’è letteralmente paura di guardare la realtà. La nostra è la cultura dello struzzo, quello che mette la testa dentro la sabbia per non vedere qualcosa che non vuole vedere.

C’è come una censura sull’Aldilà e – in fondo – sul nostro destino eterno: “Tutto cospira a tacere di noi/ un po’ come si tace un’onta/ forse un po’ come si tace/ una speranza ineffabile” (Rilke).

Ma paradossalmente la censura sull’Aldilà (e specialmente sull’Inferno) c’è anche in un certo mondo cattolico che ha adottato “la sociologia come criterio principale e determinante del pensiero teologico e dell’azione pastorale” (Paolo VI).

Così accade che, paradossalmente, la scienza è arrivata a constatare il soprannaturale, in questi fenomeni, prima del mondo ecclesiastico e teologico.

Eppure la Vita oltre la vita sarebbe l’unica cosa davvero importante. La sola degna di meditazione. E’ il grande conforto nel dolore della vita. E’ stata la grande meta dei santi.

Forse bisogna aver assaporato proprio il dolore della vita e della morte per capire. Per avere questo sguardo e questa saggezza. Per lasciarsi consolare dalla Realtà di quell’abbraccio di felicità.

Eric Clapton, alla tragica morte del suo bimbo, scrisse una canzone struggente, “Tears in Heaven”, dove fra l’altro diceva: “Oltre la porta c’è pace ne sono sicuro/ E lo so non ci saranno più lacrime in Paradiso”.

Antonio Socci

Da “Libero”, 13 luglio 2014

Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”

sabato 6 settembre 2014

Italia in deflazione, ma Renzi pensa al gelato.
E noi dovremo pensare a leccarci le ferite.
Inizia a perdere sonoramente colpi il carrozzone comunicativo di Renzi. Non lo attestano solo i sondaggi in caduta libera, ma lo si evince anche dalla grottesca risposta con cui il premier ha replicato al settimanale The Economist. La copertina lo ritrae in compagnia di Draghi, Merkel e Hollande mentre mangia un cono fior di latte e cioccolato su una barchetta - fatta con una banconota da venti euro - che si sta inabissando.

Colpito nel suo straripante orgoglio mediatico, il nostro presidente del Consiglio ha optato per uno scontro all’arma bianca: il gelato. Ha investito un componente del cerimoniale del Governo dell’arduo compito di portare un carretto dei gelati nel cortile di Palazzo Chigi. Lo scopo era di farsi consegnare, al termine di un Consiglio dei Ministri inconcludente, un cono da esibire alla corte dei giornalisti convocati per la solenne risposta diplomatica all’affronto inglese. L’ex sindaco di Firenze ama stupire: in questo caso lo fa con una sceneggiata ridicola, con la quale l’unica speranza è che a beneficiarne siano state le esportazioni di gelato italiano all’estero. Ma su questo punto dovremo attendere il responso dei prossimi mesi.
Nel frattempo l’Italia arretra in tutti i ranking internazionali. Anzi, dopo oltre cinquant’anni l’Istat dichiara che il Paese è in deflazione: un chiaro sintomo di debolezza nella domanda di beni e servizi, in cui i consumatori e le aziende scelgono di posticipare gli acquisti aspettando ulteriori cali di prezzo. Una spirale economica perversa che porta con sé, con il calo dei consumi, minori assunzioni o addirittura un incremento dei licenziamenti - e la disoccupazione italiana, è bene ricordarlo, viaggia sul 12,6%...ma Renzi pensa al gelato.
Colpisce come un pugno allo stomaco l’arroganza con cui i nostri politici affrontano i dati sconfortanti che provengono quotidianamente dagli Istituti di ricerca e dai Centri studi nazionali e internazionali. Alla festa dell’Unità di Bologna il premier ha tuonato: ogni tanto qualcuno ci viene a fare la lezione sulle priorità, che noi abbiamo ben chiare. Non accettiamo lezioni. Eppure qualche consiglio forse farebbe bene ad accettarlo, visti i risultati negativi di questi mesi. Potrebbe anche evitare di mettere il bavaglio a chi non la pensa come lui, ad esempio i sindacati, le associazioni datoriali, le opposizioni. I numeri che ha collezionato in questi mesi hanno praticamente doppiato i record negativi del 2011, quegli stessi recod che avevano mosso le piazze contro il centrodestra alla guida del Paese in quel momento e che costarono a Berlusconi lo scranno più alto. C’è da domandarsi dove sia finito quel popolo che allora gridava le sue frustrazioni e che oggi, invece, resta in supino silenzio, pur vedendo il proprio Paese che crolla a picco. Niente scioperi, niente girotondi, niente V-day, niente proteste se non le lamentele da bar.
In una situazione interna del genere, il cittadino medio spererebbe almeno in alcune note positive dalla politica estera: ma anche lì l’Italia naviga a vista. Se da una parte il Governo ha incassato in queste ore la nomina di Federica Mogherini ad Alto rappresentante per la Politica Estera della Ue, dall’altra ha dovuto fare dietrofront sulle posizioni filorusse che aveva espresso con decisione fino ai primi niet che alcuni Paesi dell’Est, più la Gran Bretagna e la Svezia, avevano espresso contro la sua nomina, proprio per la vicinanza con Putin. In questo momento l’Italia è serva di quelle ingerenze statunitensi che da mesi vengono esercitate sulla vicenda Ucraina. Ingerenze che si sono sostanziate nelle sanzioni contro la Russia, e che oltre a cozzare con la tradizione democratica dell’Occidente costeranno un prezzo salatissimo all’economia italiana. Secondo le stime ufficiali di Coldiretti, il danno per il comparto agroalimentare potrebbe viaggiare tra i 200 e i 700 milioni di euro di esportazioni minori.
Secondo le stime Sace, lo scenario sarà ancora peggiore: l’export italiano sarà negativamente colpito dalle nuove sanzioni contro la Russia, con una possibile riduzione delle esportazioni Made in Italy in Russia nel biennio 2014-2015 compreso tra 0,9 e i 2,4 miliardi di euro a seconda dell`evoluzione dello scenario. Ci chiediamo allora: l’accanimento nella difesa della nomina della Mogherini ad una carica totalmente ininfluente per le partite veramente centrali per il Paese (fra tutte le norme sulla flessibilità del bilancio), quale prezzo costerà all’Italia?
Forse sarebbe stato meglio inghiottire silenziosamente l’indigesto cono dell’Economist e concentrarsi sull’unico vero compito che compete oggi a un leader italiano: il rilancio del Belpaese. Magari Renzi poteva partire dalla richiesta di regole nuove per l’Ue, parametrate ai tempi di crisi, ma così non è stato. C’è da sperare che dopo le brioche di Maria Antonietta, il premier Renzi non passi alla storia per l’uomo del carretto dei gelati. Avremo il tempo di scoprirlo?
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/2014_09_02/Italia-in-deflazione-ma-Renzi-pensa-al-gelato-1098/

Russia e Mongolia ampliano la cooperazione
Una grande quantità di documenti è stata firmata durante la visita del presidente russo Vladimir Putin in Mongolia. Complessivamente Russia e Mongolia hanno concluso 15 accordi in vari settori, dalla cooperazione tecnico-militare all’introduzione del regime senza visti per i viaggi. I risultati della visita del presidente russo a Ulan Bator può essere definito come un importante passo avanti nello sviluppo della cooperazione bilaterale, secondo gli esperti russi.

Non è un segreto che negli ultimi anni il commercio russo-mongolo segnava una certa stagnazione. Vi è ancora un divario tra le grandi esportazioni russe e le minori importazioni mongole. Introdotto in questo Paese nei primi anni ‘90, il regime dei visti ha impedito lo sviluppo non solo nel reciproco turismo, ma anche nella cooperazione commerciale. L'insoddisfazione con Mosca è stata provocata da vari ostacoli, a volte artificiali e a volte legati agli scambi, ai progetti di investimento, introdotti dalla parte mongola. Per lungo tempo è andato in stallo il progetto di ammodernamento della ferrovia da Ulan Bator con la partecipazione russa. Erano incerte le prospettive sulla cooperazione tra i due Paesi per lo sviluppo dei giacimenti di carbone della Mongolia e di altre risorse. La Mongolia ha costantemente cambiato le regole del gioco.
Durante la visita del presidente russo è stato concordato un molteplice aumento dell'offerta di carne e derivati ​​russi e firmato il regime senza visti. Adottata anche la "roadmap" per la modernizzazione della ferrovia di Ulan Bator. Le parti hanno annunciato la loro intenzione di aumentare a 10 miliardi di dollari entro il 2020 il fatturato del commercio.
È impossibile, ovviamente, dire che tutti gli ostacoli e le "trappole" nella cooperazione russo-mongola sono eliminati. La politica estera della Mongolia ha conservato una delle sue priorità ossia il "terzo vicino" guidato dagli Stati Uniti. Ma è fondamentale che la Mongolia politicamente abbia preso le distanze dagli Stati Uniti che hanno schierato una politica anti russa basata sulle sanzioni.
Ulan Bator ha deciso di non dar retta a Washington e non ha partecipato alla gara non dichiarata apertamente condotta tra gli ex Stati Sovietici su “chi farà più male alla Russia”. Questa mossa è stata sicuramente apprezzata da Mosca. Ciò ha permesso di approfondire la cooperazione russo-mongola su vari aspetti.
Tra l'altro, poco prima dell'arrivo del presidente russo ha visitato la Mongolia, in visita di Stato, il presidente cinese Xi Jinping. È logico guardare ad un'ulteriore evoluzione dei negoziati bilaterali, con l’apice rappresentato da un incontro a tre tra i leader di Russia, Mongolia e Cina, che si terrà, probabilmente l’11 settembre a Dushanbe a margine del vertice dei capi di stato membri della SCO.
E i vertici bilaterali russo-mongolo e cinese-mongolo dimostrano il rafforzamento della politica tradizionale mongola nel preservare le priorità strategiche del Nord (Russia) e del Sud (Cina). La leadership mongola efficacemente costruisce la propria "logistica politica" con la ricezione in serie dei principali leader di Cina e Russia, con il vertice tripartito "di Russia - Cina - Mongolia" nel quadro della SCO, sullo sfondo dell’APEC (Shanghai, Novembre 2014), con la prospettiva di adesione della Mongolia al Forum.
Per rafforzare le nuove relazioni russo-mongole ha lavorato la storia militare. Nel maggio del 1939, il tandem sovietico-mongolo rovinò i piani militaristi del Giappone sull’occupazione e la distruzione della Mongolia. Non è un segreto che nel 1990 in Mongolia il deposito dei fondi giapponesi e americani tenta di dimenticare o riscrivere la storia di Khalkhin Gol, presentando il Giappone non come l'aggressore, ma il "salvatore e pacificatore" dall’"aggressione sovietica e cinese." Invece, l'attuale leadership della Mongolia si è espressa su quegli eventi in modo diverso: "Ci ricorderemo sempre dell'impresa storica dei soldati russi e mongoli che, non risparmiando la loro giovinezza, hanno combattuto per l'inviolabilità del nostro Paese e della sua prosperità", ha detto il presidente mongolo Elbegdorj in una conferenza stampa sui risultati dei colloqui con Vladimir Putin.
Il presidente russo ha invitato Elbegdorj a venire a Mosca per celebrare il 70° anniversario della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale. Questo è un passo importante per preservare la memoria storica, proteggere la verità sugli eventi che hanno definito non solo i fondamenti del mondo moderno, ma anche il volto attuale della Asia Nord-orientale.
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/2014_09_04/Russia-e-Mongolia-ampliano-la-cooperazione-4651/

domenica 31 agosto 2014

Rapporto Svimez: un Paese spaccato diviso e diseguale.......
e la nostra Sardegna sempre più giù, giù, giù ed ancora
più giù al punto che non ne possiamo più
Roma - È un Paese «spaccato», «diviso e diseguale dove il sud scivola sempre più nell’arretramento» quello che emerge dal rapporto Svimez. Il Pil del Sud nel 2013 è «crollato del 3,5% contro il -1,4% del centro Nord; negli anni di crisi 2008-2013 «il Sud ha perso il 13,3% con il 7%». Il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 10 anni fa.

Lo Svimez calcola che «nel 2013 il Pil è crollato nel Mezzogiorno del 3,5%, approfondendo la flessione dell’anno precedente (-3,2%), con un calo superiore di quasi due percentuali rispetto al Centro-Nord (-1,4%)». Ed è «per il sesto anno consecutivo» che il Pil del Mezzogiorno «registra segno negativo, a testimonianza della criticità dell’area». Anche gli andamenti di lungo periodo «confermano un Paese spaccato e diseguale: negli anni di crisi 2008-2013 il Sud ha perso -13,3% contro il 7% del Centro-Nord».

A livello regionale nel 2013 il segno è negativo per tutte le regioni italiane, a eccezione del Trentino alto Adige (+1,3%) e della stazionaria Toscana (0%). Anche le regioni del Centro-Nord, sono tornate a segnare cali significativi, come l’Emilia Romagna (-1,5%), il Piemonte (-2,6%), il Veneto (-3,6%), fino alla Valle d’Aosta (-4,4%). Nel Mezzogiorno la forbice resta compresa tra il -1,8% dell’Abruzzo e il -6% della Basilicata, fanalino di coda nazionale. In posizione intermedia la Campania (-2,1%), la Sicilia (-2,7%), il Molise (-3,2%). Giù anche Sardegna (-4,4%) , Calabria (-5%) e Puglia (-5,6%).

«Guardando agli anni della crisi, dal 2008 al 2013 - si legge nel rapporto Svimez -, profonde difficoltà restano soprattutto in Basilicata e Molise, che segnano cali cumulati superiori al 16%, accanto alla Puglia (-14,3%), la Sicilia (-14,6%) e la Calabria (-13,3%). Nel periodo 2001-2013 l’Italia è andata «peggio della Grecia», «il tasso di crescita cumulato è stato + 15% in Germania, +19% in Spagna, + 14,3% in Francia. Segno positivo perfino in Grecia, +1,6%. Negativa l’Italia, con -0,2%, tirata giù sostanzialmente dal Mezzogiorno, che perde oltre il 7%, contro il +2% del Centro-Nord».

Nel periodo 2008-2013 «la caduta cumulata dei consumi delle famiglie ha sfiorato nel Mezzogiorno i 13 punti percentuali (-12,7%), risultando di oltre due volte maggiore di quella registrata nel resto del Paese (-5,7%)»; gli investimenti fissi lordi «sono crollati del 33% nel Mezzogiorno e del 24,5% nel Centro-Nord»: quelli nell’industria si sono ridotti «addirittura del 53,4%, più del doppio rispetto al già pesante calo del Centro-Nord (-24,6%).

Giù anche gli investimenti nelle costruzioni, con un calo cumulato del -26,7% al Sud e del -38,4% al Centro-Nord, ed in agricoltura, (-44,6% al Sud, quasi tre volte più del Centro-Nord, -14,5%)». Ed è «ancora in calo la spesa pubblica per investimenti al Sud: nel 2012 la spesa aggiuntiva per il Sud è scesa al 67,3% del totale nazionale, ben al di sotto della quota dell’80% fissata per la ripartizione delle risorse aggiuntive tra aree depresse del Centro-Nord e del Sud del Paese». E sono «particolarmente preoccupanti i tagli agli investimenti in infrastrutture».

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